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Autore: Hi Ban    11/09/2011    2 recensioni
Ron riusciva ad accettare con maggiore facilità una determinata situazione nel momento esatto in cui a fargli compagnia c’era qualcuno. Forse non riusciva a trovare una soluzione che potesse definirsi tale, ma sostanzialmente lui andava per il ‘mal comune, mezzo gaudio’.
Pertanto, la questione dell’imminente ballo con tanto di quell’orribile vestito gentilmente mandatogli dalla madre gli appariva un pochino meno disastrosa se pensava al fatto che ad essere in una condizione poco congeniale erano anche Harry e Hermione.
L’unione non faceva forse la forza? Ecco. Il ballo era di lì a poco, le imbarazzanti lezioni improvvisate dai professori continuavano nel disperato tentativo di inculcare agli alunni in po’ di galateo insieme a qualche passo e lui era lì.
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Vecchie ciabatte e sostanziali differenze





Ron riusciva ad accettare con maggiore facilità una determinata situazione nel momento esatto in cui a fargli compagnia c’era qualcuno. Forse non riusciva a trovare una soluzione che potesse definirsi tale, ma sostanzialmente lui andava per il ‘mal comune, mezzo gaudio’.
Pertanto, la questione dell’imminente ballo con tanto di quell’orribile vestito gentilmente mandatogli dalla madre gli appariva un pochino meno disastrosa se pensava al fatto che ad essere in una condizione poco congeniale erano anche Harry e Hermione.
L’unione non faceva forse la forza? Ecco. Il ballo era di lì a poco, le imbarazzanti lezioni improvvisate dai professori continuavano nel disperato tentativo di inculcare agli alunni in po’ di galateo insieme a qualche passo e lui era lì.
Ron Weasley si trovava esattamente lì, seduto ad un tavolo, le mani sporche di inchiostro, al fianco di un concentrato – ma non troppo – Harry, nel tentativo di copiare qualche rara parola dalla pergamena di Hermione.
E quello era il suo unico problema, perché non se la sentiva di reputare tale il fatto che non avesse ancora trovato una ragazza. Nemmeno Harry e Hermione sembravano messi meglio, perché preoccuparsene adesso?
Ora i problemi erano altri…
Oh, perfetto, Hermione ha spostato la pergamena, forse riesco a leggere qualcosa…
«Signor Weasley, per caso condivide la pergamena con la signorina Granger?» chiese brusco Piton, spaventandolo e facendogli ritrarre dolorosamente il collo con uno scatto. Peccato, ci era quasi riuscito!
«N-no, signore» balbettò, evitando accuratamente di voltarsi, certo che l’ultima cosa che voleva era incontrare gli occhi neri del professore di Pozioni. E i capelli, anche quelli lo inquietavano un poco.
«Allora veda di tenere la testa sulla sua ricerca» concluse tagliente e Ron gli fu quasi grato di non aver aggiunto nessuna battutina ai suoi danni.
Sospirò pesantemente e con sollievo quando sentì il frusciare del suo mantello, segno che si stava allontanando.
Ignorò anche l’occhiataccia di Hermione, che ovviamente non doveva aver apprezzato quel suo ennesimo tentativo di intraprendere la strada più facile. Ron storse il naso quando la vide portare il foglio all’estremità del tavolo, ponendo tra di loro la boccetta di inchiostro e un tomo piuttosto spesso: voleva impedirgli di copiare di nuovo.
«Perché Piton gira come un avvoltoio sempre intorno al nostro tavolo?» si lamentò a bassa voce verso Harry, concludendo che l’amico era comunque una buona opzione. Non era Hermione, ma si ci poteva lavorare.
«Perché trova più gratificante togliere punti a noi che lavarsi i capelli» sibilò in risposta Harry, cancellando con una certa enfasi l’ultima frase che aveva scritto.
Ok, forse avrebbe dovuto metterci qualcosa in più di suo, Harry non sembrava essere messo meglio di lui nemmeno di poco.
Comunque, ad onor del vero, Piton non si concentrava solo su di loro, doveva trovare anche piuttosto gratificante stare con il fiato sul collo ad un Fred e ad un George poco distanti dai tre, che ovviamente non tentavano nemmeno di tenere lontano l’amabile professore di Pozioni.
Era stato solo per un puro e semplice caso che disgraziatamente il piede di uno dei gemelli era finito sull’orlo del mantello del povero Severus, che si sarebbe schiantato a terra se non si fosse aggrappato ad un ignaro primino che passava di lì. Quest’ultimo era scappato terrorizzato nel vedere l’espressione di gelida furia dell’uomo, ma è meglio ribadire che, ovviamente, era successo tutto per puro caso.
E poi, di tanto in tanto, l’uomo si prendeva anche la briga di nominare con un tono vagamente spettrale il nome di Karkaroff al gruppo di Durmstrang stanziato poco più in là, con l’intento di intimorirli. Ci riusciva, sì. Alcuni schiamazzi poi giungevano di lì a causa di un assediato Krum, cui varie ragazze di vari anni chiedevano autografi, magari sperando che lui invitasse una di loro al ballo. Per quel che si diceva nella scuola, aveva fatto solo due inviti e le ragazze che aveva invitato erano tutt’ora sconosciute.
«I Serpeverde non stanno nemmeno facendo i compiti! Perché non sgrida loro?»
«Perché è la sua casa e nessuno deve avergli mai fatto notare direttamente la situazione oleosa dei suoi capelli» ribatté concentrato, mentre intingeva la piuma nella boccetta e prendeva a scrivere non molto convinto.
Ron annuì e lo imitò, tracciando poi sulla sua pergamena due frasi dai tratti confusi. Un po’ alla volta, forse per quella sera avrebbe anche finito.
«Se stessi zitto, Ronald, e non tentassi di copiare, lui non sarebbe qui ogni due secondi» gli fece presente Hermione con voce sommessa, intenta a pescare qualcosa dalla sua tracolla.
Ron sbuffò, certo che quello sarebbe stato l’inizio di una lunga ramanzina.
«Dai, Hermione, stavo solo cercando un po’ di ispirazione!» si giustificò, ma sapeva che con la ragazza era inutile.
«Cercatela in un libro l’ispirazione, non nelle pergamene altrui» aggiunse, ma il tono non era stato distaccato o pressante come al solito. Era più che altro svagato, quasi gli stesse rivolgendo quelle parole per un puro senso del dovere.
Quella, di certo, non era Hermione.
Ron aveva tentato di copiare e lei lo rimbeccava senza la solita enfasi, anzi, gli parlava come se stesse dettando ad una penna incantata le parole da trascrivere su una pergamena.
Ron inarcò un sopracciglio, confuso, mentre perfino Harry si sentì in dovere di posare la sua attenzione sull’amica. Aveva anche abbandonato una frase a metà che sicuramente non sarebbe riuscito a completare, ma ora non era importante.
«Va tutto bene, Hermione?» si azzardò a chiedere, dopo aver scambiato uno sguardo stranito con Ron.
Lei portò la sua attenzione sui due amici e gli restituì lo stesso sguardo incuriosito: «Va tutto bene, perché?» si informò pacatamente e senza attendere una risposta riprese a vergare il foglio con la sua scrittura ordinata.
