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Autore: JulietStarLight96    12/09/2011    4 recensioni
Questa storia è molto autobiografica, c'è molto della mia storia, della mia vita. Parla di me, di un liceo classico, di un ragazzo, di due sorelle, della prima volta per tante cose.
«Vuoi un tiro?»
«Preferisco la cioccolata.»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scesi dalla mia Vespa, che avevo parcheggiato dove l’avevo messa il primo giorno, e mi avviai verso il punto dove Silvia mi aspettava, come tutte le mattine. Stavo per salutarla con un bacio sulla guancia, quando vidi, dall’altra parte della strada, Francesca che mi faceva dei cenni di saluto, voleva che mi unissi a loro; piuttosto che passare un’altra mattinata con lei, sarei stata perfino con degli ubriachi, e le risate che provenivano dal gruppone riunito lì davanti erano molto più allettanti della parlantina della mia compagna di banco, così la salutai con la mano e tirai dritto, attraversando incurante delle macchine. I ragazzi riuniti lì sul marciapiede mi guardavano, sentivo i loro sguardi appiccicati addosso come se fossi una calamita; sapevo che stavano valutando se il mio era un suicidio, un tentativo di attaccarmi al gruppo in cui (a quanto pareva) era impossibile entrare, o se quelli avessero sul serio invitato una di prima. Ero piuttosto preparata a questo, per cui mi ero messa i miei vestiti migliori, un paio di jeans neri attillati, che mi slanciavano un po’, le mie Coq bianche che ormai erano bianco sporco, e una canotta grigia molto stretta; quella fu indubbiamente la camminata più lunga della mia vita, dubito fortemente che le modelle alle sfilate abbiano così tanti occhi addosso come li ho avuti io in quel momento.
Appena arrivai là, lei mi prese sotto braccio iniziando a presentarmi tutti, spiegandomi che questa era solo una parte del gruppo, quelli che frequentavano la mia scuola; riconobbi subito Carlotta, i capelli lunghi e lisci come spaghetti, di un castano spento, certo, niente di che, ma la sua simpatia e la voce bassa potevano catturare, in qualche modo a me sconosciuto. Pronunciò una sfilza di nomi che restavano sospesi nell’aria, per poi cadere lentamente sui visi dei proprietari, come piccole etichette si attaccavano sulla fronte: Mec, Edo, Giu, Cate, Carlo, Jenny. Cose così. Ognuno rispondeva con un cenno della mano, ognuno mi faceva un’impressione diversa, ognuno era vestito in modo diverso, ma comunque con qualcosa di costoso. Continuavo davvero a non capire perché avevano scelto proprio me, quando c’era gente che aveva molti più capi firmati di me, o comunque che ci teneva a stare lì più di me. Avrei scommesso che Silvia avrebbe saputo dirmi nome, cognome, anno di scuola e storia personale di ognuno di loro, persino se erano fidanzati o meno.
Stavo guardando le porte aspettando che la campanella suonasse, ascoltando distrattamente i loro discorsi che riguardavano una festa che ci sarebbe stata tra due weekend, quando sentii un ‘ciao’ detto con accento leggermente straniero; mi girai e una ragazza che pareva una bambola stava in piedi davanti a me, un sorriso sicuro sul volto pallido e i capelli biondi raccolti in una coda alta che glieli faceva svolazzare ad ogni movimento della testa. Aveva gli occhi verde acqua che cercavano qualcosa nei miei, sulla sua fronte, sotto il ciuffo, riuscivo ancora a leggere il suo nome, Jenny. Sì, lei era proprio Jenny. Aveva le labbra fin troppo cariche di lucidalabbra, sembrava una delle ragazze rifatte già da giovani, ma tutto sommato aveva quella vaga timidezza nei tratti, qualcosa che mi intenerì. «Ciao.» le dissi sorridendo a mia volta. «Tu sei Jenny, vero?» lei annuì, si vedeva che le faceva piacere essere riconosciuta, e io le stavo dando quello che voleva sentirsi dire. Il suo vestitino corto a fiori svolazzò quando si voltò per controllare che la campanella non fosse ancora suonata; mi prese sottobraccio e attraversammo la strada insieme, seguite dal resto del gruppo, mentre io non potevo fare altro che notare tutto lo stupore e l’ammirazione negli occhi dei liceali a cui passavamo di fianco. «Ti ci abituerai.» mi disse lei con quello strano accento, mentre superavamo un paio di ragazzine che si misero a parlottare subito dopo che fummo passate. «Intendo a tutto questo. Alle occhiate, allo stupore. Non scegliamo quasi mai gente di prima, e loro lo sanno. Per questo sono così.» disse sorridendo come una regina al suo popolo continuando a camminare. Indubbiamente ci sapeva fare.
