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Autore: _Frame_    10/09/2011    3 recensioni
Mio padre morì il 28 gennaio 2010. Era un poliziotto. Mia madre il 14 febbraio 2011. Lei era un'ex attrice e modella. Entrambi erano seppelliti nel cimitero a due passi da casa. Questo era tutto ciò che sapevo dei miei genitori all'età di cinque anni. Anzi, questo era tutto quello che volevano farmi sapere.
Genere: Dark, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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14. SANGUE (AIZAWA)

 
-Che starano, non è da lei.
Bussai nuovamente sul legno della porta, in attesa di una risposta.
Di solito a quell’ora non usciva mai di casa.
Il giorno prima era stato compito di Mogi venire a darle un’occhiata.
Gli era sembrata felice, molto più serena.
E questo era un sollievo.
Forse la strada per uscire dalla depressione si stava accorciando.
-Misa! Sei in casa?
Nessuna risposta.
“Starà dormendo…”
Girai i tacchi, ma non avevo neanche completato tre passi, quando il silenzio del viale fu squarciato da un urlo proveniente dall’edificio che si ergeva alle mie spalle.
Mi voltai di scatto, con lo sguardo rivolto alla finestra del secondo piano.
-Ryuzaki!
L’urlo si era mutato in un assordante ed isterico pianto infantile.
Sfondai facilmente la porta e mi bastarono poche falcate per raggiungere il piano superiore attraverso le scale.
Seguii i violenti singhiozzi del bambino, e mi ritrovai spettatore di un orrido spettacolo, che marchiò a fuoco i miei ricordi e che mi avrebbe tormentato nei sogni ancora per molti anni.
Rimasi pietrificato, ad osservare il cadavere di Misa, senza essere capace di muovere un muscolo per almeno quaranta secondi.
Ed io so, quanto possono essere lunghi quaranta secondi.
Era sdraiata di fianco sul letto, ed indossava una semplice sottoveste bianca di seta, decorata con qualche pizzo.
La bocca era semiaperta, come le palpebre, che lasciavano intravedere ancora l’iride, che mi sembrava brillasse come non mai, in un modo macabramente ironico.
Anche i capelli avevano riacquistato la loro originale tonalità, splendenti più dell’oro, ad eccezione di alcune ciocche, diventate color rame, a causa del sangue proveniente dal suo petto, che aveva tinto le lenzuola di un’intensa tonalità scarlatta.
In mezzo al suo seno si era fatto strada un coltello da cucina, che ora continuava silenziosamente a gocciolare.
Estrassi Ryuzaki, avvolto tra le lenzuola insanguinate.
Il viso era paonazzo, rigato da pesanti lacrimoni, che continuavano a sfociare dagli occhi lucidi, che mi guardavano come se mi stessero implorando.
Le guancie del bimbo erano appiccicose e fredde, a causa della soluzione salina mescolata al sangue proveniente dal corpo di Misa.
In un primo momento, pensai che anche Ryuzaki si fosse tagliato, tentando inutilmente di risvegliare la madre.
Ma, per fortuna non fu così.
Ora aveva smesso anche di piangere.
Probabilmente, vedere la mia figura lo aveva rassicurato.
Adesso, io sarei stato in grado di risvegliare la mamma, che continuava a dormire, avvolta da quello strano e maleodorante liquido rosso.
Anche le sue mani, erano imbrattate di sangue.
Quelle mani che aveva teso verso di me non appena avevo messo piede nella stanza.
Lo presi in braccio, sollevandolo dal letto, e lui si aggrappò al mio collo, rimanendo rigido, rischiando quasi di soffocarmi con la sua stretta.
Lo lasciai scivolare delicatamente in un angolo della camera, il più lontano possibile da quell’orrenda visione.
Il suo labbro inferiore tremava, ed il profondo sguardo non smetteva neanche un secondo di supplicarmi.
“Svegliala, zio! Sveglia la mia mamma!”
Questo, era ciò che mi stava chiedendo.
Solo un piccolo e semplice desiderio, che io non potevo, e non avrei mai potuto, esaudire.
Dopo aver verificato ulteriormente che non avesse anche lui ferite addosso, mi gettai su Misa.
Non estrassi il coltello.
Essendo un poliziotto, sapevo come mi sarei dovuto comportare.
Non avrei nemmeno dovuto toccarla.
Ah…fanculo le regole!
-Misa! Misa!
Il mio maglione giallo assunse una bella tinta color ciliegia, a contatto con il sangue ancora fresco.
Mi strinsi il suo capo sul mio petto, sperando che rinvenisse, quella che ormai non era altro che un ammasso di carne fredda e dura.
-Misaaa!
 
L’ambulanza arrivò cinque minuti dopo la mia chiamata, ma ormai era troppo tardi.
Portarono via anche Ryuzaki, per degli accertamenti.
Ed io rimasi sulla porta di casa, con i vestiti insanguinati e con i miei tre colleghi, ancor più sotto shock di me.
Matsuda singhiozzava.
-Che ne sarà, ora, di Ryuzaki?
Mogi si era informato poco prima.
-Verrà affidato a sua nonna, che è la parente più prossima. Adesso è anche lei in ospedale, insieme al piccolo.
 Matsuda si strofinò gli occhi con la manica della giacca.
-Credete che ce la farà, a crescerlo da sola?
-Ci siamo anche noi, Matsuda.
Rivolsi lo sguardo al cielo.
-Noi non abbandoneremo mai quel bambino. È una promessa. La sua vita è nelle nostre mani. Ma voglio che sia chiaro che…
 Si voltarono a guardarmi.
-…che noi non lo vedremo mai come il figlio di Light, come il figlio di Kira. Ma solo come il nipote del vicedirettore, e soprattutto…come quello che è realmente: un bambino innocente rimasto orfano. Ci state?
 Tutti annuirono senza esitazione.
Prendere Ryuzaki sotto la nostra ala poteva dimostrarsi una mossa rischiosa.
Ma nessuno meglio di noi sarebbe stato in grado di proteggerlo dalle sue radici.
O, almeno… così pensavamo.
 

   
 
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