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Autore: Vale    07/05/2006    5 recensioni
Qui dentro troverete le one-shots relative al mondo di Dangerous Game... Buona lettura!! P.S. Il termine Missing Moments l'ho mutuato da quella grande donna che è Sunny!!!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IT’S IN HIS KISS

Questa one-shot è tutta dedicata a due persone speciali che da qualche mese hanno raggiunto un obbiettivo speciale… Lo so che sono decisamente in ritardo, ragazze, ma finalmente il mio piccolo regaluzzo per voi è arrivato! Vi voglio bene Eli e Nenè. Un abbraccio grande grande, Vale.

 

IT’S IN HIS KISS

 

Noia. Profonda, nera e cupa noia.

 

Ginny sbuffò per la millesima volta dall’inizio della giornata. Ne aveva abbastanza di starsene seduta a rimestare quella schifosissima pozione… che poi neanche sapeva che diavolo era. Sua madre le aveva affibbiato quel compito e poi si era volatilizzata. E certo, con la puzza che proveniva da quel calderone sarebbe scappato anche Voldemort in persona!

Dopo aver dato un colpo di bacchetta al pentolone, lasciando che il mestolo continuasse da solo il lavoro, la ragazza uscì dalla cucina e si andò a sedere sul divano, la testa appoggiata allo schienale e gli occhi rivolti verso il soffitto di legno.

 

“Ehi, che è ‘sto tanfo?” proruppe la voce bassa di Ron, entrando nella stanza con il naso e la bocca coperti.

 

“Mi sembra di essere tornato in Romania!” disse Charlie, seguendolo.

 

Perché?” chiese Bill.

 

“Se avessi dovuto spalare quintali di concime di drago non mi avresti fatto questa domanda.”

 

Ron e Bill risero, divertiti. “Dovevi essere impareggiabile con la pala in mano e il fazzoletto alla bocca!”

 

“Sì, un vero figurino!”

 

“Imbecilli…” bofonchiò il ragazzo, inoltrandosi nella camera e accorgendosi solo in quel momento della presenza della sorella. “Cavoli, questa volta la mamma ha esagerato. Ginny è svenuta per l’odore!”

 

Ron e Bill smisero immediatamente di ridere e si avvicinarono al divano, preoccupati. “Ehi, piccolina, tutto bene?” sussurrò il più grande, sedendolesi accanto e prendendole una mano. Le facce ansiose degli altri due facevano capolino oltre le sue spalle.

 

Per un momento Ginny ebbe la tentazione di far finta davvero di essere svenuta, tanto per movimentare un po’ quel pomeriggio così noioso, ma poi ci rinunciò. Se quei tre ci avessero creduto, probabilmente avrebbe trascorso i due mesi successivi a letto, maledicendo loro e le sue idee malsane.

 

“Non sono svenuta, mi sono solo rotta di stare qui dentro a far niente!” disse, incrociando le braccia al seno e mettendo su il broncio.

 

“Magari potessi dire la stessa cosa! E invece mi tocca alzarmi tutte le mattine all’alba per andare a lavorare” si lamentò Ron, infilandosi in bocca un biscotto. “Fignirò ppor ammalarmi, pprimma o ppoi.

 

Ma se non vedi l’ora di catapultarti al Quartier Generale!” fece Charlie, guardandolo con malizia. “Dovresti vederlo, Gin! Quando arriva sprizza eccitazione da tutti i pori.

 

Ron ingoiò il boccone e si alzò in tutta la sua altezza, tirando fuori il petto. “Lo so, lo so… Sono uno stacanovista nato!”

 

Charlie rise di gusto. “Adesso si dice così, eh? Devo chiedere a Hermione cosa ne pensa del tuo stacanovismo…”

 

Che vorresti dire? Che vengo al lavoro solo per vedere Hermione?”

 

Diciamo che la ragazza in questione è una buona scusa per non lavorare!” osservò Charlie, strizzando l’occhio verso la sorella, che trattenne una risata.

 

Ron prese a rincorrere il fratello per la stanza, seminando confusione da tutte le parti. Bill, che fino a quel momento era stato zitto, lanciò uno sguardo preoccupato verso Ginny. La ragazza, sentendosi osservata, gli riservò un sorriso gentile.

 

Che cosa c’è, piccolina?”

 

Lei sospirò, ma scosse la testa. “Niente.”

 

“Non è vero, hai qualcosa. Perché non me ne parli? Magari in due riusciamo a trovare una soluzione.

 

Ginny gli strinse la mano. Bill era sempre stato molto attento a lei, fin da piccoli. Come unica figlia femmina della numerosa famiglia Weasley, lei aveva sempre avuto un posto speciale nel cuore dei suoi fratelli, ma in quello di Bill in modo particolare.

 

“È una stupidata… Nulla di cui preoccuparsi, davvero” cercò di convincerlo.

 

“Non direi, se ti butta giù in questo modo. Ma guardati, Gin! Sembri l’ombra di te stessa! Parli pochissimo e mangi ancora meno… Quanto sei dimagrita negli ultimi mesi?”

 

Lei tentò di sfilare la mano dalla stretta del fratello, ma l’uomo non si fece distrarre. “Siamo molto preoccupati per te, piccolina. Perché non vuoi che ti aiutiamo?”

 

Lei scosse nuovamente la testa. “Te l’ho già detto, Bill. Non è niente di grave, sono solo un po’ giù…”

 

Harry cosa ne dice?”

 

Ginny si irrigidì all’istante. “Cosa c’entra Harry adesso? Non mi pare che stessimo parlando di lui.”

 

Il suo tono stizzito fece scattare un campanello d’allarme nella testa di Bill. Allora è così, è Harry il problema… “Niente, Harry non c’entra niente… Però, forse, non sarebbe male se tu gli parlassi.”

 

“Per tua informazione gli parlo tutti i giorni.” In realtà, era lui a raccontarle le sue giornate piene di avventure, mentre lei rimaneva a bocca aperta ad ascoltarlo fino a quando – non riusciva mai a capire come – si ritrovava avvolta nel suo abbraccio. Al ricordo della sera precedente, il viso della ragazza si fece di brace, facendo intuire al fratello il tipo di conversazione alla quale i due si dedicavano quotidianamente.

 

Bill si schiarì la voce, cercando di ammorbidire l’atmosfera. Quella situazione era alquanto imbarazzante per lui… A differenza di Ron, non si era mai voluto intromettere nelle scelte amorose di Ginny, credendo fosse meglio lasciarle la possibilità di crescere e, all’occorrenza, di commettere errori che l’avrebbero fatta soffrire. Ma quando gli aveva annunciato che lei e Harry si erano messi insieme, una parte di lui, probabilmente la più protettiva, aveva fatto un salto di gioia: Harry si era sempre dimostrato un ragazzo in gamba e sicuramente avrebbe reso felice la sua sorellina… A quanto sembrava, però, le cose non stavano andando come avrebbero dovuto.

 

“So che questi non sono affari miei…”

 

“Esatto.”

 

“… ma come tuo fratello maggiore ho il diritto di dire la mia.”

