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Autore: Whatadaph    13/09/2011    6 recensioni
Dominique Weasley ha diciassette anni, una media impeccabile e una vita apparentemente perfetta - nonostante ci siano troppi cugini di mezzo, una sorella ingombrante e centinaia di studenti che sono a conoscenza di ogni dettaglio della sua esistenza. Ha anche una migliore amica scomparsa, un ragazzo con la testa da un'altra parte e troppi segreti da nascondere.
Una Nuova Generazione piena di squallore e frivolezze, che dovrà pezzo per pezzo recuperare ciò che ha perduto.
Ispirato a Gossip Girl. Dal secondo capitolo:
Dominique Weasley si guardò allo specchio. Come sempre, non poté fare a meno di contrapporre la propria immagine a quella della sorella. [...] I capelli di Victoire sembravano brillare di luce propria, i suoi occhi violetti facevano sembrare banale il grigio di quelli di Dominique, la sua pelle era perfetta e priva di macchie. Victoire era più alta, più magra, più bella. Il ritratto della madre, l’orgoglio del padre, la ragazza di Teddy. Spostò una ciocca di capelli, si passò una mano sulla pancia. Si sentiva nauseata.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Lucy Weasley, Scorpius Malfoy
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Metamorphosis'
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Seventeen Candles

If you think that this is just a game

I'm playing

If you think that I don't mean

ev'ry word I'm saying

Don't, don't, don't, don't,

Don't feel that way

I'm your love and yours I will stay


Quando Dominique Weasley aprì gli occhi, quel primo di novembre, divenne gradualmente consapevole di un certo numero di cose.
Prima di tutto, la cortina di velluto che aveva davanti agli occhi era scarlatta, e non verde smeraldo come quella cui era abituata. Secondo, non aveva nulla addosso. Terzo, un grosso braccio da battitore era poggiato pesantemente attorno alla sua vita.
Oh, Merlino. Goldstein.
Non era affatto una sensazione spiacevole, anzi: il corpo del ragazzo a contatto con il suo sprigionava un delizioso tepore, ed era idilliaco restare a letto a godersi i primi raggi del mattino, lei che era tanto abituata al buio dei sotterranei. Tuttavia, non poteva proprio permettersi di avere simili pensieri.
Non posso essere andata a letto con Goldstein! Che cosa mi è saltato in mente!?
Sgusciò cautamente sotto al braccio del ragazzo, facendo attenzione a non svegliarlo. Adrian emise un mugolio e si rigirò nel sonno dall’altra parte. Dominique recuperò i propri vestiti - sparsi a terra in diversi punti della stanza - e li indossò con calma, silenziosamente, guardandosi attorno - ringraziò il cielo che Goldstein, in quanto caposcuola, avesse diritto ad una camera singola. L’ambiente era sorprendentemente ordinato, completamente diverso dagli altri luoghi popolati prettamente da adolescenti maschi cui era abituata. Nei dormitori di Scorpius e di Albus - le uniche camerate dei ragazzi che mai avesse visitato - regnava sempre il più trionfale disordine:  lo stesso valeva per la stanza da letto di suo fratello Louis, e per quelle dei suoi cugini alla Tana o a Godric’s Hollow. Nel luogo dove dormiva Adrian Goldstein, fuorché gli abiti della sera prima sparsi a terra - e Dominique non ricordava bene come ci fossero finiti -, ogni cosa era organizzata con ordine quasi maniacale.
Ma in fin dei conti c’era da aspettarselo. E’ cosi noioso!
Incredibilmente noioso, in effetti. Fino al giorno precedente aveva quasi creduto che fosse asessuato.
Ma aveva dovuto ricredersi.
Sopra al baule, piegata con cura, si trovava la divisa di Quidditch del ragazzo, con accanto la mazza da battitore. Nel vedere gli abiti scarlatti, Dominique rammentò che quel giorno si sarebbe svolta la prima partita della stagione: Grifondoro contro Serpeverde. Evidentemente, Adrian doveva aver preparato la divisa la sera precedente, prima di dirigersi alla festa.
Anche nella vita privata è così fastidiosamente preciso.
Le risultava difficile accettare che qualcuno fosse più organizzato di lei. Tirò su la zip del vestito, tentò di rassettare la lunga gonna, che si rivelò irreparabilmente sgualcita - anche se, considerato ciò che ricordava della notte precedente, non avrebbe dovuto stupirsene. Gettò un ultimo sguardo ad Adrian, che dormiva supino, il braccio che prima le circondava la vita buttato sul guanciale. I capelli castano chiaro erano scomposti, sul volto aveva dipinta un'espressione beata. Sospirò, prima di voltarsi e lasciare alle proprie spalle quella camera rossa e oro e quel ragazzo addormentato, dirigendosi verso il dormitorio di Serpeverde con tutta la discrezione possibile.

