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Autore: Phantom_Miria    05/09/2011    5 recensioni
Le partite di Quidditch, le gite ad Hogsmeade, i party nelle cucine di Hogwarts e i M.A.G.O. in avvicinamento non possono nulla contro le preoccupazioni di Lavi, che dopo cinque anni inizia a sospettare di essere innamorato del suo migliore amico.
La verità è che Lavi sta lentamente impazzendo. Non è bastato che abbia pensato di baciare il suo migliore amico al termine di una gloriosa partita di Quidditch vinta grazie a quest’ultimo, ma dopo tre giorni il suo cervello, a quanto pare, va in tilt e lui lo bacia per davvero. E per quanto a Lavi non sfugga l’estrema coerenza logica in tale successione di eventi, questi non può ignorare invece la profonda contraddizione tra le sue azioni e il suo concetto di ‘migliore amico’.
[Lavi/Allen] Avviso: Fic a sette capitoli ambientata nel mondo di Harry Potter.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Allen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'SEVEN {Arithmancy was never a friend}'
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Pronti per la seconda parte? Spero di sì. Sperate che succedano grandi cose? Lo spero anche io. Come spero che la mia abilità nello scrivere fluff non sia raccapricciante come pare a me.

Disclaimer: non mio blahblah.

 

I.  II. III. IV. V. VI. VII.

. S E V E N .

.

II.

Nell’ultimo tratto del passaggio segreto finiscono la loro scorta di Whisky Incendiario e Lenalee fa Evanescere la bottiglia con successo, suscitando un vago stupore generale – hanno stipulato un patto tempo prima, per cui ogni volta che si ubriacano non devono effettuare incantesimi; in momenti come quelli, ritornano sempre in mente le parole del loro professore di Incantesimi che raccontava anni prima di come il mago Baruffio pronunciò una ‘s’ al posto di una ‘z’ e si ritrovò con un orso sul petto.

Cadono fuori dalla schiena della statua della Strega Orba e prontamente Lenalee, mollando le sue bottiglie a Lavi, ficca le mani nella borsetta.

La faccia inebetita di Allen mentre questi osserva Lenalee frugare alla ricerca del Mantello dell’Invisibilità è inestimabile, ma non come il suo buttarsi a braccia aperte sulla statua della Strega e cominciare a strusciare la guancia contro la pietra farfugliando parole a caso. “Gunhildaaa! Ti voglio tanto bene, davvero, mi disp-hic!-ace per la tua gobba… la mia vita non sarebbe la stessa senza di te! Come farei a far-hic!-e rifornimenti a Mielandia? Vuoi un’Ape Frizzola? Mi ricordi tanto Lavi… Sei una sua parente?”

Lavi rotola sul pavimento guardando con occhi lacrimanti Allen che cerca nelle tasche i rimanenti dei suoi acquisti al negozio di dolci, e ride il più silenziosamente possibile mentre Lenalee tenta di staccare Allen dalla statua e buttargli sopra il Mantello.

Lavi non è molto d’aiuto, si rende conto quando Allen comincia a stappare l’ennesima bottiglia di Burrobirra affermando che dovrebbero offrirla alle armature. Il sorvegliante e la sua stupida gatta potrebbero arrivare da un momento all’altro, attirati dagli schiamazzi. Quindi si tira su, con uno sforzo immenso da parte delle sue gambe barcollanti, e aiuta Lenalee.

Procedono con passo dolorosamente lento, stando a fatica sotto il Mantello; i loro piedi camminano apparentemente senza padroni lungo i corridoi bui del castello. Ripensandoci poi da sobrio, Lavi si chiederà come hanno fatto ad arrivare alla Sala Comune senza essere scoperti, tra la loquacità rumorosa di Allen e le risate sue e di Lenalee. La Signora Grassa li fa entrare di malavoglia e occorrono numerosi tentativi per issarsi nel buco dietro al quadro e attraversarlo – a un certo punto Allen decide che strisciare sui gomiti e rotolare in orizzontale è più facile che camminare.

All’interno della Sala, seduto su una delle morbide poltrone rosse vicino al camino, Kanda li attende con le braccia incrociate, guardandoli torvo.

“Quanto cazzo avete bevuto?” chiede secco.

Lavi tenta un breve calcolo sulle sue dita, ma quando queste cominciano impietosamente a moltiplicarsi davanti ai suoi occhi, rinuncia.

“Un po’,” risponde laconico.

“Ci sono sempre state così tanti caminetti in questa stanza?” chiede Allen.

Kanda sbuffa, si alza e va ad aiutare Lenalee, che sembra affascinata dall’elasticità delle guance di Allen e continua ad allargarle verso l’esterno.

Eeeehi, bel ragazzooo!” esclama Lenalee quando Kanda le mette le mani sui fianchi per sorreggerla. “Non sai cosa ti sei perso, haha… Lavi… e Allen è andato haha… a sbattere hahaha” e non finisce mai la frase, colta da una serie di risolini isterici che la fanno piegare in due.

Kanda!” tuona Allen dal nulla – e Lavi vagamente pensa che forse dovrebbero abbassare i toni, ma poi comincia a ridere anche lui e se ne dimentica.

Kanda non risponde, si limita a fissarlo con diffidenza.

“Sei un totale idiota, però hai dei bei, bei capelli,” biascica il ragazzo, con un tono di voce così sicuro di sé che Lavi si ritrova a domandarsi con serietà se dei bei capelli possano davvero compensare per ogni altro difetto – si risponde che probabilmente Allen ha ragione, e che deve assolutamente rubare lo shampoo di Kanda.