 

Ginny sollevò gli occhi al soffitto e sbuffò. “E sentiamo, Grande Fratello, qual è la tua prognosi?”

 

“Sei affetta da un forte attacco di noia. Passi la maggior parte delle giornate chiusa alla Tana, aspettando che arrivi sera per vederti con Harry. Quando stai con lui va tutto bene, ma appena se ne va ricadi nell’apatia. Se vai avanti così, rischi di ammalarti sul serio, è questo che vuoi?”

 

Ginny abbassò gli occhi, indispettita. Perché Bill doveva essere così bravo a capirla?

 

“Sai qual è l’unica soluzione per uscirne?”

 

“Oltre che fornire diagnosi, dispensi anche cure?”

 

Lui fece mezzo sorriso. “Dobbiamo trovare qualcosa di diverso da fare. Basta con questo trantran! È arrivato il momento di uscire dalla Tana e di affrontare il mondo, Gin!”

 

Mmmm…” mugugnò lei.

 

“Beh, un minimo di entusiasmo in più non sarebbe stato male, ma siamo solo all’inizio per cui mi accontento.”

 

Questa volta, lei rise di gusto alla battuta.

 

“Mi prometti che ci penserai su?” le domandò l’uomo.

 

“Va bene. Cercherò di pensare a qualcosa di veramente fuori dal normale da fare” rispose, scoccandogli un bacio sulla guancia.

 

Crash!

 

“Sei un animale Ron!” urlò Charlie dalla cucina.

 

“E tu sei un idiota! Hai visto cosa sei riuscito a combinare? E adesso chi glielo dice a ma’?” ribatté il fratello.

 

Bill e Ginny si scambiarono un’occhiata maliziosa. “Sarà meglio che qualcuno vada a dividerli prima che quei due si distruggano completamente casa.”

 

“Si può sapere che cos’è tutto questo baccano?” fece la signora Weasley, scendendo velocemente le scale prima di tuffarsi in cucina. “Disgraziati, ecco cos’ho partorito! Dei disgraziati! Adesso pulirete questo schifo… a mani nude!”

 

“Troppo tardi. La giustizia divina è arrivata prima di noi!”

 

***

Harry strofinò il naso contro il collo della sua ragazza, facendosi avvolgere da quel profumo leggero di fiori che gli piaceva tanto. Erano entrambi stesi sul suo divano e Ginny gli stava accarezzando la testa con fare lento e rilassante, la mente a mille chilometri di distanza da lì.

 

“Potrei rimanere qui così all’infinito” sussurrò, senza però ottenere alcuna risposta. “Gin…” la richiamò dolcemente.

 

Nulla.

 

Ginny?” Alzò la testa per guardarla negli occhi. Sembrava persa in chissà quali fantasticherie. “Amore, tutto bene?” disse, scuotendola leggermente.

 

Mmm? Cosa? Sì, sì… Scusa Harry, stavo solo pensando” fece la rossa, sorridendogli malinconicamente prima di tornare a fissare il soffitto.

 

Harry si sollevò a sedere, per niente contento della risposta. Da un po’ di tempo a quella parte Ginny si comportava in maniera distante e poi era sempre triste. Era come se stesse appassendo… “Tu hai qualcosa che non va.”

 

Lei sollevò un sopracciglio e finalmente lo fissò in viso. “Hai parlato con Bill, per caso?” chiese sospettosa.

 

Lui scosse la testa. “Allora non sono l’unico a essersene accorto.”

 

Ginny sbuffò e tentò di scendere dal divano, ma Harry l’afferrò per i gomiti e la fece stendere sopra di sé. “Non credere di scappare, signorinella. Io e te abbiamo molto di cui parlare.”

 

Ginny rimase in silenzio per alcuni minuti, mantenendo gli occhi chiusi. Sentiva chiaramente su di sé lo sguardo deciso e impaziente di Harry, ma la stretta delle sue dita si era fatta gentile. Dopo aver tirato un lungo sospiro, sollevò le palpebre. “Sono stanca. Stanca di non fare niente tutto il giorno, stanca di contare i minuti che mi separano da te, stanca di non aver mai fatto nulla di speciale… stanca di non essere nessuno” confessò in un sussurro.

 

“Nessuno? Vorrai scherzare spero… Tu non sei nessuno. Sei la persona più importante per me.”

 

Lei sorrise e gli accarezzò una guancia. “Lo so che mi ami, Harry e io amo te, ma alle volte… Come faccio a spiegarti?”

 

“Qualunque cosa sia giuro che non ti mangerò!” cercò di scherzare il ragazzo.

 

“Alle volte non mi basta.” Il volto di Harry si fece improvvisamente scuro. “Tu passi le tue giornate facendo quello che più ami, vivi avventure meravigliose e sei appagato. Quando mi racconti delle tue missioni, gli occhi ti si illuminano e la voce è piena di passione… Beh, anch’io voglio provare quella passione, Harry! Voglio scoprire cosa si prova… anche solo per una volta.”

 

Harry osservò pensoso il viso sciupato della sua compagna. Era dura sentirsi dire quelle cose dalla sua bocca… Ginny era in assoluto la persona più importante della sua vita, se avesse potuto le avrebbe regalato il mondo per farla felice, e invece lei stava soffrendo senza che lui se ne fosse reso conto. Che razza di idiota! Ma adesso avrebbe sistemato le cose… Ginny voleva un pizzico di avventura? Cascasse l’universo, lui le avrebbe fatto passare la giornata più entusiasmante della sua intera esistenza. Avrebbe avuto bisogno di qualche piccolo aiuto, certo! Ma sapeva già a chi avrebbe dovuto rivolgersi. Un sorriso compiaciuto comparve sul suo viso, mentre con la mano riprendeva ad accarezzare i lunghi capelli rossi di Ginny, distesa sul suo petto.

 

Aspetta solo qualche giorno, amore, e ti prometto un’avventura meravigliosa.

 

***

Ginny si stiracchiò mollemente tra le lenzuola, soffocando uno sbadiglio nel cuscino. Aprì un occhio, ma lo richiuse all’istante quando si accorse che la sua stanza era ancora totalmente immersa nel buio. Doveva mancare più o meno un’ora all’alba, quindi aveva tutto il tempo per riappisolarsi. Si girò dall’altra parte del letto e pensò a Harry, come faceva sempre tutte le volte prima di addormentarsi.

Stava già per cadere fra le braccia di Morfeo, quando si sentì scoprire, con neanche troppo garbo, da una mano grande e calda. Subito si rannicchiò su se stessa, cercando il tepore del materasso, ma una voce profonda e perentoria le ordinò di svegliarsi e di saltare giù dal letto.

 

Mmm…” protestò, nascondendosi sotto il cuscino. “È ancora presto.”

 

“Non esiste il presto per i delinquenti!” ribatté l’uomo, sollevandola senza troppa fatica e trasportandola fuori dalla camera, fino al bagno, dove la lasciò letteralmente cadere dentro la vasca ricolma di acqua ghiacciata.

