Videogiochi > Call of Duty
Segui la storia  |       
Autore: Hannibal Smith    07/09/2011    2 recensioni
Il più grande segreto della scienza moderna può diventare un grave pericolo per tutta l'umanità; mentre la seconda guerra mondiale infuria con tutta la sua devastante ferocia avvicinandosi sempre più al suo tragico epilogo, un gruppo di coraggiosi uomini tenterà di sventare un sadico piano di sterminio e distruzione ben peggiore di qualunque Soluzione Finale
Liberamente ispirato alla modalità "Zombie Nazisti" di "Call of Duty: Wolrd at War"
Avvertenza: il racconto postato di seguito non rispecchia la trama originale di Treyarch, ma rappresenta soltanto un sunto delle informazioni raccolte durante le sessioni di gioco
Genere: Guerra, Horror, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo Zombie Nazisti'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO I

Il Dottore e la Sua Coscienza.

 

1

I due uomini si trovarono, dopo ore, davanti al risultato delle loro fatiche: anni e anni di studi sulla balistica, sulla chimica e sull'elettromagnetismo condensati in quell'oggetto, ora giacente sul tavolo su cui era stato pazientemente assemblato.
Il più alto dei due osservò l'oggetto e, a braccia incrociate, fece una smorfia di assenso: «Caro Edward, ce l'abbiamo fatta, finalmente».
Edward lo guardò dal basso, essendo di qualche centimetro meno alto del suo collega, e sorrise: «Hai ragione Ludwig, è fatta» disse con voce roca e con l'erre moscia tipica della pronuncia germanica.
«Sarà il caso di presentarla al Generale Gobbels?».
Ludwig sospirò dubbioso: «Non so se è il caso, vogliono dei risultati concreti quelli delle SS, ma ormai il tempo stringe...».
Ed aveva ragione ad essere preoccupato, il Dottor Maxis, uno dei migliori fisici di tutto il "Gruppo 935", di cui era anche il direttore, perché ormai gli Alleati avevano dimostrato che potevano essere degli avversari temibili; la notizia delle vittorie alleate in Nord Africa e la sconfitta conseguente degli African Korps di Rommel suscitò nello Stato Maggiore delle SS non poche preoccupazioni.
Tuttavia, mentre Himmler, capo delle SS era impegnato a sedare questi tumulti e a gestire l'apparato organizzativo, altri si occuparono per lui di amministrare i gruppi di ricerca sparsi nei vari campi di concentramento, e questi pretendevano dei risultati concreti, pena l'internamento.
Edward prese l'oggetto con cautela e lo ripose in una custodia per fucili, poi entrambi gli scienziati uscirono dal piccolo e angusto stanzino in cui stavano lavorando; la porta stagna si aprì rivelando lo sconcertante paesaggio: una gigantesca struttura industriale gremita di scienziati intenti a discutere, operai concentrati nella costruzione e naturalmente i vigili e austeri soldati della Waffen SS, che pattugliavano a gruppi di tre ogni centimetro di cemento e acciaio.
Uno degli scienziati, vestito con un camice bianco sporco e unto avvicinò Maxis: «Signore? - lo chiamò con un accento bavarese - abbiamo quasi terminato la costruzione del teletrasporto Z-C e del Mainframe... li stiamo collegando proprio adesso».
«Ottimo, e per quanto riguarda i nostri ospiti?» chiese lui gelido.
«Purtroppo non abbiamo volontari per procedere».
Edward sbuffò e lo aggredì: «Come possiamo portare avanti il nostro lavoro se non abbiamo le materie prime, razza di incompetente!».
L'uomo rabbrividì con ogni particella del suo corpo ed iniziò a tremare mentre guardava il suo superiore in quegli occhi blu elettrico iniettati di sangue: «Ma signor Richtofen, io non ne posso nulla, ci hanno quasi del tutto privati dei fondi stabiliti a causa della guerra... i Feldmarescialli preferiscono mandare i soldati sul fronte piuttosto che perderli nei nostri esperimenti...».
«Se vogliono veramente raggiungere la perfezione della Razza, dovranno fare qualche sacrificio...» sentenziò.
«Avanti Edward - lo scalzò il collega - lascialo in pace... tu piuttosto, torna al lavoro».
«Sì, certo signore disse congedandosi e scappando via».
«Novellini - si lamentò Richtofen - trovano sempre un sacco di scuse...».
Maxis si bloccò, poi si girò verso l'amico: «A proposito, penso che dopo tutto a Gobbels vedere questa bellezza in azione non farebbe poi così male, potrebbero riprometterci i fondi necessari per procedere!».
«Magnifico - esultò il suo collega - allora finalmente ti sei convinto...».
Maxis prese un lungo respiro: «Andiamo forza, prima ci sbrighiamo e meglio sarà per tutti».
Richtofen annuì.
"Speriamo solo che la tua carta vincente non sia un vaso di Pandora".

