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Autore: orual    02/09/2011    15 recensioni
Dopo le Cronache della Seconda Guerra... arrivano quelle della vita normale: tra progetti, studi, quotidianità, amori che sbocciano e bambini che nascono, carriere intraprese e ripensate, accompagneremo i nostri eroi nell'era post-Voldemort per scoprire che la routine non richiede meno impegno del pericolo. A voi la lettura!
...Rimasero un po’ in silenzio, poi Charlie si alzò. La notte intorno a loro era fresca e limpidissima.
La tomba di Tonks brillava lieve, illuminata dalle luci fatate dei fiori.
"Magari potrei davvero cercare qualcosa da queste parti. Giù in Galles, negli allevamenti statali...
Per qualche annetto e basta, o i Gallesi Comuni diventano un po’ noiosi.
Potrei veder crescere Teddy, per un po’...
Sì, potrei."
Charlie si incamminò, le mani in tasca, giù verso i cancelli.
"Il tuo... il vostro bambino è davvero uno splendore, Tonks."
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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 Eccomi con un nuovo capitolo, che può essere considerato un po’ più di transizione. Da adesso vedrete che ci saranno salti temporali un po’ più lunghi, e del resto abbiamo svariati anni da coprire... Comunque non è detto che in futuro io non torni a riempire qualche buco della storia, per adesso continuiamo con l’ordine cronologico.
Grazie tanto a tutti i lettori, soprattutto a chi non manca mai di commentare e consigliarmi.
Buona lettura!

 
Nuove conoscenze, vecchi problemi
 
Novembre era arrivato portando un inverno precoce e piuttosto freddo. C’erano già state spruzzate di neve, ma la campagna intorno ad Hogsmeade era ancora brunastra, ed aspettava da una mattina all’altra di risvegliarsi sotto una coltre improvvisa cresciuta nello spazio di una notte di bufera. Quella domenica, però, sembrava che ancora ci si dovesse limitare ad una pioggia mista a nevischio, gelida e le cui gocce cadevano con una certa compattezza sui passanti. Gli studenti di Hogwarts sciamavano in un brusio che riempiva le strade principali, emettendo vere e proprie nubi con i fiati, appannando le vetrine e sgocciolando dai mantelli fradici quando entravano nei negozi.
Ron entrò scosso da brividi alla Testa di Porco, togliendosi il giaccone ed asciugandosi con un colpo di bacchetta. Salutò Aberforth che era intento ad asciugare bicchieri col suo lurido grembiule, e colse con la coda dell’occhio i movimenti eccitati di alcuni ragazzini, che davano mostra di averlo riconosciuto. Ultimamente, gli era successo abbastanza spesso, soprattutto nelle intere giornate passate a Diagon Alley a rendere di nuovo agibile Tiri Vispi (nel mese che era rimasto chiuso, dall’entrata in clandestinità di tutti i Weasley fino alla Battaglia Finale, il negozio era stato pesantemente vandalizzato, e nessuno se ne era occupato per l’estate), a contrattare per nuovi ordini di merci ed a valutare l’assunzione di almeno un commesso.
Tirare avanti un’attività era più faticoso di quanto avesse immaginato, soprattutto perchè George era (si sentiva in colpa anche solo a pensarlo, ma così stavano le cose al momento) un peso più che un aiuto.
Non che non volesse rimettere il negozio in attività. Ron meditava su come proporglielo da tempo, quando un giorno George era spuntato nella stanza che adesso divideva con lui, e aveva buttato lì:
-Sai... pensavo di riaprire il negozio. Ma mi serve una mano.
Solo che la volontà non era sufficiente. Quello che con Fred non era che un gioco ed un’avventura, adesso pesava su George come un dovere, invecchiandolo precocemente. Era lento in tutto: nelle decisioni, nelle trovate. Così, per lasciargli ritrovare la voglia di inventare scherzi e idee geniali che un tempo venivano fuori naturali come una risata nella sua mente, Ron si era sobbarcato ogni aspetto tecnico che potesse affaticarlo o distrarlo, dalla saracinesca del negozio a Diagon Alley ai nuovi moduli ministeriali obbligatori, al ripristino delle relazioni commerciali con i fornitori dall’estero. Era come sguazzare in un mare sconosciuto di burocrazia.
Si lasciò cadere su una sediaccia, piuttosto vicino al banco, ed ordinò una Burrobirra ad Aberforth, dando un’occhiata al vecchio orologio che segnava le undici meno cinque. Il messaggio di Hermione gli dava appuntamento per le undici lì.
