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Autore: Moony3    12/09/2011    3 recensioni
Questa storia è un Antefatto della mia precedente long fiction: "La Chiave del Tempo" (quindi, essendo un Antefatto, può essere letta da tutti).
È strettamente legata al Tempo, ma non racconta di un Viaggio nel Tempo: è un Viaggio nel Tempo.
Vi ritroverete infatti a passeggiare tra i secoli, guidati da personaggi - a volte famosi (ma non troppo) altre no - che vi permetteranno, cortesi, di sbirciare nelle loro vite.
Perché, tra le altre cose, questa storia è stata la scusa ideale per immaginarmi quello che potrebbe essere successo prima degli avvenimenti raccontati da J. K. Rowling.
Se anche voi siete afflitti da questa curiosità, liberate la fantasia e partite per questo (non così) lungo viaggio sulle tracce de "I Custodi delle Chiavi del Tempo".
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Nuovo personaggio, Teddy Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo Sesto


 La capanna dello zio Al




Londra, 26 luglio 1972 A.D.

Il sole era già alto, quando Alphard aprì gli occhi e osservò pigro la luce dorata che filtrava tra le tende mosse dalla leggera brezza estiva.
Raffinate tende di pizzo.
A Walburga non sarebbero piaciute, probabilmente. Per una volta era d'accordo con lei.
Girandosi per nascondere il viso nel cuscino, Alphard rabbrividì leggermente al contatto delle lenzuola sulla pelle.
Raffinate lenzuola di seta.
Non aveva mai amato la seta: detestava la sensazione un po' scivolosa che la caratterizzava.
Di conseguenza, non amava dormire avvolto in raffinate lenzuola di seta. Gli sembrava di essere avviluppato in una ragnatela di Acromantula e non trovava la cosa particolarmente entusiasmante.
Sospirando inalò, suo malgrado, il profumo che impregnava le lenzuola.
Raffinato profumo floreale.
Intenso. Troppo intenso, per i suoi gusti poco squisiti. E troppo dolce.
Poteva scorgervi un sentore di gigli, forse. E di rose. Oh, e l'immancabile nota di violetta, naturalmente.
Nulla a che vedere con le lenzuola di lino, delicatamente profumate di lavanda, che usava Erin.

«Alphard? Sei sveglio?»

Odiandosi per quei pensieri assai poco cavallereschi, Alphard si voltò verso la proprietaria di tutte quelle raffinate delizie e, abbozzando un sorriso, indicò le sventolanti tende di pizzo.
«Sì, Morrigan, anche se temo di essere stato semi-ipnotizzato dalle tue vezzose tendine».
Morrigan sorrise, scostandosi assonnata i capelli biondi dal viso. «Non le trovi irresistibili?».
«Irresistibili non è esattamente il primo aggettivo che evocano nella mia mente, temo».
«Uhm... penso proprio che eviterò di chiederti quale sia questo aggettivo».
Alphard rise sommesso, sollevandosi leggermente e appoggiandosi su un gomito. «L'ho sempre saputo che sei una donna saggia, Morrigan».
«Ma non hai mai neppure sospettato che nascondessi gusti tanto... vezzosi» affermò Morrigan, giocherellando distratta con il medaglione che Alphard portava sempre al collo.
L'uomo, con decisa gentilezza, le imprigionò la mano allontanandola dal medaglione e portandosela alle labbra. «Ora mi stai sottovalutando, però».
«Dici?»
«Dico. Un essere umano che non fa altro che sgranocchiare caramelle alla violetta deve essere dotato di gusti estremamente vezzosi. Glover, che non fa altro che fumare quel disgustoso tabacco da pipa, deve esserne del tutto privo, invece».
Morrigan ridacchiò, tirando scherzosa una ciocca di capelli ad Alphard. «Deduzione interessante, Black».
L'uomo annuì, stringendo con delicatezza il polso di Morrigan e studiando incuriosito l'elaborato tatuaggio che la donna aveva sull'avambraccio.
In un primo momento gli sembrò la raffigurazione di un drago grassoccio intento a sputare fiamme ma, dopo un esame più approfondito, si rese conto che si trattava di un inquietante teschio dalla cui bocca fuoriusciva un serpente dall'aria alquanto truce.
«Certo che li nascondi bene i tuoi gusti tanto vezzosi, Morrigan» esclamò stupito. «Ora non sono più tanto sicuro che Glover ne sia del tutto privo. Anzi, sono quasi convinto che l'utilizzo del pestilenziale tabacco da pipa serva solo a dissimularli, i gusti vezzosi, e che la sera il nostro Glover ami indossare vaporose camicie da notte impreziosite da delicati ricami floreali».
Morrigan rise, districando il polso dalla stretta di Alphard. «Spero proprio di no! Merlino, che immagine raccapricciante!»
Alphard si strinse nelle spalle e indicò il tatuaggio. «Anche quello è piuttosto raccapricciante. Una scelta davvero insolita per una signora che ama le tende di pizzo e le caramelle alla violetta».
Morrigan lo scrutò incerta, mordicchiandosi nervosa il labbro inferiore per qualche istante, quindi si mise a sedere appoggiandosi all'elaborata testiera del letto e, guardando il compagno negli occhi, disse seria: «Dovrebbe essere un segreto, Alphard. Ma credo che tu possa sapere. In fondo, lui spera di farne presto uno anche a te...»
«Lui?»
«Lord Voldemort. Non ho scelto io il soggetto del tatuaggio. Lo ha scelto lui. Lo imprime sull'avambraccio di tutti coloro di cui si fida. Vorrebbe ne avessi uno anche tu. E' convinto che un mago del tuo talento - e della tua stirpe - dovrebbe proprio entrare nel novero dei suoi seguaci più intimi».
Alphard sgranò gli occhi, sconcertato. Morrigan lo aveva trascinato a un paio delle famose riunioni di Riddle. Ma lui non era mai riuscito a mostrare entusiasmo per le idee del vecchio compagno di dormitorio. E non gli era sembrato che Riddle avesse particolarmente apprezzato la sua presenza. Riddle, del resto, non era solito apprezzare particolarmente coloro che non gli mostravano una cieca adorazione. «Tra i seguaci più intimi? Io?»
«Sì. E' convinto che torneresti molto utile alla sua Causa».
Ah, ecco. Messa così la cosa aveva più senso. Se c'era qualcosa che Riddle apprezzava più della cieca adorazione dei suoi simili, era la totale collaborazione di coloro che potevano tornargli utili. E aveva sempre avuto un certo talento nel corteggiare coloro che potevano tornargli utili, Alphard doveva ammetterlo. Era riuscito a irretire anche lui, per qualche tempo. Quando aveva undici anni. «Non vedo in che modo, onestamente».
«Trovando antichi oggetti magici di cui si sono perse le tracce».
«Già lo faccio, mi pare».
«Sì. Ma li cerchi solo tra i Babbani. Lui vorrebbe che tu li cercassi anche tra i maghi. Per riferire a lui quali sono e chi li possiede».
«E per quale assurdo motivo?»
«Vuole stilarne un elenco completo. Io ci sto già lavorando ma in due procederemmo più spediti».
«Sarebbe comunque un lavoro immane».
«Sì. Ma di fondamentale importanza. Lord Voldemort pensa che sarebbe utile conoscere l'esatta ubicazione di tutti i manufatti magici del Paese. Per potervi ricorrere in caso risulti necessario difenderci dai Babbani desiderosi di appropriarsi della Magia».
Alphard sospirò. Riddle non era affatto cambiato: era il solito, esaltato paranoico che aveva conosciuto ai tempi di Hogwarts. «I Babbani non vogliono affatto appropriarsi della Magia. Non solo non potrebbero utilizzarla, essendo appunto Babbani, ma non ne sentono neppure il bisogno. Hanno già la Tecnologia. Sono andati sulla luna, Morrigan! Non mi risulta che noi, con tutta la nostra Magia, siamo riusciti in un'impresa del genere».
Morrigan alzò gli occhi al cielo, esasperata. «Parli proprio come Silente!»
«Ne sono lusingato. Silente è un uomo saggio».
«Silente è un uomo ingenuo! Accecato dal suo esasperante idealismo. E dai suoi pregiudizi».
«Pregiudizi?»
«Verso Lord Voldemort».
«Avrà i suoi motivi, suppongo».
«No. Ha solo pregiudizi! Ha sempre avuto pregiudizi verso i Serpeverde, e tu lo sai benissimo! Hai dimenticato quando ha tolto cinquanta punti alla nostra Casa e ti ha appioppato non so quante ore di punizione solo perché avevi tentato un esercizio avanzato di Trasfigurazione? Un po' eccessivo, non trovi?».
«Direi di no. Considerato che avevo tentato di Trasfigurare Walburga in una scopa. Con risultati alquanto discutibili, tra l'altro».
Morrigan gemette, alzandosi bruscamente dal letto e Alphard si preparò a un'accesa schermaglia in difesa del professor Silente: gli era sempre piaciuto quel vecchio mago un po' strambo. Un'ennesima dimostrazione del suo essere un Black assai poco regolamentare.
Ma Morrigan lo sorprese, limitandosi a massaggiarsi l'avambraccio tatuato e a raccattare tutti i suoi indumenti artisticamente sparsi sul pavimento; come se volesse lasciare la camera il più in fretta possibile.
Alphard la guardò stranito: non gli sembrava di essersi comportato in maniera tanto irritante. Senza contare che quella era la casa di Morrigan. Al massimo avrebbe dovuto costringere lui ad alzarsi e a raccattare gli indumenti artisticamente sparsi sul pavimento.
«Morrigan...» mormorò ragionevole, sedendosi a gambe incrociate sul letto.
«Non ora, Alphard. Non ho tempo. Lui mi ha convocata» esclamò la donna, brandendo un vezzoso reggiseno lillà. «Non posso certo fare aspettare Lord Voldemort per discutere con te di un vecchio mago strampalato. Continua pure a dormire. Ci sentiamo appena potrò» concluse, uscendo precipitosamente dalla stanza.
Alphard, disorientato, si lasciò ricadere sui cuscini: ancora una volta veniva messo al secondo posto dopo quell'esaltato di Riddle.
Ma la cosa lo turbava meno di quanto avrebbe dovuto.
Perché avrebbe dovuto essere davvero parecchio infastidito dal fatto che la donna con cui aveva una relazione lo mollasse in tutta fretta per raggiungere un altro. Un altro a cui permetteva persino di scegliere per lei il tatuaggio da farsi, mentre a lui non permetteva neppure di esprimere una timida preferenza per le lenzuola del letto.
Ecco, questo sì gli dava fastidio.
Come il fatto che questo altro per cui veniva regolarmente mollato fosse Tom Riddle.
Continuava a non capire come mai tutti quei maghi adulti e apparentemente sani di mente, potessero avere un simile terrore dei Babbani e di un loro improbabilissimo interesse per le Arti Magiche. E ancor meno riusciva a capire la loro inspiegabile simpatia per quell'esaltato di Riddle.
Be', lui non sarebbe mai entrato nel novero dei seguaci più intimi. Nemmeno sotto Imperio. Nessun assurdo teschio che somigliava a un drago grassoccio avrebbe mai deturpato il suo avambraccio.
E Walburga poteva protestare quanto voleva, sostenendo profetica e minacciosa che quell'abominevole comportamento, tanto deprecabile per un Black, gli avrebbe sicuramente fruttato qualche Apocalittica Punizione.

