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Autore: Black_Star    03/09/2011    2 recensioni
Lilith, 19 anni, è segnata da due anni di "convivenza" con una malattia alla gola che le impedisce di fare ciò che più ama: cantare. Quando credi di aver perso tutto, c'è qualcosa, qualcuno, che può salvarti dall'apatia?
“La vita non è fatta solo di cose belle. Per essere felici bisogna superare degli ostacoli, volta dopo volta. Credevo che sarebbe bastato avere un sogno, ma proprio quando ero così vicina al traguardo mi è stato messo davanti un ostacolo che non posso superare. [...] Questa è la mia vita impassibile. Vuoi ancora farne parte, Christopher?” [Dal prologo]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lilith

 
»  Capitolo 1 - Accidia
 

L’atmosfera era perfetta: il teatro illuminato da poche luci dirette al centro del palcoscenico attendeva solo la sua entrata in scena, così come il pubblico che parlottava animatamente senza nascondere l’emozione per il grande evento.
Già qualche spettatore aveva cominciato incauto a battere le mani non appena il sipario aveva cominciato ad alzarsi, poi si era aggregato all’applauso vero e proprio non appena lei venne illuminata dai faretti posti ai lati del palco.
Vestiva con un abito di stoffa bianca, morbida e leggera. Era semplice e senza spalline, lungo fino alle caviglie, e si sposava perfettamente con il corto taglio dei capelli neri che incorniciavano il volto dalla pelle chiara, poco truccato in modo da spostare l’attenzione sui suoi grandi occhi nocciola, che non tutti in platea avevano l’occasione di vedere bene.
Fece qualche passo in avanti senza alcuna esitazione, agevolata da un paio di decolté bianche con un tacco per niente alto. Il pubblicò applaudì più forte e poi tacque, quando tutte le luci si spensero.
Solo un occhio di bue, proprio sopra di lei, la illuminava completamente.
E mentre la musica si diffondeva rapidamente nel teatro, lei aprì piano la bocca e respirò a fondo, aspettando il momento giusto per cantare...
Ma, non appena fece vibrare le corde vocali per deliziare la platea con il suo canto, dalle sue rosee labbra non uscì altro che aria.
Spalancando gli occhi, tra lo stupore generale lei tentò nuovamente, avvicinando il microfono che teneva tra le mani, ma della sua voce nessuna traccia.
Improvvisamente il teatro si svuotò, le tende scolorirono e le poltrone si impolverarono, le luci si fulminarono spegnendosi con una scossa. Il suo vestito bianco si tinse di nero, e portandosi le mani alla gola, disperata, lei cadde a terra senza fare il minimo rumore, dissolvendosi insieme a tutto il resto.
 