«No, nulla… sembri solo…» Harry esitò, incerto su che parole usare per non sembrare né offensivo né eccessivamente contento di quello strano comportamento. Certo, era inusuale vedere una Hermione senza la fronte aggrottata dal biasimo per una qualsivoglia azione che andava contro le regole, ma nessuno se ne lamentava ovviamente.
«Felice, ecco» gli venne in aiuto Ron e Harry si ritrovò ad annuire.
«Oh» rispose semplicemente la ragazza, l’attenzione sempre ancorata alla sua ricerca.
«Spensierata» rincarò la dose il Weasley, in cerca di un termine che richiamasse la sua attenzione.
«Mh» gli fece eco, spostando una ciocca di capelli dal volto.
«Diversa» tentò, ma senza risultati differenti dal «Ah» che ne seguì.
«Strana, poco Hermione, non–»
«Sì, grazie Ronald, ho afferrato il concetto» lo interruppe con un’occhiataccia.
Ron arrossì in zona orecchie e questa volta cerco l’aiuto di Harry con un’occhiata più che eloquente. Quest’ultimo attese che la ragazza dicesse qualcosa, ma era ovvio che lei non avrebbe aperto bocca.
«E… e perciò?» chiese, come se quella domanda a se stante avesse senso.
«Perciò cosa, Harry?»
«Beh, perché sei felice» ribatté con naturalezza Ron, ormai completamente dimentico della pergamena, su cui si poggiò per scivolare più comodamente in avanti.
«Ci deve per forza essere un motivo?» domandò guardinga, assottigliando lo sguardo.
La pergamena che stava completando con una grafia chiara e pulita era passata anche per lei in secondo piano: si poteva dire tranquillamente che se c’era una cosa che Hermione proprio non apprezzava era l’essere controllata per ogni minimo comportamento diverso dal solito.
«È così strano che io sia felice?» aggiunse con una punta di sarcasmo.
Lei stessa non negava di essere forse un po’ troppo seria per la sua età, ma questo non voleva necessariamente dire che lei e il buon umore fossero due sfere opposte.
Semplicemente lei vedeva il tutto con una tonalità di serietà in più, spesso non si limitava solo a vedere la parte semplice, ma anche la difficile. Viveva senza dare per scontato nulla, ma ciò non le impediva di provare quell’emozione che ora Ron aveva nominato con tanto stupore in relazione al suo nome.
Harry, per amor di pace e poco incline ad assistere ad un potenziale litigio tra i due, decise di intervenire.
«No, certo che non lo è, solo…»
«Beh, sì, è raro vederti senza quel cipiglio severo» Ron aveva parlato esattamente nello stesso momento di Harry, ma Hermione si era concentrata maggiormente su ciò che aveva detto il Weasley.
La ragazza spalancò gli occhi per un attimo sorpresa, dopodiché la fredda compostezza che riempì il suo sguardo colpì anche i due ragazzi.
Come al solito Ron tendeva sempre ad utilizzare le parole più adatte con cui rivolgersi ad una persona – ad Hermione, rivolgersi ad Hermione –, ma a sua discolpa si poteva dire semplicemente che si esprimeva spesso con una sincerità che non era particolarmente adatta alla situazione corrente.
«Io non ho nessun cipiglio, forse sei tu a non avere un minimo di coscienziosità» lo rimbeccò, gi occhi fissi in quelli chiari del ragazzo.
«Non voleva dire quello, Hermione, non te la prendere» tentò Harry, provando ad arginare il malumore che ora trapelava da ogni gesto della ragazza.
Fortunatamente Ron decise di tacere, ma se avesse dato fiato alla bocca avrebbe fatto presente che quella che ora li osservava con malcelata rabbia era la solita Hermione.
«Voleva dire quel che ha detto, Harry» chiarì con estrema calma, ma gli occhi assottigliati e le guance un po’ più rosse dissentivano parecchio dal tono modulato.
Sia Harry che Ron compresero che, o per un motivo o per un altro – entrambi sconosciuti ai due ragazzi –, lei doveva essersela presa più del dovuto.
«E comunque, Ronald, sappi che ora non sono più felice, spensierata, strana e poco Hermione e posso anche dirti perché sono arrabbiata» lo freddò.
«Sei… sei arrabbiata?» chiese ingenuamente il ragazzo dai capelli rossi che le stava davanti e Hermione avrebbe davvero voluto spaccargli in testa la boccetta dell’inchiostro.
«No, Ron, sono felice come qualcuno a cui hanno rubato la bacchetta!» il tono di voce si era fatto leggermente più alto, benché la ragazza continuasse a sibilare.
Harry non sapeva cosa dire in una situazione del genere, tuttavia era conscio che ormai era troppo tardi per impedire un litigio che nemmeno lui capiva da dove fosse nato; convenne che era meglio non mettersi in mezzo a quella diatriba in cui Ron sembrava più che altro confuso.
«Oh» esordì soltanto e Hermione non parve apprezzare.
«Sì che sono arrabbiata, sì!» sbottò esasperata, ma il tono questa volta non era né modulato né vagamente sibilante.
In un attimo giunsero le conseguenze, che in teoria non dovevano essere nemmeno troppo inaspettate.
«Signorina Granger, almeno che non voglia prendere spunto dalla mancante intelligenza del signor Weasley per i suoi compiti, le consiglio di stare in silenzio e concentrarsi sul suo lavoro» borbottò secca una voce alle spalle di Ron e Hermione sobbalzò, troppo presa ad inveire contro un Weasley che aveva distrutto la sua palese felicità. Non si era minimamente accorta dell’arrivo del professore, che dal canto suo aveva assistito al teatrino, attendendo il momento propizio per una buona entrata in scena.
Harry non disse nulla e Ron spalancò gli occhi, fissi su un punto impreciso davanti a sé. Odiava avere Piton alle spalle, era spaventoso.
«Mi scusi, professore» mormorò la ragazza, limitandosi ad abbassare lo sguardo, non prima di aver freddato con un’occhiataccia Ron.
«Lei, signor Weasley, dovrebbe affinare l’arte del silenzio, che sembra non conoscere, così come il signor Potter» aggiunse tagliente, mettendo in mezzo anche un Harry che non aveva fatto palesemente nulla. E non sarebbe stato eccessivo aggiungere anche un ‘per una volta’.
Mormorii d’assenso da parte dei tre convinsero il professore a lasciarli, borbottando qualcosa di poco udibile.
Questa volta i tre rimasero davvero in silenzio; Hermione intenta a scrivere con forse un po’ troppa enfasi, Ron ad osservare il nulla, Harry a torturare la piuma facendo finta di scrivere. Nessuno sembrava intenzionato a dire niente, ma né Ron né Harry avrebbero avuto il coraggio di rivolgere la parola ad un’infuriata Hermione che stendeva parole con tanta forza da sembrare di voler bucare il foglio.
Ron gli lanciò un’occhiata eloquente a cui Potter rispose con un’alzata di spalle: per il momento era meglio lasciarla sfogare a modo suo, concluse, certo che prendersi un libro in testa solo per riaprire una discussione potenzialmente litigiosa non sarebbe stato il massimo.
