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Autore: Grouper    07/09/2011    8 recensioni
Harry cominciò il suo assolo verso la fine della canzone; già troppi sguardi erano stati scambiati tra i due, ma in quel momento la cosa diventò ovvia: quelle parole erano rivolte a lei, a lei soltanto. La spalla che l'aveva sostenuta durante tutto questo tempo, i riccioli con cui aveva giocato tante sere, gli occhi in cui poteva sempre rifugiarsi e la voce avvolgente che le dava la sicurezza per andare avanti... tutto ciò si tramutò in un incubo: per Harry era tutta una farsa per poter arrivare a qualcosa di più che un'amicizia, amicizia che per Vittoria era la cosa più bella che potesse esserle capitata.
Il suo cuore traboccava d'ansia e panico, e gli occhi ne erano la limpida riflessione.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Harry aveva capito benissimo ciò che gli aveva detto Vittoria: laghetto. Subito. E così fu: era ancora in macchina, fece un'inversione a “U” e prese una strada sterrata per fare prima e raggiungerla al più presto. Vittoria era ormai arrivata: a volte correva, altre volte camminava, era confusa, sgomentata e profondamente triste. Aveva bisogno di parlare, di sfogarsi, di raccontare la sua storia a qualcuno che non fosse sé stessa o il gatto della sorella. Aveva bisogno di un amico, più precisamente, aveva bisogno di Harry.

Quando il riccio arrivò al laghetto, Vittoria era seduta sul piccolo pontile di legno tirando sassi nell'acqua, immersa nei suoi pensieri. Harry si sedette accanto a lei, senza dire niente: restarono in silenzio per cinque minuti. 
“Mia mamma è morta quando avevo otto anni, aveva un tumore cerebrale ormai troppo esteso per essere fermato.” Vittoria cominciò a raccontarsi senza troppe introduzioni; Harry l'ascoltava attento. “Era una donna meravigliosa, un po' iperprotettiva, ma amava me e mia sorella come nient'altro a questo mondo. Viaggiavamo in continuazione: mi ha lasciato milioni di ricordi in soli otto anni di vita. Mi trasmetteva felicità con un solo sorriso, un po' come fai tu” si voltò verso Harry alzando un angolo della bocca, mentre lui rimaneva serio e tranquillo ad ascoltare. Fece un sospiro stringendosi alle ginocchia e riprese a parlare. “Mio padre è sempre stato un gran lavoratore, ma non nel senso buono della parola. Non voleva nient'altro che i soldi: per lui erano tutto; soldi, successo, conti in banca e carte di credito. Ma non mi importava più di tanto: avevo mia mamma per farmi sentire bene e soprattutto amata. Poi però ci ha lasciate: nel giro di una settimana il suo cervello cominciò a deteriorarsi, andò velocemente in frantumi, fino a portarla alla morte.” Un altro respiro veloce, come a dire che una parte pesante da raccontare era passata. “Io e Rebecca rimanemmo da sole, o meglio, con nostro padre, ma la cosa è irrilevante. A lui importava solo che la sua vita scorresse liscia secondo i suoi piani. Non voleva troppi casini a casa: esigeva che io e Rebecca andassimo bene a scuola. Sai, andare a ripetizioni sarebbe costato una fortuna!” disse sarcastica per imitare il padre. “Ce la siamo cavate, sempre contando l'una sull'altra. Non eravamo necessariamente felici, anche se insieme stavamo bene e ci volevamo, come ce ne vogliamo ora, un mondo di bene; niente sostituisce una mamma quando sei una bambina. Rebecca si rifugiò nei libri e nello studio: non era il tipo che andava a feste da sballo, che si faceva le canne e cose del genere, proprio no! Io invece non ho mai trovato un rifugio sicuro: ho sempre avuto un carattere schivo, non ho mai avuto una migliore amica con cui