Gli stessi occhi nocciola si spalancarono improvvisamente accompagnati dal suono di un sussulto.
Giusto il tempo di capire dove si trovava, poi Lilith si lasciò andare ad un sospiro mentre esasperata si voltava su un fianco, il destro, osservando l’area circostante che nulla aveva a che fare con un teatro.
“Di nuovo quel sogno…” Pensò semplicemente, fissando la spoglia scrivania di fronte a lei. Con un gesto repentino si scoprì dalle coperte e si alzò svogliatamente dal letto, lasciando scivolare i lunghi capelli neri sulle spalle senza curarsi di sistemarli.
Indossò le pantofole blu scuro, in tinta con il pigiama di cotone che indossava, e inalando con calma una giusta quantità di ossigeno si diresse in cucina strisciando le ciabatte sul pavimento.
“Buongiorno, Lilith!”
La salutò energica sua madre, impegnata a parlare con la cameriera. “Stavo giusto per mandare Emma a svegliarti.” Annunziò, sfoggiando un sorriso incorniciato da labbra colorate di un rosso scuro.
Dopodiché fece un cenno alla cameriera che, dopo un “Sì, signora.” detto sottovoce ed un breve inchino che fece smuovere i corti ricci castani, porse un saluto a Lilith e si affrettò a lasciare la stanza, senza avere l’onore di essere ricambiata.
Notando l’indifferenza di sua figlia, Heather arricciò le sopracciglia ben curate,guardandola severamente con i suoi occhi verdi come il pistacchio.
Sì, proprio come il pistacchio.
Un colore stravagante, senza dubbio: un verde chiaro ma molto spento, privo delle classiche sfumature nocciola, che però si sposava bene con la sua carnagione chiara e i capelli d’un marrone con lievi sfumature di rame, fatti di ricci morbidi e voluminosi che non superavano le spalle.
“Dovresti essere più gentile con Emma.”
Dichiarò con tono autorevole, ma gli occhi di Lilith non la degnarono di uno sguardo.
“Che ore sono?”
Chiese invece la figlia, scostando una sedia dal tavolo e facendo per sedersi, avvicinandosi il più possibile senza fare il minimo rumore.
“Sono le sette e mezza! -rispose dopo una rapida occhiata al suo orologio da polso rigorosamente sulla mano sinistra, voltato verso il lato interno del braccio - Ti prendo la pillola. Cosa vuoi per colazione?”
“Niente.”
Heather serrò i denti e afferrò la bottiglia d’acqua naturale sempre presente sul mobile, riempiendo un bicchiere di vetro.
“Sai che devi mangiare qualcosa prima di prendere la pillola.”
Insistette, estraendo il dischetto bianco dalla confezione con agitazione, riposando subito il tutto in un cassettone.
Dopo qualche secondo di silenzio Lilith sospirò, alzando gli occhi al soffitto.
 “Allora dammi due biscotti, andranno bene.”
Con un sorriso soddisfatto sua madre le posizionò davanti il bicchiere d’acqua e la pillola, per poi poggiarle su un fazzoletto i due biscotti, che Lilith afferrò prontamente cominciando a mangiare.
“Ti ricordo che oggi è martedì, quindi torno a casa più tardi del previsto.”
Cominciò a dire camminando avanti e indietro per la cucina prendendo vari oggetti da inserire in una borsa marrone chiaro, in tinta con il tailleur che aveva indosso.
Finiti i biscotti, svogliatamente Lilith mise la pillola in bocca e avvicinò piano il bicchiere di vetro alle sue labbra, bevendo un sorso d’acqua.
“Se tua sorella non si sveglia entro cinque minuti…”
Non ebbe il tempo di finire la frase che Lilith aveva poggiato con violenza il bicchiere sul tavolo di legno, producendo un sordo rumore che interruppe ogni movimento della madre.
“E’ troppo fredda.”
Annunciò, facendo sospirare la donna che esasperata poggiò la borsa su di una sedia con poca delicatezza.
“E’ la solita acqua, Lilith. Hai già inghiottito la pillola, no? Un sorso di acqua più fresca non ti farà male.”
Dicendo tali parole prese il giaccone posato su un’altra sedia e lo indossò, aggiustando il colletto e chiudendo bene i bottoni.
“Ci vediamo stasera.”
Sussurrò semplicemente, prendendo la borsa e dirigendosi verso l’uscita. Quando passò di fianco a Lilith, però, si fermò un attimo e le accarezzò la chioma corvina con la mano libera, sospirando.
“Non saltare di nuovo il pranzo, ok?”
