Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Guido    06/05/2006    4 recensioni
Un anno dopo la fine della Seconda Guerra, Hogwarts riapre i battenti su un Mondo Magico molto cambiato e molto insicuro, dove anche la pace appena conquistata non sembra destinata a durare. Quale destino attende i giovani allievi, i professori vecchi e nuovi, dentro e fuori la Scuola? E la nuova guerra, se scoppierà, sarà sempre tra maghi, oppure... contro i Babbani? Domande molto pressanti per Draco Malfoy, improvvisamente catapultato sulla cattedra di Difesa, e anche per qualcuno che, di nascosto, tenta di rintracciare un Harry Potter svanito nel nulla ormai da anni...
(NOTA: ho cominciato a scrivere la storia prima che uscisse "I Doni della Morte", l'esito della guerra è stato molto diverso, ma scoprirete i dettagli principali già nel primo capitolo. OOC per il personaggio di Draco, del resto la serie è incentrata proprio sulla sua evoluzione)
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Da Mangiamorte a...'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
PRIME LEZIONI. PARTE PRIMA.

Prime lezioni. Parte prima.


Ringraziamenti:
Rispondo alle recensioni sull’una e sull’altra parte del capitolo 2, ma, ove necessario, con una risposta unica per ciascun commentatore.
DarthSteo: grazie per l’apprezzamento, anche se mi rendo conto che questi capitoli introduttivi possono apparire un po’ frustranti al lettore desideroso di azione. Purtroppo, per il caro vecchio Harry dovrai aspettare ancora un po’, ma non temere: lo rivedremo. Intanto, in questo cap. potrai goderti un ritorno imprevisto e, forse, anche qualche imprevisto.
Sabry: Draco e Blaise sono i co-protagonisti della storia, quindi avrai modo di apprezzare il tuo beniamino in molte scene, anche se non prevedo lemon di sorta. Cosa pensi Malfoy jr. del “defunto” Potter non è così semplice da stabilire, ma ti prometto chiarezza in merito. Quanto ai tempi, chiedo venia, ma, in quest’ultimo intervallo, ho pubblicato due storie (pubblicità occulta), partecipato al concorso, scritto un po’ di cose per il Progetto Elvas (idem) e,
last but not least, scritto il cap. che ora sono lieto di offrire alle vostre voraci mandibole letterarie. Be’, almeno la prima parte: la seconda è a buon punto, ma questo capitolo si è rivelato così difficile da scrivere che ho deciso di dividerlo in due, giusto per dimostrare a me stesso che il lavoro procede. Spero che questo non vi crei difficoltà di sorta.
Rico: l’adattamento di De Andrè, intitolato
La Ballata degli Impiccati, si trova nell’album Tutti morimmo a stento, il cui titolo è tratto proprio da uno dei suoi versi. Se ti riesce di metterci le mani (e non dovrebbe essere difficile, la Ricordi ha fatto uscire da poco le rimasterizzazioni a 24 bit), penso che ne valga la pena. Questo capitolo può fornirti qualche indizio sulle ragioni per cui ritengo Lucius più pericoloso di Voldemort. Scuola triste? Immagino di sì… Giudichi così anche quella canonica? Mi sorprendi, non l’ho mai vista in questi termini. Purtroppo, temo che questa storia conterrà una discreta dose di vita scolastica; spero che non ci siano controindicazioni o effetti collaterali.

Mariademolay: questo cap. dovrebbe chiarirti qualche dubbio sulla direzione della mia storia. Anche tu vedi così triste la mia Hogwarts? Suppongo che tu abbia ragione, ma, dopotutto, siamo all’indomani di una guerra e non credo che, per i personaggi, sia tanto facile dimenticarsene. La Marchbanks è indebolita dall’età, ma, se hai letto bene il suo discorso, non credo proprio che tu possa considerarla una debole di spirito. Ad ogni modo, anche per lei c’è una sorpresa a fine cap. E le energie migliori del Mondo Magico – o quel che ne resta, dopo la guerra – sono convogliate in altri programmi; a Lucius basta che Hogwarts sia soggetta ad un rigido controllo, come disposto dal Decreto Numero Ventisette, e non ha fatto piani per il dopo-emergenza. Ha altro per la testa.

La passeggiata al rospo? (Ghigna) Be’, sono andato per esclusione: un gatto passeggia per i fatti propri, un gufo vola, mentre un rospo, se Oscar insegna qualcosa, ha bisogno di movimento e può – credo – essere condotto al guinzaglio imbracandolo intorno alle zampe (ATTENZIONE: l’Autore declina ogni responsabilità per infortuni o incidenti che dovessero, malauguratamente, occorrere a quanti tentassero di mettere in pratica quella che è una mera finzione narrativa e non un suggerimento per appassionati di rospi domestici!). Poiché non mi piace buttar via i begli spunti, avrai modo di vederne uno sviluppo che, forse, alleggerirà anche l’atmosfera della Scuola.

Cormac McLaggen? Purtroppo, per ragioni anagrafiche, non ha avuto a che fare con la grande battaglia… No, Lucius non ha proposto il suo nome; ma, stando alla Row, i direttori dirigono sempre la loro ex-Casa di appartenza e non avevo altri Grifondoro “sicuri” sottomano. A meno di non far rientrare Percy, che, invece, era un portavoce troppo spassoso per liquidarlo! Il perfetto addetto stampa, come l’ormai leggendario Ministro dell’Informazione iracheno, capace di annunciare terrificanti rovesci degli invasori anche mentre, alle sue spalle, viene issata la bandiera a stelle e strisce… Mi sembra l’atteggiamento dominante, al Ministero, e non solo nel quinto libro.

Per i Detector Oscuri, provvederò, anche se il mio Blaise ha tagliato i ponti con mammina sua. Scusa se non rispondo alle altre domande, ma il rischio di spoiler sarebbe troppo elevato.


