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Autore: PrincesMonica    10/09/2011    10 recensioni
Jared e Shannon devono presenziare, assieme alla madre, ad una riunione di Famiglia in Luisiana. Ma Costance li obbliga a trovarsi delle fidanzate che li accompagnino. Cosa succederà?
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

 

Il giorno dopo avevano deciso per una terapeutica seduta di shopping. Avevano prima accompagnato Gabrielle all’aeroporto e poi si erano gettati sui negozi del centro. Monica si era fatta una scorpacciata di libri, in modo di potersi documentare per il prossimo manoscritto, e poi, presa da un raptus femminista, si era comprata una decina di smalti dai colori diversi.

Jared aveva svaligiato vari negozi per recuperare nuove magliette, rigorosamente con lo scollo a V, così da poter mettere in mostra il tatuaggio sulla scapola, mentre Shannon era riuscito nell’impresa impossibile di comprarsi di tutto facendo in modo che niente stesse bene con un altro capo. Doveva essere un gene particolare dei Leto, quello di non sapersi vestire.

Nessuno aveva parlato di quello che era successo la sera prima. Nella loro stanza si erano semplicemente dati la buonanotte. Prima di addormentarsi, Monica aveva sfiorato la gamba, la dove Jared l’aveva accarezzata. Ci aveva pensato così tanto, che le stava venendo mal di testa. Lo guardò mentre parlava con Shannon tornando a casa, dopo aver, miracolosamente avuto il via libera da Zia Margot di mangiare fuori, e scosse il capo: la stava facendo impazzire dopo solo tre giorni. Non poteva assolutamente permettersi di perdere nuovamente la testa per lui.

Del resto anche Jared aveva pensato a quella strana attrazione che aveva provato per lei.

Si era eccitato e non aveva fatto niente per mascherarlo. Si era comportato nella stessa maniera di sempre: ci aveva provato, aveva flirtato e aveva fatto capire alla sua accompagnatrice che cosa voleva, ma Monica non era una delle sue solite bambine. Era innanzi tutto più vecchia e quindi molto più difficile da sottomettere e poi era mora. E con più curve rispetto a quelle che di solito toccava nelle sue ragazze.

Eppure in quel momento, con lei che gli si strusciava addosso e la canzone del Kol, l’unica cosa che avrebbe voluto farle, era toglierle gli slip e farla lì . Cosa che, per fortuna, aveva evitato. Ma perchè aveva così voglia di lei? Ci aveva pensato tanto, metà della notte mentre lei dormiva tranquillamente, respirando a fondo e con una specie di sorriso beato sulle labbra, e aveva capito che era soltanto a causa della situazione che l’aveva voluta. Esatto, soltanto il momento.

Quindi aveva semplicemente evitato di riparlarne, tanto non sarebbe successo mai più.

“Quindi adesso che Gabrielle se ne è andata, ci provi con Sandra?”

“Ovviamente! E lei non è lesbica. Mi hai tirato un bello scherzetto non dicendomi delle preferenze di Julie. Ci sono andato pesante con lei, ci ho provato in tutti i modi fino a quando mi ha riso in faccia.” Jay sorrise. 

“Cazzo Shan, è tua cugina.”, sbottò monica dal sedile posteriore.

“E allora? Intanto è una cugina di secondo o terzo grado. E poi mica ci devo mettere su famiglia no? Si chiamano scopate di passaggio, Monica, dovresti provare.” 

Fu lei a ridere in quel momento. “Chi ti ha detto che non ho mai provato sesso giusto per farlo? Non è che voi uomini avete l’esclusiva... noi donne, volendo, possiamo fare la stessa cosa.”

Shannon frenò e si girò verso di lei, incurante degli altri automobilisti arrabbiati che gli stavano suonando incazzati il clacson. “No, spiega un attimo? Non ci hai mai raccontato di questi incontri hot. Vogliamo sapere.”

“Non ve ne ho mai parlato perchè non sono fatti vostri.”

“E invece ora ci dici tutto.”

“Shannon, taci e guida che dobbiamo tornare a casa.”