"Si può sapere dove accidenti sta Goldstein?"
Albus era decisamente infuriato. James sapeva bene che il fratello diveniva straordinariamente irascibile prima di entrare in campo: era il suo modo per sfogare la tensione, così come lui stesso si chiudeva in un ostinato silenzio nel pre-partita. Tuttavia, quel giorno, il pessimo stato d'animo di Albus era comprensibile e decisamente giustificabile. Mancavano appena cinque minuti all'inizio dell'incontro, e il loro secondo battitore ancora non si era fatto vedere. Il che, rifletteva James, era piuttosto inusuale, giacché Adrian Goldstein era celebre per la sua precisissima e quasi irritante puntualità. Chris McGregory, il portiere, continuava a passarsi nervosamente i guanti da una mano all'altra, diventando sempre più rosso. Quinn Baston, incredibile battitrice del sesto anno, scrutava torva  la propria mazza, come se le avesse fatto chissà quale gravissimo torto. Improvvisamente, si udì un tramestio, e Adrian sbucò nello spogliatoio, trafelato, i capelli spettinati e la divisa per traverso. Il resto della squadra lo guardò con stupore: non solo il caposcuola Goldstein era in ritardo, ma mancava anche del solito aspetto impeccabile.
Gli brillano gli occhi, notò James. E sembra piuttosto agitato.
"Era ora," brontolò Albus "Si può sapere dov'eri?"
Adrian aprì la bocca per rispondere, ma non fece in tempo: nello spogliatoio si udì il fischio di Madama Preston, e la squadra si preparò ad entrare in campo.

Neanche un'ora dopo, la partita era terminata, e la vittoriosa squadra di Grifondoro planò a terra, stretta in un abbraccio collettivo.
"James!"
Il ragazzo si volse, e vide Grace che gli correva incontro, ridendo, i capelli al vento.
"Siete stati bravissimi, Jamie!"
Gli buttò le braccia al collo, lo baciò.
"Abbiamo giocato partite migliori, Grace," disse la voce di Albus alle loro spalle "Ma immagino che i dieci goal segnati dal mio fratello abbiano contribuito alla vittoria, già..."

 

Una settimana dopo

Adrian continuava a baciarla, scie infuocate di passione che si perdevano sul suo collo e sulle spalle. Poteva percepire la schiena del ragazzo sotto le dita, la sua pelle calda, il lavorio dei muscoli. Le bocca di lui si impadronì della sua, mentre le mani scorrevano sul suo corpo, facendo scivolare via la sottile sottoveste di seta che indossava. A propria volta, si dedicò ai bottoni della camicia di Adrian, slacciandoli uno ad uno...
Tutto ad un tratto, udì bussare. Ignorò quella fonte di disturbo, continuando a baciare il ragazzo con ardore e con  un senso impellente di bisogno. Tuttavia, il rumore si fece più insistente.
"Dom!"
Scosse la testa, infastidita, e fece per togliere la camicia ad Adrian, quando si rese conto del fatto che le proprie mani si muovevano a vuoto, e che era sola nella sua stanza. Sbatté un paio di volte le palpebre, levandosi a sedere fra le lenzuola.
Era tutto un sogno...
"Dom?" disse la voce di Grace, fuori dalla porta chiusa "Ci sei?"
"Avanti" rispose Dominique.
L'amica, bella e ridente come al solito, si fece strada nella camera perfettamente ordinata, per poi sedersi accanto a lei sul letto.
"Che cos'è quella faccia?" le chiese, scrutandola con aria preoccupata.
"Oh... No, niente," borbottò lei "Un brutto sogno".
Beh, brutto non direi.
"Mmh," fece l'altra, poco convinta "Buon compleanno, comunque" aggiunse, sorridendo e porgendole un pacchetto.
Dopo un istante di confusione, improvvisamente Dominique ricordò.
"E' vero, è il mio compleanno!" esclamò, entusiasta "Sono maggiorenne!"
Grace ridacchiò, divertita, e le tese ancora il pacchetto.
"Che cos'è?" la interrogò lei, incuriosita.
"Aprilo!"
Dominique scartò il regalo con attenzione, avendo cura di non strappare la carta. Trovò una scatola con su scritto Amortentia: set deluxe di profumi e prodotti da bagno per la strega di classe, e un completo intimo di pizzo nero, abbinato ad un babydoll di raso color avorio, raffinatissimo benché molto sensuale. Sorrise.
"Grace!" esclamò, abbracciando l'amica "Sono dei regali bellissimi, grazie!"
Grace sorrise a propria volta, mordicchiandosi il labbro.
"Non si diventa maggiorenni tutti i giorni, no?"
"Giusto!"
Ai piedi del letto, c'era un bel mucchio di altri pacchetti incartati, probabilmente consegnati dagli elfi domestici durante la notte. Deposti con cura i doni dell'amica sul comodino, Dominique iniziò a scartare gli altri regali, mano mano che l'altra glieli porgeva.
"Questo chi te lo manda?" domandò Grace, allungandole una grossa scatola avvolta in raffinata carta rosa cipria "Non c'è biglietto".
"Non ne ho idea" rispose, stupita.
Aprì la scatola, per ritrovarsi fra le mani metri e metri di seta argentea e fluida, talmente morbida e pura da scivolarle fra le dita. Si alzò dal letto, per poi poggiarsi addosso l'abito di ottima fattura, di fronte allo specchio a figura intera che aveva in camera.
Dio, è meraviglioso...
Grace lanciò uno sguardo di ammirazione al vestito, per poi chinarsi e raccogliere qualcosa da terra. Era un biglietto, probabilmente nascosto fra le pieghe dell'abito, che doveva essere caduto quando l'aveva sollevato per provarlo.
"Anche questo è molto meno casto di quanto non voglia apparire" lesse l'amica.
Il cuore di Dominique fece un sobbalzo.
Jake.
Grace la guardò.
"Che cosa significa?" le domandò.
"Non c'è firma?" chiese Dominique.
Grace scosse la testa.
"Hai idea di chi te lo abbia mandato?" la interrogò.
Dominique sorrise.
"In effetti, credo di saperlo”.