Anche se l’aurora annunciava con grande impegno una nuova giornata di sole, Draco Malfoy non fu svegliato dai suoi raggi, bensì dal proprio stomaco annodato: la tensione accumulata lungo tutto il giorno precedente si stava, infine, sfogando. Il nuovo Vice Preside di Hogwarts, Scuola di Magia e Stregoneria, nonché Direttore della Casa di Serpeverde, si sentiva la mancanza di sonno nelle ossa e un sapore acre in bocca, come se avesse vomitato (e sarebbe potuto succedere da un momento all’altro). Ma, anche più della nausea, dei dolori, della stanchezza e della testa pesante, lo tormentava la paura.
Idiota, perché sei tornato a Hogwarts?
Borbottando imprecazioni a raffica, tanto per sfogarsi, si alzò con difficoltà da quel letto troppo morbido per le sue abitudini, concausa del sonno agitato, e corse sotto la doccia, lasciandosi investire da un getto gelido e rinvigorente. Funzionò: dieci minuti dopo, ne uscì di nuovo simile ad un essere umano, come se la dea Iside lo avesse misticamente visitato in bagno. Che questo spiegasse l'altrimenti inspiegabile, prorompente erezione mattutina?
Si aggirò per l’appartamento con sorprendente disinvoltura, come se vi avesse abitato per anni; in realtà, la sua attenzione per gli ambienti in cui viveva era prossima all’indifferenza e proprio per questo gli riusciva semplice adattarsi. La sera prima, aveva notato soltanto che il suo alloggio aveva una pianta identica a quello di Blaise e che anche l’arredamento era molto simile; un rapido controllo gli aveva rivelato che gli Elfi Domestici avevano già sistemato alla perfezione i suoi bagagli, così si era rassegnato a intrufolarsi nei sotterranei dei Serpeverde per insediarsi quale nuovo Direttore. Beninteso, “insediarsi” era solo un’espressione figurata: non intendeva affatto tornare a vivere in quegli ambienti freddi e umidi, anche se, come Direttore, sarebbe stato suo dovere; dopotutto, Incantesimi, Spioscopi e aggeggi consimili consentivano di esercitare sugli studenti un controllo molto più efficace della mera prossimità fisica. E, del resto, per quel tipo di deterrente, bastava il Barone Sanguinario. Garantito.

Naturalmente, ai suoi nuovi sottoposti – molti dei quali lo ricordavano (e temevano) dai vecchi tempi - non aveva detto nulla di tutto questo, limitandosi a due parole sulla disciplina, il comportamento appropriato per membri di una Casa tanto augusta e sciocchezze del genere. Non c’era bisogno di dire altro, dopotutto; il suo ruolo non richiedeva né che terrorizzasse gli studenti né che se li facesse amici.

«Fate pure casino di notte, non me ne potrebbe importare di meno, tanto non c’è pericolo che disturbiate qualcuno; ma se, al mattino, vi becco a sonnecchiare o a ciondolare, o se non arriverete con i compiti in ordine…» Non aveva avuto bisogno di concludere la frase: era stato sufficiente scoccare una lunga occhiata alla Sala Comune, al semicerchio di studenti tra cui la leggenda nera di Draco Malfoy si era diffusa con la rapidità di un’onda di marea. Tutti, quasi in sincronia, avevano abbassato gli occhi.

E il Direttore, apprezzando, nonostante tutto, quel potere che non aveva cercato, si era concesso un sorriso freddo, prima di concludere con un semplice: «Buonanotte, signori.»

Sperava che avessero trascorso una notte migliore della sua; se non li avesse trovati lucidi e scattanti, avrebbe dovuto escogitare qualche castigo crudele e raffinato, nella migliore tradizione della sua Casa, e, al momento, la sua fantasia era ridotta al lumicino.

Sospirando, uscì dall’appartamento, accorgendosi di essere in leggero anticipo rispetto alla prima lezione: si era svegliato un po’ in ritardo, ma aveva recuperato non facendo colazione. Un’ottima scelta, dal momento che il panico stava montando di nuovo, strizzandogli lo stomaco con una serie di fitte acute e dolorose.

Calmati, imbecille! Non è il momento di farsi venire una crisi isterica!

Si sforzò di imporre ai pensieri, se non alle emozioni e al corpo, un po’ di disciplina, concentrandosi su uno dei tanti, minuscoli problemi pratici che ingigantivano la sua ansia: come inaugurare quella sfottuta cattedra. L’orario gli aveva assegnato il compito di aprire le danze con i primini di Grifondoro e Corvonero, accoppiata insolita, ma promettente. Cosa poteva dire a quei bimbetti? Come spiegare loro cosa fosse, in realtà, la Difesa contro le Arti Oscure? Ricordava piuttosto bene i pensieri e i sogni che nutriva a quell’età: pensava che fosse tutto un grande gioco, dove un semplice Incantesimo basta a renderti invincibile e invulnerabile, dove puoi annientare un centinaio di nemici con un semplice colpo di bacchetta e vincere anche confronti che sembrano persi in partenza… La Magia come la vedono e concepiscono i bambini. Naturalmente, il piccolo Draco, nei propri sogni, vestiva di bianco per le proprie nozze con la Morte e il Male, mentre i suoi studenti si vedevano come tanti Auror senza macchia e senza paura, ma questa era un’antitesi accidentale.

Come far capire a quei poveri, patetici illusi che le guerre del Mondo Magico, da qualunque parte si combattesse, erano la negazione di qualsiasi sogno? Che anche i loro peggiori incubi non si avvicinavano neppure alla realtà di alcuni suoi ricordi?

Raggiunse la propria aula, trovandola ancora deserta, come previsto. Avrebbe concesso ai primi due settimane per impratichirsi del castello, prima di pretendere la massima puntualità; d’altra parte – controllò l’orologio – mancavano ancora cinque minuti al trillo di campanella che avrebbe inaugurato tormenti e gioie del nuovo anno scolastico.

Mentre il più recente dei suoi dilemmi continuava ad agitarsi appena sotto la superficie, ingannò il tempo scorrendo il registro, senza vederlo realmente; ma alzò gli occhi di scatto, udendo il primo arrivo. Un ragazzino si bloccò sulla soglia, paralizzato dalle iridi grigie del professore; ma questi sorrise e, per un secondo, parve addirittura simpatico.

«Buongiorno. Lei sarebbe?»

«D-Duncan Mowett, professore.»

«Sono lieto di fare la Sua conoscenza, signor Mowett. Qual è la Sua Casa di appartenenza?»