*****

Un' Apocalittica Punizione.
Ecco cos'era Felpato, decise Alphard entrando in soggiorno e guardandosi attorno affranto.
Una grossa, pelosa, Apocalittica Punizione.
Che, al momento, se ne stava beatamente spaparanzata sull'unico angolo asciutto del tappeto, sgranocchiando con gusto quello che somigliava sinistramente al cappellino della signora Owen, la materna vicina di casa esperta nella preparazione di deliziosi pasticci di carne.
Sospirando rassegnato, Alphard chiuse la porta e, estratta la bacchetta magica, si avvicinò all'acquario ereditato da zio Marius affrettandosi a rimpinguarne le scarse risorse idriche. Nel tentativo di dare un po' di conforto ai suoi pochi, provati abitanti ormai al limite della resistenza.
L'incantesimo che aveva posto per impedire inopportuni esodi di pesci, spinti al suicidio dagli improvvisi agguati di Felpato, funzionava a meraviglia, per fortuna. Ora doveva solo inventarsi qualcosa per evitare massicci trasbordi di acqua...
Circumnavigando cauto le pozzanghere che costellavano il pavimento di parquet, Alphard si preparò a sistemare il disastro, mentre la pelosa, Apocalittica Punizione, perso interesse per quello che un tempo era stato un vezzoso cappellino con tanto di veletta, gli si gettò addosso con l'incontenibile entusiasmo di uno Snaso rinchiuso alla Gringott. Uno Snaso della stazza di un giovane Ippogrifo.
Alphard, presumendo che Schiantare il proprio cucciolo fosse una cosa poco carina da farsi, si limitò a minacciarlo con la bacchetta.
Il cane si calmò di colpo, sedendosi davanti alla porta e scodinzolando allegro. Alphard lo fissò incredulo: la cosa aveva del miracoloso! La cieca obbedienza non era esattamente una delle caratteristiche di Felpato.
«Felpato!» esclamò quindi, approfittando del momento insperatamente favorevole e tentando di imitare il cipiglio usuale di Walburga: «Considerati in punizione! Non te ne uscirai di casa finché questa stanza avrà riacquistato una parvenza di normalità!»
Fiero di se stesso e dell'assoluta Blackaggine dimostrata in quel frangente, il mago si accinse a sistemare le cose: considerata la sua scarsa attitudine per gli Incantesimi Casalinghi, la punizione di Felpato avrebbe potuto richiedere tempi preoccupanti persino per Flamel.
Tempi ulteriormente allungati dall'insistente squillo del campanello, seguito dal festoso e assordante abbaiare del cane.
Ora tutto si spiegava: Felpato non si era calmato perché impressionato dalle minacce di Alphard, aveva semplicemente sentito ospiti in avvicinamento...
Borbottando fra sé, il mago aprì la porta, sorridendo piacevolmente sorpreso alla ragazza bruna che, reggendo un grosso libro sotto un braccio, se ne stava impettita sulla soglia.
«Ciao, zio Al. Stavi mangiando cibo cinese?» chiese la ragazza, indicando un po' perplessa la bacchetta che Alphard stringeva ancora nella mano.
«Uh, ecco... sì! Adoro il pollo alle mandorle» improvvisò il mago, nascondendo con discrezione l'oggetto incriminato dietro la schiena. «Ma che bella sorpresa Ailis! Come mai da queste parti? Ti serve una mano per i compiti di latino?»
Ailis scosse il capo, poi spinse avanti il ragazzino dai capelli neri che le stava alle spalle. «Non questa volta, zio Al. Ho solo accompagnato Sirius. L'ho incontrato alla fermata della metropolitana. Stava tentando di comprare un biglietto con assurde monete argentate. Qualcuno dovrebbe proprio spiegargli che i soldi giocattolo non vanno bene per comprare cose nel mondo reale. Mi pare abbastanza grande per capirlo, ormai» concluse divertita arruffando i capelli del ragazzino.
Alphard studiò meravigliato il nipote. Indossava gli abiti Babbani che lui stesso gli aveva regalato per i loro viaggi sulla moto. Viaggi che finivano regolarmente per concludersi nel pub di Jordan. «Oh, sì, provvederò di persona. Ma entrate, ragazzi».
Sirius obbedì immediatamente, ma Ailis sventolò sotto il naso di Alphard il grosso libro. «Non posso, zio Al. Devo andare in biblioteca a riconsegnare questo e poi a comprare un pallottoliere per Gracie. Senza pare impossibilitata a fare i compiti di matematica e quello vecchio si è rotto. Una cosa stranissima. Gracie lo stava usando, mentre Erin le saltellava attorno sostenendo che era cattiva perché preferiva giocare con il pallottoliere anziché con la sua sorellina, e all'improvviso le palline sono schizzate da tutte le parti!» tacque un istante, aggrottando pensierosa la fronte, quindi si strinse nelle spalle. «Succedono cose strane quando Erin vuole attirare l'attenzione di qualcuno, sai? Settimana scorsa i pastelli a cera di Abigail si sono fusi... Briana dice che è colpa dei folletti. Papà ha un'altra teoria».
«Quale?» chiese Alphard incuriosito.
«Sono sicura che non vuoi saperlo davvero, zio Al. E' una di quelle sue noiose teorie che riguardano le tempeste solari e il vento cosmico...»
Sì, Alpahrd conosceva le noiose teorie siderali di Jordan. E no, non aveva nessuna voglia di sentirsene raccontare una. «Hai ragione. Meglio evitare. Ma probabilmente Erin non c'entra con i piccoli incidenti delle tue sorelle».
«Ma certo che Erin non c'entra, zio Al! Sono solo coincidenze!» rispose la ragazza con decisione. «Solo nonna Fiona pensa che c'entri Erin. Lei dice che la marmocchietta è una strega, immaginati un po'. Settima figlia di un settimo figlio... ma ti pare una cosa plausibile?»
Alphard scosse il capo, fingendo grande sdegno e sperando ardentemente di sembrare credibile. «Ma certo che no! Mi pare più plausibile la faccenda dei folletti!»
Ailis rise e, dopo avere abbracciato entrambi i maghi, se ne andò di corsa, lasciando Alphard a riflettere sugli strani avvenimenti che circondavano la piccola Erin. Non era così sicuro che Fiona O'Sulllivan si sbagliasse del tutto. Certo, la faccenda dell'ordine di nascita era solo una superstizione Babbana ma...

«Zio Al! Il tuo tappeto è tutto bagnato!»

