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Autore: Grouper    06/09/2011    6 recensioni
Harry cominciò il suo assolo verso la fine della canzone; già troppi sguardi erano stati scambiati tra i due, ma in quel momento la cosa diventò ovvia: quelle parole erano rivolte a lei, a lei soltanto. La spalla che l'aveva sostenuta durante tutto questo tempo, i riccioli con cui aveva giocato tante sere, gli occhi in cui poteva sempre rifugiarsi e la voce avvolgente che le dava la sicurezza per andare avanti... tutto ciò si tramutò in un incubo: per Harry era tutta una farsa per poter arrivare a qualcosa di più che un'amicizia, amicizia che per Vittoria era la cosa più bella che potesse esserle capitata.
Il suo cuore traboccava d'ansia e panico, e gli occhi ne erano la limpida riflessione.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era domenica mattina, una tipica giornata uggiosa d'autunno dove né piove né splende il sole; Vittoria stava mettendo a posto la sua camera che in quel momento somigliava ad un campo di guerra più di ogni altra cosa. Annoiata, mise sotto sopra l'intera stanza, svuotando ogni cassetto e ogni borsa le capitasse sotto mano; prese quella che aveva portato due giorni prima a casa di Harry e dentro vi trovò una busta di Haribo. Sorpresa, la prese in mano e notò che attaccata alla confezione c'era un biglietto: Stavolta gioco io d'anticipo: 3486739021, H.

Harry le aveva lasciato il suo numero di cellulare su una busta di Haribo: Vittoria non aveva mai ricevuto un numero in modo migliore. Sorrise e lo salvò nella sua rubrica e gli mandò subito un messaggio mentre addentava la prima liquirizia. Sto mangiando delle Haribo più buone del solito, e indovina? C'era pure un numero di telefono allegato. Dev'essere proprio una confezione fortunata!

 

Nuovo lunedì, nuova settimana di scuola. Harry incontrò Vittoria per strada e i due non si separarono fino alla lezione di Chimica, dove si sedettero vicini, ancora presi dalle loro conversazioni. Pochi minuti dopo fu Mike ad entrare in classe e a lanciare un'altra delle sue frecciatine a Vittoria, o meglio, a lei e Harry. “Ah, allora è seria la cosa? Sei andata in pausa quest'estate per affinare la tecnica, Vichi?” Vittoria rimase zitta per un attimo, il solito sguardo fisso a terra e il pugno stretto per la rabbia; Harry stava per rispondere ma lei gli fece cenno di non dire niente e prese parola: “Qual è il tuo problema, Mike?” Il ragazzo si sorprese nel sentire la voce di Vittoria per la prima volta dopo tre mesi. “Beh, mi scoccia che ti stia divertendo con qualcuno che non sia io. Eravamo una gran coppia io e te, ricordi?” parlava con tono viscido, con parole cariche di malizia; accarezzò la guancia di Vittoria che prontamente tirò uno schiaffo alla mano di Mike per togliersela di dosso. Harry guardava attento e infastidito la situazione, pronto ad intervenire; “Uh, violenta come sempre.. come me!” continuò facendole l'occhiolino che lei scanzò guardando dalla parte opposta con il fiato rotto dall'imbarazzo. Harry osservava l'amica premuroso, per farle vedere che era vicino a lei, e lo sarebbe sempre stato. Vittoria si girò lentamente, a scatti, verso l'inglese incontrando subito il suo sguardo: riuscì a fare un respiro profondo, rigenerante, solo grazie a quell'abisso verde che erano i suoi occhi. Lui si aprì nel suo tipico sorriso che scioglie il cuore, e lei ricambiò con qualcosa di più piccolo e meno appariscente. Davanti a quella scena Mike non potè non commentare. “Risparmia i sorrisetti, piccolo Lord. Ti scaricherà da un momento all'altro, come al solito.” disse con un ghigno in bocca, e, al contrario di Vittoria che riuscì a controllarsi, Harry sbottò. Si alzò di scatto e diede un pugno in faccia all'energumeno dietro di lui, facendosi tra l'altro un gran male. Vittoria, insieme al resto della classe, rimase sconvolta e per tenersi dentro lo stupore si mise una mano davanti alla bocca spalancata, per raggiungere poi Harry che agitava la mano destra per il dolore. “Ma sei scemo?” furono le parole di Vittoria mentre guardava l'amico con gli occhi sgranati, in cerca di spiegazioni. “Scusa, non ho resistito” Harry sorrideva: quel ragazzo sorrideva sempre, anche dopo aver tirato un pugno. Vittoria scosse la testa in segno di disappunto, per poi avvicinarsi a Mike che sofferente faceva pressione sulla guancia sinistra. “Brutto figlio...” Mike stava per insultare Harry e probabilmente ricambiare la cortesia appena ricevuta con un altro pugno, quando la professoressa entrò in classe e trovando quel macello, spedì Harry dal preside. Vittoria non vide l'amico per il resto della giornata: lo cercò in lungo e in largo, per sapere che fine avesse fatto, ma di lui neanche l'ombra. E invece era là, come al solito, davanti alla sua macchina alla fine dell'ultima ora ad aspettare Vittoria; quando lo vide fece una mossa azzardata, inaspettata: gli corse in contro e lo strinse forte a sé. “Ti hanno sospeso, vero?” Harry per poco non mandò di traverso il fumo che stava tranquillamente inspirando; buttò via la sigaretta per paura di bruciare Vittoria “Wow, mi hai preso alla sprovvista!” lei si staccò subito. “Comunque, sì: mi hanno sospeso per una settimana. Se è questo il prezzo da pagare per far star zitto un imbecille allora lo farei altre dieci volte.” Vittoria lo guardò un attimo, come per riordinare le idee, e poi gli diede un pugno, arrabbiata. “Ahia!” ansimò Harry mettendosi una mano sul petto. “Sei tu l'imbecille! Ti sei fatto sospendere per cosa? Non è un pugno di un inglese pallido ad abbattere Mike!” Harry abbassò lo sguardo, realizzando che quello che aveva fatto era stata effettivamente una cosa stupida. Fece spallucce. “Però gli ho fatto male” disse con un filo di orgoglio. “Se ne avesse avuta l'occasione te ne avrebbe fatto di più lui, fidati...” sospirò Vittoria abbracciando Harry. “Cos'è quest'affetto oggi?” disse ridendo e stringendola a sé ancora più forte; lei in tutta risposta gli diede uno schiaffo dietro alla testa, per farlo stare zitto; non sapeva perchè lo stesse abbracciando: semplicemente le andava. “Non metterti più nei guai per me, Harry. Me la so cavare da sola anche se sono solo un metro e sessanta. Che tu ci creda o no!” si levò dalla morsa stretta dell'amico. “E allora io che ci sto a fare qua se non a prendere a pugni quelli che ti danno fastidio?” disse ironico Harry sfoggiando la benda che aveva attorno alla mano. “Mi basta una confezione di Haribo, e sono a posto!” rispose Vittoria avviandosi verso il cancello del parcheggio; Harry la prese per un braccio e la fece entrare in macchina “Muoviti dai, ti porto io a casa”.