«Grifondoro, signore.» C’era una debole nota di orgoglio in quella voce tremula, ancora infantile, e Draco sorrise, indulgente.

«Lei saprà, naturalmente, che io dirigo la Casa di Serpeverde?» La notizia si era certamente diffusa, durante la colazione.

«S-sì, signore.» Poverino, quasi tremava: credeva che avesse saltato il pasto perché spezzava il digiuno divorando piccoli Grifondoro arrostiti?

«Molto bene. Allora, vediamo di sfatare la leggenda che vorrebbe le nostre Case nemiche giurate: dieci punti a Grifondoro!» Si concesse un altro sorriso, di fronte all’espressione attonita di Mowett. «Arrivare alla prima lezione con due minuti di anticipo, signor Mowett, è un’impresa che merita di essere ricompensata, mi creda.»

«Mi-mi ha aiutato Nick Quasi senza Testa, signore,» arrossì il piccolo Duncan.

Draco annuì. «Sir Nicholas è un fantasma molto disponibile; aiuta anche gli studenti di altre Case.» L’esatto opposto del Barone Sanguinario. «Se preferisce, signor Mowett, consideri questi punti un incentivo alla solidarietà tra le Case. E adesso prenda posto, La prego.»

Lo osservò accomodarsi in prima fila, una posizione generalmente evitata dagli studentelli alle prime armi. Basso, occhi verdi e capelli corvini: come avrebbe potuto non ricordargli Harry? A parte il fatto, naturalmente, che i capelli di Mowett erano in ordine perfetto, mentre il caos della chioma di Harry Potter era… inimitabile, genetico e leggendario.

Alla spicciolata, uno per uno o in piccoli gruppetti, cominciarono ad arrivare gli altri studenti, che il professore salutava con un cenno del capo e un accenno di sorriso. La campanella suonò, quasi inavvertita, in qualche momento del processo.

Infine furono tutti lì, tutti i suoi venticinque studenti, allineati nei banchi, penne e pergamene in vista. Non poteva più rimandare il confronto con la paura.

Andiamo, Draco Malfoy! Questo branco di patetici marmocchi non è certo una minaccia!

Guadagnò tempo, rifugiandosi nell’appello.

«Babbington, Oswald.»

«Presente.» Un Grifondoro carino, con un bel visetto ovale incorniciato da lunghi capelli biondi e ondulati che scendevano fino alle spalle. Sembrava anche leggermente più alto della media, ma non poteva affermarlo con certezza, dato che erano seduti.

«Clayton, William Cecil.» Questo era rosso di capelli, rosso fiamma. Sangue irlandese? A Grifondoro non mancava mai.

Scorse il registro, cercando di affrettarsi, perché, sebbene l’idea di tenere una lezione vera e propria lo terrorizzasse, quest’attesa protratta era tanto estenuante che, quasi contro la sua stessa volontà, non poteva fare a meno di abbreviarla. Lesse e lesse, un nome dopo l’altro, una filza di crocette nei riquadri delle presenze. Ma alcuni degli studenti lo colpirono, anche in quello stato di agitazione crescente e quasi febbrile.

«Matches, Peter Frederick.» 

«Presente, signore.» Un bel Corvonero dai capelli castani, il viso regolare ed espressivo, al momento composto in un’espressione grave che lo faceva apparire più maturo. Draco - cercando stoicamente di ignorare le stille di sudore che, superato l’argine delle sopracciglia, si precipitavano a incendiargli gli occhi - passò al nome successivo.

«Ho già registrato la Sua presenza, signor Mowett,» sorrise al piccolo Duncan, che parve Trasfigurarsi in un peperone.

Va’ avanti, imbecille!

E così fece.

«Prewett, Damien.»

«Presente.»

«Lei è parente di Fabian Prewett?» indagò Draco con interesse, perché avrebbe giurato che quella famiglia di Purosangue non fosse sopravvissuta alle due guerre.

«M-mio zio, signore,» arrossì l’interpellato, sotto la zazzera di capelli castani, alquanto scompigliati. Magnanimo, il professore si limitò ad annuire, posando nuovamente gli occhi sul registro.

«Pullings, Thomas.»
«Presente.» Un viso olivastro, piuttosto anonimo. Corvonero come Prewett.

E – finalmente o purtroppo – il biondo neo-docente esalò l’ultimo, temutissimo nome:

«Wright, Samantha.»

«Presente, professore.» Una Grifondoro piuttosto carina, un visetto a forma di cuore accarezzato da due onde corvine.

Bene, ci siamo.

Lentamente, il professore di Difesa contro le Arti Oscure si alzava; la sua figura longilinea parve richiedere un tempo infinito per dipanarsi dalla sedia e uscire dalla cattedra.

Idiota, perché sei tornato a Hogwarts?
Fissò la classe, senza vederla, per qualche secondo; poi sfoderò un sorriso accattivante e decise di inaugurare la propria cattedra con una prolusione informale.

«Ehi ragazzi, non guardatemi così, non vi mangio mica!»

Le risatine nervose degli studenti gli furono di leggero conforto. Non era il solo a farsela sotto.

I cinque secondi successivi si trasformarono in un vortice di immagini compresse dalla velocità.

La scolaresca che alzava gli occhi al di sopra della sua testa.

La bacchetta che volava fuori della tasca.

«Protego!»

Pix il Poltergeist centrato dal suo stesso calamaio pieno di inchiostro, respinto troppo rapidamente perché lo spiritello riuscisse a scansarsi.

Decisamente, la sua inventiva si è appannata. Avrebbe potuto provare con qualcosa di diverso, no?

Gli studenti applaudirono, a lungo e con convinzione. Il Poltergeist riusciva a farsi odiare fin dal primo giorno di scuola.

E Draco Malfoy si inchinò graziosamente al proprio pubblico, coprendo l’ignominiosa ritirata di Pix.

«Molto bene, ragazzi, molto bene,» esclamò Draco, che l’adrenalina aveva liberato da ogni traccia di paura o di timidezza. «Questa piccola intrusione di Pix è stata un’ottima dimostrazione pratica di cosa significhi la Difesa contro le Arti Oscure. Vigilanza costante!»

Quell’esclamazione improvvisa fece trasalire la classe, proprio com’era accaduto ai suoi tempi; il ricordo gli strappò un ghigno soddisfatto. Molto soddisfatto.

