Bene, boh, a quanto pare l’ultimo capitolo non è stato un completo
fail introspettivo quindi mi sento relativamente
motivata ad andare avanti >:I ! Dai che ce la faccio a finire almeno una multichaptered LOL. Capitolo sciallo
e pseudo corto (la lunghezza del terzo era un errore di sistema, dovrebbero
essere tutti più corti çOç !), pieno di minchiate e
che, se non fosse chiaro, avviene due settimane dopo l’ultimo capitolo. Scusate
molto per l’innaturale sovrabbondanza di dialoghi :I Non mi piace molto l’inizio,
magari più in là lo riscrivo? Buona lettura? Okay? Eh?
Ah, oddio! Due cosette: 1. Per chi non ha letto i libri, le Puffole Pigmee sono degli animaletti pelosi e dolcissimi
che si possono comprare a Diagon Alley;
2. Ora ho un atroce dubbio, e non ricordo se il detto dell’elefante nella
stanza è solo inglese o anche italiano. In ogni caso, “non vedere/ignorare
l’elefante nella stanza” vuol dire non vedere/rifiutarsi di vedere una cosa
assolutamente palese che tutti potrebbero notare. Lo dico perché in questo
capitolo ci si gioca abbastanza sopra :I
Disclaimer: non mio blahblahblahblah.
I. II. III. IV.
V. VI. VII.
. S E V E N
.
.
IV.
Poi di fatto
non si conclude proprio lì.
La demoniaca
‘follia adolescenziale’ da cui è affetto, come Lavi preferisce chiamare quella
sensazione di oppressione che sente nel petto ogni volta che guarda Allen e
ripensa alle settimane passate, risulta pressoché incontrollabile.
Diventa più
facile fingere dopo due settimane, con gli altri e con se stesso, e il
metaforico elefante frapposto costantemente tra lui e Allen continua ad essere
efficacemente ignorato.
Non sa se i
suoi amici abbiano creduto alla scusa dei M.A.G.O. –
non suonava così irreale, in fondo –, ma in un caso o nell’altro, tutti l’hanno
perdonato.
Ma, seppure
le cose siano ritornate a com’erano prima della partita, Lavi si sente in
colpa, e non riesce a trovare altra spiegazione a questo sentimento se non il
presentimento che almeno Allen vi abbia visto attraverso; che abbia capito che
la faccenda dei M.A.G.O. è solo una copertura per un
problema più grave, che anche lui veda chiaramente l’immenso elefante che li
divide. E lo fa sentire in colpa pensare che Allen abbia deciso di ignorare
quell’elefante perché lui ha voluto
ignorarlo.
Ormai sono
troppo cresciuti per potersi nascondere sotto il Mantello dell’Invisibilità in
tre, tantomeno in cinque. Ma Lavi e Lenalee sanno
effettuare dei buoni Incantesimi di Disillusione, e di conseguenza il viaggio fino
al seminterrato si rivela salvo.
Allen
allunga un dito per solleticare le lisce curve della pera dipinta, che tra un
risolino e l’altro si dimena e scopre l’ingresso alle cucine.
All’interno
della grande sala gli elfi domestici sono in costante fermento nonostante l’ora
tarda. Maneggiano fuochi con attizzatoi e zigzagano tra i quattro lunghi tavoli
trasportando con sorprendente agilità pentole e calderoni pieni da un lato
all’altro della stanza; ma abbandonano subito i loro impegni appena vedono il gruppo
di ragazzi entrare con passo felpato e dirigersi con modestia verso il solito
angolo del lungo tavolo che si trova esattamente sotto quello dei Grifondoro.
È da tempo
diventato una tradizione, il party notturno nelle cucine della scuola. Una
volta al mese, escono dalle loro stanze e passano gran parte della notte a
farsi rimpinzare fino allo sfinimento dagli elfi, che non negano loro niente e
garantiscono sempre un’accoglienza da re – Allen adora queste serate, più di quanto adori Mielandia,
e non è dire poco. D’altronde, qui il cibo è gratis.