Ad un tratto, quando finalmente anche Ron aveva accettato il fatto che scrivere qualcosa di mano e di mente sua era l’unica cosa da fare, un mormorio esultante e palesemente festoso si alzò dal gruppo dei Corvonero. L’attenzione di tutti era puntata su di loro, da cui provenivano strilletti felici. Tolti coloro che esultavano – solo ragazze – altre giovani Corvonero sbuffavano seccato e alcuni ragazzi si limitavano ad alzare gli occhi al cielo, assumendo l’espressione di chi si vuole professare superiore, della serie a-me-di-queste-cose-non-importa-nulla-puah.
«Ehi, che succede ai corvi?» chiese la voce concitata di Lavanda, che giusto in quel momento stava allungando il collo in maniera quasi inumana per avere una migliore visuale su quanto stava accadendo a quel tavolo. Nell’impresa per poco non finiva col cadere addosso ad Hermione, che comunque non aveva accettato di buon grado le gomitate che finiva col beccarsi dalla suddetta ragazza.
«Oh, è Bettola» disse Lavanda, storcendo il naso e tornando immediatamente seduta composta.
«Chi?» chiese palesemente scocciata Hermione, sia per aver davvero posto una domanda del genere sia per la situazione in sé.
«Beth Livinston» snocciolò brevemente il suo nome la Brown e questa volta a fare una smorfia fu la Granger: «Chiamarla per nome, scusa?» borbottò contrariata.
Non voleva nemmeno sapere perché fosse chiamata così, infatti evitò di chiedere spiegazioni in merito.
«Tu non puoi capire» cantilenò con un sorrisetto la ragazza, prima di abbandonare la sua postazione per andare sicuramente non dove Hermione si augurava ardentemente finisse. Poco signorile ed elegante, sì, ma in quel momento si sentiva poco incline alla gentilezza.
Sostanzialmente, a quanto pareva la suddetta Bettol– Beth aveva ricevuto un invito da parte di uno degli studenti di Durmstrang che vantava, a voce piuttosto alta, come il secondo più bello della scuola bulgara. Evidentemente, convenne Hermione, era una che andava per l’aspetto esteriore, perché quasi nessuno di quella scuola vantava una grande ampiezza mentale.
In un attimo finì col correggersi lei stessa, perché alcuni avvenimenti recenti smontavano quella sua ultima constatazione, arrossendo subito dopo al ricordo della circostanza recente, appunto.
«Oh, un’altra ha trovato qualcuno con cui andare» si lamentò tragicamente Ron, abbandonando la piuma sulla pergamena, incurante delle macchie che aveva lasciato sul foglio.
In fin dei conti la questione non gli importava veramente, ma era un’ottima scusa per fare una pausa.
Harry si ritrovò ad annuire senza averlo veramente sentito, troppo intento a terminare quella frase che sembrava non voler essere trascritta.
Hermione sbuffò.
«Ne vuoi davvero parlare, Ronald?» chiese retoricamente, in tono acido.
In un modo o nell’altro, il ragazzo dai capelli rossi riusciva sempre a tirare fuori quella discussione, benché asserisse in tono più o meno convinto che per lui non rappresentava un problema. Era evidente che per Ron lamentarsi di continuo era solo un modo come un altro di far notare al mondo come lui fosse assolutamente rilassato: mancavano solo meno di due settimane ad un ballo a cui doveva partecipare e non aveva una ragazza.
Rilassatissimo.
«Beh… manca poco al ballo e forse qualcosa si dovrebbe pur fare…» intercettando lo sguardo di Hermione si affrettò ad aggiungere: «Vero, Harry?»
Il Ragazzo Che È Sopravvissuto grugnì e Ron decise che il suono era da interpretare come totale assenso.
«Ci deve pur essere qualcuna ancora libera» si lamentò Ron con quello che lui voleva far passare per spensierato disinteresse, ma che alle orecchie di chiunque giungeva come semplice disperazione.
«Hai mai pensato al fatto che forse non è il fatto che manchino ragazze libere, ma piuttosto che nessuna di queste sia interessata?» berciò con una calma abissale, neanche gli avesse letto gli ingredienti per una pozione.
Ron storse la bocca in una smorfia, offeso.
Come poteva essere così crudele con loro? Doveva essere solidale, non girare il dito nella piaga. Poi lei non stava messa meglio di loro due, ecco.
«Come puoi essere così spietata, Hermione?» biascicò in tono drammatico e la ragazza pregò con tutta se stessa che fosse intenzionalmente così calcata la tristezza nel suo tono.
«Dovresti aiutarci, sei tu quella che le conosce» gli fece presente e qui il tono si era fatto addirittura cospiratorio: quel ragazzo aveva qualche rotella fuori posto.
«Ron, non stai parlando di una specie rara di salamandra delle paludi, ma di ragazze» sibilò scocciata, notando quella sua strana avversione a relazionarsi in qualsiasi modo con il genere femminile. Anche mentre parlava sembrava parlare di pesci eccessivamente squamosi o di serpenti dalla strana muta.
Forse era anche per quello che non riusciva a trovarsi una ragazza per il ballo, ma di certo, convenne Hermione, non era affar suo. Non era sua madre né la sua balia, poteva benissimo vedersela da sé. Per quanto riguardava Harry, invece, non riusciva a capire come mai fosse ancora nella stessa situazione di Ron.
Ok, Hermione non era un’esperta di mente maschile e tutto il resto, ma aveva ricevuto anche lui qualche invito, perché non lo avesse accettato era un mistero.
«Quello che è» borbottò puntando lo sguardo altrove.
Più in là, sempre presso i Grifondoro, un piccolo boato attirò l’attenzione di tutti. In un attimo Piton era pronto a togliere punti ai gemelli con la stessa velocità con cui ci si lava le mani.
Per lui doveva essere proprio un toccasana.
In quello stesso momento Fred stava animatamente discutendo con il suddetto uomo, provando a… a corromperlo con un libro di pozioni? Quello era ciò che riusciva ad intuire Hermione da lì.
Che sconsiderato. Come al solito stava…
«Perché li stai fissando da mezz’ora? So che vuoi sgridare tu Fred e George perché fanno gli idioti, infrangono le regole e bla bla bla, ma ci ha già pensato Piton» le disse Ron, portandola al tavolo con lui ed Harry.
Forse – ma forse forse, eh – era arrossita.
«Non voglio punire proprio nessuno, Ron» chiarì.
«Tu vuoi sempre sgridare quei due, sembrano starti davvero antipatici» le fece notare con disinteresse, segno che la cosa non gli importava veramente.
Per fortuna.
Il penultimo dei Weasley ora stava tentando di copiare qualche frase che Harry doveva aver scritto dopo aver sudato sette camicie, perciò forse avrebbe smesso di parlare di quell’idiozia del ballo e di tutto il resto.
In ogni caso, la ragazza decise che lo avrebbe semplicemente ignorato – lei, del ballo e di accompagnatori vari, non ne doveva più parlare –, ma l’opzione non sembrava essere gradita dal ragazzo, che in un attimo riaprì la discussione.