 

Ginny non poté fare a meno di strillare, attaccandosi ai bordi della vasca e boccheggiando per il freddo. “Ma… Ma chi cavolo è lei?” balbettò, tremante. “Come ha fatto a entrare qui dentro?”

 

L’uomo si chinò verso di lei, con un sorriso sfacciato sulle labbra. Aveva dei profondi occhi blu che a Ginny ricordarono un lago di montagna, ma che in quel momento sprizzavano impazienza. Doveva avere più o meno una quarantina d’anni, viste le minuscole rughe che aveva ai lati delle palpebre. Tutto sommato era un bell’uomo.

 

“Primo, le domande le faccio io! Secondo, come tuo istruttore personale ti do tempo cinque minuti per prepararti, dopodichè, che tu sia vestita o no cocca, andremo a Londra. Ti conviene muoverti se non vuoi dare spettacolo!” disse, prima di richiudersi alle spalle la porta.

 

Ginny rimase per qualche istante a fissarla. Ma che diavolo stava succedendo, per la miseria? Un improvviso brivido di freddo le fece ricordare di essere immersa nell’acqua ghiacciata e la spronò a uscire dalla vasca e ad asciugarsi.

 

“Troverai dei vestiti sullo sgabello alla tua destra. Indossali, sono la tua divisa” urlò l’uomo oltre la porta. “Ah… hai ancora tre minuti!”

 

Ginny non perse tempo a replicare. Aveva la chiara impressione che non sarebbe servito a molto mettersi a discutere con quel tipo.

 

“Venti secondi, cocca!” urlò di nuovo dal corridoio.

 

Ginny aprì la porta di scatto. “Senta un po’, lei!” gridò, andando a sbattere contro il petto dell’uomo, mentre le narici le si riempivano di un odore stranamente familiare. “Si può sapere con chi crede di avere a che fare? Questa è casa mia e lei non ha nessun diritto di dirmi quello che devo o non devo fare!”

 

L’uomo lanciò un lungo fischio. “Ti sta bene la divisa, cocca!” Ginny abbassò lo sguardo sul suo corpo e, arrossendo, dovette ammettere che non aveva tutti i torti. “Ora seguimi, abbiamo un sacco da fare e siamo già in ritardo!” ordinò, voltandosi e scendendo le scale.

 

La ragazza era quasi senza parole, mentre nella testa le si stavano affollando mille domande. Chi era quel tipo? Che cosa voleva da lei? E per quale stramaledetto motivo erano in ritardo?

 

“Aspetta un attimo!” disse la rossa, passando a dargli del tu. “Sarebbe cortese da parte tua dirmi almeno il tuo nome e cosa cavolo andiamo a fare a Londra.”

 

L’uomo le scoccò uno sguardo divertito, mentre apriva la porta principale di casa Weasley. “Il mio nome è Tucker Burrows, ma tu puoi chiamarmi Tenente Burrows, cocca!” Ginny alzò gli occhi al cielo, a quanto pareva avrebbe avuto a che fare con uno spiritoso. “Andiamo a Londra perché siamo di pattuglia lì.”

 

Ginny si fermò in mezzo al vialetto e lo fissò con aria inebetita. “Ma ci deve essere un errore, io non sono un Auror!”

 

L’uomo tornò indietro e le si piazzò di fronte, mettendole sotto il naso un foglio di carta stropicciato. “Non mi interessa un fico secco se non sei un Auror, tesoro! Io ho ricevuto degli ordini ben precisi… Ordine del Giorno” iniziò a leggere. “Ore 6.00 Trovarsi davanti al Paiolo Magico insieme alla signorina Weasley Ginevra (Ottery St. Catchpole, Devon, La Tana). Se non sbaglio la signorina Weasley sei tu, quindi non c’è nessun errore. Adesso muovi quelle gambe! Non mi piacciono i ritardatari… per quanto carini possano essere!” concluse, facendola sussultare.

 

Ginny si voltò un attimo verso la sua casa, poi tornò a fissare la schiena del Tenente Burrows, mentre si arrampicava per la salita del vialetto. Tutto quello che stava accadendo aveva dell’incredibile. Quell’uomo era comparso dal nulla, l’aveva buttata giù dal letto e costretta a farsi un bagno ghiacciato, il tutto condito con una dose massiccia di sarcasmo, eppure… Eppure lo trovava simpatico. Aveva quel certo non so ché che lo rendeva quasi affascinante, inoltre era curiosa di capire cosa stava succedendo. Fu per quelle ragioni che Ginny decise di seguirlo… In fondo, non era l’avventura ciò che cercava? Di una cosa era certa: quel tipo, così strano e imponente, poteva dargliela.

 

 

 

Harry si morse la lingua per non ridere quando sentì dietro di sé il suono dei passi di Ginny. Si stava divertendo come un matto ed era solo all’inizio! Impersonare il Tenente Burrows, suo primissimo istruttore ai tempi dell’Accademia, era stata un’idea fantastica. Come del resto lo era stato organizzare tutti gli incontri delle prossime dodici ore… Aveva sguinzagliato su tutto il percorso che lui e Ginny avrebbero fatto alcuni suoi sottoposti che, ne era più che sicuro, avrebbero reso quella giornata indimenticabile.

 

“Allora cocca, sei pronta per mischiarti alla feccia della città?” Le fece l’occhiolino. Burrows lo faceva sempre e, per quanto si ricordava Harry, a Becky era sempre piaciuto quello strano tic… Magari anche a Ginny avrebbe fatto lo stesso effetto.

 

La rossa sorrise lentamente. “Certo Tenente! Mai stata più pronta!”

 

***

Ginny guardò con occhi spalancati la montagna di lingotti d’oro, accatastati l’uno sull’altro, a nemmeno un metro da lei. Era la prima volta in tutta la sua vita che vedeva così tante ricchezze in un unico posto. La Gringott era davvero la banca più grande del mondo della magia! “Sono veri?” sussurrò, allungando timorosa una mano, quasi avesse paura che potessero sparire nel nulla da un momento all’altro.

 

Harry sorrise. “Come te e me, ma sarà meglio mettere queste bellezze al sicuro prima che ti vengano strane idee.”

 

Ginny lo guardò torva, ma poi si chinò ad aiutare l’uomo che aveva iniziato a infilare i lingotti all’interno di un voluminoso sacco di tela. “Chissà perché il Ministero ha bisogno di tutto questo oro...”

 

“Probabilmente dovrà comprare qualche inutile ciarpame o dovrà finanziare qualche stupido esperimento magico… È un po’ una regola chimica: più la gente ha soldi, più li spende per stronzate.”

 

“Già” sospirò Ginny, guardando uno dei lingotti, “e pensare che con un paio di questi si potrebbero sfamare un sacco di persone.”

 

Harry la fissò commosso. Ginny era la persona più buona che conoscesse e glielo stava dimostrando anche in quel momento. Chiunque, trovandosi in una situazione del genere, avrebbe prima pensato a tutto quello che avrebbe potuto comprarsi con così tanto oro. Lei, invece, aveva subito pensato agli altri. La sua Ginny era davvero straordinaria.