“Allora, visto che adesso sono un Harry libero e tu sei un genio che studia tutto in un'ora: che cosa facciamo oggi?” disse Harry entusiasta rivolgendosi a Vittoria. Lei lo guardò di sottecchi, pensando che forse sarebbe stato il caso di stare un po' con la sorella, ma poi decise di unire entrambe le cose.

“Se ti va puoi venire a casa mia, così Rebecca vede che non sei un palestrato, gellato o drogato.” propose Vittoria. Harry rise “Sarò da te alle otto” aprì lo sportello a Vittoria per poi salutarla e vederla allontanarsi.

Vittoria entrò in casa: era piuttosto di buon umore. “Beeeeck! Sono a casa!” si avviò in cucina, dove pensava fosse la sorella “Indovina chi abbiamo sta sera a cen...” si bloccò di colpo: Rebecca era seduta con la sua camomilla rosa in mano e gli occhi gonfi. Preparava una camomilla rosa ogni qualvolta fosse agitata o scossa, per calmarsi; di fronte a lei un uomo con i capelli bianchi stava con le mani incrociate e lo sguardo basso. Rebecca alzò gli occhi per incontrare quelli di Vittoria: la mora era paralizzata, sconvolta, con la bocca socchiusa. Nella loro cucina, a distanza di cinque mesi, c'era Alexander James, nonché padre delle due sorelle. Rebecca aprì bocca per parlare, ma prima che un filo di voce uscisse dalla sua gola, Vittoria se ne andò di corsa sbattendo la porta di casa: cominciò a camminare, prima lentamente, poi velocemente, sempre più veloce finchè non si ritrovò a correre senza una vera e propria ragione. Si fermò di colpo a pensare un attimo, prese il telefono e fece un numero. “Ti aspetto al laghetto” disse tutto d'un fiato, probabilmente senza dare tempo ad Harry di comprendere quelle parole. Riprese a camminare a passo veloce: aveva gli occhi spenti e guardava nel vuoto.


Notaaaare bene: 
Capitolo cortino, ma con un sacco di atti inaspettati (come da titolo, nah?). 
Spero vi sia piaciuto, e nel prossimo capitolo sapremo tutta la storia di Vittoria, come promesso!

Ringrazio tutte le mie care recensitrici, e continuo a viziarvi tirandovi un sacco di caramelle <3 
Grazie ancora di cuore, 
vichi. 

 

  
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