Gli consigliò un po’ preoccupata, per poi riprendere la sua camminata ed uscire di casa cercando di non sbattere troppo forte la porta.
Lilith la seguì con lo sguardo fin tanto che era nella sua visuale, poi portò gli occhi al bicchiere ancora pieno d’acqua per metà, fermandosi a fissarlo.
Chissà perchè sua madre le portava sempre lo stesso bicchiere per farle prendere le diverse pillole.
Quel pezzo di vetro era diventato una sorta di promemoria: a differenza delle medicine, chiuse nei cassetti quando non servivano, quel bicchiere era sempre posato sul mobile della cucina, richiamando il suo sguardo come una calamita.
Sembrava volesse prendersi gioco di lei e della cura che era costretta a fare.
Anche se, a conti fatti, chiamarla “cura” era praticamente errato: i numerosi farmaci che assumeva ogni giorno non l’avrebbero guarita dalla malattia alla gola che la tormentava da più di due anni, semplicemente evitavano che la situazione potesse peggiorare, lasciandola quasi invariata.
No, decisamente non poteva chiamarsi cura.
“Buongiorno!”
 Esclamò d’un tratto un’allegra vocina alle sue spalle, e fece il suo ingresso in cucina una figura esile, dalla pelle chiara e dei ricci capelli biondi, coperta da una vestaglia di cotone bianco lunga fino alle caviglie. A prima vista poteva sembrare una figura angelica, e quando le sue sottili labbra si inarcarono in sorriso l’atmosfera diventò più calda e accogliente.
“Ben svegliata, Hilly.”
Sussurrò semplicemente Lilith, lasciando che la sorella la abbracciasse senza la minima partecipazione.
“Mamma se ne è già andata?”
Domandò la bionda, aprendo il frigorifero per dare un’occhiata alla disponibilità alimentare di quella mattina.
“Proprio adesso.”
“Che peccato, volevo la colazione…”
“Falla preparare ad Emma, no?”
Lilith prese nuovamente in mano il bicchiere, ondeggiandolo lentamente a destra e sinistra, guardando l’acqua al suo interno muoversi freneticamente da un lato all’altro.
“Sta facendo i letti, non voglio disturbarla! Tu vuoi qualcosa?”
Domandò Hilary,  senza ricevere alcuna risposta. Capì che il suo silenzio voleva dire no, e senza indugiare versò il latte in una grande tazza appositamente presa dalla credenza.
“Ma tu guarda, è finito il latte!”
Fece d’un tratto fingendo sorpresa, riempiendo la tazza fino all’orlo e buttando silenziosamente nel lavandino il poco che era rimasto all’interno del cartone, evitando che la sorella la scoprisse.
“Oggi pomeriggio dobbiamo andare a fare la spesa!”
Esordì con entusiasmo, inserendo la tazza nel microonde ed impostando i parametri. Fece ondeggiare i lunghi ricci biondi nel gesto, alzandosi sulle punte per digitare bene i pulsanti dell’elettrodomestico nonostante fossero facilmente accessibili anche ad una persona più bassa di lei. Lilith, intanto, continuava a giocare con il bicchiere, persa nel movimento del liquido trasparente.
“Per un cartone di latte, Hilary? Ce ne saranno abbastanza nella dispensa.”
“Parlerò con Emma, sicuramente ci sono altre cose che mancano!”
Nuovamente, come aveva fatto con la madre, spinse il bicchiere sul tavolo osservando l’acqua che si fermava, alzandosi contemporaneamente dalla sedia.
“Ho parlato abbastanza per questa mattina.”
Rispose secca, togliendo la mano dall’oggetto di vetro per poi alzare lo sguardo verso la sorella, che la guardava speranzosa con i suoi occhi verde pistacchio uguali a quelli della madre.
“Allora è meglio che ti riposi, perché non accetterò scuse oggi pomeriggio. E se andiamo a fare la spesa, non puoi restare in silenzio!”
Argomentò sorridendole allegramente, trotterellando verso il microonde per aprirlo e prendere il latte ormai riscaldato a dovere.  Aggiunse lo zucchero e una spolverata di cacao, mischiando il tutto e annusando la sua opera. Notando che Lilith era ancora lì si voltò, porgendole la tazza tiepida.
“Neanche un sorso?”
Ma la sorella non le diede alcuna risposta e si voltò facendo ondeggiare i lunghi capelli neri, tornandosene silenziosamente in camera.
Hilary sospirò, sedendosi nel posto che aveva lasciato libero, urlandole un semplice “Non dimenticarti della spesa!”, e nonostante nessun suono arrivò al suo orecchio sapeva bene che Lilith l’aveva sentita.