Kanda ha palesemente l’espressione interdetta di chi non sa se prendersela o essere imbarazzato.

Giààà…” miagola Lenalee, con la stessa convinzione, cominciando ad accarezzare con ammirazione i capelli neri e lunghi di Kanda con le sue dita affusolate.

“Posso toccarli anch’io?” chiede Allen, e Kanda è costretto a voltarsi e trascinare Lenalee con sé ai piedi della torre delle ragazze per nascondere il suo imbarazzo – o non dare luogo a una strage, Lavi non sa dirlo.

NO, stupido scemo—ma che cazzo Lavi, portalo a letto, ora!”

Lavi ride sguaiatamente mentre fa passare un braccio di Allen sulle proprie spalle.

Entusiasta, Lenalee scuote freneticamente una mano. “Ciao Allen, ciao Lavi!”

Lavi trascina Allen a fatica lungo le scale a chiocciola del dormitorio dei maschi, e Allen non aiuta minimamente.

“Sai, Lavi,” dice il ragazzo, lasciandosi andare ancora di più a peso morto su Lavi, “penso che Debitto sia un demente. Come punizione avrebbero dovuto spedire un Bolide contro la sua faccia, e rifiutarsi di portarlo in Infermeria. Lasciarlo lì, a sanguinare… e soffrire e cose così.”

Lavi ridacchia, prima di mettere male un piede su uno scalino e rischiare di rotolare giù dalla rampa per diversi metri in verticale. Afferra il corrimano per un pelo, e stupefacentemente ritrova l’equilibrio. Allen non si accorge di nulla, e continua a fissare il vuoto davanti a sé con spropositato interesse.

“Beh, Allen, hahaha, grazie per tenere alla… integrità della mia faccia.”

Sono finalmente davanti alla porta della camerata di Allen, e Lavi cerca di ripristinare l’uso delle gambe dell’altro. “Allen, siamo arrivati. Da qui devi fare silenzio, okay? Ci sono gli altri che dormono…” farfuglia, ritrovando nella sua testa quel minimo di razionalità che non è stata completamente annebbiata dall’alcool.

Mentre Lavi riprende il respiro, Allen sta in piedi, fermo, appoggiato contro il muro, e guarda Lavi dritto nel suo unico occhio. “Mi piace la tua faccia, Lavi.”

Lavi non riesce a parlare. Non riesce neanche a smettere di fissare gli occhi grigi di Allen, che non sembrano mettere adeguatamente a fuoco il mondo. Allen li chiude, e Lavi non sa bene come interrompere il silenzio. Non si ricorda perché, esattamente, si sono fermati.

La sua mente cerca di ricordargli qualcosa e fargliene capire un’altra, ma il mal di testa minaccia improvvisamente di prendere il soppravvento.

“Mi piace la tua faccia,” ripete Allen ancora ad occhi chiusi, e l’istante dopo le sue ginocchia cedono e lui cade pesantemente a terra, con la testa reclinata in avanti e le gambe in angolazioni innaturali.

“Oddio, haha, Alleeen, alzati su!” ride Lavi, mentre apre la porta e cerca di tirare su Allen. Nella stanza regna il silenzio, se non per un lieve russare di sottofondo. La parlantina di Allen non costituisce più un problema, in quanto il ragazzo sembra essere sprofondato in una sorta di coma etilico senza possibilità di ritorno. Lavi lo lancia con poca grazia sul letto a baldacchino, ma Allen non fa una piega. Con lo sguardo cerca il suo pigiama, ma si rende conto che anche se lo trovasse non avrebbe le forze per metterglielo, quindi si limita ad accomodare il suo amico alla bell’e meglio sulle coperte rosse.

Senza più forze, Lavi si affloscia a sedere di fianco a lui e rimane zitto, a contemplarlo.

Non è mai stato un poeta, e continuerà a non esserlo per il resto della sua vita, ma quella sera dev’essere un’eccezione, perché non può fare a meno di pensare che Allen sembri un bizzarro angioletto, con quella sua aria indifesa, i suoi capelli bianchi disordinati che si stagliano contro le guance arrossate e la cicatrice a pentacolo sulla fronte – e trova affascinante il fatto che, da sveglio, Allen sia tremendamente lontano dall’essere innocente e indifeso come appare ora.

Solo dopo quello che ritiene sia qualche intero minuto, si accorge di essersi pericolosamente avvicinato al suo viso, mani piantate ognuna a un lato della sua testa; quasi può contare le ciglia chiare di Allen, e sente l’odore di alcool uscire in lenti sospiri dalle sue labbra appena dischiuse. Ma non ci fa molto caso, nel momento in cui chiude la distanza tra la sua bocca e quella di Allen.

È un singolo attimo quello in cui le loro labbra si sfiorano e il cervello di Lavi chiude i battenti, eppure Lavi è costretto ad ammettere che la storia dei fuochi d’artificio forse non è una triste invenzione di persone affette da disturbi mentali, come ha sempre creduto.

Allen rimane profondamente addormentato, e Lavi ne approfitta per catapultarsi in un lampo fuori dalla stanza che all’improvviso è diventata soffocante, e fiondarsi nella sua, sperando vivamente che nessuno sia stato svegliato dal violento martellare del suo cuore contro il petto.

   
 
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