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Autore: Pantesilea    09/09/2011    2 recensioni
Finalmente è tornata, con tutto il carico di “seccature” che questo si porta dietro. Ecco qui la seconda parte di “E adesso che faccio”, esattamente da dove l’avevo lasciata, ma con un bel cambio del punto di vista! Questa volta sarà il genio di Konoha a dover gestire il suo stato.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ovviamente i personaggi non sono miei, bensì di Masashi Kishimoto,  e in questo scritto non c'è scopo di lucro


Saggezza d’hokage
 

 

Tsunade la stava aspettando con trepidazione.
Di natura non era curiosa, questo no. Tutt’altro; aveva sempre odiato quelli che cercavano a tutti i costi di conoscere i segreti degli altri; dei giovani. Li riteneva stupidi, insulsi e… vecchi.  Ecco, vecchi. Forse il suo interesse nelle questioni amorose dei suoi sottoposti nasceva anche dall’età anagrafica, per quanto l’aspetto fisico suggerisse il contrario.
Era più o meno mezz’ora che guardava fuori dalla finestra ogni cinque minuti, per vedere se si decidesse o meno a spuntare la chioma bionda della sorella del kazekage. Tra l’altro, con lei aveva anche scommesso che quel pigrone del figlio di Shikaku si sarebbe dichiarato. Non l’aveva fatto per cattiveria, per quanto la sua fama di giocatrice fallita potesse indurre a credere il contrario. Lo aveva fatto per spronare Temari, nel caso in cui Shikamaru non si fosse deciso a darsi una svegliata.
Per ribaltare le sorti, poi, aveva anche scommesso il contrario sia con Shizune che con Shikaku, così da non correre il rischio di doversi sentire in colpa poi, ed era stata sorpresa dall’orgoglio con il quale il suo stratega di riferimento aveva difeso il figlio, sostenendo che era pur sempre un membro della famiglia Nara e che, come tale, anche il suo ragazzo avrebbe avuto il coraggio di dichiarasi, perché era un uomo, cribbio, e quella parte del corteggiamento spettava a lui, come da tradizione.
 
Mentre pensava a questo, alla fine, i codini della ragazza comparvero all’angolo della strada sotto la sua finestra. Era sola, e questo non era certo un buon segno.
“Allora?” le domandò non appena mise piede nel suo ufficio.
“Ah, l’esame è oramai pronto e sono sicura che quest’anno sarà un successo”, rispose Temari, risoluta nel non voler parlare dei fatti suoi proprio all’hokage.
Tsunade la guardò di sbieco, con aria di rimprovero. “Sì, sì, lo so. Non è l’esame che mi sta a cuore adesso… parlavo dell’altra faccenda che abbiamo in sospeso io e te!”
“Oh…” si ritrovò a dire Temari, sempre più convinta che suo fratello non avrebbe mai e poi mai torchiato i suoi collaboratori per sapere i fatti loro. Figuriamoci poi se si sarebbe messo a fissarli così intensamente, cercando una risposta, un segno, un piccolo indizio che potesse rivelargli quello che in realtà era successo poco prima…
Tsunade sorrise. Alla fine c’era voluto un po’ di tempo, ma lo aveva visto. Lieve, lieve, quasi impercettibile, ma Temari era arrossita.  
“Ah, lo sapevo! È successo adesso, vero? Dopo che gli ho dato la sua benedetta promozione, visto che sicuramente si sentiva troppo ‘uomo’ per poter permettere che la sua donna avesse un grado più alto del suo!? Allora, ho ragione? Parlami! Avevamo una scommessa in ballo, ho il diritto di sapere!”
Temari increspò appena la bocca, allibita. Lentamente si mise una mano nella scollatura del kimono e ne estrasse una busta. “Ecco i suoi soldi…” le disse per tutta risposta, cercando come meglio poteva di nascondere l’imbarazzo.
 
La mezz’ora che seguì, poi, fu tutto un susseguirsi di domande indesiderate e di relative risposte monosillabiche ed ermetiche da parte della ragazza, ma quando venne l’ora di riprendere il suo lavoro, non resistette. Quella domanda la doveva proprio fare, anche perché quello che ora sembrava a tutti gli effetti essere diventato il suo ragazzo mentre la baciava aveva mugugnato qualcosa che suonava come ‘Alla faccia di Kiba’…
“Prima che io esca, mi spiega come mai dopo tanti anni che vengo a Konoha quando ha saputo che Shikamaru non poteva farmi da accompagnatore mi ha affidato a Kiba Inuzuka? Non che io abbia niente contro di lui, solo che oramai mi sembra di conoscere abbastanza bene il vostro villaggio e non mi pare di aver più bisogno di una balia”
A quelle parole Tsunade rise, di una risata chiassosa e genuina. “Ma mia cara, dovevo pur mettere un po’ di pepe al culo a quella testa d’ananas! Guarda che io la volevo vincere questa scommessa!”

 
 

FINE
 

 
Ed eccoci alla fine! Allora, ringrazio tutti quelli che hanno letto, commentato e seguito la fic nonostante il periodo di vacanza. Come sapete, in realtà questo capitolo è una sorta di “epilogo”, visto che l’effettivo risvolto di tutta la situazione era già stato trattato nel capitolo precedente, ma spero comunque sia stato di vostro gradimento. Mi scuso per il francesismo finale… ma “pepe al culo” si addiceva terribilmente bene al nostro Nara, quindi non ho ritenuto fosse il caso di eliminarlo. Un saluto e… alla prossima fic!

  
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