 

*****
 

 
Hilary picchiettava velocemente sulla tastiera del suo portatile, emettendo un rumorino tanto fastidioso quanto rapido. Le lettere si componevano velocemente sul monitor dando voce al pensiero che voleva formulare, mentre compiaciuta la bionda prendeva ora il mouse scorrendo la pagina con maniacale attenzione.
Lilith si posò sullo stipite della sua porta osservandola incuriosita, mentre la sorellina sembrava così assorta nel suo da fare che non si era minimamente accorta della tua presenza.
Tuttavia, quando la bruna fece per allontanarsi, la sorella la richiamò senza neanche staccare gli occhi dal computer, costringendola a fermarsi.
“Spero che tu sia pronta, perché tra poco usciamo.”
Le ricordò cordialmente, controllando l’orario nell’orologio sempre preciso del computer che segnava le 16.22 in punto.
Lilith respirò a fondo, e senza alcuna esitazione le rispose a tono: “Sicura che riuscirai a staccarti da lì entro oggi?”
La canzonò infatti, ma per tutta risposta Hilary chiuse la pagina che stava controllando e si affrettò ad arrestare il sistema, alzandosi dalla sedia soddisfatta.
“Ecco fatto. Contenta?”
Quella annuì seccata, mentre la bionda si sistemava il pantalone sgualcito.
“Non sono ancora dipendente da Facebook, sai? Anche se ammetto che è simpatico, avrei dovuto iscrivermi prima!”
Sorrise, camminando verso la fila degli armadi e aprendone uno con decisione.
“Dovresti iscriverti anche tu.”
“Spero che tu stia scherzando.”
“No, affatto! Ti farebbe bene!”
Reclamò con semplicità, scorrendo tra le crucce alla ricerca di qualche vestito che soddisfacesse le sue richieste giornaliere. Ne scelse uno lillà, e rapidamente lo tirò fuori dalla pila di abiti che possedeva.
“Devi smetterla di ripetermi cosa è bene e cosa no. Sono io la maggiore.”
“Ok, ok, tregua…andiamo semplicemente a fare la spesa, ok?”
Sospirò arrendevole, tirando fuori da qualche cassetto una borsettina e qualche accessorio.
“Mi cambio e scendo, aspettami giù!”
E Lilith non se lo fece ripetere due volte: con la calma che la caratterizzava scese le scale e raggiunse la porta, senza preoccuparsi nemmeno di sistemare i capelli.
“State uscendo, signorina Lilith?”
Domandò premurosa la cameriera Emma, che silenziosa l’aveva raggiunta all’entrata nascondendo tra le mani una piccola pezza.
Lilith si voltò fissandola gelidamente, come aveva sempre fatto da un po’ di tempo a questa parte.
“Non è ovvio?”
 Emma strinse la pezza appallottolandola ancor più tra le mani, visibilmente in imbarazzo.
“Mi chiedevo…verso che ora sarete di ritorno?”
“Tra poco, Io e mia sorella andiamo solo a fare la spesa. Dovresti ringraziarla, sarebbe un compito tuo.”
Un solenne silenzio calò tra le due parti, e la povera cameriera abbassò lo sguardo costernata. Nel frattempo la figura di Hilary fece il suo ingresso in scena scendendo rapidamente dalle scale, rumorosa a causa dei suoi tacchi più o meno alti.
Rivolse un radioso sorriso ad Emma, aprendo la porta d’ingresso con gioia.
“Noi andiamo! A dopo!”
Fece infine, prendendo a braccetto la sorella e uscendo di casa il più velocemente possibile.
“Dì un po’, perché ce l’hai tanto con Emma?”
 “Non ce l’ho con lei.”
“Già, hai ragione. Riformulo la domanda: dì un po’, perché ce l’hai con tutti?”
La sua interlocutrice serrò le mascelle, fissando dritta di fronte a se mentre usciva dal cancello di casa.
“La conversazione è finita.”
Dichiarò infine, staccandosi da lei e facendola sbuffare. Tuttavia presto la bionda si ricompose, recuperando la calma con un sospiro.
Avere a che fare con Lilith non era cosa da poco, ormai l’aveva capito: doveva solo avere pazienza, tanta pazienza. Quindi mostrò nuovamente un sorriso, riprendendola forzatamente a braccetto.
“Forza, andiamo al supermercato!”
 