 

“Che c’è? Ho qualcosa sul naso?” domandò la rossa, accorgendosi di essere fissata con insistenza.

 

N-no… Su, continua a riempire quel sacco, cocca, o domani mattina saremo ancora qui!” la incitò Harry, voltandole le spalle per evitare di farsi trovare con le guance rosse per l’imbarazzo.

 

Dopo circa dieci minuti, due sacchi ricolmi d’oro erano stati portati fuori dal cavò della banca e Ginny, decisamente guardinga, seguiva a ruota il tenente lungo Diagon Alley.

 

Mmm… Tenente Burrows?” mormorò esitante.

 

“Sì” rispose lui, senza degnarla di uno sguardo.

 

“Non credi che sia pericoloso andare in giro con questi cosi, senza alcuna protezione? Non c’è il rischio di essere rapinati? Sai, non so te, ma io dovrei lavorare per tre vite consecutive prima di poter restituire tutto ‘sto ben di Dio.”

 

Inspiegabilmente, il Tenente Burrows scoppiò a ridere forte. “Sei un tipino esilarante, lo sai?” disse prima di scoccarle un altro occhiolino.

 

Ginny si bloccò in mezzo alla strada, frastornata. Tipino esilarante?

 

“Se ancora non te ne fossi resa conto, la protezione sei tu” la redarguì l’uomo che continuava, stranamente, a guardarsi a destra e a sinistra, come se stesse cercando qualcuno.

 

“Aspetti qualcuno?” domandò Ginny, affiancandoglisi.

 

“Come? No, no!” Harry si maledisse mentalmente. Doveva fare più attenzione, o Ginny l’avrebbe subito scoperto… Allungò il passo e si inoltrò in un vicolo. I palazzi, alti e imponenti, non permettevano alla luce del sole, ancora troppo basso, di rischiarare la via. Harry trattenne un sorrisino quando intravide, nascoste al lato della strada, due persone. Da quella distanza non riusciva a identificarle, ma sapeva benissimo di chi si trattava: aveva chiesto lui stesso a Person e Callam, due delle sue reclute, di organizzare un finto furto. I due avrebbero dovuto fingersi ladri, attaccarli e… fuggire spaventati di fronte alla reazione di Ginny. Il suo piano era perfetto… addirittura geniale nella sua semplicità. Ginny avrebbe sperimentato il vero significato della parola adrenalina e lui non avrebbe dovuto preoccuparsi di metterla in pericolo per farle provare un po’ d’avventura.

 

Harry sorpassò la coppia nascosta e si schiarì la gola, dando il segnale di attacco. Stranamente, i due non si mossero. Il ragazzo lanciò uno sguardo verso di loro e urlò un’imprecazione, prima di sentirsi schiacciare per terra da un corpo massiccio.

 

“Tenente!” gridò Ginny, lanciandosi in avanti. Ma una seconda figura, imbavagliata, le si piazzò davanti, minacciandola con un lungo coltello affilato.

 

“Va bene, piccola… Molla la grana e nessuno si farà male” la intimò. Ginny guardò il ragazzo, dal timbro della voce non doveva aver superato i sedici anni… un bambino, che però pesava almeno il doppio di lei. Scoccò un’occhiata veloce verso il tenente. Non poteva rischiare di mettere in pericolo la sua vita per una stupida borsa d’oro, ma non poteva nemmeno farsi fregare così facilmente dal primo delinquentello che passava. Cosa doveva fare? Cosa avrebbe fatto Harry se si fosse trovato in quella situazione?

 

“Muoviti!” le ordinò il ragazzo con voce tremante, mentre il suo compagno faceva sempre più fatica a trattenere la furia del tenente.

 

Ginny lasciò cadere a terra il pesante sacco e fece un passo indietro. “Eccolo, se lo vuoi vienitelo a prendere.”

 

Il ragazzo le si avvicinò, dapprima con circospezione poi con maggior sicurezza, e afferrò la tela con dita avide. “Ce l’ho, Tony, ce…” ma non riuscì a completare la frase perché Ginny lo aveva colpito con forza in mezzo alle gambe.

 

Senza aspettare di vedere l’effetto del suo calcio, la ragazza superò con un balzo il corpo del giovane e si precipitò ad aiutare il tenente. Dopo aver agguantato il lembo del sacco pieno d’oro, lo sbatté con forza sulla schiena dell’uomo, facendogli perdere i sensi.

 

Harry fissò la sua fidanzata con la bocca aperta. Chi era quella pazza scatenata che aveva preso il posto della sua dolce Ginny?

 

“Tutto bene, tenente?” chiese lei con un sorriso soddisfatto, offrendogli una mano per alzarsi.

 

Lui non riuscì a fare altro che annuire, poi un pensiero lo scosse in profondità. “Ti ha dato di volta il cervello?” le gridò contro.

 

Ginny abbassò gli occhi, confusa. Aveva forse sbagliato qualcosa? “Mi scusi, tenente, ho pensato che…”

 

“No, tu non hai pensato affatto!” Harry era fuori di sé dalla rabbia. “Perché non gli hai dato quello volevano? Avrebbero potuto farti del male!” E lui non se lo sarebbe mai perdonato.

 

“Ho fatto solo quello che avrebbe fatto…”

 

“Chi? L’eroe dei fumetti? Il campione di turno? Cristo Ginny, questo non è mica un gioco, sai? Si può anche morire per la stronzata che hai appena fatto tu…”

 

“Volevo solo essere d’aiuto” sussurrò la rossa, affranta. Non capiva perché il tenete se la fosse presa così tanto. In fondo lei non aveva fatto altro che proteggere ciò che le era stato affidato… Sì, era vero, aveva provato una certa soddisfazione nell’atterrare quei due, ma nemmeno per un momento l’aveva sfiorata l’idea di trovarsi in mezzo a un gioco.

 

Il rumore di alcuni passi affrettati provenienti dall’imboccatura della via la fecero sussultare. “Capit… Tenente, tutto ok?” gridò una voce.

 

Harry scoccò uno sguardo omicida verso i due nuovi arrivati. “Non certo per merito vostro!” sbraitò. “Dove diavolo vi eravate cacciati?”

 

“Ci scusi, Cap… Tenente, siamo stati trattenuti. Ma… e questi?” domandò il più alto dei due uomini appena arrivati, indicando i due corpi stesi a terra.

 

Questi hanno appena tentato di derubarci, Callam” osservò Harry. “Ora, tu e Person li scorterete fino al Quartier Generale. Nessuna deviazione, ci siamo intesi?”

 

Callam non osò chiedere ulteriori spiegazioni al suo capitano. L’aveva visto arrabbiato poche volte, ma quella le batteva tutte. L’unica cosa che aveva capito, però, era che almeno per quel giorno non avrebbe più dovuto far finta di essere un ladro…

 

***

Ginny camminava lentamente dietro al tenente. La reazione esagerata di quella mattina l’aveva colpita più di quanto volesse fargli credere… Aveva pensato e ripensato a ciò che era accaduto in quel vicolo e tutto ciò a cui era venuta a capo era che Tucker Burrows era decisamente strano. Si era infuriato per un nonnulla e ora, dopo tre ore, stava ancora borbottando maledizioni incomprensibili. Persa nei suoi pensieri, Ginny non si accorse che il tenente si era fermato e andò a sbatterci contro. Ancora una volta le sue narici furono investite da quell’odore a lei tanto familiare, ma che non riusciva a individuare.