Jared era l’unico che non stava parlando. Smanettava con il suo BlackBerry e si limitava a lanciare qualche occhiata incuriosita alla ragazza.

“Perchè, ti aspetta qualcuno? Mi pare che il tuo fidanzato sia qui.”

“Fottiti!”

“Shannon, lasciala in pace e guida.”, mugugnò Jared.

“Cosa? Non dirmi che non sei neanche un po’ curioso? Dai, quando ci capita di avere discorsi piccanti da una donna?”

“Appena trovi una disposta a farli.”, rispose Monica, “Andiamo a casa e vedi di non farti strani pensieri su di me, sotto la doccia.” La risata del batterista si espanse per l’auto.

 

L’unico posto decente per poter scrivere in santa pace era il giardino. La casa era un continuo via vai dei parenti e Monica era decisamente stufa di dover spiegare in continuo come avesse conosciuto Jared, quanto lo amasse, falsamente, dei loro improbabili progetti futuri. Dopo un po’ diventava noioso.

La cosa buona era che almeno stava pian piano imparando a riconoscerli. Non erano cattivi, erano solo invadenti come solo i parenti sapevano essere. A parte George e zia Franny. Loro erano i classici parenti serpenti, quelli che avresti voluto evitare per tutta la vita. In due giorni le avevano fracassato i timpani con tutte le chiacchiere inutili sulla loro vita. E la voce stridula di Franny era ancora peggio, almeno George, in maniera leggermente viscida, stava cercando di provarci con lei e conquistarla. Ovviamente senza raggiungere neanche la metà del suo scopo. Riusciva a risultare solo fastidioso.

E a quanto pareva a Jared dava parecchio fastidio quell’atteggiamento: quando George le si avvicinava, lui andava meccanicamente ad abbracciarla, o le prendeva la mano, come se.... bho, avesse paura di perderla. Stronzate del secolo: Jared odiava semplicemente che qualcuno potesse pisciargli sulle scarpe. Che modo di fare assolutamente inutile e terribilmente egocentrico. Sì, lo sapeva anche Monica, era tipico di Jared fare così.

Sospirò chiudendo il libro che si era portata dietro per le ricerche e si mise la penna in tasca: aveva troppi pensieri in testa per scrivere qualcosa di coerente, tutti pensieri che portavano verso un’unica direzione.

Direzione che stranamente stava arrivando direttamente da lei.

“Che ci fai qui?”

“Sono venuto a cercarti. Oltre al fatto che aspettavo la scusa giusta per uscire da là. Onestamente dopo un po’ non sopporto tutte quelle chiacchiere.”

Si sedette vicino a lei appoggiandosi al grosso tronco di un salice piangente secolare. I rami sottili arrivavano a toccare terra con le loro tende di foglie. La leggerissima brezza riusciva solo a smuovere gli apici creando una piccola onda lenta. Il laghetto azzurro scintillava sotto il sole cocente e ogni tanto qualche piccolo pesce saltava. Monica era certa che quel piccolo angolo di mondo poteva essere tranquillamente inserito nelle Sacre Scritture sotto la parola Paradiso.

“Sono simpatici i tuoi parenti, un po’ invadenti, ma il mondo è fatto così.”

“Se lo dici tu.”

Monica poggiò a terra tutte le cose che aveva in mano e, senza neanche troppo pensarci, andò a sedersi esattamente davanti a lui con le gambe incrociate.

“Vuoi parlarne?”

“Di cosa?” 

Monica alzò gli occhi al cielo. “Di quello che ti turba così tanto, o semplicemente di quello che vuoi. Hai la faccia di uno che vorrebbe tanto parlare e non lo fa e siccome tu sei quello che sei, mi preoccupa sta cosa. Non ti ho mai visto tanto silenzioso come in questi giorni, di solito sei sempre a sparare cazzate.”

“Tu si, Monica, che hai una parola gentile per tutti, soprattutto per me.”

Lei sorrise. “Devo stuzzicarti un po’, altrimenti sai che noia sarebbe la nostra storia.” Monica accarezzò un po’ l’erba con le dita. Le piaceva sentire le punte scivolarle addosso.