Le orecchie cominciavano a scongelarsi, e mentre aspettava, tirò fuori un fascio di pratiche sulle quali si scervellava da un paio di giorni. Non sapeva nulla di permessi relativi alla gestione di un esercizio commerciale, fino a due mesi prima, e tutt’ora, molta della roba scritta in caratteri piccolissimi su quei bolli in pergamena gli sembrava meno comprensibile degli sgorbi sul manuale di Rune di Hermione. Probabilmente gli serviva l’aiuto di Bill o di papà. O di Charlie, che trafficando con animali pericolosi e soggetti a restrizioni, aveva una cultura in fatto di moduli pressoché sconfinata. Ma Charlie, con dispiacere di tutti, e soprattutto della signora Weasley, che soffriva molto più di un tempo per le separazioni, era tornato al suo lavoro in Romania due settimane prima, dopo aver trascorso tutta l’estate e buona parte dell’autunno con loro. In casa restavano solo lui, George e Percy, che non dava segni di voler tornare nell’appartamento di Londra dove aveva abitato negli ultimi tre anni, almeno per il momento.
Anche Percy aveva le sue preoccupazioni, naturalmente. Come molti impiegati del Ministero durante il regime, aveva ricevuto un gufo che lo informava di essere sotto inchiesta. Dal momento che non era rimasto coinvolto in nessuna azione condotta contro Babbani, Nati Babbani o Mezzosangue, negli ultimi mesi anche rifiutandosi di farlo, con rilevanti rischi personali, non c’era da temere che lo si potesse accusare di nulla. Ma intanto era sospeso dal lavoro, e comunque al Ministero era in corso una profonda riorganizzazione, che probabilmente avrebbe significato, per molti giovani impiegati, la ripresa da zero delle loro carriere. Questo lo rendeva piuttosto depresso, lui che era stato sempre il primo della classe in tutto, ma poiché era chiaro che si sforzava di farsi perdonare il suo abbandono, Ron era propenso a passare sopra a molta della sua irritabilità.
Il signor Weasley, invece, era stato reintegrato immediatamente in servizio, con un consistente aumento di stipendio ed odore di promozione nell’aria. I figli, però, avevano dovuto unire i loro sforzi per spingerlo ad accettare ed a tornare a lavoro, dove senza dubbio si sarebbe distratto e risollevato: inizialmente era molto incerto, soprattutto per la preoccupazione di lasciare la moglie sola a casa. Alla fine, poiché la signora Weasley si era arrabbiata con lui quando aveva scoperto che era sul punto di rifiutare le soddisfazioni sul lavoro a lungo meritate ed altrettanto a lungo attese, facendo la prima vera sfuriata dalla morte di Fred in un modo così normale che tutti si erano sentiti molto sollevati, il signor Weasley, ingrigito e curvo, era rientrato in ufficio all’inizio di ottobre.
 
Ron finì la Burrobirra schioccando la lingua, e stava allungando il braccio per riappoggiarla  sul bancone quando qualcosa di molto simile ad un turbine variopinto lo travolse, facendo ribaltare la seggiola e schiantandosi con lui a terra.
-Santo cielo, che disgrazia... chiedo scusa!
Una ragazza si stava alzando, accanto a lui, usando il suo stomaco come punto d’appoggio. Ron, disteso in mezzo alle cianfrusaglie fuoriuscite dal contenuto di una borsa apertasi nell’urto, appartenente a lei, emise un suono a metà tra il conato di vomito ed il gemito, poi fu tirato in piedi dalla solida stretta della ragazza, una testa piena di capelli neri e riccioluti, amplissime vesti da strega classiche, piuttosto insolite per una persona così giovane, in una gran quantità di fantasie e colori diversi, e le mani più sporche che Ron avesse mai visto.
Lei si scusò ancora: aveva l’aria simpatica. Poi lo guardò con più attenzione, e sembrò riconoscerlo, perchè spalancò gli occhi azzurri. Ron si preparò alla filippica del “Ma tu sei l’eroe, l’amico di Harry Potter che...”, già sorbita varie volte negli ultimi mesi e che aveva perso fascino molto in fretta. Si chiedeva come aveva fatto Harry a tollerarlo tutta la vita. Lei, invece, disse, del tutto inaspettatamente, con aria lieta:
-Tu devi essere uno dei fratelli di Percy!
Questo era una novità. Soprattutto, Ron non ricordava di aver mai incontrato prima un amico di Percy, a parte certi noiosi ex compagni di scuola. Lei, poi, sembrava lontanissima dal tipo di persona che avrebbe potuto apprezzare Percy, o che Percy avrebbe potuto apprezzare. Non aveva idea di come potessero essersi conosciuti.