 

“Siamo arrivati” proclamò il tenente.

 

Ginny si guardò intorno. Erano fermi davanti a una bella villetta, circondata da altre decine di belle villette, in mezzo a una sorta di parco in stile ottocentesco. “Wow!” sussurrò.

 

“Chiudi la bocca o ti entreranno le mosche!” l’avvisò l’uomo, aprendole il cancelletto e invitandola a imboccare il vialetto.

 

Harry bussò alla porta seguendo un ritmo ben preciso. Tre colpi, pausa, due colpi, pausa, tre colpi. “In questa casa è stato messo sotto protezione un importante uomo d’affari” iniziò a spiegarle. “Ha avuto a che fare con dei pezzi grossi della mala a cui non è piaciuto lo scherzetto che li ha combinato…” Un uomo mingherlino venne ad aprire la porta, si guardò intorno e li fece entrare.

 

“Tutto a posto, Dorrin?” chiese Harry.

 

L’uomo annuì. Ginny lo guardò con attenzione… le sembrava di averlo già visto da qualche altra parte, ma non ricordava dove. Stava già per aprire bocca, quando si sentì spintonare dal tenente.

 

“Ora, noi due siamo qui perché dobbiamo scortare il testimone al tribunale del Wizengamot.” Harry l’afferrò per una spalla, inducendola a guardarlo dritto negli occhi. “Non voglio casini, Ginny… Se ti passasse per quella graziosa testolina anche solo l’idea di ficcarti nei guai, mi arrabbierò molto, intesi?”

 

Lei sostenne lo sguardo e sorrise. Se il tenente aveva intenzione di metterle paura con quelle parole, non sapeva con chi aveva a che fare! Lei ne sapeva qualcosa di intimidazioni, non per niente era vissuta con sei fratelli più grandi, riuscendo ad averla vinta quasi sempre. “D’accordo, Tenente. Niente casini, a patto che la smetti di avere quell’aria imbronciata. Sei decisamente più simpatico quando tenti di fare lo spiritoso.”

 

Harry inarcò un sopracciglio. “Io non tento di fare lo spiritoso, io sono spiritoso!”

 

“Se lo dici tu…” disse lei, tendendogli una mano in segno di pace.

 

Harry la strinse e per un breve attimo ebbe la folle tentazione di abbracciarla, ma si trattenne. La giornata era ancora lunga e lui non voleva rovinare l’avventura di Ginny per nulla al mondo. Così, la spinse dolcemente in una stanza. Al suo interno, come previsto, c’erano tre dei suoi uomini: Rogers, Pullman e Cormac, che impersonava il testimone. Al loro apparire, scattarono tutti e tre sull’attenti. Harry si passò una mano sulla faccia e si morsicò la lingua per trattenersi dall’insultare Cormac. Quel ragazzo era decisamente un tontolone, ma, del resto, era stato l’unico a proporsi per quel ruolo e lui era stato costretto ad assegnargli la parte.

 

Ginny rimase a fissare i quattro per qualche momento, intuendo, dall’aria imbarazzata che aleggiava per la stanza, che qualcosa di strano era appena successo.

 

“Ehm… Finalmente è arrivato Tenente!” disse Cormac per tentare di rimediare all’errore commesso. “Ce ne ha messo di tempo! I suoi uomini stavano iniziando ad annoiarmi.”

 

Pullman lo freddò con un’occhiataccia, ma Rogers, il più assennato dei tre, lo richiamò all’ordine con un gesto della mano.

 

“Se siete pronti, possiamo andare” fece Harry. “Ah… questa è Ginny Weasley, ci aiuterà nell’operazione.”

 

Pullman e Rogers salutarono la ragazza con un cenno del capo, ma Cormac, credendo forse di risultare più simpatico, le sia avvicinò e le fece il baciamano. “Enchanté” disse con voce profonda.

 

Ginny arrossì, ma non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che si ritrovò la mano imprigionata in quella del tenente Burrows. “Poche confidenze, Cormac. Lei è qui per un motivo ben preciso, ricorda?” La sua voce suonava metallica, quasi graffiante. Poi, senza lasciarla andare, l’uomo uscì dalla stanza.

 

“Bene. Rogers, tu e Ginny camminerete davanti, poi verrà Cormac. Io e Pullman chiuderemo il corteo. Il tragitto non è lungo, ma state tutti con gli occhi aperti… i tizi con cui abbiamo a che fare non sono stupidi.”

 

“Perché non ci Smaterializziamo o non usiamo una Passaporta, allora?” chiese Ginny, la mano ancora abbandonata nella stretta del tenente.

 

“Perché… Perché…” Harry si trovava in difficoltà. Non aveva pensato a una scusa plausibile per far sì che il trasporto avvenisse senza l’utilizzo della magia.

 

“Perché il signor Cormac non sa smaterializzarsi e l’utilizzo delle Passaporte non è sicuro… troppe possibilità di intercettazioni” spiegò con naturalezza Rogers. Harry lo ringraziò con un’occhiata riconoscente.

 

Ok, se non ci sono altre domande, possiamo andare.”

 

Ginny abbassò lo sguardo sulla sua mano. “Se non mi lasci andare, tenente, ho paura che rimarremo qui fino a stasera” gli sussurrò all’orecchio.

 

Harry si schiarì la voce, imbarazzato, mentre i suoi uomini sogghignavano divertiti. Quindi lasciò Ginny… Incredibile quanto fosse naturale per lui starle vicino: non si era nemmeno reso conto di tenerla; la sua mano era come una parte di lui…

 

I cinque uscirono all’aperto. Ginny scrutava dietro a ogni angolo, vigilando sulla sicurezza del testimone.

 

“Sta’ tranquilla, Ginny. Vedrai che non succederà nulla” la confortò Rogers.

 

Lei annuì e, spinta dal sorriso incoraggiante del suo compagno, gli chiese: “È tanto che fai questo lavoro?”

 

“Tre anni” rispose lui.

 

“E ti piace?”

 

“Non potrei fare altro. Mio nonno era Auror e così mio padre… è un po’ un vizio di famiglia quello di entrare nell’Arma!”

 

Ginny sospirò. Anche a lei sarebbe piaciuto avere tanta sicurezza e invece non sapeva ancora chi era e che cosa fare della sua vita. “Sei fortunato.”

 

Rogers inarcò un sopracciglio. “Sì, credo di sì… ma chi di noi non lo è? Essere al mondo è già una fortuna. Poter conoscere gente in gamba come i miei compagni, condividere l’amore di una persona speciale, sono queste le cose veramente importanti, non trovi anche tu?”