“É vero quello che hai detto oggi a Shannon?”

“Cosa?”

“La questione del sesso senza sentimenti.” Monica lo fissò decisamente stupita. “Allora?”

“Certo che è vera.”, si riprese lei, “Ci sono dei momenti per ognuno di noi, dove si fanno cose che non si pensava di poter fare in precedenza. Onestamente non pensavo che avrei potuto fare sesso come un uomo, come dicono in Sex And The City.” Poi rise forte: “Credo che quel telefilm mi abbia rovinato da quel punto di vista.”

“E perchè?” 

Lei tornò seria. “Tu perchè lo fai?” 

Lui fece spallucce. “Noia, voglia di provare qualcosa, necessità di scaricare l’adrenalina. Perchè ho voglia.” 

Monica lo fissò negli occhi grigi a lungo, poi riprese a parlare più lentamente, come a cercare di ponderare le parole. “Ho fatto sesso perchè avevo voglia di annullare me stessa, questa è la verità.” Jared aggrottò la fronte. “Venivo fuori da una storia che mi aveva distrutto sentimentalmente e psicologicamente. Avevo bisogno di qualcosa da fare per dimenticarlo e sentirmi nuovamente sicura di me stessa.”

“E ti ha aiutato?”

“Sì e no. Non ho dimenticato il mio ex, ma mi ha fatto capire che ci sono dei limiti. Che io, ho dei limiti, per la precisione. Il sesso così per fare può avere una soddisfazione, ovviamente se lui sa cosa deve fare, ma alla lunga... lascia un vuoto abbastanza deprimente.”

“Non la vedo così. Le scopate estemporanee sono utili.”

“Perdona la franchezza, ma sono utili per svuotarti i coglioni, amore. Sentimentalmente non danno niente e questo è il vuoto che crea.”

“Sbagli prospettiva. Il sesso occasionale è bello perchè occasionale, non deve darti nulla di sentimentale, deve solo darti piacere fisico. Il resto è superfluo.”

Silenzio, poi Monica ribattè. “Sei mai stato innamorato? Rispondimi seriamente, hai mai amato sul serio?”

“Sì.” Secco, senza esitazioni. 

Lei sorrise. “Prova a pensare ad uno dei tuoi rapporti con la ragazza che hai amato. Non importa se il primo, l’ultimo o il più bello. Uno qualsiasi. Ce l’hai?”

“Certo.” Sembrava perplesso, ma era curioso di sapere dove voleva andare a parare.

“E adesso pensa ad una qualsiasi scopata, anche la migliore, che hai avuto con una delle tue bambinette.”

“Ok.”

“Dovresti sentire senza ombra di dubbio quale ti è piaciuta di più.”

Jared rimase in silenzio guardando il laghetto. Monica aveva ragione su tutti i fronti e lo sentiva, lo sapeva, ma non le avrebbe mai dato la soddisfazione di darle ragione. Però non voleva neanche mentirle, quindi si rese che stare zitto in quel momento aiutava moltissimo.

“Avevo ragione vero?”, si divertì ad infierire Monica distendendosi sull’erba in modo da poterlo ancora vedere bene in faccia. Non le era sfuggito il luccichio commosso di pochi istanti prima.

Sapeva benissimo che Jared non la amava più. Lei, Cameron, era un qualcosa di lontano, una figura sbiadita dagli anni e dalle ragazze che aveva avuto dopo di lei, ma sapeva anche per esperienza personale che quando uno si innamorava portava quel sentimento in sè per sempre. Quello che faceva stare male, di solito, non era la mancanza della persona amata, ma la mancanza di quello che si provava stando con lei o lui.

Era quello che era successo a lei: non le mancava il suo ex, ma le mancava di essere innamorata, di sentirsi il cuore scoppiare di felicità, di sentirsi felice in qualsiasi momento, anche quando litigavano e piangeva disperata di frustrazione, la sensazione che tutto sarebbe andato bene al momento giusto.

“Forse.” 