Come al solito, fra le fila dei Serpeverde, si stagliava vivacemente un orlo della divisa scarlatto, ed uno stemma-rosso oro. Grace Zabini - la chioma bionda visibile a distanza - era seduta accanto alla neomaggiorenne Dominique Weasley, e si stava servendo di un’abbondante porzione di arrosto con patate, che attaccò con voracità. Salvo poi rendersi conto dello sguardo bramoso e stranamente teso che Dominique rivolgeva al suo piatto pieno.
“Che cos’è quella faccia, Dom?” la interrogò, scrutandola con una certa preoccupazione.
Ricordava quella stessa espressione impressa sul volto dell’amica, circa tre anni prima, e non le piaceva proprio per niente, specialmente se considerava gli eventi che ne erano seguiti.
“Quale faccia?” replicò Dominique, un po’troppo in fretta, affrettandosi a piegare le labbra in un sorrisino.
“Quella di prima” insisté Grace, pur con scarse speranze.
Conosceva Dominique, e sapeva che, nel momento in cui ostentava quella specie di tentato sorriso, non c’era verso di cavarle parola di bocca.
“Non ho fatto nessuna faccia, Grace”.
A quel punto, chiunque altro avrebbe lasciato perdere. Ma Grace non era chiunque altro. Era caparbia, era determinata, era la migliore amica di Dominique e, per giunta, era decisamente preoccupata. Per questo non demordette, ma masticò con cura il proprio boccone di arrosto prima di rivolgersi nuovamente all’amica.
“Non mangi niente?” le domandò candidamente, indicando con un cenno del mento il suo piatto vuoto.
“Oh, già,” rispose Dominique, sempre con quel maledetto sorrisino sul volto “Certo”.
Allungò una mano, e si servì di una forchettata di spinaci bolliti, che cominciò a piluccare con aria apparentemente distratta. Grace sospirò.
“Così poco?” le chiese.
“Oh, non ho molta fame,” si giustificò l’altra “Sono appena diventata maggiorenne! Se penso alla festa di stasera, poi... L’idea mi eccita troppo, non ci riesco proprio a mangiare di più”.
Bella scusa.
Grace aprì la bocca per dare voce a questo pensiero, ma Dominique la interruppe.
“Ma quello non è James, tutto solo?” indicò il tavolo di Grifondoro “Perchè non vai da lui a fargli compagnia? Uh, guarda, arriva Jake!”
Si voltò verso Jacob Greengrass, degnandolo di un sorrisetto sdegnoso - ma gli occhi le brillavano -, e a Grace non rimase altro che alzarsi da tavola, di malavoglia, arrendendosi al fatto che insistere in quel momento non solo sarebbe stato inutile, ma anche totalmente controproducente. Attraversò la Sala Grande, fino a lasciarsi cadere sulla panca accanto al proprio ragazzo, con un’espressione cupa che stava sul suo volto come i cavoli a merenda.
“E’ successo qualcosa?” la interrogò infatti James, dopo averla salutata con un lieve bacio sulle labbra.
“A me non è successo niente...” rispose “E’ Dominique a preoccuparmi”.
Jamie aggrottò le sopracciglia.
“Come mai? Ha qualcosa che non va?”
“Mangia poco o niente...” rivelò Grace “E diventa straordinariamente elusiva non appena cerco di toccare l’argomento. Non vorrei che fosse come tre anni fa, quando, sai...”
“Lo so,” disse lui “La nonna Molly a Natale era preoccupatissima perché non toccava cibo, ed era diventata tutt’ossa”.
“Per lei è stato veramente difficile uscirne,” ribatté Grace, guardandolo con gravità “Non vorrei che avesse una ricaduta, o che so io...”
James le strinse la mano.
“Se così fosse, la aiuteremo,” la rassicurò “E’ una promessa”.
Rasserenata, Grace gli mise una mano sulla guancia, prima di cominciare a baciarlo.