 

Ginny rimase in silenzio per svariati minuti, pensando alle parole del ragazzo. Poi si riscosse e lanciò uno sguardo veloce alle sue spalle. “Lavorare con il tenente non dev’essere facile. Da quel che ho potuto vedere è un tipo molto puntiglioso.”

 

Rogers fece spallucce. “Il cap… il tenente è un brav’uomo. Durante le operazioni è il primo a lanciarsi nella mischia e sta sempre attento a ogni suo soldato… Alle volte può sembrare burbero, ma è in assoluto il migliore. Questo però non dirglielo o si monterà la testa!”

 

“Voi due! Avete finito di fare salotto o devo venire lì a dividervi?” squillò la voce tonante di Harry.

 

Entrambi sorrisero complici, irritandolo maggiormente.

 

 

 

Ginny salutò cordialmente i ragazzi, augurando a Cormac buona fortuna per il processo.

 

“Ottimo lavoro, Ginny” disse Harry, mentre scendevano i gradini del Ministero. “Ti sei comportata come una vera Auror.”

 

Lei sorrise compiaciuta, ma, proprio in quel momento, il suo stomaco iniziò a brontolare con un rumore quasi imbarazzante. “Scusami, ma è da ieri sera che non mangio” si spiegò, mentre Harry rideva divertito.

 

“Beh, hai ragione… è ora di pranzo! Vieni, ti porto io in un posto dove mettere a tacere quel drago che hai nello stomaco!”

 

Dopo circa dieci minuti, Ginny era seduta su una panchina, nel mezzo di Regent’s Park, a magiare un grosso hot-dog. Il sole batteva caldo sul suo corpo e sui suoi capelli rossi, facendola sembrare la fiamma di una candela. Al suo fianco, Harry la osservava pensieroso.

 

“Sei sposato, tenente?” chiese tutt’a un tratto Ginny.

 

Harry, che stava bevendo a canna da una bottiglietta, tossì, poi la guardò male. “Se hai delle mire su di me, cocca, sappi che caschi male… Sono innamorato della donna più speciale di questo mondo e non ho la minima intenzione di tradirla!”

 

Ginny fece spallucce. “Peccato…” scherzò.

 

“È la donna che ho sempre desiderato di avere accanto. È forte e sensibile, dolce e divertente… Adesso sta attraversando un momento difficile, ma sono certo che quando avrà capito di essere già straordinaria così com’è, riuscirà a venirne fuori e io sarò lì ad accoglierla.”

 

“Che cos’è che l’affligge?”

 

“Desidera salire fino al cielo e toccare il blu, ma ha troppa paura di farlo perché non sa più come volare. In realtà, lei possiede il paio d’ali più bello che io abbia mai visto e se solo volesse, sarebbe in grado di arrivare alla luna.”

 

“Ma forse ciò che vuole non è la luna” si azzardò a rispondere Ginny. La donna del tenente era così simile a lei che le sembrava di poter prendere le sue parti.

 

Harry la fissò, desideroso di sapere cosa le passava nella testa. “E che cos’è che vuole, allora? Io sarei disposto a fare qualsiasi cosa per vederla sorridere come faceva prima… La amo come non ho mai amato nessun altro, non c’è niente, niente più importante di lei!”

 

“Io credo che questo lei lo sappia già… Forse non sa nemmeno lei cosa le manca. Dalle ancora un po’ di tempo, sono sicura che alla fine tutto si metterà a posto per voi due” sussurrò, prima di alzarsi e sgranchirsi le braccia. “Beh… cosa dice il tuo ordine del giorno… dove dobbiamo andare adesso?”

 

Il ragazzo scosse la testa, poi si alzò dalla panchina. “Abbiamo una perquisizione.”

 

Mmm… Roba da duri, eh?”

 

“Non sai quanto, amore, non sai quanto” sussurrò Harry.

 

 

 

Il grande stadio svettava tra gli alberi della campagna inglese. Bandiere rosse, bianche e blu sventolavano allegre e si confondevano con quelle gialle e azzurre dell’Ucraina. Una folla festante di tifosi aveva iniziato ad assieparsi sugli spalti, benché mancassero ancora due ore all’inizio della partita.

 

“Lo sapevi che durante le partite di Quidditch si verifica il maggior numero di crimini? Penso sia a causa di tutta questa calca; voglio dire, è più facile mettere le mani dentro le tasche delle persone quando sono pigiate come sardine, no?”

 

Ginny non poté far altro che concordare, mentre un sorriso intenerito le si disegnava sul volto. Una ragazza, poco più grande di lei, stava agitando una grossa bandiera e con l’altra mano stringeva al petto un bimbo di due o tre mesi. “Chi potrebbe mai fare del male a una creatura così piccola?”

 

Harry seguì il suo sguardo e sorrise. “Tu sei troppo buona, Ginny. Il mondo non è tutto rosa e fiori, purtroppo esistono anche i delinquenti! È per questo che ci siamo noi, per far sì che gente onesta e innocente come te sia sempre al sicuro.”

 

Lei annuì, poi scoppiò all’improvviso in una risata argentina.

 

Che cosa c’è di tanto buffo?”

 

“Niente… stavo solo pensando alla faccia di mio fratello quando gli dirò che sono entrata qui dentro gratis. Probabilmente gli verrà un attacco: ha cercato per settimane di ottenere i biglietti di questa partita, ma non c’è riuscito e io, invece, potrò vedermela senza aver sborsato un galeone!”

 

Harry rise, contagiato dall’ilarità della sua compagna. “Non c’è dubbio che Ron la prenderà come un’offesa personale!”

 

Ginny tornò subito seria. “Tu conosci Ron?”

 

Harry si morsicò la lingua per la propria ingenuità. “Beh, ma certo che sì! Come si fa a non conoscere uno dei capitani della Squadra Speciale Auror? Ma ora basta con le ciance, abbiamo un lavoro da fare e non ho voglia di stare qui fermo a giocare alle belle statuine!”

 

Tutto accadde all’improvviso, tanto che Harry, a distanza di giorni, non seppe ricostruire con esattezza cosa successe. Un attimo prima stava parlando con Ginny, un attimo dopo era steso a terra, con la gente che scappava in tutte le direzioni. Uno scoppio improvviso gli riempì le orecchie e una densa coltre di fumo prese a salire verso il cielo. Harry cercò subito Ginny con lo sguardo. Era  caduta anche lei per terra, ma sembrava non essersi fatta nulla.

 

“Capitano Potter! Tutto bene, Capitano?” Si sentì sollevare da terra da due braccia robuste, mentre i suoi uomini lo circondavano.

 

Che diavolo sta succedendo?” urlò per farsi sentire.

 

“Ci sono state due grosse esplosioni, Capitano. Non riusciamo a capire da che cosa sono state provocate!”

 

Harry si guardò intorno. Qualunque cosa fosse accaduta, come prima cosa doveva assicurarsi che tutte quelle persone uscissero indenni da lì. “Cormac, prendi altri cinque uomini e portati sul lato est dello stadio. Cerca di far uscire tutti da qui. Dawson, tu fai lo stesso sul lato sud. Probabilmente deve essere saltato qualche congegno anti-terrorismo e sono scoppiati degli incendi. Io e il resto della Squadra andremo a controllare.