giocare. Sono arrivata al liceo e i primi due anni li ho passati come sempre, nell'angolino nascosto, fuori dalle attenzioni di tutti. Poi però, un giorno, il terzo anno, decisi di andare ad una festa, così... per provare. Incontrai per la prima volta Mike, e quella sera baciai per la prima volta un ragazzo. Fico eh?” guardò Harry sorridendo, cercando di trovare quel poco di divertente nella storia. Lui rimaneva serio. “Ho passato il terzo anno di liceo in giro per festini a divertirmi con tutti i ragazzi della città, tutto l'anno, ininterrottamente: era diventato il mio “passatempo” e mi divertivo. Ero cambiata: non ero più la ragazzina innocente e schiva che non guardava nessuno; ero diventata esuberante, divertente e improvvisamente tutti mi volevano, e mi piaceva come cosa.” Fece una pausa per pensare un attimo, e si schiarì poi la voce. “Persi la verginità il weekend prima dell'inizio della scuola, l'anno scorso.” disse questa frase tutto d'un fiato guardando nel vuoto. Harry si voltò per un attimo, poi tornò a fissare l'acqua. “Fu con uno di cui non ricordo neanche il nome, ricordo solo che aveva un tatuaggio osceno sull'anca sinistra: una cosa abominevole. Dopo quel giorno cominciai a divertirmi ancora più di prima... non sai quanto! Non avevo mai un ragazzo fisso: più o meno ogni weekend mi sbronzavo e andavo a letto con qualcuno, senza necessariamente conoscerlo. La cosa andò avanti per tutto l'anno, e se non fosse arrivato Mike probabilmente sarebbe andata avanti anche ora.” si mise le mani fra i capelli per fare una pausa, poi riprese a parlare. “Diciamo che lui è stato il mio primo ragazzo: ci siamo messi insieme a capodanno, ti lascio immaginare come. Ti dico solo che avevamo ribaltato la tradizione: abbiamo cominciato la nostra storia tra le lenzuola, poi ci siamo dati un vero e proprio bacio romantico e poi dopo una settimana siamo andati al nostro primo appuntamento: una cosa trasgressiva!” Alzò le sopracciglia provando ad essere sarcastica. “Sapevo che Mike non era un ragazzo serio, ma non m'importava più di tanto: che ne sapevo io dell'amore? Conoscevo il piacere e nient'altro, e con lui avevo quello che allora cercavo in un ragazzo.” Vittoria non era imbarazzata: faceva solo fatica a ripercorrere quel periodo della sua vita ad alta voce. “Era quasi la fine di marzo, più o meno, quando lasciai Mike perchè mi ero stufata. In quel periodo cominciai ad avere strani sintomi: mi sentivo spossata, volevo mangiare solo burro d' arachidi e crackers integrali -strano ma vero- e ogni volta che mangiavo qualcosa la vomitavo sistematicamente. Pensai di avere un'intossicazione alimentare o un virus del genere... e invece ero incinta.” Pronunciò quella parola con un filo di voce. Harry la guardò per un attimo e poi le si avvicinò un po' di più, senza pensarci troppo. “Per due settimane non lo dissi a nessuno; la prima persona con cui parlai fu Rebecca: ci rimase spiazzata, ovviamente, ma mi sarebbe stata vicino in ogni caso, ne ero certa; era l'unica persona a cui volessi davvero bene, di cui mi potessi fidare. Poi toccò a Mike: dovevo dirglielo, ovviamente. Si arrabbiò tantissimo, come se la responsabilità fosse stata solo mia e non di entrambi: mi chiese se lo volessi tenere o meno, e quando gli dissi che ancora non ne ero sicura, mi fece il lavaggio del cervello, cercando di convincermi ad abortire; disse che sarebbe stato meglio per tutti: quella cosa, come diceva lui, avrebbe rovinato tanto la mia quanto la sua di vita. Disse pure che non sarebbe stato in grado di badare ad un bambino e che in ogni caso non ne avrebbe avuto intenzione. Mi