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Autore: Grouper    10/09/2011    9 recensioni
Harry cominciò il suo assolo verso la fine della canzone; già troppi sguardi erano stati scambiati tra i due, ma in quel momento la cosa diventò ovvia: quelle parole erano rivolte a lei, a lei soltanto. La spalla che l'aveva sostenuta durante tutto questo tempo, i riccioli con cui aveva giocato tante sere, gli occhi in cui poteva sempre rifugiarsi e la voce avvolgente che le dava la sicurezza per andare avanti... tutto ciò si tramutò in un incubo: per Harry era tutta una farsa per poter arrivare a qualcosa di più che un'amicizia, amicizia che per Vittoria era la cosa più bella che potesse esserle capitata.
Il suo cuore traboccava d'ansia e panico, e gli occhi ne erano la limpida riflessione.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vittoria era riuscita a scaricare tutta la rabbia e il disappunto in quell'abbraccio, dal quale fu difficile staccarsi. Senza troppi giri di parole, i due entrarono in macchina e Harry cominciò a guidare senza una meta precisa. "Perchè eri qua?" chiese ad un certo punto Vittoria che come al solito faceva 2+2 dopo qualche minuto. Harry fece spallucce senza staccare gli occhi dall'asfalto bagnato: "Me lo sentivo" si girò per un secondo verso Vittoria sorridendo, ma lei lo guardava pensierosa. "Allora mi hai mentito quando hai detto che sarebbe andato tutto bene!" - "Beh, pensavo davvero che sarebbe stato così, ma poi mentre mi allontanavo ho avuto la sensazione che stessi facendo la cosa sbagliata; così sono tornato indietro ad aspettarti." Harry parlava come se nulla fosse successo, con tono calmo, pacato, assolutamente tranquillo. Vittoria lo guardò un pò indispettita, poi tornò con gli occhi anche lei sulla strada e le braccia conserte. Rimasero in silenzio per qualche minuto: nel frattempo, la macchina era arrivata al lago grigio, e cominciò a costeggiarne la riva, lentamente. "So che non siamo bravi con le parole, noi due, ma.. ne vogliamo parlare?" Harry aveva una mano sul volante e l'altra appoggiata sulla gamba di Vittoria, la quale esitò per qualche secondo, guardando prima per terra e poi fuori dal finestrino, per far pace con il suo cervello che continuava a darle indicazioni opposte sul da farsi. Decise di raccontare ad Harry quello che era successo in poche parole: la cosa la rendeva talmente furiosa e amareggiata che non poteva nemmeno pensarci più di tanto. "Mio padre non ha più un soldo e adesso vuole tornare a vivere da noi, stile figliol pròdigo; solo che in teoria lui è il padre e noi le figlie, quindi i ruoli sono  ridicolamente scambiati." Harry si fermò in un parcheggio poco lontano dalla strada. Quando inserì il freno a mano, si girò verso Vittoria guardando prima in basso e poi alzando lo sguardo verso di lei. "Rebecca ha accettato di aiutarlo, non è così?" Vittoria incontrò gli occhi di Harry e lo fissò sconvolta. "E' una reazione così prevedibile la sua? Vuoi dire che sono io quella che sta sbagliando? No dimmelo, così almeno esco pure da questa cazzo di macchina e vado a vivere con i pesci melmosi del lago." furiosa, diede un calcio alla montatura della macchina sopra ai suoi piedi, e strinse forte i pugni sulle sue gambe. Harry non si era mosso di un millimetro: teneva il braccio dietro al poggiatesta del sedile e l'altro sopra le gambe. Tornò con lo sguardo rivolto verso il basso: "Non puoi scappare dai problemi, Vittoria. Guarda tuo padre! A furia di scappare è tornato peggio di prima." Se c'era una cosa che la mora non sopportava erano le ramanzine: senza pensarci troppo uscì dalla macchina, chiuse bruscamente lo sportello dietro di sè, e si avviò a passo veloce verso la sponda del lago. Harry alzò gli occhi al cielo; sospirando, uscì tranquillo dalla macchina. Chiuse la felpa che fino a quel momento era rimasta aperta e, tenendo le mani nelle tasche dei pantaloni blu, si avvicinò all'amica, mettendosi accanto a lei. Vittoria guardò per un attimo Harry, e poi tornò a fissare la sponda opposta a quella dove si trovavano i due; infondo sapeva che quello che le aveva detto Harry era giusto: il solo pensiero di comportarsi come il padre, ovvero scappare da un presunto problema, era l'ultima cosa che voleva fare, ma allo stesso tempo non riusciva a perdonarlo.  Aggrottò le sopracciglia, e si girò a scatti verso l'amico che, a sua volta si girò con un movimento fluido, regalandole uno dei suoi sorrisi. Vittoria abassò la testa facendo una smorfia: era il suo modo di chiedere scusa, il più delle volte. "Tu capisci che non è giusto, vero? Tu capisci che non se lo merita il mio perdono..." alzò gli occhi socchiusi verso quelli splendenti di Harry. "So che odi le mie perle di saggezza, però per quanto possa essere giusto seguire l'istinto e il cuore, altre volta bisogna ragionarci sulle cose: non devi ripagare tuo padre con il suo stesso comportamento solo per fargli capire cosa si prova, e per fargli capire che ha sbagliato." Vittoria era quasi ipnotizzata, tanto dal suo viso quanto dalla sua voce e da quelle parole. "Sono sicuro che ne è già al corrente. E hai detto bene, sta facendo la parte del... padre pròdigo! E lo sai no, come va a finire la storia...?" Vittoria abbassò lo sguardo e balbettò un "sì" mentre torturava il breccino sotto ai suoi piedi. Harry le sorrise: "E allora sai quello che devi fare." lentamente si avvicinò a Vittoria con un passo: con un dito le alzò il mento, ancora rivolto verso terra, per far incontrare i loro sguardi e poi la cinse con uno dei suoi abbracci. "Non so se ce la faccio." disse con un filo di voce Vittoria mentre guardava il panorama alle spalle dell'amico, ancora avvolta tra le sue braccia. "Un passo alla volta e ce la farai. Mica devi fare tutto in un giorno, tigre!" Tornarono in macchina più sereni di prima. Vittoria stava rimuginando su quelle parole e sulla situazione generale: perdonare il padre, un pò alla volta. Le sembrava un'idea fuori dal mondo, ma che, se vista da fuori, non poteva che essere quella giusta. Pensò a Rebecca, a come l'aveva giudicata così velocemente, in preda ad una rabbia instintiva, quando in realtà quella dalla parte del torto, alla fine, era proprio Vittoria. Sapeva che sarebbe dovuta tornare in quella casa, presto. Sapeva che avrebbe dovuto convivere con il padre, Alexander, perchè alla fine avrebbe fatto ciò che Rebecca aveva deciso di fare prima di lei. Avrebbe ascoltato Harry: avrebbe lentamente perdonato il padre, dandogli qualche possibilità per rimediare agli errori passati. Avrebbe fatto tutto ciò, ma non in quel momento. Aveva bisogno di non pensare a tutto quel casino per un pò. "Ho bisogno di stare sola per un pò, però. Cioè, sola con te. Non voglio tornare a casa oggi... non oggi ." Harry annuì comprensivo, sapendo che Vittoria avrebbe seguito i suoi consigli, per lo meno dal giorno dopo. "Che vogliamo fare?" Il tono con cui Harry fece quella proposta era simile a quella di un bambino impaziente. Vittoria sorrise, serena, e poi gli rispose: "Che ne dici di karaoke? Mi sa che non hai mai sentito la mia bella voce da usignolo!" disse sarcastica. Harry ci pensò un attimo e poi disse sorridendo: "Va bene!" 
Passarono il pomeriggio a chiacchierare, come due vecchi amici, tra una tazza di caffè e l'altra. Guardarono il film preferito di Vittoria, Vicky Cristina Barcellona per poi avere un'intensa discussione su John Lennon e Mick Jagger. 
"Va bene se andiamo verso le sette giù al karaoke?" Propose Harry mentre infilava mezza pizza in bocca. Vittoria lo guardò con un sopracciglio alzato, leggermente schifata, e poi scoppiò a ridere davanti a quella scena. "Che c'è?" chiese incredulo Harry a bocca più che piena. Vittoria si riprese da quella risata e con gli occhi lucidi disse: "Sì, certo, va benissimo".
Poco dopo erano già in macchina, diretti verso sud. Harry aveva in mente di dare una svolta a quella serata, e ancora di più, voleva dare una svolta al loro rapporto. Non riusciva più a tenersi dentro tutte quelle farfalle che svolazzavno imperterrite nella sua pancia tutte le volte che stava con lei. Voleva darci un taglio e lasciare libere quelle povere creaturine con le ali ormai distrutte per quanto erano solite dimenarsi in quel piccolo spazio, a costo di perdere Vittoria per sempre. 