Avanzò tra i banchi, cominciando a percorrere la classe in su e in giù, seguito da venticinque paia di occhi attenti.

«Mettete pure via penne e pergamene, ragazzi, oggi non vi serviranno.» Preferiva essere magnanimo, dal momento che stava improvvisando. Meglio che seguissero il discorso, piuttosto che precipitarsi ad annotare ogni sospiro del Verbo Incarnato. Anzi – si disse, mentre gli studenti armeggiavano con cartelle, inchiostro, penne e ammennicoli vari – era meglio evitare anche la distrazione costituita da un professore che passeggia in su e in giù, lungo il corridoio tra i banchi, costringendo le teste degli studenti a seguirne i movimenti, piuttosto che il discorso. Con un sospiro, si fermò al centro dell’aula, alzò la bacchetta e le impresse un complesso movimento rotatorio.

Intorno a lui, i banchi vorticarono, disponendosi a semicerchio, delimitando uno spazio al cui interno si sarebbe potuto muovere senza creare difficoltà ai suoi studenti. I quali, al momento, lo fissavano attoniti: non si erano scompigliati un solo capello, neanche una cartella era finita fuori posto. Il professore si omaggiò con un inchino autocelebrativo. Poi attaccò il discorso che, all’improvviso, scopriva bell’e pronto nella sua testa.

«Suppongo che abbiate sentito parlare di Malocchio Moody?» Sondò l’aula con una penetrante occhiata in circolo. «Sì, signor Mowett?»

La mano del Grifondoro tremava, ma la voce restò ferma. «Un ex-Auror, signore. Dicono che fosse il migliore.»

«E dicono giusto. Lei è un elemento prezioso per la Sua Casa, signor Mowett. Cinque punti a Grifondoro.» Il ragazzo arrossì una volta di più, ma per l’orgoglio, tanto che Draco temette di vederlo Levitare sopra il banco.

«Proprio così. Durante il mio quarto anno – forse saprete anche questo – Moody fu scelto come professore di Difesa. E la sua esclamazione preferita era proprio questa: “Vigilanza costante!”» Di nuovo, tutta la classe sobbalzò. Il professore non poté fare a meno di sogghignare.

«Naturalmente, quando gliela sentivamo ripetere, pensavamo che fosse un po’ tocco, ma ci sbagliavamo di brutto. Oh, quanto aveva ragione, il vecchio Moody… Anche se, sapete, non si trattava affatto di Malocchio Moody.»

Nonostante l’enfasi, venticinque fronti aggrottate si chiedevano se avessero capito bene; Draco annuì in direzione dell’unica mano alzata.

«Sì, signorina Wright, ha capito bene. Alla fine dell’anno, abbiamo scoperto che l’uomo che ci aveva insegnato Difesa, tra l’altro martellandoci con quell’esclamazione, non era Alastor Mo­ody. Era un Mangiamorte.»

Quei sobbalzi cominciavano a piacergli parecchio.

«Il Mangiamorte aveva catturato Moody e assunto il suo aspetto grazie ad una Pozione illegale, chiamata Pozione Polisucco; inoltre, la Maledizione Imperius gli aveva consentito di scoprire tutte le abitudini e i tic del povero Alastor, inclusa quella famosa esclamazione. In breve, impersonò il personaggio così bene che, durante tutto l’anno scolastico, nessuno sospettò nulla. Neppure Albus Silente, benché fosse amico di Malocchio da molti anni.»

Gli occhi dei ragazzi, adesso, erano sgranati.

«Non penso che ci sia bisogno di ricordarvi cosa sia successo alla fine di quell’anno. Vero?» Il suo sorriso innocente disse, a ciascuno dei ragazzi, che un simile bisogno avrebbe significato guai seri. Anzi, serissimi. Il peggio del peggio.

L’istante di silenzio fu spezzato da una mano alzata e da una voce molto bassa:

«V-Voldemort…»

Ancora una volta, la classe trasalì. Draco, per contro, rimase impassibile, benché lo stupisse alquanto il coraggio dello studente.

«Dieci punti a Corvonero, signor Matches, per aver osato dire quel nome a voce alta.» Gli rivolse un sorriso di apprezzamento. «Harry Potter non si è mai fatto scrupolo di pronunciarlo. E non ce ne faremo neppure noi.» Questo parve rassicurare alcuni studenti, che si guardavano intorno, nervosi, come se il nome avesse il potere di richiamare il Signore Oscuro dalle carceri d’Oltretomba.

«Proprio così, signori. Il falso Moody ha fatto in modo che Harry Potter cadesse nelle mani di Voldemort, che ha usato il suo sangue per risorgere. La Seconda Guerra è scoppiata perché nessuno è corso in aiuto del vecchio Moody, quando è stato catturato, e perché, qui a Hogwarts, nessuno si è chiesto se quel professore fosse davvero chi sembrava essere. Due negligenze fatali. Vigilanza costante!»

Questa volta, gli studenti sobbalzarono meno, ma compresero meglio - molto meglio - il senso del­l’esclamazione.

«Ma» riprese Draco, passeggiando nuovamente in su e in giù, all’interno dell’emiciclo, «voi certamente starete pensando: “D’accordo, la vigilanza costante va bene quando c’è una guerra in corso, un Signore Oscuro in circolazione; ma adesso che siamo in pace, perché dovremmo prenderci tutta ‘sta briga? Contro cosa dovremmo stare in guardia?”» Si interruppe. «Qualcuno di voi sa rispondere a quest’ultima domanda?»

Si alzarono ben tre mani; Draco scelse la più vicina.

«Signor Prewett?»

«Contro… contro i Babbani, signore?»

«I Babbani?» chiese il professore di rimando, senza nascondere la sorpresa.

Ma anche il ragazzo era stupito. Stupito della sua sorpresa.

«S-signore…» Esitò. «Voglio dire, lo sanno tutti…»

Draco non aveva idea di cosa sapessero tutti: per diversi motivi, dopo l’ultima battaglia era rimasto quasi sempre a Malfoy Manor, vivendo come un recluso. Un anno e mezzo prima, tutti avrebbero giurato – e, spesso, spergiurato – che il nemico contro cui stare in guardia era Voldemort. Ma i Babbani?