Alphard si riscosse, chiuse la porta e guardò il nipote che, immerso nella pozzanghera più profonda, fissava sognante la porta chiusa, tentando invano di contenere l'entusiasta assalto di Felpato.
Un po' preoccupato dallo sguardo catatonico del ragazzo, Alphard gli si avvicinò sventolandogli con decisione la bacchetta davanti al naso. «Tutto bene, Sirius?»
«Sì, zio. Benissimo. Donna interessante Ailis, non trovi?»
Alphard socchiuse gli occhi, sorpreso. «Pensavo le trovassi noiose, le femmine».
«Uhm. Quando ero giovane e stupido sì. Ma ora le sto rivalutando. Soprattutto quelle vissute come Ailis».
Alphard trattenne una risata. «Capisco. L'irresistibile fascino delle donne mature».
Sirius annuì con dignitosa serietà grattando Felpato dietro le orecchie.
«Ma non sei venuto fin qui per discutere di donne, suppongo».
Il ragazzino legò meglio alla borsa che portava a tracolla quello che sembrava un fazzoletto rosso e scosse il capo. «No, zio Al, supponi bene. Senza offesa, ma non mi sembri esattamente un esperto in materia».
«Appunto. Ma come mai hai deciso di prendere la metropolitana?»
«Perché il tuo camino non è allacciato alla Metropolvere».
«Oh, sì. L'ho fatto scollegare qualche tempo fa. La signora Owen ha l'irritante abitudine di irrompermi in casa nei momenti più impensati e non mi pare il caso di farla assistere a coreografiche uscite di comitive di maghi dal camino. Ma perché non hai preso il Nottetempo?»
«Perché mi avrebbero rintracciato subito».
«Ti avrebbero rintracciato subito?»
«Sì» il ragazzino si lasciò cadere sul divano per poi aggiungere serio: «Sono scappato da casa, zio Alphard. Ho deciso che ero stufo di convivere con tua sorella. Diventa sempre più insopportabile. Non fa che ripetere che sono una delusione per l'intera stirpe dei Black e che sicuramente prima o poi verrò raggiunto da qualche Apocalittica Punizione. Ma fortunatamente c'è Regulus che, di certo, eviterà di deludere l'intera stirpe dei Black avendo almeno il buon gusto di farsi smistare a Serpeverde».
Alphard si sedette accanto al nipote, allarmato dall'insolita amarezza che gli vibrava nella voce.
Scappato da casa.
Non ne era esattamente sorpreso. Sospettava che sarebbe successo prima o poi.
Poteva scorgere in Sirius la sua stessa insofferenza verso tutto ciò che pareva di vitale importanza per i Black regolamentari. E Sirius era più impulsivo di lui. E più coraggioso, anche.
Tutti in famiglia erano rimasti scioccati quando era stato smistato a Grifondoro. Tutti tranne Alphard. Perché Sirius non poteva che finire tra i prescelti dall'ardimentoso, infuocato Godric, a parer suo.
«Scappato da casa» ripeté pacato l'uomo fissando il ragazzo. «E hai usato la metropolitana per non farti scoprire da Walburga».
Sirius annuì fiero. «Non troveranno mai le mie tracce. Di certo non interrogheranno dei miserabili Babbani».
«Di certo. E hai deciso di rifugiarti qui».
«Già. Quale rifugio migliore dell'Abominevole capanna dello zio Al?» affermò Sirius, imitando l'altezzoso tono materno, quindi si azzittì, giocherellando con il fazzoletto rosso; dopo un istante guardò in tralice lo zio e chiese: «A te non dispiace, vero?»
Alphard scosse il capo, addolorato dall'incertezza che il nipote tentava, con scarso successo, di nascondere con l'indifferenza. «Certo che non mi dispiace, Sirius. Sai che sei sempre il benvenuto a casa mia, ma non credi che l'Abominevole capanna dello zio Al sarà proprio il primo posto in cui i tuoi genitori verranno a cercarti?»
Il ragazzino corrugò la fronte, pensoso, poi sbuffò esasperato.
Preoccupato che il brillante cervello del nipote desse prova della propria indubbia creatività, suggerendo al legittimo proprietario di trasferirsi direttamente sotto un ponte del Tamigi - dove di certo Walburga non si sarebbe mai sognata di cercare il riottoso rampollo scomparso - Alphard decise di proporgli qualche soluzione alternativa. Doveva solo trovarne una, in fondo. Che ci voleva. Era persino riuscito a rintracciare le leggendarie Chiavi del Tempo, che diamine. Era di sicuro in grado di trovare un espediente che desse sollievo al nipote e impedisse a Walburga di uccidere entrambi con qualche fantasioso Anatema.
Peccato fosse quasi impossibile pensare con Felpato che, abbaiando festoso, sguazzava nelle pozze d'acqua che ancora costellavano il pavimento. Per non parlare del campanello che continuava a suonare.
Merlino. Il campanello!
Alzandosi di scatto, Alphard si precipitò alla porta squadrando sorpreso la ragazza che, trascinando con sé un giovanotto biondo e un po' spaesato, irruppe in casa.
Chissà cosa avrebbe pensato la signora Owen di tutte quelle giovani donne che suonavano il suo campanello. Cioè, in realtà era abbastanza sicuro di sapere cosa avrebbe pensato la signora Owen. Era molto romantica la signora Owen. E si era fatta un'idea piuttosto ottimistica della vita sentimentale di Alphard.
«Ciao, Andromeda» salutò affabile il mago, accantonando quelle sinistre elucubrazioni sulla propria reputazione ormai irrimediabilmente compromessa. «Che sorpresa. Pensavo fossi impegnata nella pianificazione del Secondo Grande Evento - sì, del tuo matrimonio con il giovane Malfoy, insomma - non dirmi che sei scappata da casa e hai pensato di trasferirti nell'Abominevole capanna dello zio Al».
La ragazza inarcò un sopracciglio, si guardò attorno con vago disgusto e, dopo un breve cenno di saluto ai presenti, sfoderò la bacchetta magica esibendosi in una serie di rapidi e impeccabili Incantesimi Casalinghi che pulirono alla perfezione ogni cosa - Felpato compreso - lasciando il soggiorno di Alphard più in ordine di quanto il mago avesse mai immaginato nei suoi sogni più rosei.
«Sì, zio Al» disse infine la ragazza, rimirando soddisfatta il pavimento tirato a lucido. «Hai indovinato. Sono scappata da casa. Non avevo proprio nessuna voglia di pianificare il Secondo Grande Evento».
Alphard sospirò. Era sicuro che prima o poi i suoi due nipoti prediletti si sarebbero distinti per qualche azione particolarmente deprecabile. Erano i suoi nipoti prediletti per ragioni ben precise, in fondo. Certo, avrebbe preferito che le suddette azioni deprecabili non avvenissero in contemporanea, però.
«Ma non ho intenzione di trasferirmi nell'Abominevole capanna dello zio Al» assicurò la ragazza, alzando la mano sinistra per mostrare il semplice cerchietto d'oro che portava all'anulare e sorridendo radiosa. «Indovinate un po'? Io e Ted ci siamo sposati! Alla fine ho ascoltato il tuo consiglio, zio: ho scelto l'uomo che amo. Sarà lui a darmi la famiglia che merito!»
Il giovanotto biondo - che Alphard suppose essere Ted - strinse Andromeda a sé, baciandole con tenerezza una tempia, quindi sollevò fiero la testa fissando Alphard negli occhi: pronto ad affrontare l'ennesima reazione poco dignitosa di un Black oltremodo contrariato.
Prima che Alphard potesse tranquillizzare il giovane, assicurando che non sarebbero volate esotiche maledizioni, Sirius si alzò dal divano avvicinandosi sorpreso alla cugina. «Ti sei sposata con il Nato Babbano Tassorosso? Alla vigilia del Secondo Grande Evento che tutti i dignitosissimi Black attendono con ansia?».
«Sì, Sirius. I dignitosissimi Black dovranno proprio fare a meno del Secondo Grande Evento, temo. E a proposito di dignitosissimi Black... Ted, loro sono zio Alphard e mio cugino Sirius».
Ted annuì un po' nervoso, mentre Sirius cominciò a girargli attorno, scrutandolo con meticolosa attenzione. «Uhm, sì, mi sa che hai fatto un buon affare, Andromeda. Mi sembra un grosso miglioramento confrontato al tuo precedente promesso sposo».
Ted sorrise. «Grazie Sirius. Sono lusingato che tu...»
«Ma, d'altro canto, anche un Troll di Montagna sarebbe stato un grosso miglioramento, paragonato a Vermicolo Malfoy» aggiunse il ragazzino, scoccando un'occhiata sussiegosa al neo-marito della cugina prima di spostare la sua attenzione su Felpato che aveva cominciato a uggiolare e a grattare con insistenza lo stipite della porta.
«Zio Al, credo che Felpato abbia un urgente bisogno di uscire. E credo sarebbe saggio assecondarlo».
Alphard concordava. Sì, quella specie di Gramo di seconda scelta era ufficialmente in castigo ma, se non lo avesse lasciato uscire subito, avrebbe allagato il soggiorno. Di nuovo. E senza ricorrere dell'acquario. E lui era una vera frana con gli Incantesimi Casalinghi. E poi, dopo tutto, ora il soggiorno era più che presentabile. La punizione poteva quindi ritenersi estinta.
«Sì, Sirius, l'ho notato. Ti dispiacerebbe portarlo a fare una corsa in giardino? Mi raccomando, lontano dalle peonie della signora Owen, per carità. Già dovrò raccontarle della prematura, cruenta dipartita del suo cappellino, vorrei evitare di darle altre luttuose notizie».
Il ragazzino annuì, abbandonò la borsa sul divano e afferrò Felpato per il collare. «Sì, tranquillo zio. Mi piace la signora Owen. E mi piace molto anche il suo pasticcio di carne!» esclamò, sparendo oltre la porta, seguito dallo sguardo preoccupato del giovane Ted che chiese cauto: «Ma è saggio lasciare quel... er... cane di notevole stazza da solo con il bambino?»
«No, non è particolarmente saggio. Potrebbe anzi rivelarsi pericoloso» rispose serio Alphard. «Per Felpato, voglio dire».
Andromeda rise della confusione del marito e accarezzandogli con gentilezza un braccio spiegò: «Zio Al scherza, Ted. Ama scherzare, anche se il suo particolare senso dell'umorismo è compreso solo da pochi eletti. Ma tutto sommato non ha tutti i torti, tu non conosci Sirius, ancora».
Alphard guardò piacevolmente sorpreso la nipote. Era da parecchio che non la sentiva ridere con quella sincerità. «Non ho tutti i torti no. E non crederle, non è vero che il mio senso dell'umorismo è incompreso dai più. E' incompreso dalla maggior parte dei Black, questo sì, ma in genere sono ritenuto abbastanza simpatico».
Ted annuì, più per cortesia che per convinzione, secondo Alphard, continuando a fissare la porta come se temesse che, da un momento all'altro, qualcuno irrompesse in casa annunciando che Felpato, stanco di tormentare pesci rossi, aveva sbranato Sirius.
Desideroso di scambiare due chiacchiere in privato con Andromeda, Alphard propose: «Perché non vai con loro, Ted? Sirius non corre pericoli, davvero. Ma le povere peonie della Signora Owen sì».
Il giovane guardò Andromeda e, rassicurato dal cenno affermativo di questa, annuì. «Va bene. Non vedo davvero il motivo di mettere in pericolo povere peonie innocenti, dopo tutto».
Alphard sogghignò divertito, sì, gli piaceva il giovane Ted. Probabilmente Andromeda aveva fatto davvero un ottimo affare scegliendo lui.
Quando Ted fu uscito, Alphard si avvicinò alla nipote. «Così lo hai fatto. Hai preso la decisione che io non ho mai avuto il coraggio di prendere».
Andromeda annuì. «Non ho avuto scelta, zio Al. E' molto doloroso dovere rinunciare a tutta la mia famiglia ma... dover rinunciare a Ted lo sarebbe stato di più».
«Sì, oh, sì. Lo capisco perfettamente. Ma non hai rinunciato a tutta la famiglia. Hai ancora me, lo sai».
«Vuoi dire che, se con Ted dovesse andare male, potrei venire a stare qui, nella capanna dello zio Al?»
«Naturalmente» rispose Alphard, aggiungendo poi in tono leggero. «Anche perché troverei davvero molto utile il tuo indubbio talento negli Incantesimi Casalinghi».
Andromeda ridacchiò, abbracciando di slancio lo zio. «Immaginavo fosse per questo».
Lui la strinse gentilmente, un po' sorpreso dall'energia con cui la ragazza gli si aggrappava. E abbastanza furioso con il fratello: avrebbe dovuto essere Cygnus a rassicurarla in quel frangente, non lui.
«Andromeda, ora sono serio. Se qualcosa non dovesse andare come desideri... se dovessi in qualche modo pentirti della scelta che hai fatto... potrai sempre contare su di me».
Lei si sciolse dall'abbraccio, guardandolo un po' imbarazzata. «Grazie, zio Al. Fa paura non potere tornare indietro, vero? Ma prendere una decisione comporta sempre delle conseguenze. E se la decisione che ho preso si rivelerà sbagliata... pagherò le suddette conseguenze. Indietro non potrei tornare comunque. Neppure se lo volessi».
«Questo non è detto» disse Alphard, afferrando la nipote per una mano e trascinandola al piano superiore.
Senza darle nessuna spiegazione si fiondò in camera da letto e, sotto lo sguardo sconcertato della ragazza, aprì l'antico baule di lucido legno intarsiato che si trovava accanto all'armadio. Ne prelevò un medaglione molto simile a quello che portava sempre al collo e lo osservò meditabondo, sfiorando la piccola fenice fiammeggiante che ne occupava il centro.
La Chiave del Tempo funzionante.
L'aveva conservata per tre anni, prendendo in seria considerazione la possibilità di utilizzarla.
Ogni anniversario della morte di Erin era salito in camera, aveva sfoderato la bacchetta e si era seduto sul pavimento stringendo la Chiave in una mano. Cercando di trovare il coraggio di pronunciare l'incantesimo che Aldebaran aveva trascritto sulla pergamena. Ma non conosceva i particolari della morte di Erin, purtroppo. E il suo intervento avrebbe potuto comportare conseguenze nefaste sulla linea del tempo e sulle vite delle decine di persone coinvolte in quell'incidente. E lui non era mai stato particolarmente temerario. Anzi. Non era mai neppure riuscito a fare quello che Andromeda aveva appena fatto. Forse lei avrebbe trovato anche il coraggio di servirsi della Chiave, in caso di necessità.
Presa la sua decisione, afferrò anche la vecchia pergamena scritta da Aldebaran quasi nove secoli prima e porse il tutto alla nipote. «Mi dispiace per la presentazione, Andromeda, ma questo è il mio regalo di nozze».
La ragazza guardò la Chiave, Alphard sorrise dell'espressione assai poco entusiasta che le si dipinse sul volto: chissà perché solo lui riusciva a cogliere la profonda bellezza di quell'oggetto...
«Oh, un medaglione quasi uguale al tuo, zio Al. E' molto... originale. Ma non dovevi, davvero».
«Sì che dovevo, Andromeda. Se tu mi avessi avvisato del matrimonio ci sarei venuto, sai?»
La ragazza lo guardò stupita. «Ma... questo ti avrebbe messo in cattiva luce con la famiglia. Io pensavo...»
«Lo so cosa pensavi. E ti ringrazio per la gentilezza. Ma almeno un regalo di nozze devo fartelo. Anche per dimostrarti che ho gradito la scelta dello sposo».
«Davvero?»
«Oh, sì. Sirius ha ragione: molto meglio di Vermic... ehm... di Lucius Malfoy».
Andromeda rise. «Indubbiamente. Non che ci volesse molto: anche un Troll di Montagna lo sarebbe stato».
Alphard si strinse nelle spalle e, notato l'impaccio con cui la nipote guardava il medaglione, si premurò di rassicurarla. «Tranquilla, non devi indossarlo. Devi solo conservarlo. E, se entro i prossimi vent'anni dovessi renderti conto che la scelta che hai fatto è quella sbagliata... be', allora questo ti permetterà di cambiarla».
«E come?»
Alphard sorrise enigmatico. Non gli pareva il caso di rivelarle nei dettagli cosa fosse quell'oggetto. Aveva il fondato sospetto che la nipote avrebbe reagito come Morrigan. Così decise di rimanere sul vago. «Lo scoprirai leggendo la pergamena».
«Ah... zio... io sono una frana con le Rune Antiche».
«Allora vieni da me, nel caso. E la leggeremo assieme».
La ragazza annuì. Alphard ebbe l'impressione che stesse cercando le parole adatte per esprimere qualche complicato concetto, quando entrambi sobbalzarono per un tonfo proveniente dal piano di sotto.