 

Mentre tutti gli uomini correvano a eseguire gli ordini, Harry si volse verso Ginny. Era bianca come un cencio e tremava più di una foglia esposta alla furia del vento.

 

“Voglio che esci di qui, immediatamente” le disse, afferrandola per le spalle.

 

Lei si scostò, come se il solo sfioramento di una sua mano la ripugnasse.

 

Harry sussultò, ma riprese subito in mano le sue emozioni. “Ginny, hai capito quello che ti ho detto? Voglio che…”

 

“Mi hai preso in giro come una stupida, mi hai fatto fare la figura della povera idiota davanti a tutta la tua Squadra… Come hai potuto?” Iniziò a tempestarlo di pugni sul petto, scaricandogli addosso tutta la sua furia. Era arrabbiata come non lo era mai stata in vita sua…

 

Per tutta risposta lui le afferrò i polsi e le tappò la bocca con un bacio. Se anche Ginny avesse avuto ancora qualche dubbio sul fatto che quell’uomo dai penetranti occhi blu fosse Harry, quel bacio glieli tolse definitivamente tutti. Harry la strinse a sé come a volersi fondere col suo corpo, dimostrandole che lei era tutto ciò che voleva e che avrebbe mai continuato a desiderare. Ginny si lasciò abbracciare: non sentiva più le esplosioni intorno a lei, né le urla delle persone in fuga, ma solo il rimbombare accelerato del suo cuore. E si odiò per questo.

 

Passarono secondi, minuti, ore… Ginny non riuscì a capirlo, stordita da tutte quelle emozioni. Fra le braccia di Harry ogni cosa diventava irrilevante, ogni progetto prendeva le sue sembianze, ogni paura veniva spazzata via dal suo viso sorridente… era lui, il suo bacio ciò per cui Ginny voleva vivere e a cui dedicare la sua esistenza. Voleva trovarlo accanto a sé ogni mattina, salutarlo con un bacio sulla porta di casa, crescere i suoi figli, accoglierlo dopo una giornata di lavoro con il sorriso sulle labbra: quella era la sua avventura!

 

Harry si staccò a malincuore da lei. Sapeva che il suo inganno l’aveva ferita e avrebbe voluto spiegarle che l’aveva fatto solo perché l’amava e voleva aiutarla. Ma in quel momento non ne aveva il tempo. Così la spinse verso l’uscita, raccomandandole di fare attenzione e si dileguò tra la folla.

 

Ginny prese a scendere le scale, spintonata a destra e a manca dalla gente. Ora sapeva cosa doveva fare.

 

***

Il pub era affollato in quella tiepida sera di venerdì. Le persone ridevano, bevendo dai loro bicchieri e commentando l’ultima grande vittoria dell’Inghilterra. Nemmeno l’incendio che aveva devastato l’ala nord dello stadio aveva fermato la carica degli inglesi.

 

“L’anno prossimo la vinciamo davvero la Coppa del Mondo!” proruppe Ron, ancora elettrizzato. “Con una squadra così non ci ferma nessuno!”

 

“Puoi scommetterci, amico!” disse John, ammiccando in direzione di una bionda dalle curve generose dall’altra parte del locale.

 

“Quel Millon è insuperabile. La sua manovra Porskoff è stata perfetta!” Ron bevve tutto d’un fiato il resto della sua Burrobirra, poi scoccò uno sguardo veloce a Harry, seduto a pochi centimetri da lui.

 

Il moro se ne stava con gli occhi bassi, cercando nel fondo della sua bottiglia il significato della vita. Sembrava uno straccio.

 

“Ehm… ragazzi… ho paura che dovrete tornare a casa senza il sottoscritto per questa notte” fece John, alzandosi dalla sedia.

 

Ron non dovette nemmeno sollevare lo sguardo per capire cosa era successo. Quel dongiovanni del suo compagno era riuscito a rimorchiare senza nemmeno dover aprire bocca. Era davvero una cosa indecente! “Tu fai schifo, ne sei consapevole, vero?”

 

John fece spallucce. “Sì, ma la perfezione il più delle volte stanca.” Quindi, dopo aver salutato con un cenno i due, si allontanò verso l’uscita.

 

Prima o poi si beccherà una di quelle batoste che gli faranno rintronare la testa per mesi… E allora sì che ci sarà da ridere!” Ron sghignazzò da solo per qualche secondo, poi tornò serio. “Si può sapere che diavolo ti rode?”

 

Harry si riscosse un attimo e fissò gli occhi blu del suo migliore amico, un blu così simile a quello che stava cercando di evitare. “Niente” rispose secco.

 

“Hai litigato con Ginny.” Harry capì subito che quella era un’affermazione, non una domanda.

 

“No.”

 

E tu ti aspetti veramente che io ci creda?”

 

“Pensa quello che vuoi, ma lasciami in pace” disse, alzandosi dalla sedia e lasciando sul tavolo un paio di galeoni.

 

“Ohi ohi, qui la vedo brutta” mormorò il rosso, uscendo a sua volta dal locale. L’aria all’esterno era frizzante, ma piacevole, l’ideale per rinfrescarsi le idee dopo le ore trascorse dentro quel pub soffocante. Guardò l’orologio, le lancette segnavano le undici e mezza. Forse Hermione era ancora sveglia e lui aveva una voglia matta di concludere in grande stile quella magnifica giornata. Però… però non poteva far finta di niente con Harry. Si vedeva lontano un miglio che aveva qualcosa e come suo miglior amico era suo preciso dovere indagare.

 

Harry si sedette sul bordo del marciapiede e alzò lo sguardo verso il cielo stellato. La luce della luna rischiarava la notte buia, creando lunghe ombre sull’asfalto. “Devo fare una cosa e non so da che parte incominciare. So che devo farla, ma non sono sicuro di come farla. Beh, in realtà la vorrei fare, ma ho paura di farla male… Oh, è tutto un casino!”

 

Ron inarcò entrambe le sopracciglia. “Vedi un po’ a chi lo dici!” sussurrò, non avendo capito nulla. “Senti” continuò poi, lasciandosi cadere vicino a lui. “Che ne dici di partire dall’inizio?”

 

Harry sospirò profondamente e si fissò la punta delle scarpe. “Ho ingannato Ginny. Volevo offrirle un po’ d’avventura, ma non volevo metterla in pericolo, così ho chiesto ai miei uomini di far finta di essere malviventi. Lei l’ha scoperto e…”

 

Ho capito, ho capito. Certo che sei stato poco furbo, amico.”

 

“Non c’è bisogno che tu me lo dica. So di essere stato un perfetto idiota e so anche che lei avrebbe tutti i diritti di non volermi più, ma io non ce la faccio a non vederla. Vedi, adesso sono meno di ventiquattro ore che non le parlo e mi sembra di impazzire. Harry affondò la testa tra le mani, sospirando disperato.