Quella
notte, Lavi si diverte così tanto da dimenticare completamente tutti i problemi
che lo assillano in quelle settimane. Mangiano fino a scoppiare le prelibatezze
che gli elfi offrono loro con sguardi di gioia pura su vassoi d’argento e in
pentole di rame. Lenalee ride, Kanda
impreca, Fou schernisce, Allen mangia, e Lavi non
pensa assolutamente a nulla.
Probabilmente, nota osservando con un sorriso gli amici sazi e rilassati, la
nottata ha lo stesso effetto anche sugli altri.
Fino a che
non arriva il momento del tè.
“Okay,”
esordisce Allen scostando i piatti vuoti di zuppa inglese da davanti a sé e
levando in aria la sua tazzina da tè in un gesto significativo, “penso sia ora
di un po’ di sana Tasseomanzia.”
“L’ultima
volta Kanda è stato il Lettore, quindi tocca a lui
iniziare,” ricorda Lenalee, prima di avvicinarsi a
Allen e dirgli con tono serio e confidenziale, ma a voce abbastanza alta perché
tutti sentano: “Predicigli qualcosa di cruento,
possibilmente. Stamattina ha apertamente insultato Komurin
solo perché gli piace l’odore dei suoi capelli.”
Allen porta
una mano davanti alla bocca con teatralità, e prorompe in un urletto scandalizzato. “Come hai potuto, idioKanda,” lo accusa, portandosi
la mano al cuore con espressione sofferente.
“L’hai fatta
grossa, amico,” infierisce Lavi, contrito, posando una mano sulla spalla
dell’altro in un segno di rincuoramento. “Quella Puffola Pigmea è sacra, ha più alleati del Conte del
Millennio. E i suoi alleati sono perlopiù ragazze, giovani adolescenti, che
sanno essere peggio di un branco di Mangiamorte
assetati di sangue.”
Kanda sbuffa
sonoramente e fa schioccare la lingua. “Tch, quel
coso non ha ancora capito quali sono i suoi limiti,” grugnisce scontroso,
inchiodando Allen con uno sguardo omicida. “Vuoi muoverti o no?”
Ma Allen ha
ormai sviluppato un anticorpo che lo protegge dall’intento omicida di Kanda – o forse è solo pazzo e non si rende conto
dell’effettivo pericolo che corre, ragiona Lavi –, e con un sorriso maligno che
non predice nulla di buono, si alza per strappare la tazza di Kanda dalle mani del proprietario.
Dopo aver
svolto il ben conosciuto rituale necessario per la lettura del futuro, Allen
scruta l’interno della tazza con studiata diffidenza.
“Bene bene bene,” Allen comincia con una voce velata e rauca da
vecchietta centenaria, una fedele riproduzione di quella della loro insegnante
di Divinazione, “cosa vedo qui?”
Lenalee e Fou ridacchiano, divertite
dall’interpretazione, e Lavi si allontana impercettibilmente da Kanda, spinto da un inconscio istinto di sopravvivenza.
“Vedo un frutto… un chicco d’uva, forse…
No, aspetta,” si interrompe Allen abbandonando il falsetto, “il chicco non
significa ‘periodo lieto con gli amici’? Forse è un po’ troppo irreale.
Facciamo che è una ghianda…”
“Vuoi che ti
appenda per una caviglia al soffitto, mammoletta?”
ringhia Kanda minaccioso.
“Mi chiamo
Allen e—che problema c’è, ti sto augurando buona salute! Godrai di ottima
salute, forse grazie alla caduta di ghiande propizie sulla tua testa in questi
giorni, ma… qui c’è un palo. No, è un’asta, con
issata una bandiera… Assistente, mi aiuti
nell’interpretazione.”
“Stronzate.
Ti sei studiato il libro a memoria apposta per questo,” grugnisce Kanda.
Allen
aggrotta la fronte, e se Lavi non sapesse che sta fingendo, crederebbe davvero
alla sua espressione indignata.
“Non osare
parlare con quel tono a una persona che spreca forze fisiche e psicologiche per
prevedere la tua sorte, Kanda. Io ti sto aiutando.”