 

2

I due scienziati si condussero in una zona vicina alla struttura centrale, la sede dei laboratori vari, ma molto diversa come estetica: la sezione amministrativa, dove l'intero campo era gestito in modo impeccabile,  dalla logistica alla burocrazia, dalla gestione delle attrezzature alle comunicazioni.
A capo dell'intero campo vi era un veterano della prima guerra mondiale, già combattente per il Secondo Reich di Bismark e Guglielmo I, un ufficiale senza scrupoli che aveva seguito il partito nazionalsocialista fin dagli albori, scontento come tanti suoi connazionali della pesante sconfitta subita, fino a che ne diventò un importante esponente: il Generale Hans Gobbels.
Il nome del Generale marchiava la porta del suo ufficio, Maxis deglutì, Richtofen rimase impassibile: a causa di alcuni screzi lo scienziato e l'ufficiale non potevano sopportarsi, ma erano costretti dalle circostanze a farlo, "Per il bene del Reich" disse Gobbels a Maxis qualche giorno prima, confidandogli quanto Richtofen fosse... "eccentrico".
Maxis prese un po' di coraggio e bussò sul legno liscio:
«Chi mi importuna?»  tuonò una profonda voce oltre la porta.
«Sono Maxis, Generale, le ho portato la Wunderwaffe DG-2».
«Entrate»
Aperta la porta si trovarono davanti al Generale, un uomo canuto e tarchiato, come tutti i tedeschi d'alto rango, dall'aspetto ordinato e insieme sinistro; stava davanti alla finestra ad osservare il complesso industriale da cui i due scienziati provenivano, due ciminiere tagliavano il cielo eruttando fumo senza sosta, ingrigendo il già triste panorama dei palazzi in vetro, cemento e acciaio.
Fissando oltre le finestre, parlò: «Spero proprio che abbiate veramente portato quello che avete detto... è una brutta giornata, non vorrei che peggiorasse... per voi intendo».
«Non è il caso di essere sarcastici signore... ecco a lei la Wunderwaffe DG-2».
Maxis fece un cenno a Richtofen, che estrasse dalla custodia la DG-2: un fucile dall'aspetto avveneristico, simile nella forma ad un fucile mitragliatore, ma molto più leggero ed elegante, alla luce della lampadina sul soffitto sembrava quasi splendere.
«Accidenti - disse il Generale notando l'arma dal riflesso sul vetro e girandosi per ammirarla - questa è la famosa DG-2?».
«Proprio lei - intervenne Richtofen prima che Maxis potesse aprir bocca - la nostra arma...».
«Incredibile... forse le speranze di risollevarci dopo El-Alamein sono ben riposte dopo tutto - disse il Generale dapprima fissando l'arma, poi rivolgendosi a Maxis - vi porto davanti allo Stato Maggiore miei signori... i gerarchi devono sapere che i nostri scienziati non hanno perso nulla della loro genialità!».
Mentre diceva questa parole con speranza, si avvicinò alla sedia e prese con violenza la cornetta del telefono e compose un numero; Maxis e Richtofen si scambiarono un'occhiata colma di gioia, perché i loro sforzi sarebbero stati ripagati, finire davanti allo Stato Maggiore voleva dire di parlare faccia a faccia con Himmler del progetto, ed ottenere i fondi necessari per continuare gli studi, e per estensione ottenere la fiducia del Fuhrer.
Al solo pensiero, Maxis rabbrividì.
«Sì, vorrei parlare con il Feldmaresciallo Himmler se è possibile - disse Gobbels alla cornetta - Ah! Non lo sapevo, non è arrivata nessuna comunicazione ufficiale... Sì si tratta di un progetto completato dal Gruppo 935 di stanza al campo di cui ho la gestione... Dunque saranno loro a venire? Durante l'ispezione? Ottimo allora, grazie e arrivederci»
Gobbels appoggiò la cornetta sul telefono e  si sedette dietro la scrivania, asciugandosi la fronte ambia con un fazzoletto che poi ripose in una tasca dei pantaloni della divisa: «E' cosa fatta caro Maxis e... caro Richtofen - disse con sarcasmo - purtroppo Himmler non è contattabile direttamente, è impegnato in una qualche ricerca di tipo archeologico, dunque la segretaria mi ha detto che sola cosa che potete fare, per ora, è aspettate l'ispezione di un suo vicario presso il quartier generale delle SS, ne approfitteranno anche per vedere i vostri progressi... ben fatto!».
«Grazie signore - ringraziò Maxis - e Heil Hitler!>>.
«Heil Hitler» gridò Rictofen alzando il braccio destro, per poi ricomporsi e riporre l'arma nella custodia.
«Heil Hitler - ribattè il Generale - e ora vedete sparite, visto che mi pare che abbiamo tutti un gran da fare!»
I due scienziati uscirono dalla stanza mentre il Generale scuoteva la testa con una smorfia di dissenso; una volta chiusa la porta, tornò a sbrigare le sue mansioni.
«Che stronzo! - si lamentò Richtofen mentre camminavano lungo il corridoio - noi gli faremo fare bella figura con i gerarchi e lui ci tratta così, che modi!».
«Cerca di calmarti adesso Edward - ribattè Maxis - tanto siamo qui... vivi, grazie a lui, nonostante tu gli stia altamente sullo stomaco».
«Gli sto sullo stomaco? Bene, bene - disse con uno scatto d'ira - se ne accorgerà!».
I due colleghi uscirono dal complesso amministrativo, Maxis diede un'occhiata intorno, in cuor suo era felice per la riuscita del suo lavoro, ma sapeva che il Gigante era molto di più che qualche edificio e tante belle parole.
Il Gigante era la sua vita.
Il Gigante era l'apoteosi della scienza moderna.
Il Gigante era la sua condanna eterna.