-Sì, in effetti... sono Ron, il suo fratello più piccolo- disse, incerto.
Neanche il suo nome sembrò richiamare alla mente della ragazza spunti di attualità o politica recente. Sorridendo, gli strinse la mano con la sua, e si presentò con voce squillante:
-Audrey Herriot. Molto piacere per me, immagino un po’ meno per il tuo sterno.
Si chinò a raccogliere tutta la roba che si era rovesciata dalla sua sciupatissima valigetta marrone: inquietanti siringhe di cristallo che rollavano dolcemente intorno a loro, fialette, una discreta quantità di quello che sembrava mangime per polli sfuso, ed una bacchetta tutta piena di ditate. Quando ebbe terminato, con l’aiuto di Ron che si era automaticamente piegato a darle una mano, gli sorrise ancora, si raccomandò:
-Saluta Percy, io devo proprio scappare!-, poi si volse verso il banco, dove Aberforth aveva continuato tutto il tempo a lustrare bicchieri, completamente impassibile, e lo apostrofò:
-Stanno tutte bene, signor Silente, ma per favore non mi dica cosa dà loro da mangiare, è sicuramente qualcosa di illegale. Dolly ha un po’ di gengivite, le lascio una pozioncina che può aiutarla.
Trafficò nella valigetta, estrasse una fiala dal contenuto verdino, si raccomandò:
-Due volte al giorno!-, al che Aberforth annuì, e poi, in un turbine, prese la porta ed uscì, proprio mentre Hermione, Ginny, Neville e Luna entravano assieme, chiacchierando.
Ron andò loro incontro, felice che fossero finalmente arrivati e gratificato dall’abbraccio di una Hermione molto affettuosa.
Non li vedeva dall’inizio della scuola, anche se c’era stata una corrispondenza molto fitta con sua sorella e naturalmente Hermione. Anche Neville gli aveva scritto, e persino Luna aveva mandato qualche bigliettino quasi indecifrabile nella sua gentile assurdità.
Sedettero tutti ad un tavolino, dove gli altri fecero le loro ordinazioni, parlando tutti insieme della nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, quell’Hestia Jones che avevano conosciuto tramite l’Ordine e che a quanto pareva era davvero brava.
-E’ quasi un peccato avere così poco da imparare sull’argomento- disse Hermione, senza alcuna traccia di vanità, ma come una semplice constatazione.
Il resto del corpo insegnante non era cambiato, almeno per quell’anno, visto che la professoressa McGranitt aveva mantenuto la cattedra di Trasfigurazione pur accettando di dirigere la scuola.
Era difficile, per lui, distogliere lo sguardo da Hermione, cui il vento freddo aveva acceso le guance rendendole rosse come il cappellino, i guanti e la sciarpa che portava con il cappottino nero, ma era contento di rivedere anche gli altri, e soprattutto di constatare quanto Ginny avesse ripreso peso, tornando alla sua normale figura esile ma sana.
Neville parlava con un’autorità ed uno sguardo franco e tranquillo che nessuno di loro aveva mai osservato prima in lui. Raccontò dettagliatamente a Ron di come aveva dovuto riprendere più volte studenti che si mostravano aggressivi verso Serpeverde vecchi e nuovi.
-Purtroppo è difficile- si inserì Hermione –dopo tutto quello che è successo, anche quelli del primo anno devono scontare per i loro compagni di Casa.
-Ho letto sul Profeta che i Malfoy sono sotto processo tutti e tre... cosa ne dice papà?- si inserì Ginny, la spilla di Prefetto appuntata sul golf celeste che baluginava alla luce del fuoco nel focolare affumicato del locale, come quelle degli altri tre.
-Dice che probabilmente ne verranno fuori con un’ammenda in denaro. Sapete quello che ha fatto lei, no, ha impedito che Harry venisse scoperto quando pensavano che fosse morto, ed alla Battaglia Finale non hanno combattuto... forse lui si farà un paio d’anni. Ormai ci sarà abituato.
-E Draco? E’ vero quello che dicono?
Ron alzò le spalle:
-Non ne so più di voi. Pare non abbia ucciso proprio nessuno, come la madre. Resterà fuori, vedrete.
-Quel figlio di...- Neville sbottò in una parolaccia che fece spalancare la bocca a Ron ma che non scompose gli altri tre. Due mesi di scuola insieme dovevano essere stati sufficienti per abituarsi al nuovo Neville.
-Non mi sembra giusto che qualcuno rimanga impunito in questo modo... scusate, ma proprio non lo sopporto. C’è gente che sconterà tutta la vita anche solo la stupidità malvagia di gente come Malfoy, che non ha fatto nulla solo perchè non c’è stata la possibilità...