Efficiente.
Il giovane Ted era decisamente efficiente, decise Alphard ammirando il neo-marito della nipote prediletta intento ad asciugare l'acqua sparsa sul pavimento del soggiorno, mentre Sirius tratteneva Felpato per il collare.
«Oh, signor Black» esclamò, Ted prosciugando l'ultima pozzanghera. «Come può vedere le ho riportato entrambi sani e salvi. Anche le peonie della signora Owen sono salve... e quasi sane anche».
«Quasi sane?» chiese Andromeda squadrando con un'occhiata molto da Black regolamentare il cuginetto e il grosso cane. «Come sarebbe a dire: quasi sane?»
«Be', Felpato pareva convinto che i poveri fiori fossero in grave riserva d'acqua» spiegò Ted divertito. «Così ha cercato di rimediare. A modo suo. E, evidentemente poco soddisfatto del risultato, ha poi tentato di... uhm... spostarle in zona più confacente».
Alphard gemette sconsolato all'idea di dovere dare notizie tanto nefaste alla gentile signore Owen. Prima o poi la deliziosa vicina avrebbe usato Felpato come ingrediente principale dei suoi pasticci di carne. E ne avrebbe avuto tutte le ragioni, tra l'altro.
«Tranquillo, zio!» intervenne Sirius. «Puoi aspettare a pietrificare Felpato. Le peonie stanno abbastanza bene. Ted le ha ripiantate con qualche incantesimo».
«Me la cavavo discretamente in Erbologia» si schermì il giovane. «E Sirus è stato bravissimo a distrarre quell'incantevole signora mentre io sistemavo le peonie».
Sirius sogghignò. «Abbiamo parlato di cose interessanti. Oh, zio Al, questa sera non cucinare. Hai un appuntamento con una succosa fetta di Roastbeef».
Alphard scosse la testa. Poi si guardò attorno, chiedendosi a cosa fosse dovuto il sinistro tonfo che aveva distratto lui e la nipote una manciata di minuti prima. «Pensavo ci fosse qualcosa di rotto ma mi sbagliavo a quanto pare» concluse non scorgendo ruderi di nessun genere.
«Ah» disse Sirius indicando con un cenno distratto l'acquario. «Dopo avere salutato la signora Owen siamo risaliti in fretta. Sai, Felpato aveva cominciato a nutrire qualche dubbio anche sull'attuale posizione di quei cespugli cespugliosi, hai presente... quei...»
«Rododendri» intervenne Ted rinfoderando la bacchetta.
«Sì. Ecco, quelli. Così lo abbiamo ritrascinato in casa. Ma Felpato pare non avere gradito e ha... uhm, deciso di cambiare posto anche all'acquario».
«Felpato deve essere in una fase particolarmente creativa. Anche mia madre viene colta periodicamente da raptus di spostamento mobili» constatò Andromeda rattristandosi leggermente.
Ted le si avvicinò, cercandole con incerta tenerezza una mano e Andromeda si strinse a lui, dedicandogli un sorriso innamorato. O ebete, secondo la peculiare visione che Sirius si premurò di esporre con tempestiva sincerità.
Alphard, assestando uno scappellotto scherzoso al nipote, sorrise alla coppia, certo che La Chiave del Tempo non sarebbe stata usata in un immediato futuro. Non da Andromeda, almeno.
Non si sarebbe mai pentita della scelta fatta.
Guardava Ted nello stesso modo in cui Erin aveva guardato lui. Chissà se lui, quando guardava Erin, aveva la stessa espressione persa - o ebete, volendo adottare la cruda definizione di Sirius - che Ted esibiva con Andromeda...
«Oh, signor Black» esclamò all'improvviso il giovane, indicando l'acquario. «Mi sono permesso di sistemare tutto. L'avrei anche aspettata, ma i pesci non sarebbero stati molto contenti, mi sa. Così sono intervenuto. Me la cavo benino con l'Incantesimo Reparo» corrugò la fronte, assorto. «La professoressa di Divinazione una volta, leggendo le mie foglie di tè, ha predetto che mi sarebbe tornata molto utile questa abilità, nella vita. Forse si riferiva a oggi».
«Non saprei, Ted. Ma apprezzo la tua abilità con l'Incantesimo Reparo. Tengo molto a quell'acquario, è un ricordo del mio zio preferito. E sono anche abbastanza stanco di comprare pesci nuovi per popolarlo. Mi sembra di passare più tempo al negozio di animali qui all'angolo che a casa. Il proprietario mi ha persino messo nella lista di coloro a cui fare il regalo di Natale...»
Ted rise divertito. «Allora sono contento di avere salvato i suoi pesci, Signor Black» poi sbirciò l'orologio e mormorò un po' a disagio: «Andromeda, se non vogliamo perdere il treno dovremmo proprio andare».
Andromeda annuì. «Sì. Ted mi porterà in Normandia in viaggio di Nozze» spiegò, gli occhi scintillanti di aspettativa. «Il viaggio è un regalo di una sua romantica prozia, treno e traghetto compresi, così abbiamo orari da rispettare».
Ted tossicchiò imbarazzato e spiegò: «La prozia Dora è Babbana, come tutti i miei parenti, del resto. E per di più è un'artista... vive in un mondo tutto suo, fatto di pennelli e di colori... non è mai riuscita a capire che i maghi hanno modi più veloci per spostarsi».
«Più veloci forse, ma molto meno affascinanti» assicurò Alphard. «Se vuoi sapere la mia opinione, Ted, la prozia Dora vi ha fatto uno splendido regalo. Una Passaporta è sicuramente meno romantica di una traversata della Manica in traghetto».
Andromeda, dopo avere intrappolato Sirius in un abbraccio affettuoso - riuscendo persino a scoccargli un bacio sulla testa - si avvicinò ad Alphard. «Grazie di tutto, zio Al. Terrò caro il tuo regalo: credo proprio che non dovrò usarlo, ma è un ricordo del mio zio preferito».
Alphard arrossì leggermente, sorpreso e Andromeda sorrise aggiungendo con sincerità: «E' un vero peccato che l'unico Black che sarebbe stato un buon genitore non si sia riprodotto, sai? Spero solo di somigliare più a te che a tuo fratello».
«Oh, io ne sono sicuro» intervenne Ted con dolcezza. «Non ho proprio alcun dubbio in proposito».
Andromeda sospirò: «Be', di sicuro non imporrò mai a una mia eventuale figlia di decidere tra me e l'uomo che ama. Questo proprio no! Appoggerò comunque le sue scelte!»
Alphard la guardò meditabondo. «Ne sono certo» poi ammiccò e aggiunse: «Anche perché in caso contrario, verrò a cercarti e ti farò una bella ramanzina».
Andromeda rise, sfiorandogli una guancia con un bacio. «Guarda che ci conto!»
«Contaci pure» esclamò Alphard prima di avvicinarsi a Ted e di assestargli una pacca amichevole su una spalla. «Benvenuto in famiglia, allora, Ted».
«Grazie, Signor Black».
«Sappi però che, se non tratterai bene mia nipote, piomberò a casa tua e ti Trasfigurerò in un una peonia per poi abbandonarti alle cure di Felpato».
Ted annuì con solennità. «Mi sembra il minimo, signor Black. Guardi che ci conto».
«Bravo. Oh, Ted, ci sarebbe un'altra cosa che dovresti fare per evitare di farmi venire devastanti voglie di Incantesimi di Trasfigurazione».
Il giovanotto lo guardò un po' preoccupato. «E sarebbe?»
«Smetterla di chiamarmi signor Black. Mio padre era il signor Black. Cygnus e Orion sono i signori Black. Io preferirei essere solo Alphard, se zio Al ti sembra troppo».
Ted rise, sollevato e, mentre Andromeda lo trascinava senza tanti complimenti fuori dalla porta, promise solennemente di attendere all'accorata richiesta.

