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Autore: MeliaMalia    05/05/2006    4 recensioni
Scusatemi, ma non ho resistito... E se Willy Wonka non avesse cercato un erede, ma una moglie?
Questo racconto vuole essere una gentile parodia di un libro e di un film che ho apprezzato molto; se vorrete commentare e consigliarmi, mi farete molto felice!
Completata! ^^
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO NONO

Una volta mi è capitato di recitare in uno spettacolo teatrale ambientato in una grande, meravigliosa chiesa, tanto imponente quanto piena di spifferi. Era un posto freddo; freddissimo. Per l’occasione, si presentò anche una docente universitaria; la mia docente universitaria. Seguì allegramente lo spettacolo, non mancando di farmi i complimenti.
Il giorno dopo avrei dovuto avere lezione con lei; solo che non si presentò. In quell’aula affollata, oltre me, vi erano in attesa un centinaio di studenti; e su cento, almeno un’ottantina avevano fatto non meno di cinquanta chilometri in treno. Cinquanta chilometri, o forse più, per arrivare e non trovare la lezione che interessava loro.
Così, quando sentii la notizia portata da un ragazzo: “La professoressa è a casa con una bronchite… pare che ieri sera abbia preso freddo a uno stupido spettacolo, o che so io!”, indovinate come mi sentii? Una cacca, esatto. Gli altri forse non si accorsero del fatto che io, nel mio sentimento di colpevolezza, cercai disperatamente di appiattirmi contro la parete, quasi abbassando le orecchie come un cane, eppure quello fu un gran, brutto momento. Una pessima sensazione, ecco, come se mi fossi inconsapevolmente appoggiata ad un innocuo pulsante e, dietro di me, un palazzo fosse stato raso al suolo. La stessa cosa.
Un’introduzione lunga, la mia, non perché io abbia sbagliato storia, ma solo per meglio calarvi a quelli che furono i sentimenti di Viola, quando, due giorni dopo, ancora era citata dai giornali scandalistici come la Donna Senza Cuore E Senza Volto che aveva osato rifiutare la Proposta del celebre Willy Wonka.
Proprio così la scrivevano: la Proposta. Manco fosse stata una professione di Fede, o chissà che altro. La Proposta. L’anonima ma, a parere di tutti i giornalisti, certamente poco intelligente fanciulla aveva osato scuotere il capo di fronte alla Proposta, ed ora non vi era nessuno che poteva evitare di girare per la strada commentando questo fattaccio. Oh, povero Willy Wonka. Chissà come ci era rimasto male, a causa di quella fredda creatura senza cuore.
Che quell’imbecille andasse a consolarsi con qualcun'altra, allora! E che la smettessero di parlare di lei!
Viola ringhiò un poco sentito ringraziamento all’elegante signore che, le scarpe nuovamente lucide, le allungava una misera moneta, allontanandosi da lei, il muso affondato in un quotidiano sulla cui prima pagina, ovviamente, svettava il sedicente titolo ‘WILLY WONKA CERCA IL SUICIDIO TRA LE CARAMELLE GOMMOSE’ e l’ancor più geniale sottotitolo: ‘Non posso sopportare oltre queste sofferenze d’amore! – Ha affermato tristemente il miliardario’.
La poveretta scosse il capo, affranta. Non solo, saltando una giornata di lavoro, aveva perduto il suo posto nella fabbrica di pannolini. Non solo aveva subito traumi psicologici in una fabbrica condotta da dei paranani. Non solo doveva ridursi fare la lucida scarpe, sotto quella morbida ma gelida neve cadente. No: le toccava pure essere sulla bocca di tutti, come una specie di sanguinario un mostro a tre teste. Basta, prima o poi sarebbe impazzita: avrebbe preso una sega elettrica, e avrebbe percorso le strade urlando come un’ossessa, mietendo innocenti vittime; così, se non altro, la fama di creatura indegna di appartenere alla razza umana avrebbe avuto una valida giustificazione.
“Le scarpe, per favore. Non ho tutto il giorno!” Una voce giovanile, quella di questo signorotto nascosto da un quotidiano aperto. E soprassediamo sui titoli principali di codesta testata.
Viola non alzò neppure il capo; preso il lucido e la spazzola, si mise pazientemente al lavoro.