«Che poi non è colpa nostra se voi ragazze siete tutte così difficili da accalappiare» borbottò con sufficienza e tanto bastò, insieme al modo in cui si era espresso, a far irritare Hermione.
Si poteva dire con tranquillità che la sua precedente felicità era completamente sparita sotto il cattivo umore, gentilmente portatole da Ron.
«Non siamo animali, Ron!» Hermione sbatté la piuma con poca grazia sul tavolo di legno scuro e si preparò per quella che era una predica con i fiocchi.
Ron fu salvato solo da una palla di carta che piombò tra di loro, facendo sussultare Harry che, da come guardò la pergamena – disperazione mista a qualcosa come orrore –, doveva averla rovinata in maniera grave; una grande macchia scura troneggiava sul suo scritto a causa della boccetta di inchiostro che aveva versato accidentalmente.
Sospirò a fondo, il Ragazzo D’Oro; prima decise che l’avrebbe fatta pagare a chi aveva brutalmente ucciso il lavoro di ore – mezza pergamena, massimo tre quarti –, poi con una composta calma decise di prendersi una pausa e si avvicinò a Ron per leggere il corpo del reato.
Bene, veniva da George. Avrebbe trovato un modo, prima o poi, di ricambiare il favore. E sì, si faceva anche paura da solo.
«Cosa dice?» si informò poi, non riuscendo a leggerla completamente, visto che Ron la teneva completamente piantata davanti alla sua faccia.
La abbassò di poco e lesse anche lui.
«Avete già trovato una ragazza?» lesse concentrato e Hermione non poté che alzare gli occhi al cielo con qualche smorfia.
Da lontano un sorridente George mimava quello che doveva essere ballo da sala, non prima di ricevere uno scappellotto ben assestato da Piton. Di rimando, George, si voltò verso del professore mimò la stessa azione verso di lui.
Un ringhiato «cinquanta punti in meno a Grifondoro» tuonò nella sala, segno che evidentemente non doveva aver gradito l’invito del ragazzo a ballare.
«Silenzio!» sibilò nel tono più furente che il professore riuscì a trovare e in un attimo le risate si ridussero a risolini sparsi e convulsi.
Fosse stato per Hermione se ne sarebbe già andata, ma per qualche strana ragione era una cosa che proprio non poteva fare se non violando le regole. Oppure poteva finire il suo tema, cosa più semplice, visto che le mancavano poche righe. Ammesso e non concesso che Ron la smettesse di interromperla per ammaliarla con le sue massime senza né capo né coda.
Ron e Harry avevano appena confabulato qualcosa che lei si era sfuggito, ma la cosa non la impensieriva più del dovuto: quel ballo la stava davvero stressando e se quei due non si trovavano presto una ragazza sarebbe impazzita a sentirli parlare di quanto fosse difficile «trovarne una che non si muoveva in branco».
«No. Tu con chi ci vai?» sibilò in risposta Ron al fratello, abbastanza ad alta voce da farsi sentire.
Hermione decise che avrebbe davvero finito quella pergamena entro i prossimi cinque minuti, perché la situazione stava divenendo insostenibile per una serie di motivi a lei ancora vagamente confusi.
Tutto quel trambusto per trovarsi una ragazza la infastidiva, voleva solo un po’ di silenzio, tutto qui… e forse la possibilità di sorridere sfacciatamente alla fortuna che sembrava volerle davvero bene ultimamente. Perché dentro di sé, Hermione era ancora decisamente felice, ma era ovvio che non poteva fare altro che sbuffare inviperita all’indirizzo del ragazzo che ora osservava a bocca semiaperta George.
Ok, forse si stava facendo troppe paranoie, ma qualcosa le diceva che ci sarebbe sicuramente stato qualcuno che non avrebbe compreso fino in fondo.
George, poi, si esibì in un atto di eccelsa cavalleria che era degno di lui; Fred si limitò a ridere con trasporto, prima di tornare a confabulare con Lee di solo loro sapevano quale diavoleria. George lanciò una palla di carta – sempre molto galantemente, ovvio – addosso ad Angelina e le chiese di andare al ballo con lui. Con sorpresa di chiunque ritenesse quel modo di invitare rozzo e bislacco, lei accettò di buon grado. Ok, con grande sorpresa di Hermione, che si costrinse a non voltarsi ancora, perché, dannazione, lei doveva finire quel dannato tema ed uscire di lì.
«Oh, è così che si fa?» bisbigliò ad Harry e Hermione si trattenne dallo sbraitargli contro che no, così non si faceva proprio un bel niente, limitandosi a sperare ardentemente che l’amico non decidesse di adottare tale modo per invitare una ragazza, andando in giro per il castello a tirare palle di carta alle povere passanti.
«Suppongo ci voglia solo scioltezza» disse di rimando a bassa voce Harry.
«E culo» fu la pronta risposta di Ron, che ovviamente non era un tipo che andava per il sottile.
«Sì, e naturalezza» mormorò con convinzione, lasciando completamente da parte il tema macchiato.
«Doppio culo» assentì quasi con tragicità il Weasley.
«Allora andateci tutti e due a trovare qualcuna» grugnì esasperata Hermione, che aveva tollerato già abbastanza quegli sproloqui insensati.
«Allora vieni anche tu, così facciamo triplo culo!» ribatté esultante Ron, che già si vedeva pronto ad entrare nella sala del ballo con una bella ragazza. Ovviamente, nella sua mente non vi era nessun vestito merletti munito e dalle potenzialità alquanto imbarazzanti.
Hermione sospirò.
«Non vi aiuterò a trovare una ragazza, chiaro?» si limitò ad asserire, prima di rituffarsi nel suo tema, completamente china sul foglio.
«Giusto, ragazze» ripeté lui con fare un po’ incerto.
La ragazza avrebbe davvero voluto sbattersi una mano sulla fronte; cosa voleva dire «giusto, ragazze»? Pensava forse di poter invitare un ragazzo? Dubitava che la McGranitt avrebbe apprezzato.
«Hermione! Tu sei una ragazza!» saltò su ad un tratto, voltandosi verso Harry, come per cercare la sua approvazione.
«Che occhio, Ronald» soffiò, posando per un attimo la sua attenzione su di lui, per poi tornare ad occuparsi di qualcosa che la interessava decisamente di più.
Erano quattro anni che si conoscevano e lui se ne usciva con quella brillante rivelazione: davvero molto zelante.
«Beh, allora perché non vieni al ballo con uno di noi?» disse ancora, come se quella fosse la cosa più ovvia che esistesse sulla faccia della terra.
Come se avesse addirittura dovuto pensarci lei, evitando a loro l’oneroso incarico di badare a loro stessi.
Come se fosse la cosa più ovvia che lei dovesse fungere da ruota di scorta nel momento in cui i due si rendevano conto che erano senza uno straccio di soluzione.
«Non sono il vostro rimpiazzo, Ronald» lo freddò con il tono più irato che riuscì a tirare fuori. Come si permetteva di vederla come una semplice ruota di scorta, un rimpiazzo bello e buono utile quando non c’era altra via d’uscita? Passassero i compiti e i vari aiuti che non si meritavano – e che comunque spesso non elargiva –, quello superava davvero i limiti.