Prima che potesse chiedere chiarimenti, intervenne Clayton, secco:

«Ai Babbani pensano i Dissennatori, lo sanno tutti.»

Fosse la prontezza mentale dei Corvonero o il coraggio dei Prewett, il piccolo Damien raccolse la sfida senza esitare: «Ma i Babbani hanno la tecpoteclo…»

Draco non aveva idea di quale parola stesse cercando di pronunciare il ragazzo; ma, evidentemente, Babbington era meglio informato, perché scoppiò a ridere, esclamando:

«Che c’è, Prewett, hai paura di Martin Miggs?»

«Il Babbano matto?» domandò Draco, costretto ad apprendere i fatterelli più elementari dai suoi studenti.

«Sì, signore» rispose Babbington. Prewett, che sembrava sull’orlo delle lacrime, gli indirizzò un’occhiata assassina.

«E’ passato qualche anno, dall’ultima volta che ho letto quel giornalino a fumetti,» osservò il giovane Malfoy, scrollando le spalle, «ma mi sembrava che fosse solo un modo come un altro per prendere in giro i Babbani e i loro ridicoli congegni

Adesso toccava a Babbington sentirsi imbarazzato. Draco si chiese quanto tempo ci sarebbe voluto, perché superassero la timidezza, o quel che era.

«Ecco, signore,… Era così fino all’anno scorso, più o meno, ora che me lo fa notare, ma… Adesso, Martin Miggs è quasi sempre alleato con maghi fuorilegge e cerca di battere i buoni usando la tec-no-logia; quasi ce la fa, ma, sul più bello, arrivano gli Auror e arrestano tutti. Tranne lui, naturalmente, che riesce a scappare grazie a qualche congegno nascosto.»

«Ma guarda. Quando lo leggevo io, al massimo vedevi Miggs cercare di battere una scopa in velocità usando un elicottero e finire dritto in uno stormo di Ippogrifi…»

La classe ridacchiò nervosamente.

Damien Prewett, però, voleva la rivincita: la sua mano era alzata.

«Prego, signor Prewett. Desidera aggiungere qualcosa?»

«Sì, che è un cacasotto» ghignò Babbington, imitato dai più.

Draco lo fulminò: «Dieci punti in meno a Grifondoro, signor Babbington.» Squadrò l’intera classe dall’alto in basso. «Sia chiaro che non intendo tollerare questo genere di epiteti nella mia classe. Ogni studente di Hogwarts deve conoscere la buona educazione, prima ancora della magia, e, se non ve l’hanno insegnata le vostre famiglie, bene, sbrigatevi ad impararla. Mi sono spiegato, signor Babbington?»

«Sì, signore,» farfugliò il Grifondoro biondo, con la faccia di chi cerca disperatamente un Mantello dell’Invisibilità.

«Lo spero per Lei: un altro episodio del genere e mi vedrò costretto a metterLa in castigo. Il signor Gazza sarebbe certamente molto lieto di appendere qualche studente alle sue catene…»

Nessuno osò ridere. Anzi, non si sentiva volare una mosca.

Draco squadrò l’intera classe, dall’alto in basso:

«Oh, chiariamo una cosa, signori: la buona educazione non è riservata ai membri della vostra Casa. Chiaro?»

«Sì, signore,» mormorarono gli scolari, a testa china.

«Bene. Molto bene.» Si rivolse al giovane Corvonero, facendogli cenno di alzarsi nuovamente. «Prego, signor Prewett, a Lei la parola.»

«Grazie, signore.» Il ragazzo arrossì una volta di più, ma aveva acquistato sicurezza. «Volevo solo chiarire che la tec-no-logia non è solo una… una cosa per far paura ai bambini.» La sua occhiata in tralice a Babbington prometteva sanguinose vendette. «E’ evidente che, qui, alcune persone non leggono la Gazzetta

Secondo Draco, in tutto il mondo – magico o Babbano – soltanto un ragazzo di undici anni leggeva il giornale e, naturalmente, questo undicenne era finito a Corvonero. Annuì, con profonda convinzione: «Certo, signor Prewett. La prego, spieghi a queste persone cosa Le è capitato di leggere.» La coscienza gli impedì di aggiungere una doverosa esortazione alla lettura del quotidiano.

«L’altro ieri, nelle pagine culturali, hanno recensito una novità editoriale, Introduzione alle armi dei Babbani. L’autore, di cui, al momento, mi sfugge il nome, è il responsabile dell’Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti Babbani.»

Il professore non aveva idea di chi fosse il successore di Arthur Weasley. «Bene, e cos’ha da dire sull’argomento questo Tizio, o piuttosto la recensione?»

«Oh, la recensione si limitava a riassumere il contenuto dell’opera, signore, e ad aggiungere qualche punto esclamativo qua e là. Anche se noi tendiamo a immaginare i combattimenti tra Babbani come colluttazioni corpo a corpo, l’autore spiega diffusamente che, in realtà, essi possiedono – e usano comunemente – armi in grado di colpire a distanza, non solo un singolo individuo, ma addirittura intere città. Dice anche, signore,» soggiunse, in tono dubbioso, «che le più potenti di queste armi sarebbero in grado di… di distruggere l’intero pianeta, signore.»

Ricordando una lontana conversazione con Harry Potter, Draco assentì: «L’ho sentito dire an­ch’io, signor Prewett, e da una fonte più che affidabile, quindi credo che sia vero.»

L’intera classe inspirò bruscamente.

«Da chi l’ha sentito, signore?» intervenne Matches, incuriosito.

«Signor Matches, apprezzo molto gli interventi, ma gradirei che, in futuro, ricordasse di alzare la mano, prima di parlare.»

«Sì, signore. Certo. Mi scusi.»

«Per questa volta, non terrò conto delle formalità e risponderò alla Sua domanda: l’ho saputo da Harry Potter, durante il nostro ultimo anno.»

Sulla classe calò un silenzio sepolcrale. Prewett, ancora in piedi, lo fissava addirittura a bocca aperta.