-Beh, Neville, in realtà la possibilità l’ha avuta- intervenne Hermione, sempre corretta –E’ che più che altro, gli è mancato il fegato. Sono piccoli vigliacchi opportunisti, non meritano la tua rabbia.
Tutti sapevano che Neville pensava a sé ed ai suoi genitori, però, e nessuno ebbe il coraggio di aggiungere altro sull’argomento. Ginny chiese a Ron ragguagli sulla famiglia, anche se riceveva lettere frequentissime da tutti, e Ron fu ben lieto di cambiare discorso, aggiornandoli.
-...e Fleur ha cominciato Medimagia a settembre, e sembra molto soddisfatta... Bill dice che non sa come faccia a studiare così tanto e continuare a cucinare così bene.
Hermione annuiva, soddisfatta. A quanto pareva, il suggerimento che aveva dato a Fleur quasi senza pensarci ad aprile aveva avuto più successo di quanto avrebbe immaginato.
-Papà dice che la Facoltà di Medimagia è un covo di scienziati miopi che non vedono aldilà del proprio naso. Limitati- disse soavemente Luna. Tutti annuirono, guardandosi. Luna era sempre Luna.
-...a proposito, lo sapete che ho appena incontrato un’amica di Percy?
-Percy ha degli amici? Stai scherzando!- commentò Ginny, sarcastica.
-Era la ragazza uscita mentre stavate entrando. Mi ha quasi sfondato lo stomaco quando mi è caduta addosso.
-E come lo conosce?
-Non ne ho idea. Non ha avuto tempo di dirmelo. Non so bene neanche cosa ci facesse qui. Credo abbia dato ad Aberforth qualcosa per le sue capre.
-Ah, beh, si interessa di capre, che sono noiose quasi quanto Percy- commentò Ginny –Si spiega tutto.
 
Più tardi, Ginny, Luna e Neville lasciarono sola la coppia, che se ne andò a camminare cercando un po’ di solitudine, uscendo dal villaggio sulla strada fradicia che portava verso la scuola.
Hermione, naturalmente, chiese di Harry. Tutti loro avevano avuto la speranza di vederlo arrivare con Ron, ma non si era fatto vivo.
-Ti scrive regolarmente, vero?- si accertò Ron.
-Certo, una volta alla settimana. Ma non è a stessa cosa che vederlo. Speravo che oggi... comunque sta bene? Mangia?
-Sta piuttosto bene. Non so se mangia, Hermione, è già abbastanza stancante controllare che George non si dimentichi di cenare.
Hermione annuì comprensiva, stringendoglisi addosso mentre lui le passava un braccio intorno alle spalle:
-Non sono riuscita a capire, dalle vostre lettere, se sta sempre da voi.
Ron sospirò. Non era un argomento piacevole:
-Non proprio. Cioè, spesso dorme da noi, sai... in camera di Bill ora che George dorme da me, ma tante volte la sera non c’è... va un po’  a casa Tonks, un po’ a Grimmauld Place, credo.
Hermione rimase un po’ zitta, con le labbra strette:
-E cosa... fa, di preciso?
-Beh... nulla, al momento. Sembra... penso sia un po’ depresso- ammise francamente Ron.
-Accidenti, che scoperta! Certo che è depresso, ma così, senza fare nulla, finirà per diventare matto!
Ron alzò le spalle:
-Che vuoi, Hermione... non voglio stargli addosso ed esasperarlo, e poi...
-Vedi, è esattamente quello che temevo quando ho saputo che non sareste tornati a scuola, io...
-Ehi, un momento, potresti evitare di parlare al plurale? Io non sto passando le mie giornate a pensare che...
-Hai, ragione, scusami- lo interruppe in fretta lei, in tono colpevole. Ron capì che, nonostante le rassicurazioni premurose che gli scriveva per lettera, non si era ancora riconciliata con la sua scelta di non tornare a scuola, anche lasciando da parte Harry.
-E’ solo che... cerco di controllarmi, ma la verità... è che sono terrorizzata a non avervi sotto gli occhi dopo lo scorso anno. Soprattutto Harry- continuò lei  a bassa voce.
-Già- annuì comprensivo. Cos’altro poteva fare?
-So che c’è George a cui pensare, ma... per favore, Ron... dai un’occhiata ad Harry!
-Ci sto provando, Hermione... non è facile come sembra. Il negozio mi porta via una marea di tempo, e lui è... beh, lo sai come fa quando non vuole farsi aiutare. E’ un genio, in questo.