Mi accompagnò fino al corridoio dove c’era la mia classe, ed entrò salutandomi con la mano in un’aula vicino alla mia; quando vidi arrivare Ginni dalle scale le corsi incontro, e la baciai leggera sulla guancia, il suo profumo era dolce, buonissimo, sapeva di magnolia e vaniglia, come una specie di giardino delle fate. Probabilmente lei era una fata, di quelle buone, con i vestitini lilla e le alette che lasciano brillantini. Mi lasciò tracce di lucidalabbra sul viso per salutarmi, poi si mise a parlare di come fosse contenta di essere mia amica, e se poteva mettersi di fianco a me perché il suo compagno di banco era praticamente muto; sentire la sua voce allegra di prima mattina era meglio di un caffè, mi mise subito di buon umore, tant’è che la feci sedere di fianco a me spiegando a Silvia che Simone, il suo ex compagno di banco, era molto simpatico e lei si sedette allegra di fianco a lui. Il muto e il gazzettino, bella coppia.
Passai quelle pesantissime cinque ore a chiacchierare con lei, a fare disegnini e a giocare a Tris e all’Impiccato, passammo anche la ricreazione insieme a guardare fuori dalla finestra i passanti, provare ad indovinare nomi e professioni, come un gioco che facevo da bambina. Mi sembrava di essere due persone diverse, una era la Maggie che usciva quando ero con lei, la vera me, quella che rideva e scherzava e non si preoccupava di cantare ad alta voce e faceva disegnini ovunque trovasse un foglio bianco, mentre con quel nuovo gruppo ero un’altra Maggie, ero quella che usava vestiti attillati, che evidenziava i propri pregi, che non faceva nulla di ‘socialmente disdicevole’, che si curava dell’impressione degli altri.
Passarono così due settimane, due settimane in cui tutte le mattine mi riunivo con il gruppo, in cui parlavo con Jenny o Carlotta, visto che gli altri non mi consideravano ancora molto, e a ricreazione guardavamo la gente fuori dalla finestra, una cuffietta dell’iPod per una, parlando di tutto. Al pomeriggio facevo i pochi compiti che ci davano mangiando biscotti, una playlist diversa ogni volta. Mi piaceva stare da sola ascoltando la musica, era parte di me, era come se riempisse il bianco della mia vita, le parti non disegnate, i sorrisi mancati, era come se mi desse l’ispirazione, la carica, come se mi liberasse le lacrime quando serviva e mi coccolava prima di addormentarmi. Furono due settimane da favola, come quelle dei film, con una canzone in sottofondo e immagini calde sullo schermo.
Finché un Sabato mattina quelli della scuola privata Sant’Antonio non avevano lezione, e vennero lì, per riunirsi con noi prima che entrassimo a scuola, e questo significava nuovi nomi, nuove facce. Jack, Stef, Nora, Tommi. Mi fermai al proprietario dell’ultimo nome, qualcosa mi aveva catturato; cercai disperatamente di ricordare perché avevo già visto quel ragazzo. Capelli neri, occhi blu come il mare in tempesta, riccioli che circondavano leggeri il suo viso. Merda. Era il ragazzo che avevo investito il primo giorno. E a quanto pare anche lui mi aveva riconosciuto.


Cercate di non morire di suspance xD Già, il ragazzo che ho investito si chiama Tommaso, detto Tommi, e sì, frequenta il Sant'Antonio. Sfiga peggio della mia non c'è ahahahah Anyway, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e che vogliate dirmi cosa vi abbia colpito/cosa non vi è piaciuto lasciando una recensione, anche poche righe, tanto per dire 'hei, ho letto la tua storia'. Ve ne sarei molto grata :3
Grazie anche alla mia Pru, che probabilmente sarà la prima a leggere questo capitolo, a Black perchè le piace quello che scrivo e a nuage91 per i consigli che mi ha dato per l'università :) Un bacione anche a quelle tre folli persone che hanno messo questa storia tra le seguite, grazie a tutti<3


   
 
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