“Eeh… un vero peccato per questa fanciulla.” Commentò l’uomo, alzando il piede affinché lei lavorasse meglio; non era neppure necessario specificare di che parlasse. “Ha sfiorato la fortuna, e l’ha calciata via.”
Non era il primo a voler tenere conversazione sulla vicenda. Eppure fu il primo che lei ritenne degno di una sua risposta.
“Secondo la mia modesta opinione, signore, sono dell’idea che la ragazza abbia avuto le sue buone ragioni.” Che effetto strano, parlare di sé in terza persona! Si sentì paurosamente spersonalizzata. Cancellò quel pensiero, concentrandosi sulla punta della calzatura, che sfregò con un po’ troppa convinzione.
“Ottime ragioni? Quali ottime ragioni?” S’incuriosì l’uomo, osservandola attraverso i fori del giornale. Oh, sì; proprio così: il giornale aveva due bei buchi, attraverso il quale lui, evidentemente sentendosi molto intelligente, spiava ogni movimento di lei. Sorridendo.
“Le ragioni possono essere varie… non voler sposare qualcuno quando lo si conosce da appena mezza giornata, per esempio… o chissà, forse una qual certa diffidenza nei confronti degli psicotici e… ah, sì: essere offese dal fatto di essere state scelte grazie a delle prove a dir poco idiote!” Tacque, usando una pezza per sistemare meglio il lucido in eccesso. Quindi, senza alzare il volto dai piedi del clienti, chiese: “Lei cosa ne pensa, signor Wonka?”
Il giornale si abbassò di scatto; Willy Wonka, come sempre vestito di tutto punto dalla punta del cilindro ai pedi, la osservò con aria spiazzata.
“Come mi hai riconosciuto?”
Viola, un sorriso quasi arrendevole che le illuminò il volto, rispose solo inarcando un sopracciglio.
Il silenzio che cadde su di loro fu pesante; sembrarono quasi estraniarsi da quella strada innevata, racchiusi in una sfera che solo loro potevano percepire. Wonka, a disagio, si sfiorò il bordo del cilindro, forse cercando parole che non la offendessero: se c’era una cosa che aveva imparato, da quella storia, era che offendere quella ragazza era straordinariamente facile. Quanto straordinariamente pericoloso.
“Io… ho pensato molto.” Ammise, sorprendendola: sino ad allora, Viola non lo aveva realmente ritenuto capace di un pensiero coerente. Insomma, guadagnò punti. “Mi sono comportato in modo stupido. Le prove, le concorrenti… è stato tutto molto, molto stupido.”
“Proprio così.” Ritenne opportuno confermare lei, tanto per premere ancora un po’ il macigno da venti tonnellate sulla sua schiena.
“E’ che… sai, avrei qualche trauma infantile, riguardo alle donne.” Ammise. Ripensò quindi a quella che era stata sua madre; e ritenne il termine ‘qualche’ fosse quanto meno inadeguato.
“E questo, cosa c’entra?”
“E’ che… avevo paura! Voi siete così…” Forse qualche aggettivo adeguato gli sovvenne, ma ritenne opportuno tenerlo per sé: non si sapeva mai. “Ho paura, anche solo di avvicinarvi. Tremo.”
“Io che c’entro? Vai da un’analista.” Viola fece spallucce. “Fanno dodici centesimi.” Alzò appena una mano, acida, per ricevere il compenso della pulitura delle scarpe. Wonka parve osservare, quasi in trance, quelle cinque dita bianche per il freddo.
Lentamente, si sfilò un guanto color perla; rabbrividì quando la sua mano nuda avvertì la temperatura esterna. Ma, soprattutto, rabbrividì al contatto di essa, quando la chiuse attorno a quella di Viola. Che lo fissò con infinito stupore.
Quasi fosse una di quelle favole che, da piccola, aveva visto nel suo sgangherato televisore, fu attirata da lui verso l’alto. Wonka esibì un sorriso incerto, che forse voleva dire: ehm, va bene come ho fatto?
E infatti, non visti, dall’angolo di un palazzo dall’altra parte della strada, un umpa-lumpa, in compagnia di un’anziana signora, mostrarono quattro incoraggianti pollici puntati verso l’altro. Quindi la vecchietta – e indovinate chi fosse? – gli fece nervosamente cenno di proseguire. E lui si spicciò ad obbedire.