Hermione annuì ancora, e la conversazione arrivò ad un punto morto. Niente male, per essere la prima volta che si rivedevano in oltre due mesi, pensò cupamente Ron, approfittando comunque della pausa di silenzio per sbirciare Hermione, e constatare con soddisfazione, se non altro, che aveva un aspetto sano, senza traccia di occhiaie, curato e simile a quello dell’Hermione di sempre, fin troppo familiare con indosso, ancora una volta, l’uniforme di Hogwarts. I capelli le diventavano crespi per l’umidità come avevano fatto in tutte le uscite invernali ad Hogsmeade da quando avevano tredici anni. Mentre era intento in questo esame, lei, colta forse dallo stesso pensiero, sollevò gli occhi a guardarlo, e lo scrutò attentamente.
-Hai l’aria stanca... un po’ diversa- osservò gentilmente, sfiorandogli la guancia con la mano.
-Stavo proprio pensando che tu sei sempre uguale. L’umido ti fa diventare i capelli come un cespuglio.
-Grazie infinite.
Ma aveva sorriso.
-Cosa c’è, di diverso?
-Sembri... sembri più grande.
Si sentiva così. Forse dipendeva dal fatto che non faceva più vita da studente.
Erano arrivati non molto lontano dalla Stamberga Strillante, e sedettero vicino allo steccato che ne teneva lontano gli intrusi. Guardare quel posto faceva venire le vertigini. Non aveva avuto occasione di tornarci dalla morte di Piton, durante la Battaglia, e a giudicare da come la guardava anche Hermione, nemmeno lei lo aveva fatto.
Aveva cominciato a piovigginare nevischio, piuttosto insistentemente, ed Hermione evocò un Incantesimo Impervius che li protesse come una sorta di manto impermeabile, anche se non riusciva a ripararli dal vento freddo. Foglie morte svolazzavano in mulinelli intorno a loro, chiazzando le tracce di neve sotto gli alberi.
L’appuntamento stava diventando un vero disastro, a quanto pareva. Erano settimane che contava i giorni che mancavano a rivederla, e forse era il caso di farglielo capire.
-Sono contento di rivederti- mormorò, stringendo la mano di Hermione, e poi chinandosi a baciarla, un po’ impacciato. Non lo aveva ancora fatto da quando si erano rivisti, e lei ricambiò con trasporto, gettandogli subito dopo le braccia al collo:
-Scusami, ti sto deprimendo con le mie preoccupazioni per Harry!
-Non è che non mi preoccupi per lui, sai?
-Lo so. Come va il negozio?
Un argomento forse non piacevolissimo, ma almeno c’era qualcosa da dire. Parlò di moduli, scadenze, di fastidi. Di qualche soddisfazione.
-...l’altro giorno sono salito in camera per andare da George a vedere se combinava qualcosa... praticamente gli ho trasformato la mia stanza in un laboratorio, pur di invogliarlo a riprendere a sperimentare le cose che piacevano a... a loro due. Insomma, gli faccio “George... George?” e lui sembrava addormentato con la testa sulla scrivania, tutto circondato da polverine e robaccia, e poi mi avvicino, lui alza la testa dalla scrivania, mi guarda e rovescia gli occhi! Ma tutti, completamente dall’altra parte, capito? L’ha chiamato Collirio Capovolgente... accidenti, credevo di morire di spavento! Non serve a nulla, ovvio, ma se vuoi spaventare gli amici o raccontare una storia horror ad Halloween è perfetto.
Hermione rise con lui.
-Sembra un po’ disgustoso!
-Lo è. Però si è dato una smossa, capisci? Quando ha visto la faccia che ho fatto si è messo a ridere, e... beh, la mamma e Percy hanno salito di corsa le scale... non lo aveva ancora fatto da quando... lo sai, no? Da quando è morto Fred. Allora ho pensato che magari tutto quell’impazzire dietro ai moduli non è così inutile.
Hermione annuì. Aveva sorriso fino a quel momento, ora la sua espressione cambiò. Lo guardava con gli occhi accesi.
-Se va tutto bene, riapriamo la prossima settimana. Certo, non sarà come una volta, ma almeno...
Hermione si sporse verso di lui e lo abbracciò di slancio.
-Oh, Ron... sei stato bravissimo!
Sentì un piacevole calore in zona orecchie, mentre la stringeva. I complimenti di Hermione erano musica per le sue orecchie.
-Beh...- mormorò compiaciuto e impacciato -...è tutto merito di George, sai? Io ho solo...
Hermione non sembrava condividere questa opinione, perchè gli chiuse la bocca con un bacio.