«Era solo… beh… visto che siamo tutti e tre messi male… pensavo che potevamo aiutarci tra di noi… Infondo anche tu non hai nessuno» aggiunse, dando per scontate un sacco di cose che colpirono Hermione più di quanto avrebbe potuto fare uno schiaffo.
Ron aveva completamente eliminato la possibilità che lei non fosse sola, che qualcuno l’avesse invitata, che qualcuno potesse interessarsi a lei.
Che qualcuno avesse trovato il coraggio di invitarla in maniere gentile e beh… un po’ a modo suo, ma era stato più gentile di quanto lei si sarebbe mai potuta immaginare.
Ron non riteneva possibile che lei potesse piacere a qualcuno e che qualche ragazzo la invitasse non era nemmeno un’eventualità da prendere in considerazione.
Per lui, lei restava la Hermione incollata ai libri, bruttina e senza speranze di essere vista in maniera diversa da qualcuno. Riteneva anche difficile che potesse essere felice di sua spontanea volontà, così, all’improvviso.
«Io ho già qualcuno con cui andare» lo freddò con un’espressione incolore, che non voleva essere minacciosa, ma solo intenta a far trasparire il dolore che le aveva causato quella sua ultima affermazione.
Ringraziò mentalmente il fatto che Harry non avesse detto nulla: non aveva la certezza che la pensasse come Ron e di certo non voleva saperlo.
«Cosa? Stai scherzando, vero?»
Il tono così incredulo e sfacciatamente scettico fu come un altro colpo dritto allo stomaco. Perché era così difficile credere ad una cosa del genere? Cosa aveva lei di diverso da tutte le altre ragazze della scuola?
Ok, non era bellissima né credeva di esserlo; aveva dei capelli orribili, una personalità piuttosto complicata e passioni che forse non tutti arrivavano a comprendere. Eppure era una ragazza come le altre, che sorrideva e poteva essere ferita moralmente. Eppure Ron non sembrava essersene accorto, come se la sua personale immagine di Hermione si sovrapponesse a tutti i cambiamenti che, come qualsiasi persona, aveva subito negli anni. Non si era nemmeno accorto dei denti, che aveva fatto rimpicciolire e di certo quella non era una cosa che passava inosservata.
Semplicemente Ron la vedeva come qualcuno che non aveva interessi diversi dalla lettura e dallo studio, difficilmente incline a concedere al mondo di conoscerla.
Evidentemente si sbagliava.
Lei, invece, era stata invitata e quello era un dettaglio che non poteva passare inavvertito. «No, Ronald, non sto scherzando, sono stata invitata davvero» e qui la bocca di Ron si aprì in un’espressione di puro sconvolgimento e lei decise di rincarare la dose: «E ho anche accettato. Vado al ballo con qualcuno.»
Ron scosse la testa impercettibilmente, tanto incredulo da far vacillare la facciata disinvolta e disinteressata che aveva assunto Hermione.
Le faceva davvero male tutta quella scenata da parte di Ron.
«Stai scherzando… cioè, non ce lo hai detto, come può essere vero?»
«Non sono tenuta a dirvi tutto» lo rimbeccò con indignazione.
«No, non è vero… lo stai dicendo solo per…»
«Solo per cosa, Ronald?» si informò e il tono si era fatto aggressivo più di quanto lei avrebbe dovuto. Vide Harry scoccarle un’occhiata preoccupata, ma decise di ignorarlo. Sapeva che ora Ron avrebbe detto qualcosa di davvero sciocco e forse sarebbe stato più saggio decidere di chiudere lì la discussione.
«Per non far vedere che sei sola, che nessuno ti ha invitata» rispose e ad Hermione cadde il mondo addosso.
Come poteva… come poteva star dicendo davvero una cosa del genere? Una parte di lei, quella razionale e non sconvolta da quanto accadeva, le faceva presente che non lo diceva con cattiveria, non voleva offenderla o umiliarla, ma era troppo scossa per dare adito a qualcosa che le ronzava fastidiosamente nelle orecchie. Quello che sapeva era che Ron stava insinuando che lei era troppo poco tutto per ricevere attenzioni da qualcuno e che, conscia anche lei di ciò, non voleva sfigurare davanti ai suoi amici. Perciò inventava scuse in cui qualcuno la invitava, ma quello che Ron non aveva capito era che quel ‘qualcuno’ c’era davvero e sapeva che ora aveva gli occhi puntati su di lei.
«Io non sono sola, chiaro? Sono stata invitata, andrò con qualcuno al ballo e quello che so è che tu non hai ancora nessuno» era stata velenosa, lo sapeva, ma dentro di lei qualcosa si era spezzato con un tonfo sordo e ora era in balia dell’eco di quella distruzione improvvisa.
Ron, uno dei suoi due migliori amici, come poteva dire una cosa del genere?
«Allora dimmi chi è» le propose con aria di sfida.
Lui continuava a non crederle.
«No» ribatté semplicemente, non intenzionata a dire il nome. Non lo avrebbe rivelato nemmeno se tutto quello non fosse successo e scuramente ora non avrebbe fatto diversamente.
Sapeva che così lui non avrebbe fatto altro che credere più alla versione ‘Hermione mente’, ma non le importava nemmeno di quello. Aveva la consapevolezza certa che fosse reale, lei era stata invitata, ciò che Ron diceva non contava.
«Allora è una bugia» tirò brevemente le somme, con una semplicità che disarmò Hermione. «No che non lo è. Semplicemente non voglio dirti chi è.»
«Guarda che puoi davvero venire o con me o con Harry, non c’è problema…» le assicurò, dando nuovamente per scontato che ciò che diceva Hermione non aveva alcun peso.
Lui stesso si voltò verso Harry, con uno sguardo eloquente, ma lui non si mosse, indeciso su cosa fare.
«Per noi non è davvero un problema» rincarò da solo la dose, mandando completamente a farsi benedire la pazienza di Hermione.
Scattò di colpo, poggiando le mani sul tavolo e facendo traballare pericolosamente la boccetta dell’inchiostro.
«Te lo ripeterò un’ultima volta, Ronald: sono una ragazza, io, sono stata invitata, ho accettato e non sono la ruota di scorta di nessuno. Qui il problema non è per voi, è per me, perché io.vado.già.con.qualcuno» disse furente e calcando particolarmente sulle ultime parole.
Non le importava se avesse finalmente recepito il messaggio, se lo avesse spaventato o se semplicemente credesse che fosse diventata pazza. Lo aveva detto e tanto le bastava.
Sfortunatamente per lei, però, la sua brillante arringa era stata ad un tono di voce un po’ troppo alto che alle orecchie di Piton era giunto come urla sovrumane.
In un attimo, infatti, giunse alle spalle di Ron – forse lo faceva anche apposta – e freddò la ragazza con il suo peggior sguardo.
«Signorina Granger, per quanto interessante sia sapere che lei è una ragazza» la smorfia non se l’era immaginata, no «e che qualcuno l’ha invitata» il tono era scettico, non si era immaginato nemmeno quello «ci terrei a farle presente che questa è una scuola, non un mercato, e che a me non interessano minimamente i suoi drammi sentimentali» concluse con la sua voce strascicata e mortalmente minacciosa.