Lenalee apre il suo libro di Divinazione e sfoglia le pagine, scorrendo
tra le righe alla ricerca della parola giusta. “Ecco,” indica picchiettando la
pagina con l’indice, “significa ‘pericolo’.”
Kanda sospira.
“Che avevo detto?”
“C’è una Puffola Pigmea nelle vicinanze della bandiera?” chiede
Lavi, ignorando con difficoltà l’occhiata cattiva di Kanda.
Allen scuote
la testa, “No. Ma c’è un pugnale, che va persino meglio. Bene, Kanda, mi duole moltissimo
informarti che una catastrofe si sta per abbattere sulla tua già misera
esistenza. Ma sfortunatamente, penso che sfuggirai a questa, perché qui di
fianco al pugnale c’è un canguro…”
Lavi allunga
il collo verso di lui. “Allen, voglio assolutamente vedere anche io. Non ho mai
visto un canguro in una tazza da tè. Dev’essere una
vista epica.”
“Non è
permesso guardare nelle tazze, a meno che non si sia il Lettore,” puntualizza Fou con un ghigno.
“Come cristo puoi dire che è uno stupido canguro?” domanda Kanda
irritato. “Io vedo sempre e solo strisce di foglie sporche. Cosa significa, che
me ne andrò in Australia?”
La palpebra
destra di Allen si contrae in un tic ripetuto, mentre questi alza la testa
verso il moro. “No, vuol dire che farai un viaggio inatteso molto lungo, per
sfuggire a quel pericolo mortale, e—”
“E dove, se posso sapere?”
Allen gli
sorride con esagerata gentilezza. “Nell’esotica Landa del Vaff—”
“BENE, penso
che ora sia il momento della mia lettura, Allen!” esclama Lavi concitato,
strappando ad Allen la tazza di Kanda e ficcandogli
bruscamente nelle mani la sua. “Vai, vai!”
E in un
mentre carico di sibilante intento omicida in cui Lavi sorride raggiante per
compensare i cipigli rabbiosi e Lenalee accarezza la
mano di Kanda con l’intenzione di sedare il suo
desiderio di sangue, tutti osservano silenziosamente Allen capovolgere la tazza
sul piattino, dare tre colpetti leggeri e risollevarla lentamente.
“Bene bene bene,” ricomincia il ragazzo, e Lavi appoggia il mento sul
palmo della mano, ghignando in attesa della sua lettura, che – se lo sente
dentro – sarà molto più luminosa di quella di Kanda.
“Vicino al bordo sembra esserci…
una piccola chitarra sbilenca…” annuncia Allen con
fare grave, osservando attentamente le foglie del tè.
“Una
chitarra,” ripete Kanda in tono piatto.
“Sì,
significa ‘innamoramento in vista’,” spiega Lenalee
eccitata, sfogliando febbrilmente le pagine del libro.
È solo
quando Fou si lascia scappare un risolino di scherno
che Lavi viene colto da un’irrazionale ansia. Ancora con il mento sulla mano e
l’occhio vitreo puntato sulla sua tazza, sente distintamente il suo sorriso
spezzarsi in una smorfia indecifrabile. Per un attimo, avverte i suoi muscoli
che si tendono a causa dell’impulso di scattare, togliere ad Allen la tazza e
lanciarla contro il muro in modo che si riduca in migliaia di piccoli frammenti
– illeggibili.
Non sa dire
se è un bene o un male che nessuno si sia accorto della sua improvvisa mancanza
di gioia, perché Allen continua. “Ottimo, ottimo…
Stai per innamorarti, mio caro ragazzo…” fa
petulante, “Ma qui? C’è un cane… un cane con delle… alucce aperte…
Questo significa che ci sarà una novità! Una novità tra i tuoi fedeli amici… Forse legata a quell’innamoramento? Un nuovo amore
sboccerà tra amici?”
Le ragazze
levano un prolungato ‘oooh’
sognante, e Lavi deglutisce con vigore nella speranza di coprire il rumore dei
battiti del suo cuore.
“Mi sembra
che con Chomesuke tu abbia ripreso ad andare molto
d’accordo, Lavi…” lo stuzzica Fou,
e Lenalee ridacchia con malizia.