 

3

La struttura nota come Gigante fu costruita nei pressi della città di Breslau, o Breslavia, all'inizio del 1935, concepita dapprima come campo di concentramento per tutti quegli elementi che "inquinavano" la razza ariana, poi convertita in un complesso scientifico tre anni dopo, quando un'incredibile scoperta scientifica convinse lo Stato Maggiore ad investire delle corpose cifre nell'approfondimento del fenomeno che la scoperta comportava; non di meno l'approfondire alcune conoscenze in campo medico e biologico sfruttando gli internati come cavie.
Inutile dire che tra i discutibili metodi utilizzati, le precarie condizioni di salute portate dall'internamento e la cattiveria di soldati e "scienziati", le cosiddette cavie morivano nelle più atroci sofferenze e nei peggiori modi.
Maxis, in quanto direttore del Gruppo 935, fu incaricato di portare avanti la ricerca anche in questo campo, meglio: fu costretto a farlo dalle circostanze; i risultati furono talmente sorprendenti e incredibili, che i rapporti che inviava periodicamente allo Stato Maggiore, che poi si incaricava di inviarli a sua volta al Ministero della Scienza e dell'educazione e al Ministero delle armi, munizioni e armamenti, venivano puntualmente letti, derisi e archiviati nella polvere.
Grazie a questi inconvenienti Maxis divenne per la Cancelleria del Reich un ciarlatano e un pazzo visionario, che però aveva la fiducia del Generale sotto cui lavorava, del suo staff e una notevole Laurea in Fisica fieramente appesa alla parete della sua camera da letto.
Ma si sarebbe presto riscattato: la telefonata di Gobbels avrebbe innescato il processo di ascesa in seno  al Reich e il ciarlatano sarebbe diventato il più grande scienziato del secolo.
Tutto però stava nel prepararsi adeguatamente alla visita dei gerarchi, così in una sala del complesso, lo studio dello stesso Maxis, il Gruppo 935 si riunì.
La stanza era arredata in modo spartano: un tavolo con penne, calamai e fogli di carta intestata, subito a fianco una libreria piena di libri spessi e ingialliti, le pareti scure, una vetrata che dava sul cantiere del Mainframe, un disco di metallo fissato a terra da cui partivano degli spessi cavi elettrici, e gli operai, naturalmente sorvegliati, che ci lavorano intorno.
Oltre a Maxis e Richtofen , lo staff era composto da altre due persone: Sophia, coetanea di Maxis, di aspetto grazioso ed elegante, con il corpo magro e slanciato, portava una certa "allegria" suscitando gli appetiti dei più rozzi soldati e viscidi operai, anche se tutti sapevano che tra lei e il Direttore del Gruppo c'era del tenero, e non solo.
L'altro membro, un certo H. Porter, veniva direttamente dai laboratori di progettazione balistica della società Mauser, storica produttrice di molte armi in uso dalla Wehrmacht e dall'esercito Imperiale già dal secolo precedente; venne scelto da Maxis in persona perché riconobbe il suo talento nel progettare armi, nonostante la sua giovane età, relativamente a quella dei tre colleghi.
I quattro si trovarono nello spartano ufficio del Direttore che, affiancato come sempre dal suo assistente, e amico di ormai vecchia data, Richtofen, diede la notizia, con una certa emozione nella voce solitamente piatta: «Signori, vi ho convocato con questa urgenza perché tra pochi giorni avremo il piacere di ospitare alcuni gerarchi delle SS, inviati da Himmler in persona per verificare la... qualità del nostro lavoro qui al Gigante».
Sophia tremò e si guardò intorno nervosamente, Porter invece strinse la mano al suo capo: «Sono contento per lei signore!».
«Grazie Porter... ma vedete, questo non sarebbe mai successo se ci fosse stato questo team, - poi si rivolse a Richtofen - e anche un grande amico con cui collaborare!».
«Ho fatto solo il mio dovere!».
«Vero, ma l'dea della DG-2 è stata tua!».
«Ma le competenze ce le hai messe tu!».