*****

 
“Scontrino controllato, è tutto a posto!” Fece allegramente rapporto Hilary, inserendo il pezzo di carta nella leggera busta che la sorella portava mestamente.
“Ti diverte così tanto?”
“Perché non dovrebbe?”
Evitò abilmente la domanda, tenendo la sua busta con entrambe le mani.
“Piuttosto, sicura che non vuoi che porti io la tua busta?”
“Hai già la tua, posso…”
“Ooooh!!!”
 Lilith non ebbe il tempo di terminare la frase che Hilary si era fermata felicemente di fronte ad una vetrina di scarpe femminili, ondeggiando nel suo vestitino lillà che le copriva a malapena le ginocchia.
“Guarda quelle! Non sono favolose?”
Indagò con occhi sfavillanti la vetrina, indicando un paio di decolté rosse tacco sei adornate da una fascia di strass neri a forma di fiocco sulla destra della punta. Si avvicinò al vetro facendo tintinnare i voluminosi pendenti d’argento con le perline, appiccicando il dito alla parete trasparente.
Lilith lanciò un’occhiata disinteressata alle scarpe, e dopo aver dato loro un approssimativo giudizio mentale –negativo- riportò il suo sguardo sulla strada emettendo un semplice “Mh.” senza far trapelare alcuna emozione dalla sua voce. Vedendo però che la sorellina era rimasta incantata, aggiunse semplicemente un “Sono troppo alte, non sono scarpe per una ragazzina di diciassette anni.”
A quelle parole Hilary sbuffò, ma la maggiore non la degnò di uno sguardo e riprese a camminare, silenziosa nelle sue infradito nere, cosa che avrebbe presto costretto Hilary ad abbandonare la vetrina e a seguirla.
“Li…Lilith…” 
Sussurrò però una voce, e la ragazza chiamata in causa si fermò, il volto contratto in un’espressione curiosa.
“Lilith Mirthshow?”
 Ripetè ancora quella voce, palesemente giovane e maschile, e gli occhi ambrati di Lilith si voltarono verso destra trovandosi di fonte ad un ragazzo sui vent’anni che la guardava perplesso.
I suoi occhi color cioccolato erano rimasti spalancati, scarsamente coperti da qualche nero ciuffo ribelle. Indossava dei semplici blue jeans abbinati ad una polo nera a maniche corte, più o meno attillata.
Lilith raddrizzò le spalle fissando il giovane con espressione di pura sorpresa, e dovette spostare il piede destro di qualche millimetro più avanti per non perdere il controllo del baricentro. Hilary, che aveva assistito alla scena con felice curiosità, era rimasta alla vetrina puntando gli occhi alla sorella con sguardo saccente, tendendo le orecchie per ascoltare un eventuale discorso.
Ma dopo quei pochi secondi di silenzio, quando Lilith si decise a schiudere le labbra, solo una parola venne pronunciata dalla sua flebile voce:
 
“Christopher…?”
 

____________
 
Note dell’autrice: Salve a tutti, eccomi qui con il nuovo capitolo :) Se siete arrivati fin qui significa che avete letto fino in fondo, quindi un GRAZIE immenso! Anche perchè ammetto che questo capitolo possa risultare un pò "piatto", ma è voluto: la vita di Lilith è sempre uguale, monotona e "accidiosa", come suggerisce il titolo, quindi volevo che il capitolo di "presentazione" la rispecchiasse ;)

Dovrei postare ogni Sabato/Domenica, se l'università non mi impegna troppo XD
 
GRAZIE A TUTTI COLORO CHE LEGGONO, MA SOPRATTUTTO A COLORO CHE RECENSISCONO QUESTE MIE PAZZIE! =P
 
Al prossimo capitolo!
 
“Black ★Star”

 
 
   
 
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