Il resto dell’appuntamento fu un successo.
 
Hermione lo aveva pregato di stare più attento ad Harry, e doveva provarci, nonostante tutto. I giorni seguenti furono frenetici per l’apertura imminente del negozio, ma venerdì incrociò Harry che transitava alla Tana, e senza perdere l’occasione, gli scaricò uno scatolone sulle braccia. Lui lo aiutò di buon grado a trasportare una gran quantità di roba a Diagon Alley, con Smaterializzazioni a più riprese. Al negozio, George sistemava il nuovo laboratorio. Ron si era scervellato per circa due settimane, prima di decidersi a chiedere cosa dovevano fare delle cose di Fred. Conservare il suo tavolo, la sua attrezzatura ed i suoi cassetti come in un museo gli sembrava sbagliato come buttare tutto. George aveva acconsentito, sia pure con una faccia spaventosa, a mettere via le cose ordinatamente, in scatole che erano finite nella vecchia stanza dei gemelli, che era sulla strada per diventare un inquietante santuario della memoria di Fred. Il tavolo da lavoro, invece, era rimasto, stranamente nudo accanto a quello di George. Ron, senza azzardarsi a toccarlo, aveva sistemato un vecchio tavolino sbilenco in un angolo, e quel tavolino al momento rischiava seriamente di collassare sotto i pilastri di scartoffie, la parte dell’attività che non era fantasiosa, brillante e stimolante... e che lui si era accollato.
Dopo il trasloco dei vari scatoloni, Harry aveva dato una mano con qualche Incantesimo Pulente, visto che l’inaugurazione era prevista per lunedì ed a Ron tutto sembrava di essere anni luce lontano da una condizione vagamente accettabile.
Ma alla fine del lavoro, si rese conto con soddisfazione di essere riuscito a non farsi sfuggire nuovamente Harry dalle mani, perchè, sporco di polvere come lui, sembrò la cosa più naturale del mondo chiedergli:
-Ceni da noi, stasera, vero?-, e lui accettò con la disinvoltura che ricordava altri periodi della loro vita.
Dopo cena, nel salotto deserto (i suoi genitori si erano ritirati presto, e George era sicuramente in camera di Fred, dove andava tutte le volte che Ron non gli stava col fiato sul collo), alla luce mutevole del fuoco, mentre fuori infuriava una tormenta di nevischio che faceva prevedere strade ingombre l’indomani, ascoltò Harry raccontare di Teddy Lupin, che già puntava i piedi per camminare e sputava tutte le pappe che la signora Tonks provava a propinargli. Andava da loro quasi tutti i giorni. Ron, d’altra parte, non vedeva il bambino da oltre due mesi, preso com’era dal lavoro, e non riusciva neanche ad immaginarsi come potesse essere cambiato in tutto quel tempo.
-Sono andato ad Hogsmeade, domenica...- buttò lì, come se Harry non lo avesse saputo –Ho visto tutti, e stanno bene. Hermione era... dispiaciuta che tu non ci fossi.
-Immagino- rispose Harry, in tono neutro. –Mi ha scritto una lettera lunga sette pagine.
-Beh, è... sai com’è fatta, no? Un po’ ansiosa.
Si astenne dal dirgli che, almeno secondo lui, avrebbe potuto fare lo sforzo di andare.
-Le ho già risposto. Le ho spiegato. Ho voglia anche io di rivederla, di rivederli tutti. E’ solo che... non lo so, il bagno di folla tra gli studenti, proprio...
E poi c’era Ginny, naturalmente. Gli aveva detto di salutarlo. Ron considerò tuttavia che in quel momento, dire “Ginny ti saluta” equivaleva a far morire la conversazione.
-Già- annuì Ron -Lo sai che mi hanno fermato due o tre volte?
-Non è così fico, eh?
-Non proprio.
Harry gli diede una specie di pugno sulla spalla. Era come essere davanti al caminetto della Sala Comune. O quasi.
-Senti, amico...- cominciò, annaspando. Non era nato per quelle cose, lui: -Come... insomma, Hermione ed io ci chiedevamo...
Cosa intendi fare della tua vita? Quando ti darai una mossa? Se non è il caso di stabilizzarti un po’?Nessuna di quelle formule sembrava adeguata.
-Lo so.
Harry lo guardava con una specie di sorriso. Non sembrava arrabbiato o turbato, solo stanchissimo. Una stanchezza infinita –Non è che Hermione abbia bisogno di portavoce, si è già espressa dettagliatamente per lettera.
-Oh.
Ci fu un po’ di silenzio, poi Ron si schiarì la voce.
-E... ehm...