Hermione arrossì come mai in vita sua e l’ira che l’aveva portata ad inveire contro Ron ci mise un attimo a scemare completamente.
«Certo professore» mormorò.
Aveva dato spettacolo in maniera indecente ed era già la seconda volta che Piton la riprendeva. Quel giorno che sembrava essere partito tanto bene si stava rivelando pieno di insidie e disastri.
«E vorrei farle notare che per me lei risulta un problema assillante se continua a starnazzare come un’oca» berciò ancora, discretamente felice di poter umiliare l’integra e saccente Hermione Granger. Quest’ultima decise che la dignità sarebbe comunque venuta prima, perciò sostenne lo sguardo irato del professore.
Sentiva il tavolo dei Serpeverde sghignazzare della sua ultima performance, ma decise di ignorare tutto.
Ignorò Harry che la chiamò a bassa voce, ignorò Ron che la osservava ancora sconvolto, tanto da non avere il coraggio di dirle nulla, ignorò i tre bigliettini che profumavano alle rose di Lavanda in cui le chiedeva con chi andasse e ignorò anche la sensazione che avvertiva alla nuca. Si sentiva osservata, sapeva da chi in particolare, ma dopo la sua performance voltarsi era l’ultima cosa da fare.
Concluse il suo tema e rimise tutto in ordine; i libri nella tracolla, arrotolò la pergamena e chiuse la boccetta dell’inchiostro. Sotto lo sguardo dei due ragazzi – Ron mezzo sconvolto e Harry preoccupato – Hermione si alzò e si diresse da un Piton che le rivolse un’occhiataccia più che eloquente. Piton le strappò quasi di mano il quaderno che gli porse e poi lei tornò nuovamente alla tavolata. Qui afferrò la tracolla e fece per andare, quando Ron biascicò qualcosa: «Ma chi ti ha… cioè, davvero tu… qualcuno… ha invitato te…»
Hermione stessa non riusciva a capire se fosse sconvolto per l’atto in sé nei suoi confronti o per il fatto che qualcuno avesse invitato proprio lei. Forse per altro, ma davvero non capiva.
«Sì, Ronald, qualcuno mi ha invitata semplicemente perché ha avuto il coraggio di farlo e ha capito prima che sono una ragazza!»
Al ché il grugnito di Piton la convinse ad andarsene davvero, perché era certa che se fosse rimasta per un attimo ancora in quella sala si sarebbe resa maggiormente ridicola e Ron avrebbe detto qualcos’altro di poco gentile.
«Secondo te dice la verità?» Ron interpellò Harry, cercando un parere esterno.
Cioè… com’era possibile che… no, era impossibile.
«Non lo so» si limitò a ribattere, anche lui piuttosto stranito, ma a sua discolpa poteva dire che lo era per il semplice fatto che Hermione non gli aveva detto nulla.
Forse lo avrebbe fatto in un secondo momento, ma data la situazione che si era venuta a creare, il tutto aveva preso una pessima piega.
«Non ci ha nemmeno detto nulla» si lamentò senza grande enfasi.
«Forse lo avrebbe fatto se le avessimo dato tempo» gli fece notare.
«Magari lo dice davvero perché nessuno l’ha invitata… forse…»
«Ronnie, ogni tanto mi vergogno davvero di essere tuo fratello» una voce ironica provenne da dietro di loro. Fred li osservava sorridente, mentre arrotolava una pergamena.
«Non rompere, Fred» lo rimbeccò «non è giornata.»
«Oh, sicuramente non lo è. Ti sembra il modo di trattare una ragazza? Ecco perché non ne hai trovata nemmeno una, Ronnie Wolly!»
«Cosa ne vuoi sapere tu?» abbaiò, premurandosi comunque di tenere la voce abbastanza bassa.
Piton era dall’altro lato della sala che inveiva contro dei Tassorosso, farlo giungere da loro era il suo ultimo desiderio.
«So che fai schifo con le ragazze, ma Hermione è tua amica, sei stato veramente orribile» gli fece presente e Ron non seppe se quella punta di biasimo e forse vaga irritazione, passata solo per un attimo nei suoi occhi, se la fosse immaginata.
«Sta’ zitto» si limitò a liquidarlo, piuttosto imbarazzato, poi aggiunse: «Piuttosto, tu con chi ci vai al ballo?»
In un attimo, sul volto di Fred si delineo il sorriso più malandrino che i due avessero mai visto. «Cosa stai nascondendo?» gli chiese torvo Ron.
Possibile che anche lui avesse già trovato qualcuna? Evidentemente l’unico scemo rimasto era lui. E Harry.
«Niente, fratellino cretino» gli rispose facendogli l’occhiolino, cosa che insospettì maggiormente Ron.
«Allora? Con chi vai?»
«Segreto» ribatté ermeticamente.
«Cosa? Ma sono tuo fratello!» si lamentò.
Lui esordì in una risata bassa, che venne zittita da un colpo alla testa ben assestato made in Piton.
«Che cosa ci fai lei qui, Weasley?» ringhiò con astio ed era davvero arrabbiato: aveva tolto il signor e quello voleva dire davvero tutto.
«Nulla, stavo salutando mio fratello, i legami familiari sono importanti, sa?» espose con un sorriso derisorio. Piton, un giorno o l’altro, lo avrebbe davvero ucciso, magari facendolo passare per un incidente.
«Allora vada, subito» gli intimò minaccioso.
Proprio prima che se ne andasse, Ron soffio parole sconnesse: «No, aspetta! Con chi…»
«Ah, Ronnie, sono un ragazzo, sai? Io sono un ragazzo» ripeté con un sorriso sbarazzino, mentre George, appena arrivato, aggiunse: «Oh, sì sì, proprio un ragazzo!» Poi si voltarono ed uscirono dalla sala.
«Cosa…?» chiese interrogativo verso Harry.
Che diavolo voleva dire che era un ragazzo? Lo sapeva, vivevano sotto lo stesso tetto!
Harry scrollò le spalle, ma sul suo volto troneggiava un’espressione perplessa.
«Che vuol dire? Non mi ha detto con chi va!» si lagnò.
«Signor Weasley, chiunque con un po’ di cervello ci arriverebbe, ma è evidente che lei ha la stessa sfera di comprendonio di una vecchia ciabatta» sibilò Piton, alzando gli occhi al cielo nel vedere l’espressione vagamente confusa con cui lo guardò il ragazzo. Era un caso perso, totalmente privo di speranza.
Ron si sforzò di collegare questo a quello e quello a questo, in cerca di una risposta, ma a lui non veniva proprio in mente nulla.
«Non sforzi qualcosa che non c’è, è evidente che è inutile» borbottò ancora e Ron intuì che forse forse stava anche insultando la sua intelligenza.
Forse, ecco.
«Ma cosa–»
«Lasci perdere, la prossima volta chieda al suo sciocco fratello di utilizzare codici più alla sua portata mentale» commentò sprezzante e decise che con quei Grifondoro lui aveva già perso troppo tempo.