Notaaaaaaaaaare bene: 
In questo capitolo vi faccio sapere come la penso io sulla questione "padre pròdigo": per quanto ammiri Vittoria per il coraggio che ha avuto a mandare tutti affanculo (che poi, sembra facile, ma non lo è, ve lo posso assicurare), essendo passata io stessa in una situazione simile, ho e avrei in ogni caso reagito come Rebecca. E quindi ho espresso il mio di parere attraverso Harry(: In più, ero indecisa se attaccare a questo capitolo anche la serata del Karaoke e lasciarvi con la suspance a metà serata, ma sono stata buona e ho deciso di fare il capitolo più cortino e raccontare la cosa per intero nel prossimo. Se avete letto la descrizione o l'introduzione (come cavolo volete chiamarla xD) della mia storia, c'è scritto proprio un pezo che riutilizzerò nel prossimo capitolo. E quindi potete già immaginare cosa succederà! ( un pò di casino, sì! povera ragazza quanti problemi che si ritrova!! ) . 
Bene, ringrazio le fanciulle che commentano e seguono questa storia con tanta passione! Vi mando tremilabaci ( di cui non vi importa un bel niente) e un sacco di caramelle (ditelo che avete letto st'affare solo per prenderle, eeeh! susu, non mi offendo uù ) 
Basta farfugliare, 
un abbraccio a tutte le mie lettrici, 
vichi.



 

  
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