sentii offesa, non so per quale motivo; gli diedi uno schiaffo e corsi a casa: avevo preso una decisione, all'improvviso, non so se giusta o sbagliata, chi lo sa.. in ogni caso, l'avevo presa.” Vittoria si fermò di nuovo per fare un respiro profondo, e non parlò per un minuto buono: guardava il sole rosso avvicinarsi alla sponda del lago; osservava il suo riflesso sull'acqua limpida e accanto a lei quello dell'amico Harry. Gli sguardi dei loro riflessi si incontrarono: lui le sorrise, incoraggiandola ad andare avanti. “Entrai in casa, dissi a Rebecca della mia decisione e lei mi abbracciò forte, dicendomi che dovevo dirlo a papà e che mi sarebbe stata vicina. Dopo quella sera in cui informai mio padre, io non lo vidi più. Era una mattina come le altre, solo che avevo un esserino dentro alla mia pancia che mi mangiava le energie più di quanto potesse fare un allenamento intensivo... ma era piacevole! Non lo sentivo fisicamente, era troppo presto, ma me lo immaginavo crescere: era parte di me, ero io ad ospitare il suo corpicino e mi sentivo in dovere di proteggerlo. Scesi di sotto e trovai Rebecca con una mano tra i capelli spettinati: era sconvolta e teneva una busta in mano. Nostro padre se n'era andato di casa: ci aveva lasciato un mucchio di soldi, come se potessero ripagare la mancanza di un genitore. Ma mio padre è fatto così: i soldi sono tutto per lui, possono comprare qualsiasi cosa, persino il cuore di due figlie a quanto pare. L'arrivo di un bambino in casa avrebbe sconvolto la sua vita. Il suo piano infallibile di stabilità stava andando lentamente in fumo, e nel giro di nove mesi sarebbe definitivamente crollato. Non pensò a me, a noi: pensò solo a se stesso, così scappò via da questo grande problema che ero io, sua figlia. Decisi di dare gli esami finali due mesi prima, così da non dover andare a scuola e non avere un peso ulteriore sulle spalle. Sapevo di dover informare Mike riguardo alla decisione di tenere il bambino, ma lo feci solo due mesi dopo: non avrei preteso niente, quel ragazzo non era una persona affidabile e non lo è tutt'ora, ma ovviamente era d'obbligo dirgli cosa volevo fare, avevo aspettato anche troppo.” Fece un grande respiro, più grande di tutti gli altri presi prima. Le mani tremavano leggermente, ma cercava di nasconderle tra le gambe. Harry glie le prese e le strinse forte: erano bagnate, sudate per l'emozione. “Eravamo a casa mia: mi sentivo più al sicuro emotivamente a parlare in un posto che conoscevo, in un luogo familiare come la mia camera. Non feci in tempo a dire la parola “tenerlo” che Mike avvampò: era rosso, rosso di rabbia, aveva i pugni chiusi, stretti, e puntati in faccia. Borbottava qualcosa di incomprensibile. Poi mi lanciò un occhiata di ghiaccio, piena di odio. Avevo paura. Gli dicevo di stare calmo, gli spiegavo che non mi sarei aspettata nulla da lui, ma non si calmava: avanzava verso di me con un passo pesante. Io indietreggiavo, indietreggiavo, fino ad arrivare alla porta della camera: lui mi raggiunse, mi mise una mano al collo e cominciò ad insultarmi e a sputarmi addosso. Era arrabbiato.. ma che! Furioso! Io me lo tolsi di dosso dandogli uno schiaffo e spingendolo via da me, ma lui rispose allo stesso modo, con molta più forza. Cercavo di proteggermi, ma riusciva sempre a colpirmi, ogni volta più forte: sentivo la rabbia uscire dal palmo delle sue mani. Riuscii a uscire dalla camera e corsi giù per le scale, ma lui mi prese per un braccio tirandomi indietro.” Vittoria stava sudando, parlava con la voce rotta da respiri incostanti, pieni di paura. Harry le stringeva le mani forte, ma sapeva