«Veda almeno di tenere la bocca chiusa, la sua cavità orale è ai più disgustosa. Lei faccia silenzio Potter» intimò al povero Harry, che lo guardò stralunato.
No, non aveva detto nulla nemmeno questa volta.



La fantomatica sera del ballo era finalmente giunta e ora il castello ospitava molte coppie che si apprestavano a raggiungere la sala in cui si sarebbe tenuta la cerimonia di apertura. Sì, giusto poco fa la McGranitt aveva deciso di informare Harry che i campioni avrebbero aperto le danze, mandandolo completamente in brodo di giuggiole perciò, insieme ad un Ron completamente isterico, entrambi attendevano al fondo della scala che le rispettive compagne scendessero.
Alla fine Harry era riuscito a risolvere la situazione per entrambi; lui andava con Calì e Ron con Padma. Erano giunti tanto agli sgoccioli che il mago dai capelli rossi non aveva nemmeno osato commentare, anzi, aveva accettato di buon grado.
Dal litigio con Hermione, i due non si erano più parlati, ma Ron aveva tentato in tutti i modi di scoprire con chi andasse, cercando anche di capire chi fosse la partner di Fred.
Non aveva scoperto né l’una né l’altra cosa e alla fine non aveva potuto fare altro che rassegnarsi.
«Miseriaccia… Questo coso è… è… oh, miseriaccia!» borbottò concitato Ron, mentre torturava uno dei tanti merletti di cui era composto il suo abito, nella speranza di farlo sparire.
Harry non aveva avuto cuore di dire nulla per quanto riguardava quell’abito e doveva anche ammettere di sentirsi vagamente in colpa per il vestito che invece indossava lui. No, niente merletti di sorta.
«Non voglio ballare, non voglio trovarmi qui, non voglio nemmeno avere questo coso addosso, mi sembra di essere vestito con la carcassa di un opossum! E puzza! Lo hai odorato, Harry?» si lamentò ancora, rinunciando a distruggere quelle aberranti escrescenze che rendevano l’abito solo più brutto di quanto non fosse.
Harry dischiuse la bocca in cerca di buone parole con cui consolare l’amico, ma non trovò nulla di meglio di: «No, non l’ho odorato.»
Lo sguardo disperato che gli lanciò l’amico lo spinse a tentare ancora; sembrava in procinto di buttarsi dalla prima finestra che gli fosse capitata sotto tiro.
«Dai, Ron, sono solo poche ore… non può sicuramente essere peggio di Pozioni con Piton insieme ai Serpeverde» lo rassicurò e proprio in quel momento alle loro spalle passò un inviperito Piton che li fulminò con il suo peggior sguardo.
«Oh, dai, anche il suo vestito è migliore del mio!»
«A me sembra uguale a quello che indossa ogni giorno» mormorò ed in effetti era anche vero. Evidentemente lui non aveva visto la necessità di cambiarsi per un evento così idiota, sciocco, inutile e obbligatorio. Erano queste le parole con cui lo aveva descritto giusto qualche giorno prima.
Sarebbe sicuramente stato uno spasso vederlo ballare con la McGranitt.
Ron si rabbuiò maggiormente e prese a guardare con astio la scala davanti a loro.
«Hermione non si è ancora fatta vedere» commentò, come a voler sondare il terreno.
«Magari è già dentro» fece presente Harry.
«O forse è in camera sua a studiare» ribatté sagace Ron, certo che fosse così. Nessuno sapeva con chi andasse, come poteva essere diversamente a quel punto?
Aveva mentito, quel pomeriggio e nel frattempo non era riuscita a trovare nessuno che la accompagnasse.
Harry non rispose e si limitò ad inarcare un sopracciglio.
Parlava sul serio?
«Miseriaccia, ma quanto ci mettono? Io lo avevo detto che dovevamo andare io e te, avremmo avuto sicuramente meno problemi» grugnì e la cosa peggiore era che sembrava anche piuttosto serio.
«Ehm, no, non sarebbe stata una buona idea. Ti sarebbe toccato anche aprire le danze davanti a tutti» gli ricordò e nella sua voce si poteva scorgere solo angoscia e disperazione.
No, Harry non era per nulla contento di quella notizia dell’ultimo minuto e ballare davanti a tre scuole – non una, tre e lui non sapeva nemmeno ballare decentemente – era l’ultima cosa che si sarebbe mai sognato di fare.
«Oh, giusto. No, hai ragione, non sarebbe stata una buona idea.»
«Cosa non sarebbe stata una buona idea?» una voce allegra li fece voltare e si trovarono davanti un sorridente Fred. George si stava già allontanando dopo un breve cenno di saluto con Angelina.
«Non ucciderti» soffiò con rabbia Ron. Ci mancava solo un fratello rompiscatole a rendere quella serata la peggiore della sua vita.
«Oh. Pensavo non accettare l’invito a ballare della McGranitt! Dai, dopo che avete amabilmente ballato insieme vuoi che non si aspetti un ballo come si deve in sala?» disse con fare cospiratorio, facendo sbiancare il suo già fin troppo pallido fratello.
Ron si voltò disgustato e terrorizzato verso Harry, che accolse la sua disperazione con un’esitante alzata di spalle. Fred rise di gusto alla stupidità del fratello.
«Scherzavo, lei ballerà solo con Piton, non avete visto che feeling c’è tra quei due?»
«Ah, smettila! Piuttosto, che ci fai tu qui?»
«Secondo te? Aspetto la mia dama!» e con fare elegante si passò una mano tra i capelli.
Ron sbuffò e Harry inarcò un sopracciglio; era evidente che Ron ancora non doveva aver decifrato lo pseudo messaggio che gli aveva lanciato Fred quel pomeriggio; forse lui aveva capito, quella sera avrebbe scoperto se ci aveva visto giusto, ma Ron era ancora ignaro di tutto.
Se era come pensava sarebbe stato un duro colpo.
«Hai intenzione di dirci con chi vai?»
«Ovvio che no, fratellino cretino» cantilenò e ridendo alla rabbia di Ron continuò: «Perché dovrei dirtelo? Aspetta un altro po’ e lo scoprirai tu stesso.»
Fred osservò il fratello che ricambiava il suo sguardo oltraggiato e si rese conto lui stesso che lui non aveva capito proprio niente.
«Oh, credo che voi due non dobbiate più aspettare» e così dicendo fece cenno alle due ragazze dai vestiti decisamente colorati che stavano scendendo la scala, parlottando concitate. Padma sembrava poco convinta, ma Ron decise che avrebbe evitato di soffermarsi su quel punto.
Forse era solo il vestito che sviava un po’ la sua opinione, tutto lì.
«Ciao» dissero in coro ed entrambe si posizionarono al fianco del proprio cavaliere. Harry ingoiò a vuoto e Ron sostenne con le orecchie in fiamme lo sguardo davvero poco convinto della sua dama.
«Andiamo» ringhiò allora, trascinando letteralmente via la giovane, che protestò debolmente.
«Si saluta, Ronnie!» gli gridò Fred ridendo e poi, con sguardo cospiratorio, si rivolse ad Harry: «Buona fortuna per dopo; si sa, c’è sempre qualcuno che apre le danze e inciampa nel tappeto!» Poi gli fece l’occhiolino, come a fargli capire che scherzava, ma Harry ormai era più pallido di un cadavere.