“Mi basta. Già che siamo in fase di condivisione, mi spieghi perchè stare qui per te è così incredibilmente terribile? Posso capire tutto, ma mi sembri un disperato.”

“Non ho voglia di parlarne.”

“E dai, cazzo, ti ho parlato delle mie notti folli, adesso tocca a te.”

“Non mi hai detto quello che hai fatto... Sopra o sotto?”

“Di lato e a 90. Sono versatile, anche se mi piace stare sotto.” 

Jared sorrise malizioso: quel discorso gli piaceva molto di più di tutti quei ragionamenti filo romantici di prima. “Come mai?”

“Forse perchè mi piace vederlo negli occhi, averlo sopra, incatenarlo con le gambe. Questo non significa che disdegni anche le altre posizioni.”

“Strano, pensavo che fossi una che stava sopra.”

“Io sto sopra, vuoi vedere?” Si alzò di scatto e si inginocchiò su di lui, con le gambe vicine alle sue. Jared rise cercando di spostarsi, ma lei lo stava schiacchiando. “Parenti?”

“No, ne avevo semplicemente voglia. Adesso tocca a te parlare.” 

“Devo?” Lo sguardo di Monica non gli lasciava molte alternative a quanto pareva. “Stare qui in Luisiana mi piaceva da piccolo. Era casa. È sempre stato così, fino a quando non sono cresciuto. Una parte di me ama tornare a Bossier, ma l’altra vuole scappare appena possibile. È come se mi sentissi intrappolato e peggio ancora... giudicato. Mi sento...” Soffiò stizzito, più per i suoi pensieri che per una incazzatura contro Monica. “...mi sento additato da tutti come il figlio sbagliato.”

“E perchè mai?”, lo stupore era sincero.

Jared si morsicò le labbra e prima di tornare a parlare se le inumidì con la lingua come faceva sempre. “Quando ero piccolo dicevano a mia madre che papà se ne era andato per colpa mia. Mi nascondevo, ero piccolo e mingherlino, passavo parecchio inosservato, ed ascoltavo tutto. Shannon mi diceva sempre che erano sciocchezze, ma a sei anni quando tutti ti dicono la stessa cosa, alla fine ci credi.”

“Ma... ma è atroce! Ma che stronzi maledetti. Ma tu lo sai che non è per questo, vero? Insomma, un genitore non se ne va a causa di un figlio, soprattutto un bambino come te. Da quello che Margot mi ha raccontato in sti giorni eri praticamente un bambino delizioso.”

“Monica lo so che...” Si ritrovò a non saper come andare avanti. Da quanto non apriva quella scatola dolorosa? Troppo... e c’era un motivo. Odiava i fallimenti e quello era stato il suo primo cocente fallimento. “I tuoi sono divorziati, no? Non hai mai pensato per una volta sola che fosse stata colpa tua?”

“Sì, forse, non ricordo, ero piccola. E comunque nessuno mi ha mai rinfacciato niente.”

“Appunto. Ogni volta che vedo quella gente in salotto, soprattutto i parenti stretti, è come rivivere quei tempi.”

“É terribile. Tua madre non lo sa, vero?”

“Ovviamente no. Hai idea di come starebbe se venisse a saperlo? E non glielo devi dire neanche tu, capito?”

“Certo, non sono scema, queste sono cose che dovreste sistemare voi, io non c’entro, ho già i miei problemi famigliari, manca solo che mi occupo anche dei tuoi.” Poi gli sorrise dolcemente e gli accarezzò leggermente la guancia, lasciando la mano ferma sulla gota. “Prova a parlare con tua madre, magari è la volta buona che non ti fa più tornare qui, anche se zia Margot ci resterebbe male.”

Jared era un po’ stordito: l’argomento, di per sè, era terribile e normalmente ne parlava solo con Shannon e solo se era ubriaco. Parlarne da sobrio con qualcuno di diverso, lo destabilizzava del tutto. Si sentiva una persona diversa, come se non fosse Jared Leto, ma una qualsiasi persona. Perchè gli faceva quello? Monica non doveva capirlo, doveva semplicemente fare l’oca giuliva davanti ai suoi parenti e basta.

