Pronti per la seconda parte?
Spero di sì. Sperate che succedano grandi cose? Lo spero anche io. Come spero
che la mia abilità nello scrivere fluff non sia raccapricciante come pare a me.
Disclaimer: non mio blahblah.
I. II.
III. IV. V. VI. VII.
. S E V E N
.
.
II.
Nell’ultimo
tratto del passaggio segreto finiscono la loro scorta di Whisky Incendiario e Lenalee fa Evanescere la
bottiglia con successo, suscitando un vago stupore generale – hanno stipulato
un patto tempo prima, per cui ogni volta che si ubriacano non devono effettuare
incantesimi; in momenti come quelli, ritornano sempre in mente le parole del
loro professore di Incantesimi che raccontava anni prima di come il mago Baruffio pronunciò una ‘s’ al posto di una ‘z’ e si ritrovò
con un orso sul petto.
Cadono fuori
dalla schiena della statua della Strega Orba e prontamente Lenalee,
mollando le sue bottiglie a Lavi, ficca le mani nella borsetta.
La faccia
inebetita di Allen mentre questi osserva Lenalee
frugare alla ricerca del Mantello dell’Invisibilità è inestimabile, ma non come
il suo buttarsi a braccia aperte sulla statua della Strega e cominciare a
strusciare la guancia contro la pietra farfugliando parole a caso. “Gunhildaaa! Ti voglio tanto
bene, davvero, mi disp-hic!-ace per la tua gobba…
la mia vita non sarebbe la stessa senza di te! Come farei a far-hic!-e rifornimenti a Mielandia? Vuoi un’Ape
Frizzola? Mi ricordi tanto Lavi…
Sei una sua parente?”
Lavi rotola
sul pavimento guardando con occhi lacrimanti Allen che cerca nelle tasche i
rimanenti dei suoi acquisti al negozio di dolci, e ride il più silenziosamente
possibile mentre Lenalee tenta di staccare Allen
dalla statua e buttargli sopra il Mantello.
Lavi non è
molto d’aiuto, si rende conto quando Allen comincia a stappare l’ennesima
bottiglia di Burrobirra affermando che dovrebbero
offrirla alle armature. Il sorvegliante e la sua stupida gatta potrebbero
arrivare da un momento all’altro, attirati dagli schiamazzi. Quindi si tira su,
con uno sforzo immenso da parte delle sue gambe barcollanti, e aiuta Lenalee.
Procedono
con passo dolorosamente lento, stando a fatica sotto il Mantello; i loro piedi
camminano apparentemente senza padroni lungo i corridoi bui del castello.
Ripensandoci poi da sobrio, Lavi si chiederà come hanno fatto ad arrivare alla
Sala Comune senza essere scoperti, tra la loquacità rumorosa di Allen e le
risate sue e di Lenalee. La Signora Grassa li fa
entrare di malavoglia e occorrono numerosi tentativi per issarsi nel buco
dietro al quadro e attraversarlo – a un certo punto Allen decide che strisciare
sui gomiti e rotolare in orizzontale è più facile che camminare.
All’interno
della Sala, seduto su una delle morbide poltrone rosse vicino al camino, Kanda li attende con le braccia incrociate, guardandoli
torvo.
“Quanto
cazzo avete bevuto?” chiede secco.
Lavi tenta
un breve calcolo sulle sue dita, ma quando queste cominciano impietosamente a
moltiplicarsi davanti ai suoi occhi, rinuncia.
“Un po’,”
risponde laconico.
“Ci sono
sempre state così tanti caminetti in questa stanza?” chiede Allen.
Kanda sbuffa, si
alza e va ad aiutare Lenalee, che sembra affascinata
dall’elasticità delle guance di Allen e continua ad allargarle verso l’esterno.
“Eeeehi, bel ragazzooo!” esclama Lenalee
quando Kanda le mette le mani sui fianchi per
sorreggerla. “Non sai cosa ti sei perso, haha… Lavi… e Allen è andato haha… a
sbattere hahaha…”
e non finisce mai la frase, colta da una serie di risolini isterici che la
fanno piegare in due.
“Kanda!” tuona Allen dal nulla – e Lavi vagamente pensa che
forse dovrebbero abbassare i toni, ma poi comincia a ridere anche lui e se ne
dimentica.
Kanda non
risponde, si limita a fissarlo con diffidenza.
“Sei un
totale idiota, però hai dei bei, bei
capelli,” biascica il ragazzo, con un tono di voce così sicuro di sé che Lavi
si ritrova a domandarsi con serietà se dei bei capelli possano davvero
compensare per ogni altro difetto – si risponde che probabilmente Allen ha
ragione, e che deve assolutamente rubare lo shampoo di Kanda.
Kanda ha
palesemente l’espressione interdetta di chi non sa se prendersela o essere
imbarazzato.
“Giààà…” miagola Lenalee, con la
stessa convinzione, cominciando ad accarezzare con ammirazione i capelli neri e
lunghi di Kanda con le sue dita affusolate.