Salutò il Weasley con un cenno meccanico e si avviò verso la sala addobbata a dovere come se stesse per andare al patibolo.
Oh, beh, quattro salti lo avrebbero fatto riprendere, si disse Fred. Se non inciampava nel tappeto.
Beh, ora non era importante, chi stava aspettando stava scendendo le scale proprio in quel momento e tutto il resto aveva relativamente poca importanza. Sorrise e le andò incontro.


Ron voleva affogarsi nella grande scodella del punch. O in quella del succo di zucca. Forse sarebbe potuto andare ad infastidire Piton tanto da farsi uccidere in maniera brutale. Magari indolore, avrebbe preferito.
I quattro campioni avevano appena aperto le danze e Cedric Diggory aveva per un solo attimo perso l’equilibrio; quel tappeto era una trappola.
Alcune coppie si stavano già aggiungendo alle quattro principali e lui decise che avrebbe perso quanto più tempo possibile prima di andare a ballare. Harry intanto sembrava in procinto di far cadere Calì, ma quest’ultima sorrideva esultate. Era evidente che non era a conoscenza del pericolo che correva.
Padma per il momento si limitava ad applaudire e ridere, di tanto in tanto lanciando occhiate scettiche a Ron. Finché lei non avesse proposto di ballare lui non si sarebbe mosso, assolutamente no.
O forse lo avrebbe fatto per affogarsi nella grande ciotola di liquido arancione.
Sì, di quel passo avrebbe anche finito con l’infilzarsi con la sua stessa bacchetta.
E fu davvero in procinto di cadere stecchito per terra quando vide qualcosa che lo sconvolse. E anche tanto.
No, nulla a che vedere con superfici riflettenti che gli mostrarono la sua immagine avvolta in un abito particolarmente demodé.
Qualcosa che mai e poi mai si sarebbe potuto immaginare e per scampare a ciò che stava vedendo avrebbe anche preferito seguire i ragni.
No, non poteva essere. Era uno scherzo.
Ovvio, probabilmente stava ancora dormendo e quell’ipotesi avrebbe anche spiegato perché aveva indosso un abito così ridicolo.
Cioè, lei… no, lui… lei e lui… loro, dannazione, loro!
Non poteva essere. Lo avrebbe capito subito, invece no…
Ragazzo… ragazza…
No, stava sognando. Si diede uno schiaffo, Ron, forte e ben piazzato, proprio sulla guancia ed era certo che il sangue fosse già fluito in modo da lasciare l’impronta di cinque lunghe dita.
Faceva anche un male cane.
Eppure non si stava svegliando proprio da un bel niente, quei… due… sì, erano ancora lì, che ballavano ridendo. E lui era sveglio.
Anche Padma si voltò quando sentì il suono dello schiaffo – vuoi perché fu davvero forte o solo perché era vicina a lui – e lo guardò interrogativa.
«Che ti prende?» chiese e vedendo che l’attenzione di Ron era incentrata altrove, in un punto alle sue spalle, seguì tale traiettoria.
E li vide anche lei, perciò proprio no, Ron non stava dormendo, era sveglio come se gli avessero appena versato addosso una secchiata di acqua gelida.
«Oh! Ma quella è Hermione Granger!» disse con un sorriso sorpreso. «Alla fine si è scoperto chi è il suo cavaliere!» continuò ancora, con fare esultante.
«Scusa, ma tu come facevi a non saperlo? Lui non è–»
«Non dire altro» la freddò in tono monocorde.
Sì, Ron era ancora sconvolto.
«Ma–»
«Non una parola» biascicò quasi come se quelle tre parole fossero difficili da pronunciare.
Come aveva fatto a non capirlo?
Un ragazzo… lui. Una ragazza… lei.
«Non può essere… lo disconosco… lo caccerò di casa!»
«Di cosa stai parlando?» chiese con una punta di confusione nella voce Padma.
«Quello non è mio fratello!»
E con grandi falcate fece per allontanarsi dalla calca di gente che ancora aspettava il suo momento per buttarsi in pista.
No, non poteva proprio essere, nemmeno per scherzo. Dire che Ron era sconvolto era poco e ad accentuare il tutto fu il fatto che vide passare sotto i suoi occhi una volteggiante coppia di ballerini composta da Minerva e Severus.
Voleva pure vomitare.
Dov’era la ciotola del succo di zucca? Perfino Padma aveva rinunciato a lui.
Harry che intercettò la sagoma dell’amico tra la folla, mentre volteggiava amabilmente con la compagna, intuì che davvero Ron non aveva capito con chi andava Hermione.
E nemmeno con chi andava Fred, evidentemente.
Una ragazza e un ragazzo; per formare una coppia non basta questo?
Beh, a discolpa del povero Ron, Harry convenne che Hermione e Fred avrebbero potuto dire che andavano insieme.
Un ragazzo e una ragazza.
Poco più in là Fred e Hermione ballavano con un sorriso raggiante stampato in volto.
«Ah, non preoccuparti per lui, non si affogherà davvero nel succo di zucca.»
«Come fai a saperlo?»
«Perché poi non potrebbe affogarci me!»



Nihaaaaaaal!*urla* Nihaaaaal!*la acciuffa* Oh, cara, che piacere! Bene, questa cosa qua è tua, ti spetta di diritto, non so quale diritto, ma sì, è tua!*O*... perché ti stai allontanando lentamente? Tsk, vabbé, tanto ormai te l'ho dedicata!u___ù



Una Fred/Hermione, ovviamente!ù___u’ Comunque, oltre questa ovvia precisazione inutile, è il caso di precisare che questa shot è ambientata durante il quarto film, perciò si rifà e ciò che viene detto nella versione cinematografica. Questo, sostanzialmente, spiega perché vediamo un Piton che vaga come un’anima in pena in cerca di studenti a cui torcere il collo e a rimboccarsi le maniche, ecco. E poi perché tutti gli studenti sono ammassati in un’unica sala a fare compiti così, a random, tanto per fare qualcosa. Non ho ancora ben capito cosa sia quello che Hermione da a Piton, ma facciamo finta che sia una specie di quaderno e siamo tutti più felici!ù__u’
Poi… i dialoghi sono praticamente diversi, ma qual cosina l’ho ripresa e anche più o meno le azioni.. diciamo che ho preso il contesto, Piton e qualcos’altro e dentro ci ho messo battute diverse e pure la cara Beth Livinston!XD
Era già da un po’ che pensavo a come sarebbe potuta andare se Hermione fosse andata al ballo con Fred e visto che avevo tempo da perdere l’ho scritta… niente di che, solo qualcosa per rendere felice una a cui piace la Fred/Hermione e ha poco a cui aggrapparsi!XDXD
Boh, che altro dire? Niente, a meno che non ci sia qualche buona anima che domani vuole godersi a posto mio il fantastico primo giorno di scuola! Su, qualcuno? Dai! Un bel primo giorno di quarta! Chi non vuole fare quarta?... suppongo nessuno!XD Va bene, mi terrò la mia tortura!XDXD
  
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