«E' simpatico Ted, vero zio Al?»
«Sì, molto, Sirius».
Sirius.
Sistemata la pratica Andromeda, c'era ancora da risolvere il problema di Sirius e della sua fuga da casa.
Alpahrd non dubitava che presto sarebbe stato raggiunto dal tetro gufo di Walburga, latore di un messaggio altamente minatorio circa la ricerca del riottoso erede.
E lui era ancora senza lo straccio di un piano.
«Zio Al, credi che il nome di Andromeda sull'arazzo verrà bruciato?»
Alphard, pensando alacremente a come risolvere la faccenda, guardò il nipote che lo stava osservando con una serietà sconcertante.
«Temo di sì, Sirius. Andromeda ha fatto qualcosa che, almeno secondo la maggioranza dei Black, recherà danno al buon nome della Casata».
Il ragazzino annuì, prese la sua borsa ancora abbandonata sul divano e disse: «Puoi prestarmi qualche soldo Babbano, zio?»
Alphard lo guardò preoccupato: che Sirius avesse davvero pensato di rifugiarsi sotto un ponte del Tamigi?
«Naturalmente, Sirius. Ma cosa ne vuoi fare?» indagò con cautela.
«Prendere la Metropolitana per tornarmene a casa» affermò il ragazzo. «Anche se, a questo punto, credo che potrei prendere il Nottetempo...»
«Vuoi tornare a casa? E la tua fuga?»
«Rimandata. Ora non è il momento. Devo tornare a casa. Per difendere Andromeda».
«Difendere Andromeda?»
«Sì. Non potrò evitare che il suo nome venga cancellato. Ma potrò evitare che il suo ricordo lo sia, no?»
«E come?»
Il ragazzino si strinse nelle spalle. «Parlando di lei. Il più possibile».
Alphard annuì ammirato. «Una scelta nobile, Sirius. Ma che non sarà priva di conseguenze. E tali conseguenze potrebbero essere piuttosto sgradevoli per te».
Il ragazzino ci pensò un istante, accarezzando Felpato che osservava con sonnacchioso interesse il fazzoletto rosso legato alla tracolla. «Lo so. Il professor Silente dice che ogni scelta ha delle conseguenze. Spesso poco piacevoli. Tipo punizioni noiose e punti decurtati alla Casa di appartenenza».
Alphard trattenne una risata. «Temo che in questo caso le conseguenze potrebbero essere più pesanti».
«Non importa. Sono disposto a sopportare qualsiasi conseguenza per difendere chi amo. Tu no, zio?»
Alphard boccheggiò, sorpreso. Per la scopa di Merlino, da quando Sirius era diventato così profondo? Da quando aveva cominciato ad apprezzare le ragazze, probabilmente...
«Sì, certo Sirius. Anch'io». Almeno gli piaceva pensarlo, anche se non ne era del tutto sicuro.
Sirius annuì soddisfatto e fece per uscire.
«Aspetta. Ti accompagno io» propose Alphard, prendendo le chiavi della moto appoggiate sul tavolino e scoccando un'occhiata preoccupata a Felpato che sonnecchiava spaparanzato sul divano. Con un po' di fortuna avrebbe dormito per qualche ora, senza attentare ulteriormente ai pesci rossi. O alle peonie della signora Owen.
«Vuoi assistere anche tu al falò, zio Al?»
«Certo. Una scenata di Walburga è più avvincente in diretta».
Il ragazzino sogghignò, aprendo la porta. Poi si fermò e, slacciando il fazzoletto rosso disse: «Mi insegneresti l'Incantesimo di Adesione Permanente, zio? Voglio appendere questo in camera mia» mostrò fiero il fazzoletto che si rivelò essere un gagliardetto di Grifondoro. «Ma tua sorella lo stacca sempre, sostituendolo con arredi più consoni a un giovane Black. Lascio a te la gioia di immaginare cosa possano essere».
Alphard prese il gagliardetto dalle mani del nipote e annuì: «Ti insegnerò l'incantesimo. E questo lo appenderemo insieme».
«Pensavo detestassi Grifondoro».
Alphard scosse le testa. «No. Provo per Grifondoro un sano antagonismo, Sirius, ma non ho mai odiato i membri della Casa. Anzi, molti di coloro che vi hanno soggiornato mi stanno decisamente simpatici. Tu ad esempio» concluse sorridendo e ridando il gagliardetto al nipote.
Sirius lo prese e sospirò. Poi mormorò, come se ammettere la cosa gli costasse uno sforzo sovrumano: «E alcuni di quelli che hanno soggiornato a Serpeverde stanno simpatici a me».
«Vedi?».
«Molto pochi, eh» si affrettò a precisare il ragazzino. «Solo due in effetti. Tu e Andromeda. Punto. E secondo me è solo perché il Cappello Parlante deve essersi sbagliato con voi. Sì. Deve essere andata proprio così. Magari qualcuno ci aveva rovesciato sopra dell'Whisky Incendiario...»
Alphard rise chiudendo a chiave la porta e facendo un cenno di saluto alla signora Owen, intenta ad innaffiare le peonie.
«Ma, cambiando discorso» disse Sirius, sorridendo amabile alla signora Owen. «Come posso fare per conquistare Ailis?»
Alphard, che stava per montare sulla moto, si bloccò e scoccò un'occhiata sorpresa al ragazzo: «Pensavo avessimo convenuto che sono poco affidabile in tal senso».
«Lo so. Ma a quanto pare ci siamo sbagliati. La signora Owen sembra convinta del contrario. Prima ha detto a Ted che, se avesse avuto una trentina di anni in meno, avrebbe suonato anche lei alla tua porta. E la signora Owen è una donna, giusto? Quindi deve intendersene di queste cose. E poi...» concluse pratico salendo sulla moto. «A chi posso chiedere di più affidabile, scusa, le mie uniche altre alternative sono tuo cognato e tuo fratello».
Alphard ridacchiò e, montando finalmente sulla moto, si preparò ad affrontare lo spinoso problema, conscio di essere la scelta meno disastrosa.
Insomma, almeno non tentava di fare colpo sulle donzelle invitandole a guardare la sua collezione di teste di elfi impagliate.
Era già qualcosa.


