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Autore: Stateira    11/05/2006    5 recensioni
dieci giorni insieme, dieci giorni da raccontare, o forse soltanto dieci giorni da ricordare. AlessandroxEfestione
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le stelle sgocciolano placidamente il loro nettare nei tuoi occhi, e tu non hai bisogno di chiederlo

Le stelle sgocciolano placidamente il loro nettare nei tuoi occhi, e tu non hai bisogno di chiederlo. Non hai mai dovuto chiedere nulla, nemmeno a me, nemmeno al tuo re, perché hai il diritto di avere ogni cosa solo per il fatto di esistere, di essere qui.

Il tuo coraggio, Efestione, mi dà coraggio; la tua forza è la mia forza, e se tutte le volte che ti ho guardato ed ho scoperto di amarti fosse nato un fiore dalla terra, ora non esisterebbe più l’inverno. Ti guardo guardare in alto, e scioccamente sorrido del tuo sorriso. Cosa c’è rimasto da dirci? Forse tutto, forse niente, forse ancora qualcosa. Dieci giorni, dieci giorni appena, dieci giorni e dieci anni, da quando siamo partiti. Ero diverso, dieci giorni fa, ero più giovane, più avventato, più folle. Stare con te mi rende calmo, mi dà pace, mi fa venire sonno. Sì, proprio quel sonno che tanto mi spaventa, quel sonno così umano, mi coglie quando mi appoggio alle tue ginocchia, e mi lascio cullare dalla tua voce, dalla tua morbida voce.

I boschetti bassi ed odorosi della costa ti piacciono tanto, i mettono una strana smania di viaggiare, addosso, una buffa impazienza. Guardarti mentre mordicchi irrequieto un bastoncino, mentre mi parli dei porti che incontreremo sul nostro cammino, mentre ti entusiasmi. Il nostro amore è un continuo sguardo, un cercarci con gli occhi, un prendersi senza mai lasciarsi. Sei sole e danza, piccolo cuore, sei vino e gioia. Con le dita tracci circoli nell’aria, sospiri e mi guardi. Ti guardo. È magia.

 

-che cosa staranno facendo a Pella, senza di noi, Alessandro?- domandò Efestione socchiudendo gli occhi ed interrompendo i pensieri del re.

-di certo non staranno guardando il cielo.-

-oh no, credo proprio di no. Scriverò ad Aminta di guardare anche lui un po’ di stelle, ogni tanto.-

-tanto non lo farà; lo conosci, no?-

Efestione arricciò il naso. -lo farà, perché sono io a chiederglielo.-

-come ti diverte farmi ingelosire, eh?-

-sei geloso?-

Alessandro si strinse nelle spalle. -lo sono?-

-ti ho incastrato, re.-

-lo so. Ma tu sei l’unico contro cui accetto di perdere.-

-lo so, Alessandro dai capelli biondi.-

Il giovane sovrano scattò verso il compagno e gli immobilizzò le mani. -continua a prendermi in giro, e il tuo bel visino vedrà un bel po’ di polvere, invece dei miei capelli biondi.-

-magari non te lo lascerei fare…-

-è una sfida?-

-sfidami, e lo sarà…-

 

Mi fai ridere, e lo sai che è difficile… è difficile, ma tu ci riesci anche solo facendo lo scemo, come fai sempre. Sei un re, eppure ricordi a tutti noi che siamo ancora dei ragazzi, che ci divertiamo ancora a giocare a palla, o ad azzuffarci come bambini, o a sfidarci a dadi. Chissà quanti di noi vedono questa campagna come un gioco, come una sorta di avventura eccitante. Io no. Io sono qui con te, e nulla è eccitante quando ci sei tu. Tu rendi tutto solido e certo, ai miei occhi, perché sei l’uomo più forte che io abbia mai conosciuto. È per questo che hai bisogno di me: per contenerti; per non esplodere. Ed io sono qui per te, Alessandro, mio re, per aiutarti come posso, se posso, quando posso, per esserti vicino quando me lo chiedi e quando preferiresti vedermi sparire nel nulla, perché per me ogni cosa che dici, che fai, che pensi è importante. Ti ascolto parlare di guerre, di strategie, di sogni e di Dario, e vorrei che tu mi prendessi in braccio, mentre ti infiammi con i tuoi discorsi; sì, vorrei che tu mi prendessi in braccio proprio come se fossi un bambino, per farmi stare bene, e soprattutto per farmi sentire che sei ancora un uomo, e non ti sei trasformato nell’aquila che tanto fieramente orna le tue insegne. Alessandro, vorrei amarti nel modo in cui mi ami tu, ma non mi riesce, e mi dispiace, mi sento tanto in colpa, per non essere un dio.

Mi piace quando fai così, quando mi baci senza motivo, così, solo per farmi sentire la tua pelle ruvida di un paio di giorni di barba. E fai lo stupido, mi fai il solletico, giochi. In questi momenti sei l’Alessandro che è cresciuto con me, che ha dormito tante volte nel mio letto, che ha diviso con me ogni cosa, persino i dentini. E quando si dividono i denti, si divide tutto. Siamo partiti da dieci giorni. Dieci giorni, e già io penso che sono dieci giorni in meno con te, ora che possiamo essere adulti, ora che non c’è più tua madre. Chissà per quanto tempo staremo via, chissà quando torneremo. Le rivedremo mai, un giorno, le nostre case? Non posso negare di avere un po’ paura, a volte. Paura di morire. Semplice, umana paura della morte. Ma che importa, se tanto basta che tu venga ad abbracciarmi perché mi passi ogni cosa, perché io pensi a te e solo a te, e giuri a me stesso di difenderti.

 

-che ne dici… torniamo al campo?- Alessandro si sollevò e si risistemò il mantello sulla spalla.

-sarà meglio.- sospirò Efestione. -le sentinelle si chiederanno che fine abbiamo fatto.-

-oh, beh, la fine migliore!- il re sorrise e circondò con un braccio le spalle del generale. -vieni a dormire con me, stanotte?-

-posso?-

-ma certo che puoi, sciocco.-

 

Io sono felice perché ho bisogno di te. Stringimi forte, Alessandro.

Così uomo e fanciullo, fra le mie braccia. Ti amo perché sei il vento, Efestione.

  
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