 

Ron emise un lungo fischio. E credeva di essere lui quello che combinava casini… “Cos’è che vuoi fare, adesso?”

 

“Devo chiederle scusa e incrociare le dita perché mi dia ascolto.

 

E che ci fai ancora seduto qui, scusa? Non lo sai che le donne non si fanno aspettare? Anzi, adesso che ci penso, c’è una mora che mi sta aspettando. Non prenderla sul personale, Harry, ma lei è molto più bella di te!” Quindi, dopo avergli dato una pacca sulla spalla, si smaterializzò.

 

Harry fece mezzo sorriso e si tirò su. Aveva qualcosa da fare, ma, vista l’ora, forse sarebbe stato più opportuno farla la mattina successiva. Fu per quel motivo che decise di andare a casa. Appena dentro, si tolse il mantello e gettò sul tavolo la bacchetta. Sollevò lo sguardo e…

 

Ginny era lì, seduta sul divano in attesa. Anche al buio poté distinguere le due voluminose valigie che facevano bella mostra di sé, accanto alla porta. Lei si alzò lentamente, fissandolo.

 

“Che ci fai qui?” chiese sorpreso.

 

“Ti aspettavo” sussurrò senza fare un passo. Il suo tono era neutro, privo di qualsiasi inclinazione.

 

Harry le si avvicinò, piano piano. Non sapeva cosa pensare. Aveva così tanto desiderato vederla e adesso che era lì, a pochi centimetri da lui, non riusciva trovare le parole giuste per farle capire quanto fosse felice di incontrarla.

 

“Sono venuta per dirti una cosa, ma è difficile.

 

“Scusa” bisbigliò lui.

 

“Come?”

 

Harry le si avvicinò di più. Ora poteva vedere chiaramente il blu profondo dei suoi occhi. “Non avrei dovuto organizzare quella pagliacciata. Scusami.”

 

“Beh, qualcosa di buono l’ha fatto… Finalmente ho capito cosa voglio.

 

Harry fissò preoccupato le due valigie, poi cercò lo sguardo di Ginny. “Stai andando da qualche parte?”

 

Lei annuì, poi aprì la bocca  per spiegare, ma Harry non gliene diede il tempo.

 

“Tu non mi lascerai” dichiarò agitato.

 

Har…”

 

“Tu non mi lascerai” ripeté con decisione. “Non uscirai dalla mia vita spezzandomi il cuore… Lo hai già fatto una volta, Ginny, e sono quasi impazzito di dolore. Non potrei sopportare di perderti di nuovo. Se è più spazio ciò che vuoi, prenditelo… Se quelle che desideri sono nuove esperienze, cercale, ma fallo qui, vicino a me! Cosa vuoi, Ginny? Dimmelo e io te lo darò.”

 

“Il tuo bacio” sussurrò lei, alzandosi sulle punte dei piedi e sfiorandogli le labbra con le dita. “Ciò che voglio è tutto lì.”

 

“Io non capisco. Ginny, dov’è che vuoi andare?”

 

Lei abbassò il viso, incerta se proseguire. Aveva pensato a lungo se fare quello che stava per fare e l’unica cosa di cui era stata certa era che se non l’avesse fatto se ne sarebbe pentita per il resto della vita. “Mi hai promesso la luna, ricordi?… Fammi volare, Harry. Fammi toccare il blu! Volevo provare quello che provi tu ogni giorno, volevo sentirmi viva, provare a essere qualcun altro… ma non avevo capito di avere tutto quello che desideravo già a portata di mano. Per farlo mio, però, ho bisogno di te, ho bisogno che tu mi chieda una cosa, Harry, una cosa importante. Non so se sia giusto importela. Vorrei che ti venisse dal cuore, spontanea, così com’è venuta a me…”

 

Harry rimase in silenzio per qualche istante, confuso. Poi, capì. “Tu vuoi…” sussurrò, emozionato. “Vuoi davvero che te lo chieda?”

 

Lei annuì, sicura. Non era mai stata più certa di una cosa in vita sua.

 

Harry tirò un lungo sospiro, poi si inginocchiò e le prese la mano. “Credo che si faccia così… devo averlo visto fare in qualche film.”

 

Lei sorrise, ma non disse nulla, sopraffatta dall’emozione.

 

“Tu lo sai cosa provo per te, vero? Lo sai che sei il sangue che mi scorre nelle vene?” bisbigliò. “Vuoi legare il tuo destino al mio, Ginny? Vuoi diventare mia moglie?”

 

Lei rimase ferma, senza dire nulla, per un tempo che a Harry parve interminabile.

 

“Era questo che volevi, vero? Non è che sto facendo la figura dell’idiota per niente?”

 

Ginny si lasciò cadere davanti a lui. “No, Harry, era questo.”

 

“Meno male, credo che sarei morto dalla vergogna in caso contrario” disse, passandosi una mano sulla fronte. “E allora?”

 

“Allora cosa?”

 

“Vuoi sposarmi, sì o no?”

 

“Sì” disse lei, ancor prima che il ragazzo finisse di parlare.

 

“Sì?”

 

“Pensavi che ti dicessi di no?”

 

“Beh, non per davvero, però non si è mai certi al cento per cento.

 

“Quello che voglio è un’avventura infinita e so che solo tu puoi darmela… Voglio avere qualcuno a cui dire buonanotte ogni sera e che sia lì accanto a me quando mi sveglio. Voglio dedicarmi a te, voglio darmi a te perché so che non c’è nulla al mondo che mi renderebbe più completa.

 

Harry le accarezzò piano la guancia e Ginny cercò il calore della sua mano. Conosceva quel calore, lo aveva sempre conosciuto, ma in quel momento le sembrava di non averlo mai apprezzato nel modo corretto. “È qui che io vivo” disse, sfiorandogli le labbra quasi con reverenza. “È nel tuo bacio che esisto.”

 

“Un bacio per un sogno, chissà perché, ma non mi sembra equo come scambio... scherzò lui.

 

“Lo so che ti chiedo tanto, Harry…”

 

Lui scosse la testa. “No, sono io che ci guadagno, amore mio” le sussurrò sulle labbra. “Decisamente io.”

 

Ginny si lasciò baciare, stringendosi all’uomo che più di ogni altro al mondo aveva sconvolto la sua vita. Ora, vicino a Harry, si sentiva davvero se stessa, una donna realizzata con davanti a sé anni e anni di immense soddisfazioni e, soprattutto, di tanti e dolcissimi baci.

 

FINE

 

E alla fine anch’io sono tornata!!! Be’, ragazzi, era davvero molto che non pubblicavo. Figuratevi che questa one-shot era in cantiere da Natale… Il fatto è che sono davvero super impegnata.

Intanto che ci sono voglio ringraziare tutti quelli che hanno letto e recensito Happy birthday, babies! Siete stati gentilissimi, davvero!! È il vostro continuo sostegno che mi spinge a scrivere!!!

Ora vi saluto. Spero che anche questa piccola one-shot vi sia piaciuta!!! Mando un bacio a tutti.

Vale.

  
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