“Già…” cerca di rispondere Lavi, che spera sia passato
inosservato il ritorno del tic della ciocca di capelli.
Allen
continua, quasi ignorando i loro interventi. “Ma vedo delle grosse nuvole sulle
pareti che adombrano il cambiamento, questo vuol dire che sei afflitto da un
profondo dubbio… Ma non preoccuparti, perché oltre a
queste nuvole spiccano i contorni di una farfalla; la felicità ti attende,
piccolo mio…”
Con il
respiro mozzo, Lavi fissa Allen, senza davvero vedere la sua faccia, il suo sorriso
malizioso e i suoi occhi che lo osservano attenti da sopra la tazza.
Per un
attimo, pensa che Allen sappia tutto: cosa l’ha tormentato tanto da causare un
litigio tra di loro due settimane prima – e che, Lavi fatica ad ammettere, lo
tormenta segretamente tuttora –, cosa è successo quella notte in cui erano
ubriachi, cosa ha pensato quando erano nel campo da Quidditch;
Lavi si immagina in un momento di terrore che la pelle grigiastra di
quell’immenso elefante che anche Allen vede sia adornata dalla scritta ‘Lo sai che ti ho baciato l’altra notte?’.
Ma non può
essere. Non crede che Allen sia stupido, ma semplicemente Allen non coglie mai queste cose. Sa riconoscere una
persona falsa, una persona simpatica, una persona fedele, ma non una persona
innamorata. Non ha capito di piacere alla cronista di Tassorosso,
quando questa gli ha regalato per il suo compleanno una scatola da trenta Cioccorane, un leccalecca a forma di cuore di Mielandia e un mazzo di carte da gioco; o quando a Natale
una ragazzina di Corvonero sbucata dal nulla gli ha
consegnato una lettera rosa di auguri e una vaschetta di gelato di Florian. Non si è mai accorto nemmeno della cotta che Fou ha avuto per lui i primi due anni di scuola. ‘Sono gentili, vero?’ commenta sempre
Allen a qualsiasi manifestazione d’affetto. Lavi non si è mai preso la briga di
correggerlo con un ‘Sono innamorate.’
Perciò
perché, se Allen non riesce ad accorgersi delle cose palesi, dovrebbe aver
notato il suo lieve interesse per le
sue labbra negli ultimi tempi, la sua agitazione nello stargli vicino, la sua
ansia nel parlargli, la sua attenzione per ogni cosa che dice, e ogni cosa che
fa?
Quindi la
predizione dev’essere solo una coincidenza. Allen se
la sta inventando sul momento, oppure sta cercando di farlo mettere con
qualcuna delle sue amiche—è comunque una coincidenza.
…O forse no.
Forse, pensa Lavi con un brivido, quasi non credendo ai suoi stessi pensieri,
la predizione è vera. Forse la sua tazza sta cercando di riaffermare quello che
l’Aritmanzia gli ha negato.
(Fino a
qualche settimana prima Lavi avrebbe giurato di non essere una persona
superstiziosa, o che si affida ciecamente alla Divinazione. Ma dopo gli ultimi
avvenimenti, inizia a domandarsi se qualcuno non abbia sostituito il suo
cervello con quello della loro professoressa di Divinazione durante la notte).
“Aspetta, ma
perché è così felice il suo futuro?” obietta Fou. “Io
e Kanda ci becchiamo sempre le morti truculente o le
catastrofi. Non è giusto. Anche io voglio le farfalle nella mia tazza,” dice con
voce lamentosa, prima di ficcare senza scrupoli il dito nella sua tazzina e
rimescolare le forme a suo piacimento.
Allen ride.
“Sì, scusa,” dice pensieroso, e osserva un’ultima volta le foglie che sguardo
critico. “Non avevo visto quella falce accanto alla chitarra. Questo vuol dire
che a meno che tu non abbia un raccolto da mietere entro poco, la morte ti
raggiungerà entro il finesettimana. Mi dispiace, Lavi.”
E mentre
Lavi tenta una risatina che risulta poco convincente persino alle sue orecchie,
il metaforico elefante rimane piazzato in bella vista in mezzo alla metaforica
stanza.