*****

Era già qualcosa.
Cercò di convincersi Alphard, parcheggiando la moto davanti al pub di Jordan.
Sirius godeva tuttora di ottima salute, non essendo stato raggiunto da nessun esotico Anatema scagliato dalla sua fantasiosa genitrice.
E Alphard anche.
Era già qualcosa.
Walburga e Orion non si erano neppure accorti della momentanea scomparsa del primogenito, occupati com'erano a tentare di arginare le lacrime di Druella e le imprecazioni - disdicevoli per un Black - di Cygnus, e a inventarsi un modo dignitoso per informare Abraxas Malfoy che il Secondo Grande Evento era stato pregiudicato dall'insensatezza della promessa sposa.
Promessa sposa che, per inciso, non era mai esistita, come dimostrava l'Arazzo di Famiglia su cui non compariva nessuna Andromeda Black, ma solo una brutta bruciatura che deturpava la perfezione del ricamo. Lo sbadato elfo domestico di Casa Black era già stato punito per la distrazione con cui accendeva i lussuosi candelabri della Sala dell'Arazzo, ma fortunatamente il fuoco non aveva lambito i nomi delle due figlie di Cygnus e Druella.
Certo, convincere il giovane Malfoy di essere stato fidanzato per tre anni con una persona mai esistita avrebbe potuto creare qualche piccola difficoltà, a parere di Alphard... ma nulla di irrisolvibile secondo l'autorevole opinione di Walburga.
Intenzionato a godersi una buona birra e a scambiare quattro chiacchiere con Jordan, Alphard smontò dalla moto, fissando incuriosito l'uomo alto e snello che, standosene appoggiato a un lampione, osservava accigliato l'ingresso del pub.
Conosceva quell'uomo.
Non lo vedeva da sei anni, ormai, ma se lo ricordava perfettamente. Erano stati vicini di ufficio al Ministero, e Alphard non dimenticava mai una faccia. Soprattutto se apparteneva a qualcuno che gli piaceva.

«Lupin!» esclamò quindi, appoggiando una mano sulla spalla dell'ex collega.

Questi sussultò, voltandosi di scatto, un lampo di puro panico negli occhi ambrati.
«Ehi, tranquillo» tentò di calmarlo Alphard. «Mica sono un Dissennatore. Mi fa piacere rivederti dopo tutto questo tempo».
L'uomo annuì, cercando frenetico con lo sguardo l'avambraccio di Alphard. Quello che vide parve rassicurarlo, perché improvvisò un sorriso quasi convinto e mormorò con il suo solito tono gentile: «Anche a me, Black.»

«Zio Al!».

Allargando le braccia in segno di scusa, Alphard sorrise alla bimba dalle treccine ramate che caracollava entusiasta verso di loro.
«Ciao Erin» la salutò con gentilezza, tentando di allentare la stretta con cui la bambina gli aveva imprigionato il ginocchio sinistro.
La piccola Erin aveva una vera passione per il suo ginocchio sinistro.
Lupin ridacchiò offrendo il suo aiuto, e la bimba lo scrutò scettica.
«Stai dando noia allo zio Al, tu?» chiese bellicosa, incrociando le braccia in una perfetta imitazione di Jordan quando apostrofava qualche ubriaco molesto.
Lupin si affrettò a scuotere vigorosamente il capo e, alzando le mani in segno di resa, negò con decisione ogni intento di disturbare lo zio Al.
«Ah, meno male. Perché se no sarebbe toccato a me sistemarti» affermò decisa la bimba, facendo cenno a Lupin di avvicinarsi.
L'uomo si accovacciò immediatamente, fino a trovarsi all'altezza della bambina che spiegò con fare cospiratorio: «Perché zio Al è proprio una frana nella lotta, sai? Quando la facciamo vinco sempre io».
Lupin sgranò gli occhi con ammirato interesse: «Davvero?»
La piccola annuì, compunta e orgogliosa. «Davvero. Ma sempre! E non perché succedono cose strane come quando riesco a battere Abigail. Ma proprio perché lui non è capace!»
«Capisco» Lupin guardò pensoso Alphard per un istante, poi propose con estrema serietà: «Se vuoi posso provare a insegnargli io».
La bimba lo scrutò scettica, studiandone critica la corporatura snella. «Non lo so mica se tu sei capace di battermi, sai?».
Alphard sogghignò, notando il vago imbarazzo di Lupin ma, prima di poter intervenire, fu interrotto dall'arrivo di altre tre bambine che, senza degnare Lupin di uno sguardo, salutarono calorosamente zio Al.
«Stiamo andando dalla signora Everett» spiegò la ragazzina più grande, afferrando Erin per una mano e indicando il palazzo al lato opposto della strada. «La sua gatta ha appena avuto i micini. Non è che ne vuoi uno, zio Al?»
Alphard scosse il capo, terrorizzato: gli mancava solo quello. «No, Briana. Ma grazie per avermelo chiesto».
Una seconda bambina, più minuta, sembrò molto delusa. «Oh, ma ce n'è uno tutto nero che ti piacerebbe da morire, zio Al» insinuò sognante prendendogli la mano.
«Sì, Gracie, ne sono sicuro, ma...»
«Somiglia tutto a Felpato! Anche di carattere!» assicurò la terza bambina saltellando entusiasta attorno al lampione.
«Ah, ecco. Una versione felina di Felpato. Come non adorarla!» esclamò il mago, tentando di apparire convincente anche se - a onor del vero - avrebbe trovato più adorabile una Manticora. «Ma, Abigail, poi forse Felpato sarebbe geloso».
Le bimbe convennero che probabilmente era vero e, canticchiando la loro canzoncina preferita - quella che parlava di un sottomarino giallo - si apprestarono ad attraversare la strada.
«Ehi, signorine!» le richiamò Alphard - che a volte si ricordava di essere un Black - indicando Lupin. «Non si usa salutare?»
Le tre bambine più grandi si guardarono allibite, poi si strinsero nelle spalle esclamando in coro: «Ciao, zio Al!»
Solo la piccola Erin si degnò di guardare Lupin e di sorridergli agitando una manina.