Sophia li interruppe mentre Porter seguiva il ringraziarsi a vicenda dei due scienziati: «Ma cosa faremo per dimostrare il nostro lavoro?».
Porter si irrigidì: «Eh, bella domanda!».
Maxis fece un sorriso appena accennato: «Ma è proprio qui che si trova il... "trucco": noi dobbiamo dimostrargli che meritiamo quei soldi, e che ne vale la pena, perciò dobbiamo essere pronti a qualunque loro domanda o dubbio, dobbiamo soddisfare ogni perplessità, e naturalmente rendere il più appetibile possibile l'oggetto delle nostre ricerche!».
«Però il teletrasporto è ancora inattivo, senza l'Ununpentio ad alimentarlo...» avvertì Porter.
«E' vero, ma è quanto abbiamo stabilito, il frammento di Ununpentio deve restare sotto chiave, sapete che cosa è in grado di fare, se non lo usiamo con cautela, giusto?».
Porter abbassò la testa, imbarazzato; Sophia fissava Maxis negli occhi, lui si sentì a disagio: «Dobbiamo fargli vedere... tutto?».
«E' necessario...» disse Maxis avvicinandosi alla donna.
«Potrebbe essere pericoloso, Ludwig» gli sussurrò in un orecchio.
Maxis prese le mani della donna e le accarezzò: «Se dovesse accadere il peggio, farò in modo che i Soggetti non ti tocchino neanche con un dito!».
Richtofen Tossicchiò e i due dottori sciolsero il legame, Porter alzò la testa, deglutì amareggiato: «Allora, come procediamo capo?» chiese sospirando.
«Dobbiamo procurarci indubbiamente delle... cavie, su cui sperimentare le potenzialità dell'Elemento - spiegò Maxis - e credo proprio che il campo di concentramento qui vicino faccia al caso nostro... vero Edward?».
«Ja... ma non volevi soldati di genealogia germanica pura?».
«Visto che i soldati sono impiegati al fronte, conviene arrangiarci, vedi se riesci a recuperare i cadaveri di qualche prigioniero, potremmo fare i test su di loro e mostrare i risultati ai gerarchi» continuò il Direttore.
«Splendida idea Ludwig!» esultò Sophia.
«E io che faccio?» chiese Porter speranzoso.
«Non volevi costruire quell'arma di cui mi avevi mostrato i progetti?».
Porter lo guardò con incredulità:«La X2? Vuoi davvero che costruisca la X2?».
«Mettiti al lavoro!».
«Sì certo signore!» ed uscì seguito da gongolante Richtofen; Maxis e Sophia rimasero soli nell'ufficio.
«E io che faccio, dottore?» chiese lei con tono malizioso.
«Tu controlla i teletrasporti, e per la carità, stai attenta... sai che ci tengo molto a te...».
«Ludwig... - disse mentre respinse il dottore, che voleva abbracciarla - pazienza tenere... provare a tenere il segreto ai colleghi, ma non dovresti dirlo a Samantha?».
«Dirgli cosa?» disse facendo finta di non sentire.
«Ma come cosa? Di noi due!».
«E' ancora troppo piccola, non si è più ripresa dalla morte di sua madre... le ho promesso un futuro migliore...».
Sophia lo guardò con il suo sguardo penetrante: «E sarebbe questo quel futuro?».
«Senti Sohpia, questo è solo un punto intermedio nel percorso: quando avrò ottenuto i fondi dallo Stato Maggiore sarà tutto più facile, io sarò rivalutato come scienziato... potremmo finalmente sposarci e costruire una famiglia, insieme!» fantasticò.
«Ludwig - lo interruppe - sei così preoccupato della reputazione che hai ufficialmente che non ti accorgi di non avercela né come marito... né come padre... pensaci».
Lui si bloccò guardando verso il basso, Sophia ne approfittò per uscire dall'ufficio: «Vado, che purtroppo il Teletrasporto C-Z è ancora in costruzione, avranno bisogno di me al cantiere».
Chiuse la porta lasciando il Dottor Ludwig Maxis, Direttore del Gruppo 935, laureato in Fisica a Berlino, padre di una bambina da pochi mesi orfana, a riflettere da solo nel suo ufficio su ciò che lui è e ciò che dovrebbe in realtà essere.
Ma la tentazione di essere qualcosa di più di quello che era in quel momento lo corrodeva da dentro.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Call of Duty / Vai alla pagina dell'autore: Hannibal Smith