D’impulso, Draco aggiunse:

«A pensarci bene, signor Matches, debbo ringraziarLa, poiché la Sua domanda mi offre il destro per affrontare un argomento spinoso, ma che sarebbe vergognoso passare sotto silenzio.» Trasse un respiro profondo, ruotando la testa, da sinistra a destra, per osservare l’intero emiciclo. Prewett si era seduto, gli altri stavano superando lo stupore.

«Forse voi non potete rendervene conto, ma siete in pochi. Nel mio anno, in totale, eravamo una quarantina; il vostro, invece, comprende anche quegli studenti che, l’anno scorso, non hanno potuto frequentare la Scuola, giusto?» Cenni di assenso generali. «Quindi, spiegatemi: perché, di fronte a me, ci sono solo venticinque studenti?»

Di colpo, Pullings scoppiò in lacrime. C’era qualcosa di struggente, nel modo in cui si sforzava di nascondere il pianto, di soffocare i singhiozzi; Draco comprese all’istante e il suo tono si fece sinceramente contrito. «Le mie scuse, signor Pullings. Non intendevo… rievocare i lutti che alcuni di voi possono aver subito. Se crede, può uscire un momento.»

Ma il ragazzo olivastro scosse il capo, stringendo le labbra, colme per trattenere il pianto a viva forza. C’era da temere che se le mordesse a sangue, ma Draco non poteva farci nulla; anzi, forse il solo modo per aiutarlo era proseguire con la lezione e distogliere gli sguardi da lui.

«Molto bene. Sarò più diretto: per la prima volta nella sua storia, Hogwarts non accoglie gli studenti nati in famiglie Babbane. Signor Prewett, sa darmi una spiegazione anche per questo?»

Il ragazzo arrossì appena, stavolta, e si alzò nuovamente in piedi, annuendo con tanto vigore che i capelli gli volarono sugli occhi. Avrebbe davvero dovuto tagliarli, o cambiare pettinatura.

«Ecco, signore… Se mi permette, io penso che sia giustissimo. Tenerli fuori, intendo. Voglio dire, questi… ragazzi sono dotati di poteri magici, certo, ma non… non sono come noi, insomma!» Si interruppe, forse pentito di tanta enfasi: «Signore, io… forse ho esagerato… mi scusi.»

«E perché mai? Esprimere le proprie opinioni con passione e foga non è una colpa, anzi, a mio avviso è un pregio. Colpa sarebbe, se la passione ci impedisse di ascoltare l’opinione degli altri con lo stesso rispetto che pretendiamo per la nostra.» Qualcosa, nel suo tono, fece arrossire il ragazzo fino alla punta delle orecchie. «Prego, signor Prewett… prosegua.»

«Grazie, signore.» Spostò il peso da un piede all’altro, come se stesse ballando sulle uova. «Uhm… Vede, professore, secondo me il punto è questo: se si trovassero costretti a scegliere tra noi e i Babbani, da che parte si schiererebbero, i Mezzosangue?» Arrossì, coprendosi la bocca con una mano, e mormorò: «Mi scusi.»

«Accetto le Sue scuse, signor Prewett. A dire la verità, mi aspettavo di sentirLe quel termine da un momento all’altro.» Trasse un respiro profondo, cercando le parole. «La Sua reazione dimostra che, perlomeno, Lei sa che è una parola da non usare.» Prewett fece mostra di voler parlare, ma Draco proseguì: «Inoltre, mi permetto di ricordarLe che Harry Potter era un Mezzosangue e che è cresciuto con i Babbani finché non è entrato a Hogwarts. Immagino, quindi, che, secondo Lei, non avrebbe dovuto ricevere nessuna lettera dalla Scuola?»

Quel signor colpo basso andò a segno: la faccia del ragazzo non sapeva più che colore assumere. Ma, a toglierlo dall’imbarazzo, giunse un provvidenziale, fragoroso schianto contro la porta dell’aula.

Bang!

Draco assunse istintivamente la posizione di guardia, bacchetta in pugno.

«Ferma, bestiaccia!» Gli studenti si scambiarono occhiate perplesse, ma il professore non staccò gli occhi dal battente.

Bang! La porta si spalancò, sbattendo contro il muro. Una strana macchia scura balzò dentro, trascinandosi dietro una figura massiccia, che si schiantò sul pavimento.

Senza abbassare la bacchetta di un millimetro, Draco assunse un tono di gelida cortesia: «Buongiorno, Cormac. Vedo che hai qualche problema con il tuo rospo.»

Occorsero almeno cinque secondi perché la classe, esterrefatta, riuscisse a comprendere la scena e la frase: Cormac McLaggen, Direttore della Casa di Grifondoro, si stava rialzando, tra sbuffi, grugniti e imprecazioni; attorcigliato intorno al suo braccio destro (ma anche alle gambe, al braccio sinistro e a un’altra dozzina di sporgenze) c’era un lungo guinzaglio nero, alla cui estremità, ben imbracato tra le zampe, saltellava un rospo giallo-verde.

«Croak!»

Prewett, Matches e alcuni altri scoppiarono a ridere, perché il batrace aveva un’aria stranamente soddisfatta. Se ne avvide anche il suo proprietario, che gli indirizzò trenta secondi filati di quegli insulti che non si dovrebbero mai pronunziare in presenza di signore. O di studenti impuberi, quanto a questo.

La bacchetta sempre puntata contro il suo torace, Draco lasciò che si sfogasse; poi, mentre il cosiddetto collega – ora in equilibrio precario, minacciato dall’iperattività del rospo – cercava di riprendere fiato, lo apostrofò, di nuovo con quel tono gelido e cortese con cui, a Malfoy Manor, ricordavano agli Elfi Domestici di punirsi per qualche mancanza.

«Cormac, Cormac, dovresti proprio controllare il tuo linguaggio, sai. Soprattutto in presenza dei miei studenti.» Ma il finale della risposta si perse, sommerso dallo schianto: non essendo riuscito a districarsi dal guinzaglio, McLaggen fu di nuovo sbattuto a terra dal rospo. Un rospo molto energico, questo era certo.

Draco sospirò: gli toccava pure intervenire.

«Diffindo.» E il guinzaglio fu troncato di netto, mentre il rospo si allontanava a grandi balzi, approfittando della porta aperta. L’imbranato gridò: «Ragnok, torna qui!»