«Ah, perdonale, Lupin» disse Alphard, distogliendo lo sguardo da loro solo dopo essersi accertato che fossero arrivate sane e salve a destinazione. «In genere sono molto educate».
Lupin scosse il capo, guardando fisso qualcosa alle spalle di Alphard e bisbigliò: «Non gesticolare così! Ah, troppo tardi. Dì che stai cantando...»
«Cosa?» Alphard fissò stralunato l'ex collega per poi voltarsi a guardare cosa gli stesse indicando. Trovandosi di fronte Caitlin e Yuri che lo osservavano con magnanimo sconcerto.
«Oh no. A papà non piacerà, zio Al. Non gli piacerà neppure un po'» esclamò Yuri con rassegnata compassione.
«Cosa non piacerà a tuo padre?» chiese Alphard, sinceramente sbigottito.
Il ragazzino guardò la sorella e scosse il capo. «Che ti dicevo, Caitlin? E' completamente andato» quindi si rivolse ad Alphard, scandendo bene ogni singola parola. «A papà, zio Al, non piacerà affatto che tu sia già sbronzo prima di mettere piede nel suo pub. La prenderà come un'offesa personale».
Alphard si rizzò in tutta la sua altezza, sdegnato. «Ma io non sono affatto sbronzo!»
«Zio Al» intervenne pacata Caitlin. «Stavi discutendo animatamente con un lampione...»
«Io non stavo discutendo animatamente con un lampione! Io stavo...»
«Cantando» suggerì prontamente Lupin con un sogghigno.
Alphard gli scoccò un'occhiata tanto dissimulata quanto truce e capitolò: «Stavo cantando».
«Cantando?» chiese Yuri sorpreso. «Non sapevo cantassi».
Alphard prese un profondo respiro e intonò: «We all live in a Yellow Submarine, Yellow Submarine, Yellow...
«Va bene, va bene» lo azzittì perentorio Yuri. «Preferivo continuare a non saperlo».
«Hai sicuramente uno stile... interessante, zio Al» intervenne Caitlin fulminando il fratello con un'occhiata assassina. «Ma forse potresti provare a interessarti anche a qualche altro hobby... non so, hai mai pensato di collezionare francobolli?»
Poi, prima di attendere risposta esclamò: «Yuri, se proprio vuoi venire, meglio se ti dai una mossa».
Il ragazzino sbuffò. «Non è che voglio venire. Devo venire. Che è diverso. Papà non mi ha lasciato scelta, visto che Ailis deve fare la baby-sitter ai bambini di zia Joyce. L'avrei fatto io se avessi saputo che l'alternativa era quella di venire al cinema con te e l'uomo della tua vita. Preferirei assistere a un concerto di zio Al».
«Ehi!» protestò l'interessato. «E poi non ti era simpatico Daniel?»
«Sì. Peccato che Daniel fosse l'uomo della sua vita settimana scorsa. Questa è la settimana di Nigel. Che è un vero strazio. Non oso pensare che film mi costringeranno a vedere questi due» spiegò, mentre veniva trascinato via da un'impaziente Caitlin impegnata a esaltare estatica il discreto fascino intellettuale di Nigel.