“Posso
toccarli anch’io?” chiede Allen, e Kanda è costretto
a voltarsi e trascinare Lenalee con sé ai piedi della
torre delle ragazze per nascondere il suo imbarazzo – o non dare luogo a una
strage, Lavi non sa dirlo.
“NO, stupido scemo—ma
che cazzo…
Lavi, portalo a letto, ora!”
Lavi ride
sguaiatamente mentre fa passare un braccio di Allen sulle proprie spalle.
Entusiasta, Lenalee scuote freneticamente una mano. “Ciao Allen, ciao
Lavi!”
Lavi
trascina Allen a fatica lungo le scale a chiocciola del dormitorio dei maschi,
e Allen non aiuta minimamente.
“Sai, Lavi,”
dice il ragazzo, lasciandosi andare ancora di più a peso morto su Lavi, “penso
che Debitto sia un demente. Come punizione avrebbero
dovuto spedire un Bolide contro la sua
faccia, e rifiutarsi di portarlo in Infermeria. Lasciarlo lì, a sanguinare… e soffrire… e cose così.”
Lavi
ridacchia, prima di mettere male un piede su uno scalino e rischiare di
rotolare giù dalla rampa per diversi metri in verticale. Afferra il corrimano
per un pelo, e stupefacentemente ritrova l’equilibrio.
Allen non si accorge di nulla, e continua a fissare il vuoto davanti a sé con
spropositato interesse.
“Beh, Allen,
hahaha,
grazie per tenere alla… integrità della mia faccia.”
Sono
finalmente davanti alla porta della camerata di Allen, e Lavi cerca di ripristinare
l’uso delle gambe dell’altro. “Allen, siamo arrivati. Da qui devi fare
silenzio, okay? Ci sono gli altri che dormono…”
farfuglia, ritrovando nella sua testa quel minimo di razionalità che non è
stata completamente annebbiata dall’alcool.
Mentre Lavi
riprende il respiro, Allen sta in piedi, fermo, appoggiato contro il muro, e
guarda Lavi dritto nel suo unico occhio. “Mi piace la tua faccia, Lavi.”
Lavi non
riesce a parlare. Non riesce neanche a smettere di fissare gli occhi grigi di
Allen, che non sembrano mettere adeguatamente a fuoco il mondo. Allen li chiude,
e Lavi non sa bene come interrompere il silenzio. Non si ricorda perché,
esattamente, si sono fermati.
La sua mente
cerca di ricordargli qualcosa e fargliene capire un’altra, ma il mal di testa
minaccia improvvisamente di prendere il soppravvento.
“Mi piace la
tua faccia,” ripete Allen ancora ad occhi chiusi, e l’istante dopo le sue
ginocchia cedono e lui cade pesantemente a terra, con la testa reclinata in
avanti e le gambe in angolazioni innaturali.
“Oddio, haha, Alleeen, alzati su!” ride Lavi, mentre apre la porta e cerca di
tirare su Allen. Nella stanza regna il silenzio, se non per un lieve russare di
sottofondo. La parlantina di Allen non costituisce più un problema, in quanto
il ragazzo sembra essere sprofondato in una sorta di coma etilico senza
possibilità di ritorno. Lavi lo lancia con poca grazia sul letto a baldacchino,
ma Allen non fa una piega. Con lo sguardo cerca il suo pigiama, ma si rende
conto che anche se lo trovasse non avrebbe le forze per metterglielo, quindi si
limita ad accomodare il suo amico alla bell’e meglio sulle coperte rosse.
Senza più
forze, Lavi si affloscia a sedere di fianco a lui e rimane zitto, a
contemplarlo.
Non è mai
stato un poeta, e continuerà a non esserlo per il resto della sua vita, ma
quella sera dev’essere un’eccezione, perché non può
fare a meno di pensare che Allen sembri un bizzarro angioletto, con quella sua
aria indifesa, i suoi capelli bianchi disordinati che si stagliano contro le
guance arrossate e la cicatrice a pentacolo sulla fronte – e trova affascinante
il fatto che, da sveglio, Allen sia tremendamente lontano dall’essere innocente e indifeso come appare ora.
Solo dopo
quello che ritiene sia qualche intero minuto, si accorge di essersi
pericolosamente avvicinato al suo viso, mani piantate ognuna a un lato della
sua testa; quasi può contare le ciglia chiare di Allen, e sente l’odore di
alcool uscire in lenti sospiri dalle sue labbra appena dischiuse. Ma non ci fa
molto caso, nel momento in cui chiude la distanza tra la sua bocca e quella di
Allen.
È un singolo
attimo quello in cui le loro labbra si sfiorano e il cervello di Lavi chiude i
battenti, eppure Lavi è costretto ad ammettere che la storia dei fuochi
d’artificio forse non è una triste invenzione di persone affette da disturbi
mentali, come ha sempre creduto.
Allen rimane
profondamente addormentato, e Lavi ne approfitta per catapultarsi in un lampo
fuori dalla stanza che all’improvviso è diventata soffocante, e fiondarsi nella
sua, sperando vivamente che nessuno sia stato svegliato dal violento martellare
del suo cuore contro il petto.