«Accio Ragnok!» mormorò il professore di Difesa, le cui braccia, un istante dopo, si strinsero intorno a quel batrace sovreccitato. Caspita, se era forte!

«Molla il mio rospo!» sbraitò McLaggen, allungando le zampacce. Malfoy allentò la stretta un istante e il rospo gli sfuggì. Il proprietario si tuffò per prenderlo, ma rimediò soltanto una zuccata apocalittica contro il banco di Babbington, che si rovesciò.

Draco ne aveva abbastanza.

«Stupeficium!» E il rospo era sistemato.

Un altro colpetto con la bacchetta chiuse la porta, di scatto e con una certa rabbia.

«Rinnerva.» Con un grugnito, Cormac si riebbe, cominciando, lentamente, a rialzarsi.

«Ti sarei grato, Cormac carissimo, se, d’ora in avanti, tenessi sotto controllo il tuo rospetto e, soprattutto, se evitassi di interrompere le mie lezioni.»

Il cervello di McLaggen, reso ancor più torpido dall’eccesso di urti, impiegò sette secondi buoni a decrittare la frase e reagire; ma l’esito fu un ruggito spettacolare: «Non ti azzardare a dirmi cosa devo fare!»

Draco lo squadrò in silenzio, senza degnarsi di sprecare altro fiato.

«E non guardarmi in quel modo, razza di stronzo! Sei sempre stato un colossale figlio di puttana con la puzza sotto il naso!»

«Ahi, ahi, Cormac,» mormorò il ragazzo, così piano che nessuno lo udì, «questo è proprio l’unico insulto che avresti fatto meglio ad evitare.»

«E se ora credi…»

«Silencio!» urlò Draco a sua volta, improvvisamente rosso in viso. McLaggen tacque di colpo, le labbra che si muovevano concitate, senza emettere suono.

Decisamente, il bestione si stava riprendendo: gli ci vollero soltanto due secondi per estrarre la bacchetta. Troppo lento comunque.

«Petrificus Totalus!»

Quello tra Cormac e il pavimento stava diventando un appuntamento fisso. Forse era vero amore, chissà.

«Sai, mio caro collega,» commentò Malfoy, sputando con grazia l’ultima parola, «decisamente hai esagerato, stavolta. Finitus!»

McLaggen riacquistò libertà di movimento, ma fu tanto saggio da non cercare di servirsi nuovamente della bacchetta; si limitò a rialzarsi, ansimando, le labbra contorte in un rictus molto simile a un ringhio.

Sempre con glaciale cortesia, Draco gli indicò la porta. Qualcosa, in quel gesto, fece saltare del tutto i nervi a Cormac, la cui voce profonda si incrinò, raggiungendo tonalità isteriche da contralto.

«Non ti permettere di trattarmi come se io fossi una nullità, Malfoy! Lo sanno tutti che hai avuto il posto solo grazie al paparino!»

E Malfoy mostrò, a lui e alla classe, quanto possa essere caustica una risatina asciutta. Al che, la voce di Cormac precipitò di parecchie ottave; anche il volume calò sensibilmente, ed era tempo.

«Strano che il signor Ministro spedisca a Hogwarts il suo unico bamboccio, no? Cos’è, Malfoy? Te la fai con i Babbani, adesso?»

Draco lo squadrò in silenzio, le sopracciglia inarcate. “Farsela con i Babbani” era da sempre un’espressione dispregiativa in voga, nelle famiglie Purosangue; ma i McLaggen non ne facevano certo parte e, comunque, neppure Lucius Malfoy si sarebbe azzardato ad usarla in pubblico, un anno e mezzo prima.

Cosa sta succedendo?

«Bada a te, Innocentino,» proseguì McLaggen, imperterrito: «il problema dei Babbani è avviato verso la soluzione finale

Il modo in cui pronunciò le ultime due parole fece accapponare la pelle di Draco. E anche di qualche studente.

«E allora, dimmi, cosa farà il paparino al traditore del suo sangue, eh?»

Ma chi si crede di essere, questo pallone gonfiato di un Mezzosangue?

Il pallore del Direttore di Serpeverde assunse una sfumatura velenosa. «Non tirare in ballo mio padre, McLaggen. Mai più

«Oooh, poverino! Non puoi più correre da papà tutte le volte che ti fanno la bua, vero?»

«Basta così, Cormac.» Tono e viso si stavano accendendo di brutto.

«Chi l’avrebbe detto, Draco? Tu, a difendere i Babbani! Come un Mezzosangue qualsiasi! Ma davvero credi ancora alle sciocchezze di quel vecchio rimbambito? Svégliati, bimbo, che è giorno! Albus Silente è morto e sepolto! Per fortuna, adesso, abbiamo come Ministro qualcuno che la sa più lunga di lui e anche di… di quell’altro e dei suoi Mangiamorte!» Non seppe reprimere un brivido, mentre terminava la frase.

«Hai finito?» domandò Malfoy, ancora calmo e ragionevole.

«Finirò quando lo dirò io, pulce!»

Draco rise: anche se la sua corporatura non era certo massiccia come quella di McLaggen, quanto a statura si equivalevano. Il solo pensiero di poter essere ancora confuso con il Draco Malfoy che studiava a Hogwarts gli sembrava ridicolo.

Cormac non apprezzò affatto la sua ilarità: «Stupeficium!»

«Protego!» reagì automaticamente Malfoy, spedendo lo Schiantesimo a infrangersi contro la parete sopra la cattedra. Rise ancora.

«Vuoi ridere, Malfoy? Allora ridi per qualcosa! Rictusempra!»

«Mancato!» Per un pelo, ma mancato.

«Aspetta che…» Ma non poté proseguire: stanco di sentire quella voce, Draco gli aveva scagliato un altro Incantesimo Tacitante. Non verbale, stavolta.

«Molto bene, signori,» disse ai ragazzi, senza staccare gli occhi di dosso all’avversario, «state per assistere ad uno scontro tra maghi che usano incantesimi non verbali. Sono gli stessi che alcuni di voi conoscono già,» si concentrò per deviare un raggio rosso «ma, come vedete, le formule non si pronunciano ad alta voce.» Per schivare l’incantesimo successivo, dovette tuffarsi; ne approfittò per ribattere con un Levicorpus.

Le risate lo informarono del successo.