“Vorrei conoscerti meglio; se la cosa non ti offende.” Mormorò, e Viola, maledicendosi, non poté certo non notare che, in fondo, fosse dannatamente attraente, in quel suo completo così elegante. Che avesse un viso dai lineamenti fini, delicati. E occhi che, se privi della solita luce di geniale follia, potevano inchiodare chiunque ad un muro, grazie all’intensità dello sguardo. Rise nervosamente, non riuscendo però a liberare la propria mano dalla sua gentile, educata stretta.
“Senti, perché io? C’è di meglio, in giro…” Lei volse il capo vero il nulla, smettendo di fissarlo. Accidenti, forse era la fame a confonderla così. O il freddo. Sì, il freddo.
“Mi sono preso il permesso di parlare con tua nonna…” Ammise il cioccolatiere, sfondando un muro in Viola.
“Ah, bella. No, ascolta.” Agitò nervosamente la mano libera, cercando febbrilmente qualche scusa per qualsiasi idiozia fosse fuoriuscita dalle gentili labbra dell’ava. “Qualsiasi cosa abbia detto, è solo una persona anziana, e…”
“Mi ha detto che hai trovato quel biglietto aprendo solo una confezione di cioccolata.” Proseguì Wonka, non intimorito ma bensì divertito dal nervosismo di lei.
“E’ anziana, e un po’ rimbambita, a volte non sa quello che dice…” Dall’angolo del palazzo dall’altra parte della strada, una nonnina, evidentemente in cerca di vendetta per l’aggettivo ‘rimbambita’, partì alla carica; fortunatamente, fu fermata ed atterrata da tre umpa-lumpa, che faticarono nel trascinarla nuovamente ove non potessero essere avvistati.
“Tu credi nel destino?” Chiese a bruciapelo Wonka, piegando di lato il capo.
“Perciò, anche se può averti blaterato di matrimon… eh?” La sua testolina confusa organizzò in fretta e furia un rewind, per poter rielaborare la sua ultima affermazione. Trovandola certamente folle; ma, nella sua follia, spaventosamente logica. “Cosa c’entra il destino?”
“Una sola barretta; il biglietto; l’essere rimasta ultima...” Wonka sorrise con una dolcezza più gustosa del suo stesso cioccolato.
“Sono solo coincidenze.”
“Sì, è vero. Però…” Lui fece spallucce. “Insomma, non ti chiedo di sposarmi. Voglio solo… conoscerti.”
Lei fissò il terreno. Liberò la sua mano da quella di lui, sentendo nuovamente il freddo dell’inverno avvolgerla, senza pietà. Infine, tornò a guardarlo.
Pazzo. Un confusionario, maleducato, tenero pazzoide. Ecco cos’era. Sorrise, finalmente intenerita.
“Se proprio insisti…”
Un ululato di pura gioia si levò da quel famoso angolo di quel famoso palazzo dall’altra parte della strada; prima che Viola, incuriosita, potesse voltarsi e decidere di controllare, lui, vincendo una nuova battaglia con sé stesso, la prese a braccetto, invitandola gentilmente ad una tranquilla passeggiata.








Uao, questo era l'ultimo capitolo... manca solo l'epilogo ^^
Bene, cosa dire? Ringrazio le fanciulle che mi seguono, che ridono e sorridono con me... Spero di aver fatto un bel lavoro; di avervi fatto sognare. E' questo che voglio ^^
Ma parlerò più a lungo dopo l'epilogo, ringaziandovi tutte ^^
Solo una cosa voglio precisare: l'innamoramento di Viola. Mi chiedevate come potesse innamorarsi di lui, in un solo capitolo: beh, avevate ragione. E' una cosa impossibile ^^
Infatti quello che è avvenuto qui non è un innamoramento. E' una prova. Una piccola speranza ^^
In ogni caso... io auguro a Viola di farsi andare bene il caro Wonka, o... NONNA DEA CADRA' VENDICATIVA SU TUTTI NOI xDD
Un bacio a voi tutte, ci vediamo all'epilogo... lasciatemi qualche consiglio, o anche solo un saluto, se ne avete voglia ^^
   
 
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