-Hermione deve stare tranquilla. Non è che...
-Beh, a dire il vero non è che i tuoi precedenti la facciano stare molto tranquilla.
Usare Hermione per intendere “”noi” era comodissimo... perfetto, se non fosse stato così da vigliacchi.
-Non ho intenzione di... stare così per sempre, ok? Ma non so bene cosa... ho bisogno di tempo. Mi dispiace che tu ed Hermione siate preoccupati...- oltre ad essere da vigliacchi, a quanto pare era anche inutile -...però... dovete... non lo so, fidarvi... che ne verrò fuori.
Ron annuì.
-Non è che non si... che non ci fidiamo. Solo, ci piacerebbe fare qualcosa.
-Avete i vostri problemi a cui pensare. E tu hai George. Io me la cavo.
-E... Ginny?- chiese Ron a bassa voce. Non avevano affrontato l’argomento, da quando Ginny e lui si erano chiariti, ma era chiaro che Harry non era al massimo dello splendore neanche su quel versante.
-Mi ha detto che era meglio... era meglio prendersi una pausa. Una pausa lunga- rispose Harry in tono piatto, fissando il fuoco.
-Non ce l’ha con te.
-Mi ha detto anche questo.
Era difficile non sentirsi in colpa per come andavano bene le cose con Hermione.
-Mi dispiace- commentò, piano. Harry alzò le spalle e le scosse molto lentamente, come se si stesse scrollando di dosso dell’acqua fredda.
-Come va, con Hermione?- chiese, con un cambiamento di tono forzato che però non nascondeva un nucleo di vero interesse e piacere.
-Beh... bene. Benissimo.
A dire il vero, pensò Ron, l’unica ombra nel loro rapporto era il fatto che Harry stesse tanto male. Ma gli parve inutile ribadire il concetto. Alzò il braccio e diede una pacca sulla spalla di Harry.
-Potresti... potresti cercare di... riemergere? O di farti vedere più... riemerso? Lei è... almeno tranquillizza Hermione, cioè. Lei non è qui, e sta sempre a pensarci ed a preoccuparsi e non può constatare di persona... si tormenta e...
-... ed è inutile. Capito. Ci proverò.
-E io non farò la spia anche se non sarai al massimo.
Harry annuì. Sembrava un compromesso accettabile entrambi. Si guardarono, e quella specie di sotterfugio verso Hermione li fece sentire così complici e compatti che si sorrisero, spontaneamente, e Ron si ritrovò a pensare che, se tutto andava bene, non avrebbero dovuto mentirle per molto.
 
In quel momento, sentirono passi fuori dalla porta, e si girarono per guardare, attraverso il vetro della finestra del salotto, chi si avvicinasse nel cortile tra il turbinare dei fiocchi. Entrambi avevano portato la mano alla bacchetta nonostante sapessero perfettamente che nessun estraneo poteva aver oltrepassato il cerchio di protezione del Ministero. Certi tic erano duri a morire. Ma naturalmente era solo Percy, in compagnia però di un’altra persona.
Sentirono la porta aprirsi, e Percy argomentare, imbarazzato:
-...credo che i miei siano tutti a dormire... forse è il caso di...
-Non dire sciocchezze, Perce! Scomodare tua madre solo perchè ho bisogno di un po’ di Polvere di Idragora... sicuramente la tiene in dispensa come tutti... una vera sbadataggine averla finita... mi sono dimenticata di controllare le scorte, come sempre...
Ron riconobbe la voce della ragazza che accompagnava Percy. Harry, invece, fissava il vano della porta ad occhi sgranati.
I due entrarono in soggiorno, con le teste spolverate di bianco e le guance arrossate dal vento, e si fermarono un po’ interdetti:
-Oh, ma guarda, è tuo fratello Ron! Ci siamo già conosciuti, non è vero?- fece Audrey Herriot, cordiale, tendendogli la mano.
-Beh, più o meno...- rispose Ron.
Percy sembrava piuttosto imbarazzato:
-E come...
-Oh, ero da Aberforth, domenica, per le sue capre... sai, gliele visito gratuitamente, è un amico! Ho incontrato tuo fratello in un pub... vi somigliate moltissimo.
-Ah, beh... Audrey, questo è Harry Potter, un caro amico di famiglia e...
-Lo avevo riconosciuto, naturalmente. E’ un vero piacere.
La giovane scosse i riccioli scuri mentre stringeva cordialmente la mano ad Harry, che le sorrise:
-Molto lieto.