Si rialzò, contemplando con immensa soddisfazione la sagoma di McLaggen, che ondeggiava a trenta centimetri buoni dal pavimento, a testa in giù, come se una mano invisibile lo tenesse sollevato per la caviglia.

Ma distrarsi era sempre un errore: il suo avversario impugnava ancora la bacchetta. La maledizione lo mancò – di nuovo - per un pelo, strinandogli metà della faccia.

Sectumsempra!

Il sangue di Cormac cominciò a sprizzare, finendo da tutte le parti.

Con un movimento languido della bacchetta, Draco Evocò bende a sufficienza per tutte le ferite appena aperte. Metri e metri di garza si precipitarono sul ferito, avviluppandolo, torcendosi, formando nodi stretti. Molto stretti.

Accio bacchetta!

La bacchetta di McLaggen, caduta a terra, gli volò in mano. Grazie al Cielo, sembrava che il bestione avesse perso conoscenza.

Ansando leggermente – era davvero fuori allenamento! – si guardò intorno. Quelle facce inorridite lo colpirono come un pugno allo stomaco: ricordava fin troppo bene le occasioni in cui la stessa espressione si era dipinta sulla sua.

C’era davvero troppo sangue.

«Gratta e netta.» Per fortuna, sua madre aveva insistito perché facesse pratica con gli incantesimi per casalinghe: non rimase neppure una macchia di sangue.

Ma la pulizia non era ancora completa.

«Kreacher?» chiamò.

Con uno schiocco che atterrì almeno metà della classe (la metà che poteva essere atterrita ancora un po’), un Elfo Domestico molto vecchio e molto sudicio si Materializzò sopra la cattedra.

«Il padrone ha chiamato?» chiese con un inchino.

«Sì, Kreacher. Vedi questo mucchio di spazzatura?» Indicò il corpaccione di Cormac, steso tra i lui e la cattedra, ben visibile da ogni punto dell’emiciclo studentesco.

«Sì, signor Draco Malfoy, padrone, Kreacher vede. Kreacher lo butta dove dev’essere gettato?»

«Per questa volta no, amico mio,» sospirò Draco; l’epiteto Evocò lacrime di commozione negli occhi dell’Elfo. «Invece, lo porterai in infermeria. E già che ci sei,» aggiunse, mentre il servitore già stava per Smaterializzarsi, «riporta questa nella sua stanza.» Fece per allungargli la bacchetta di Cormac, ma Kreacher si ritrasse, inorridito.

«No, no, signore! Kreacher non lo fa, non lo può fare! Gli Elfi Domestici non può toccare bacchette, signore!»

Prima che l’Elfo decidesse di punirsi, Draco si affrettò a revocare l’ordine. «Signor Mowett, signor Babbington,» apostrofò i due Grifondoro dall’aria più scossa, «vorreste essere tanto gentili da riportare la bacchetta del professor McLaggen nella sua stanza? Vi ringrazio.»

I due ragazzi uscirono, con l’aria di chi rallenta deliberatamente i propri passi, per non mettersi a correre.

Il professore respirò a fondo, cercando un modo per tranquillizzare il resto della classe, oggettivamente scosso dallo scontro. Ci stava ancora pensando, quando rientrarono i due allievi, che si sedettero in silenzio.

 

Note:

L’accenno a Iside è un’allusione al celebre romanzo di Apuleio, Le metamorfosi o L’asino d’oro, in cui il protagonista, Lucio, trasformato accidentalmente in asino, riesce, dopo svariate peripezie e avventure salaci, a riacquistare sembianze umane soltanto grazie all’intervento salvifico della dea.

Biasimate me per la scarsa inventiva di Pix: non avevo lampadari da fargli svitare o busti da fracassare. In effetti, temo che l’aula di Difesa, così come l’ho immaginata io, non offra molte munizioni ad un attacco e che il Poltergeist si sia dovuto arrangiare.

Come avete potuto vedere, ho creato un discreto numero di personaggi, quindi gli studenti sono destinati a rivestire un ruolo importante nella storia. Cercherò di limitare le scene di vita scolastica, non temete: ho molto altro da raccontare!

In particolare: Babbington, Mowett e Pullings sono nomi tratti da Patrick O’Brian, Primo Comando, meglio noto agli appassionati di cinema come Master and Commander; “Duncan” vuol essere un omaggio al Macbeth, che, se non vado errato, è la tragedia scespiriana preferita dalla Rowling; William Cecil Clayton, nei romanzi di E.R.Burroughs, è il cugino di Tarzan, che ha ereditato titolo e fortuna dei Greystoke dopo che i genitori dell’uomo-scimmia sono scomparsi, abbandonati da una ciurma ammutinata sulla costa dell’Africa equatoriale. Infine,Peter Frederick Matches traduce i nomi di due miei carissimi amici, che spero apprezzino il pensiero. E, se anche non lo apprezzassero,… le probabilità che il Web li porti a questa pagina sono piuttosto basse.

Samantha Wright, poverina, è stata inventata lì per lì, giusto per dimostrare che Hogwarts non è diventata una scuola per soli maschietti, quindi non ha antenati illustri.

Le Avventure di Martin Miggs, il Babbano matto è il titolo di un giornalino a fumetti che si trova nella camera di Ron alla Tana (Camera dei Segreti, capitolo 3). Sul suo contenuto, ovviamente, posso soltanto speculare.

L’opinione comune sui combattimenti tra Babbani è una mia interpretazione del commento di Minerva McGranitt circa la rissa tra Harry, i gemelli e Malfoy, al termine della partita di Quidditch, ne L’Ordine della Fenice.

Ragnok è il nome di un capo goblin, menzionato ne L’Ordine. Il che la dice lunga su quanto Cormac stimi i propri “magici fratelli”.

L’incantesimo che pone fine ad uno Stupeficium – ma anche ad uno svenimento normale – è stato indicato, nell’originale, come Enervate e tradotto come Innerva; il nome inglese, però, è stato corretto in Rennervate, quindi mi sono sentito in dovere di adeguare la traduzione.

Levicorpus e Sectumsempra sono due novità del sesto libro; non credo che i loro effetti richiedano spiegazioni. Lo stesso dicasi per gli incantesimi non verbali.

 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Guido