Inutile, lo sapeva anche lui che non sarebbe mai potuto succedere: lei non era così. Lei era quello che era, schietta, sincera, dissacrante. Ironica, sarcastica e senza troppi fronzoli. L’errore era stato suo, non di Monica.

Però... stava bene. Li (accento), seduto sotto quel salice piangente, con la ragazza sulle gambe che lo stava accarezzando, quella brezza e quel sole, si sentiva bene come non succedeva da parecchio tempo. Non accadeva spesso che trovasse qualcuno che riuscisse a mettersi in sintonia con lui in quella maniera come stava avvenendo con lei. Se fosse stato uno sciocco romantico, avrebbe detto che Monica lo completava. Siccome era cinico e realista, aveva deciso che Monica era semplicemente una ragazza che lo conosceva da tanto tempo, che aveva vissuto delle situazioni analoghe alle sue e che quindi aveva una sensibilità maggiore rispetto alle sue normali frequentazioni.

“Zia Margot è l’unica persona per cui valga la pena venire.”, mormorò.

Poi, lentamente, si avvicinò a lei: le mani la presero per i fianchi per tenerla ferma, in modo che non rischiasse di cadere, le dita le accarezzarono la pelle sotto il bordo facendole un leggero sollettico e facendola ridacchiare.

“Smettila.”, sibilò Monica, ma si vedeva che si stava divertendo.

Jared appoggiò la fronte su quella della donna e chiuse gli occhi, mentre con le mani iniziava una lenta esplorazione al suo torace. Si stava dando dell’imbecille da solo perchè sapeva che si stava eccitando e che avrebbe dovuto provvedere da solo a venire, eppure aveva sentito l’impulso fortissimo di toccarla, di sentirla vicina anche fisicamente e non solo mentalmente. Oltre al fatto che parlare con lei di sesso gli aveva dato comunque una scarica di ormoni che non guastava mai, soprattutto visto che da un bel po’ non aveva avuto la possibilità di farsi qualcuna. Il suo corpo la voleva.

“Mi sa che devo mettermi l’anima in pace.”, mormorò, sovrapensiero.

“A cosa?” domandò Monica. Neanche per lei era molto semplice stare tranquilla. Le dita con i leggeri calli stavano sfiorandole proprio quei punti che normalmente la facevano rabbrividire di piacere più che di fastidio. Che diavolo stava combinando? La stava stuzzicando, la stava... sentì l’erezione da sotto i pantaloni!

La voleva!

Si sentì avvampare e si alzò di fretta. Non poteva rischiare da fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentita.

“Allora, domani che si fa?”, cambiare discorso, parlare di cose assolutamente slegate tra loro.

“C’è il primo grande pic nic. Si sta in giardino a mangiare, prendere sole, bere, nuotare.”

“Ti metti in costume?”

“Forse.”

“Allora ci sarà da ridere.” E gli mostrò la lingua prendendo le sue cose e cammiando verso casa.

Jared appoggiò la testa sul tronco: non sapeva se ringraziare o meno Monica per aver preso la decisione di andarsene. Aveva capito che anche lei lo voleva, aveva sentito il corpo tendersi, i brividi scendere lungo la schiena e il respiro leggermente affrettato sulle sue labbra. Però lei aveva avuto quel briciolo di cervello in più di lui rimettendo le cose dove dovevano stare.

“Vuoi smetterla? È andata via, niente soddisfazione per te, amico.”, borbottò sistemandosi al meglio il gonfiore nei pantaloni. “E io devo essere pazzo a parlare con il mio uccello.”

Sospirò frustrato: c’erano due cose che poteva fare. La prima era tornare a mettere le distanze, stare il più lontano da lei possibile, nei limiti del possibile, e tornare in California con la chiara idea di non vederla per molto tempo. La seconda era andare contro tutta la ragionevolezza del mondo e fare in modo di portarsela a letto il prima possibile.

Il cervello contro il resto del corpo.

Sorrise al laghetto: la scelta era scontata. E il pic nic l’avrebbe aiutato.

   
 
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