Ci fu un momento di silenzio, poi Audrey riprese a parlare, per nulla imbarazzata:
-Ho finito l’Idragora, e mi è rimasto uno Knarl che si rotola per i disturbi di stomaco, su ad Aberdeen... i suoi proprietari sono molto angosciati, ma senza Idragora non posso preparare le supposte... così Perce ha proposto di venire a qui a prenderne un po’ dalle vostre scorte...
-Audrey è Guaritrice Veterinaria... si occupa di Creature Magiche per conto del Ministero- fece Percy, pomposamente.
-Già, ma l’Apoteca del Dipartimento è chiusa, a quest’ora... sarebbe stata una bella seccatura farsi aprire, e quel povero Knarl...
Ron ed Harry continuavano ad annuire. Ron si chiese quanto avrebbe potuto resistere senza prendere a sghignazzare per la faccia di Percy, pietrificata tra l’imbarazzo e la serietà. Idragora o meno, aveva portato una ragazza a casa... ed era stato beccato da suo fratello minore. Quasi poteva vedere i pensieri angosciosi che dovevano passargli per la testa in quel momento.
-Beh, Audrey, ti accompagno a...
-Ma lascia perdere, faccio da sola... sento l’odore della vostra dispensa fin da qui.
Sembrava che stesse per cominciare una breve schermaglia tra lei e Percy, deciso a scortarla in cucina, ma Audrey impedì qualsiasi discussione spingendo la spalla di Percy fino a che le ginocchia non gli cedettero e lui crollò a sedere su di una seggiola, ed avviandosi verso la cucina a grandi passi.
Percy fissò inespressivo Ron ed Harry.
-Ehm... Perce?- cominciò Ron, incapace di trattenersi.
-Le sto solo dando una mano- tagliò corto il fratello, più rosso che mai.
Aveva portato a casa una ragazza. Non c’era neanche bisogno di pronunciarla, quella frase, tanto aleggiava nell’aria.
-Solo una mano. Per l’appunto ero con lei quando si è accorta di questo problema e...
-Per l’appunto? Alle dieci di sera?
-L’ho accompagnata nel giro di visite. Siamo amici.
-Come diavolo l’hai conosciuta?
-Ministero. Comunque non ti riguarda.
Ci fu un altro po’ di silenzio. Audrey armeggiava in cucina e Percy sembrava seduto su un puntaspilli, tanto era chiaro il suo terrore che i movimenti non troppo delicati di Audrey svegliassero sua madre.
-Comunque è carina- buttò lì Ron.
Percy lo fulminò con lo sguardo e non rispose. Harry cominciò a tremare violentemente al fianco di Ron, chiaramente cercando di reprimere una risata. Audrey rientrò trionfante con un vasetto:
-L’ho trovata subito, che ti avevo detto? Senti, perchè non resti qui, Perce, sei a casa, non vale la pena che tu esca di nuovo!
-Ma figurati! Ti accompagno ad Aberdeen e poi a casa tua. E’ questione di un attimo.
-E’ gentilissimo ad accompagnarmi nei giri serali... sono così noiosi!- disse Audrey sorridendo, rivolta a Ron.
-Già- fece Ron. Il tremito di Harry continuava e lui aveva l’impressione di essere sul punto di soffocare per impedirsi di ridere.
Percy prese Audrey per un braccio con una certa decisione e cominciò ad indirizzarla verso la porta.
-E’ stato un piacere conoscerti, Harry... Ron... sempre lieta di rivederti!- trillò lei, infilando il vasetto in una piega dell’ampia veste verde a disegnini blu.
Loro ricambiarono il saluto, Percy biascicò un  “Ci vediamo” e la coppia prese la porta e si allontanò nella notte ventosa per Smaterializzarsi fuori dal muretto.
Harry fissò Ron e fu come essere di nuovo ad Hogwarts, quando una Ginny minuscola diceva loro dei baci di Percy con Penelope Light.
Fu un miracolo se non svegliarono tutta la casa per il gran ridere.
 
La “mia”Audrey l’avevo già introdotta in Lista di Nozze Lovegood-Scamandro, una one-shot scritta qualche tempo fa, che fa “idealmente” parte di questa raccolta, nel senso che se non l’avessi scritta prima potrebbe essere un capitolo di Dopoguerra.
 Si chiama Herriot perchè... zia Jo non ha specificato il cognome, e visto che me la sono immaginata come l’equivalente magico di un veterinario... beh, chi ha letto qualcosa di James Herriot capirà (tra parentesi, sono libri deliziosi, che consiglio a tutti).
Spero che abbiate apprezzato il capitolo, ci sentiamo presto con il prossimo!
(PS: una recensione fa sempre piacere!)


 

   
 
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