Alphard li osservò allontanarsi, tentando di riprendersi.
Un'improvvisa risata profonda e divertita gli ricordò che non era solo.
«Zio Al?» chiese ironico Lupin.
«Non infierire, Lupin. Mi ci sono trovato in mezzo. Erano pochi, all'epoca. Pochi, piccoli e carini. Ma com'è che non ti hanno visto? Sei sotto l'effetto di un incantesimo Anti-Babbani?»
Lupin annuì, improvvisamente serio. «Sono qui per lavoro».
«La piccola Erin ti ha visto, però».
«La piccola Erin è il motivo per qui sono qui».
«E'...»
«Sì. Erin è una strega».
Alphard non ne fu sorpreso. Lo sospettava. Nonna O'Sullivan aveva visto giusto.
«Ma, un momento!» esclamò dopo un istante. «Tu non ti occupi più di rintracciare piccoli Nati-Babbani dotati di poteri magici per il Ministero. Da quando tuo figlio è stato...» tacque, rimproverandosi mentalmente per l'assoluta mancanza di tatto.
Lupin sorrise triste, sistemandosi il colletto della camicia. «Da quando mio figlio è stato morso da Greyback. Dillo pure, Alphard. Non è certo un segreto. Come non è un segreto che, quando è successo, il Ministero ha preteso le mie dimissioni. Oh, mi hanno fatto un'offerta, sai? Un'offerta molto vantaggiosa, secondo il Primo Ministro» annunciò con un sarcasmo amaro che Alphard non aveva mai scorto in lui. «Se avessi affidato mio figlio al licantropo che - per una disgraziata fatalità - lo aveva morso, non ci sarebbero stati problemi. Io avrei conservato il mio posto di lavoro e il bambino sarebbe vissuto con chi sapeva come trattarlo. Ho rifiutato, naturalmente. Mia moglie è un'esperta di creature magiche. Così, grazie all'intervento di Silente, ci è stato concesso di tenere il bambino».
«Lui è... lui sta bene?» lo interruppe Alphard, ben sapendo che non era una cosa così scontata. Non sempre le persone sopravvivevano all'attacco di un lupo mannaro. Soprattutto quando si trattava di bambini.
«Sta bene, sì. Sta anche meglio di quanto avessi osato sperare. Qualcuno pensa sia una sfortuna per me».
Sì. Alphard lo immaginava. Lo sapeva, anzi. Walburga e Cygnus erano un esempio di tali compassionevoli persone.
«Ma tu no» mormorò prima di poterselo impedire.
«Certo che no. E' mio figlio, Alphard» replicò Lupin con semplicità.
Alphard annuì, pur non trovando così ovvia quella constatazione. Anche Gygnus era il padre di Andromeda. E gli era bastato molto meno per desiderare che fosse morta.
«Così hai rinunciato al tuo prestigioso posto al Ministero per stare con il bambino».
«Conosci forse qualche padre che avrebbe anteposto il proprio prestigio sociale al benessere di un figlio?»
Sì. Oh, sì, Alphard conosceva intere Casate formate da individui del genere. Ma sospettava che Lupin non frequentasse simili ambienti. Così preferì non rispondere, e cambiò abilmente discorso.
«Ma, se non lavori al Ministero, come mai sei venuto per Erin?»
Lupin lo guardò pensieroso. «Avevo dei dubbi su di te, Alphard. Stupidi pregiudizi legati al tuo cognome di cui ti chiedo scusa. Ma dopo avere visto l'affetto che ti lega a quei piccoli Babbani, credo proprio di potermi fidare. Lavoro per Silente. Rintracciando Nati Babbani dotati di poteri magici e riferendo i loro nomi a Silente medesimo. Senza passare dal Ministero. Ci sono troppi seguaci di Tom Riddle, lì».
«E Silente non si fida di Tom Riddle. Ma al Ministero c'è un tuo sostituto. Lo so per certo e so anche chi è! Come fate a fare in modo che non li rintracci lui i Nati Babbani?»
Lupin sogghignò ironico. «Il mio sostituto è Antonin Dolohov. Non è difficile da ingannare. Non riconoscerebbe un piccolo Nato Babbano dotato di poteri magici neppure se si Smaterializzasse sotto il suo naso. Non si è mai interessato ai Babbani. Non sa nulla di loro».
Sì, Alphard non aveva nulla da ribattere su questo punto.
«Non preoccuparti, Alphard. Terremo d'occhio la piccola Erin. E' una streghetta fortunata, perché potrà contare anche sulla tua protezione» sospirò amareggiato. «A volte mi sembra di vivere all'epoca delle Orde del Tempo e dei Ghermidori, sai? Si prospetta un periodo difficile per i Nati Babbani. Riddle vorrebbe allontanarli dalla Magia. In ogni modo. Con ogni mezzo. Mio figlio non è stato morso per una disgraziata fatalità, Alphard. E' stato morso per rappresaglia. Perché mi ero rifiutato di consegnare la lista con i nomi dei piccoli Nati Babbani a Riddle».
Alphard annuì. «Lo sosteneva anche Duncan».
«Ah, Duncan... neppure quello che è successo a lui è stato una fatalità».
Alphard sgranò gli occhi, sconcertato. Duncan, il mago che aveva preso il posto di Lupin dopo le sue “dimissioni”, era morto eroicamente, nel tentativo di catturare il drago che aveva attaccato il treno su cui viaggiava Erin. Come poteva non essere una fatalità?
«Duncan è morto tentando di proteggere un treno colmo di Babbani da un Gallese Verde, Lupin» fece notare ragionevole. «Come potrebbe essere opera di Riddle? Neppure lui è in grado di farsi obbedire da un drago».
Lupin si sostò i capelli castano chiaro dalla fronte e scrollò le spalle. «Non ho prove che quell'incidente sia stato opera di Riddle, Alphard. Ma so con certezza che Duncan non è morto per colpa di un drago. E neppure quei poveri Babbani che si trovavano sul treno».
«Ma sono stati proprio i sopravvissuti a parlare di un drago!» insistette Alphard. Lo sapeva perfettamente perché ne aveva interrogato lui stesso uno - un adolescente con una vistosa fasciatura a un braccio - prima che gli venisse modificata la memoria.
«I sopravvissuti hanno detto di avere visto qualcosa stagliarsi contro il cielo plumbeo. Alcuni di loro sostenevano che questo qualcosa somigliava a un grasso drago di un verde brillante che sputava un vivido fuoco dello stesso colore. Un fuoco verde brillante, Alphard».
«E allora?» chiese Alphard allibito.
«E allora, come potrebbe agevolmente spiegarti mia moglie, i Gallesi Verdi non sputano fuoco verde. Nessun drago di un verde brillante, lo fa».
«Oh» Alphard doveva ammettere di non essere un grande esperto di Creature Magiche.
«Già, oh. Di sicuro qualcosa quei Babbani hanno visto, quella sera. Qualcosa che somigliava a un grasso drago sputa fuoco... ma non lo era» concluse Lupin sbirciando malinconico il cielo terso che, all'orizzonte, cominciava a tingersi di rosso. «Ora devo proprio andare. Mi ha fatto molto piacere rivederti, Alphard Black».
«Aspetta! Voi lo sapete cosa poteva essere quel finto drago, vero?»
«Silente ha dei sospetti in proposito. Chiedi a lui. Sarà felice di condividerli con te. E' alla disperata ricerca di gente disposta a credergli».
«Ma non protesti cominciare a espormeli tu, questi sospetti?»
Lupin scosse il capo, sconfitto. «No, è una lunga storia e c'è luna piena questa notte. Devo tornare a casa prima che sorga».
«Oh. Pensavo che tua moglie fosse in grado di...»
«Lo è. E Remus le facilita molto le cose. Si lascia fare di tutto senza mai lamentarsi» sorrise un po' imbarazzato. «Ma mi piace pensare che la mia presenza sia di conforto a entrambi».
Alphard gli posò con gentilezza una mano sulla spalla. «Sei un buon padre, John».
Non era un complimento consolatorio o gratuito. Lo pensava davvero.
Ma Lupin non pareva condividere quella convinzione. Guardò amareggiato l'ex collega e scosse il capo. «No. Oh, no. Ho costretto mio figlio a pagare le conseguenze di una mia scelta. Questo non fa di sicuro un buon padre di me».
«Ami tuo figlio per quello che è. E questo fa di sicuro un buon padre di te» insistette Alphard, caparbio.
Lupin abbozzò un sorriso incredulo. «E' mio figlio, Alphard. Potrei mai non amarlo? E poi è così facile amare Remus. Pensavo avrebbe odiato il mondo intero, sai? O almeno il licantropo che lo ha morso. Ma lui ne prova pietà. Ne ha compassione. E questo mi fa ben sperare».
Alphard lo guardò confuso e Lupin spiegò: «Spero che, quando troverò il coraggio di confessargli il ruolo che ho avuto io nella sua maledizione, possa riservare anche a me un pizzico di quella compassione».
Poi, dopo un rapido cenno di saluto, si Smaterializzò, appena prima che Antonin Dolohov facesse la sua comparsa, fissando contrariato Alphard e bofonchiando: «Ah, sei tu, Black. Mi è stato riferito che qui sono state rivelate evidenti tracce di Magia. Pensavo di avere tra le mani un Nato Babbano. Ma se tu sei qui...»
Alphard, sentendo un brivido di terrore percorrergli la spina dorsale, sbirciò verso il palazzo dove era scomparsa la piccola Erin. Sperando ardentemente che la bimba non scegliesse proprio quel momento per uscire e tradirsi salutando amabile Dolohov. O sfidandolo, magari.
Notando che i passanti non degnavano di uno sguardo quell'uomo intabarrato in una lunga tunica nera e argento, Alphard era quasi certo che anche lui fosse sotto l'incantesimo utilizzato da Lupin: era pur sempre un Rintracciatore di Nati Babbani, in fondo.
«Oh, sì» si affrettò quindi a rispondere. «Temo di avere appena usato un incantesimo per... allontanare un gatto inopportuno. Non è ortodosso, lo so ma...»
Dolohov sbuffò. «Ma figurati! Hai fatto benissimo, ci mancherebbe. Infischiatene di quelle stupide restrizioni pro-Babbani!»
Alphard annuì complice. «Ecco. Tra l'altro sono spesso da queste parti. Sai com'è... con il mio lavoro... non c'è posto migliore di un pub frequentato da Babbani per trovare informazioni su manufatti magici finiti nelle loro mani. I Babbani, quando sono alticci, rivelano cose che, da sobri, terrebbero gelosamente per sé».
Dolohov annuì comprensivo. «Quindi suppongo sia tu il responsabile delle tracce di magia rilevate in questa zona».
Alphard abbassò lo sguardo, fingendo un lieve imbarazzo. «Temo proprio di sì. Sono molti i gatti fastidiosi da queste parti».
Dolohov sistemò un'invisibile piega della tunica e sbuffò. «Un altro buco nell'acqua. Ogni volta che vado in un luogo sospetto mi imbatto in qualche mago intento a fare magie. Pare che non nascano più Nati Babbani dotati di poteri magici. Io almeno non ne trovo».
Alphard annuì comprensivo. Aveva anche una vaga idea di sapere per chi lavorassero i maghi incontrati da Dolohov.
Nel tentativo di allontanarlo dalla piccola Erin, ignorando l'istintiva antipatia che da sempre gli ispirava quel mago, propose: «Che ne dici, allora, di fare un salto al Paiolo Magico per brindare a questa meravigliosa eventualità?»
«Perché no. Così ne approfitteremo anche per brindare al fidanzamento del giovane Malfoy con tua nipote Narcissa».
Alphard non poté impedirsi di guardare Dolohov ad occhi sgranati. Quindi Walburga aveva davvero trovato un modo per placare le giuste ire dei Malfoy, alla fine.
Dolohov si concesse una risata e, in uno slancio assai inusuale per lui, allungò un braccio per assestare ad Alphard una pacca amichevole su una spalla. «Non dirmi che non ne eri ancora al corrente! Abraxas lo ha già fatto sapere a tutti. Ma certo...» si guardò attorno con vago disgusto. «Se tu eri in questo luogo dimenticato da Merlino e da Morgana, non mi sorprende che non ti abbia raggiunto. Persino il suo gufo si rifiuterebbe di venire in questo squallido covo di Babbani».
Alphard annuì meccanicamente. L'ampia manica della tunica di Dolohov era scivolata all'indietro, quando il mago gli aveva colpito la spalla, scoprendo l'avambraccio. E Alphard non riusciva a non pensare al tatuaggio che aveva intravisto: un macabro teschio dalla cui bocca usciva un serpente.
Alphard sapeva per esperienza personale che, a un occhio poco attento, sarebbe benissimo potuto sembrare un drago grassoccio intento a sputare fiamme.



*La canzone che Alphard tenta di canticchiare è una notissima canzone Babbana (chissà, forse il nostro Al non è un fan dei predecessori delle Sorelle Stravagarie): "Yellow Submarine" dei Beatles.
(E' la stessa canzone che poco prima canticchiano anche le tre bimbe Babbane).



Ed eccoci arrivati alla settima tappa del nosto Viaggio.
Un'altra tappa decisamente lunghetta, lo so... ma dovevo pure mostrare uno squarcio della vita di Alphard! (Il mio Alphard ha una vita abbastanza intensa e caotica, lo so, ma mi piace pensarlo alle prese con botoli irascibili e marmocchi disinvolti...)
Dovevo pur rendere "umano" questo personaggio. Dargli un certo "spessore" e, a tal proposito, spero di essere riuscita nell'intento di non fare di lui un perfetto Gary Stue (si dice così, giusto?).
Spero altresì che i personaggi da me trattati e appartenenti alla Rowling risultino ragionevolmente IC, perché son tutti personaggi che godono della mia stima e della mia simpatia, questa volta.
E ora le "Note di Servizio":
Prima di tutto due parole sulla piccola Erin: mi piaceva l'idea di inserire in questa storia (che tratta molto il rapporto maghi-Babbani) la vicenda di un bimbo nato Babbano dotato di poteri magici, perché mi son sempre chiesta come funzionino le cose in tal senso. Soprattutto di come potessero funzionare in anni difficili come quelli descritti in questi capitoli. La scelta è caduta sulla piccola Erin. Spero mi possa perdonare! ^^
Mi piaceva anche l'idea di accennare al "lavoro nascosto" di quei maghi che già cominciavano a rendersi conto della pericolosità di Voldemort e delle sue idee e cominciavano ad agire di conseguenza. E Lupin Sr. mi sembrava perfetto per lo scopo! (E poi dando questo compito a lui ho potuto parlare anche di Remus... avrei mai potuto rinunciare a tale opportunità? ^^)
Infine due parole sulla faccenda del Marchio Nero scambiato da Alphard per un drago grassoccio intento a sputare fiamme... a qualcuno potrà sembrare assurda e impossibile questa eventualità, lo so, ma a mia discolpa posso dire che a me è successo proprio così! ^^

  
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