di doverla lasciar parlare, doveva farla sfogare. “Provai a fargli mollare la presa, ma non ci riuscivo: mi stringeva forte il gomito e io lo strattonavo: avevo una paura folle. Lo feci un'ultima volta, e quella volta riuscii a liberarmi dalla sua presa.” si fermò per prendere fiato: gli occhi le si erano gonfiati, erano lucidi, e guardavano fisso nel vuoto: avrebbero straboccato da un momento all'altro. “Nel momento in cui non sentii più la stretta di Mike, mi sbilanciai troppo all'indietro e cominciai a rotolare giù per le scale. Sentivo Mike urlare il mio nome, e corrermi dietro, ma io ormai ero arrivata a destinazione infondo alla rampa. Il resto mi è stato solo raccontato. Il primo viso che vidi una volta sveglia fu quello di mia sorella ed eravamo in una stanza d'ospedale: mi dissero che non mi ero fatta nulla per miracolo, solo una lieve contusione; non mi interessava troppo come stesse la mia testa, quanto il bambino. Guardai Rebecca, senza parlare: lei non fiatò, guardò in basso e si mise una mano sulla bocca scoppiando a piangere.” In quel momento Vittoria non riuscì più a sopportare gli occhi umidi. Abbassò la testa e un mare di lacrime cominciò a scenderle dagli occhi. Singhiozzava disperata, come se il bambino le fosse stato portato via in quell'esatto istante: la ferita non si era ancora rimarginata, forse non era pronta per parlarne, o forse non lo sarebbe mai stata. Harry la strinse a sé, sapeva che era il momento di farlo: l'abbracciò forte e lasciò che tutte quelle lacrime bagnassero le maniche della sua camicia. Vittoria non riuscì a parlare per qualche minuto, ma dopo un po', con gli occhi gonfi e rossi, il respiro corto e lo sguardo straziato fisso sugli occhi di Harry disse a stenti: “Me l'hanno strappato via, per sempre”. Il riccio non riuscì a rimanere estraneo a quel dolore: quegli occhi pieni d'angoscia e di tristezza gli laceravano l'anima come se fosse stato lui a subire quel dramma. Con gli occhi anche lui lucidi, prese in braccio Vittoria, e le portò la testa sul suo petto, stringendola forte e baciandole i capelli. La cullò tra un singhiozzo e l'altro finchè la luna fece capolino in cielo. Harry le prese la testa fra le mani cercando i suoi occhi stanchi; lei lo guardò e con la voce di un cucciolo bastonato gli chiese: “Posso stare da te sta notte?” Lui le sorrise e la strinse in un abbraccio caldo, non troppo forte.

Durante il tragitto in macchina non parlarono: Vittoria guardava fuori dalla finestra, e pensava a tutto quello che aveva raccontato prima. Lui la guardava, ogni tanto l'accarezzava, altre volte canticchiava Stand by me per farla sentire al sicuro, in qualche modo, e funzionava. 


Notaaaare bene: 
Buonasera serabuona, spero vi sia piaciuto il capitolo quanto a me: ho fatto un pò di fatica a svilupparlo quasi interamente in un dialogo... Non mi trovo necessariamente a mio agio a scrivere lunghi dialoghi, sono sempre tentata di spezzettarli di qua e di là in mille pezzi, ma poi il risultato non è scorrevole. Quindi ho provato a trasmettere con le parole stesse di Vittoria tutte le emozioni che le circolavano in corpo, senza spiegarle fuori delle virgolette(: Ah e un'altra cosa: in questo capitolo non spiego del ritorno del padre. Penso che ne parlerò nel prossimo! 
Detto ciuò, ringrazio infinitamente tutte le ragazze che continuano a seguirmi e ad appassionarsi a questa storia: oggi vi tiro un pò di Haribo e orsetti gommosi, così potete scegliere :3 *lancia* 

Spero continuerete a seguirmi con lo stesso incoraggiamento di prima. 
un bacio, 
vichi.


 

  
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