“Che cosa vuoi, Greengrass?” disse Dominique, placida, guardando fisso di fronte a sé.
Lo udì ridacchiare.
“Solo augurarti buon compleanno,” rispose Jacob “E assicurarti che ho già messo gli elfi domestici al lavoro”.
Dominique si voltò di scatto verso di lui, gli occhi sgranati per la sorpresa: lo vide ghignare, soddisfatto.
“Esattamente,” proseguì lui “Questa volta non dovrai preoccuparti di nulla. Mi sono occupato io dell’organizzazione”.
Dominique gli sorrise, e Jacob ricambiò, sapendo che da parte sua equivaleva ad un caloroso ringraziamento. Le strinse lievemente le dita fra le proprie, prima di alzarsi da tavola e allontanarsi con calma.
“Buon compleanno”.
Dominique si girò di scatto. Adrian Goldstein, in piedi dietro di lei, la scrutava con uno sguardo di intensità bruciante, rancorosa. Lei gli volse nuovamente le spalle, assumendo l’espressione più indifferente che le potesse riuscire. Era trascorsa esattamente una settimana da quella inaspettata, assurda e maledettamente piacevole notte che avevano trascorso insieme, e Dominique aveva passato quei giorni ignorando Golstein scrupolosamente. Non che lui non avesse tentato di parlarle, anzi. Inizialmente, l’aveva assillata di continuo, cercando di stabilire un contatto con lei ogni volta che ne aveva l’occasione. Alla fine, aveva lasciato perdere, limitandosi a sciccarle sguardi di fuoco ogniqualvolta si incontrassero.
Fortunatamente, il repentino cambio di atteggiamento di Jacob, e le attenzioni delle quali la colmava, avevano il potere di distrarla, contribuendo notevolmente al suo proposito di ignorare Adrian e di fingere che nulla fosse accaduto quella notte. Lei non ne aveva parlato con anima viva - nemmeno con Grace -, e confidava che lui avesse fatto altrettanto.
Jacob non lo sarebbe mai venuto a sapere.

“Finalmente siamo soli...” sussurrò Grace.
James avrebbe voluto ricordarle che si trovavano nel dormitorio maschile, e che chiunque sarebbe potuto entrare da un momento all’altro, ma decise di lasciar perdere, giacché era troppo concentrato sulle labbra di lei per riuscire a pensare razionalmente. Erano così soffici, quelle labbra, così...
Grace lo spinse sul letto - sorridendo in quel suo modo speciale che lo faceva letteralmente impazzire -, prima di raggiungerlo fra i cuscini e riprendere a baciarlo. James fece scorrere le mani sulla schiena di lei, le sfiorò le gambe, le carezzò i capelli. Lei ridacchiò e si tirò su, per poi prendere a slacciarsi uno per uno i bottoni della camicia scolastica - la cravatta rosso-oro era già volata chissà dove. James la guardò, senza fiato, mentre Grace si sfilava la camicetta del tutto e si chinava di nuovo su di lui. Le sue mani corsero automaticamente sui fianchi della ragazza, sulla sua pelle liscia e ambrata... Le loro labbra sembravano incapaci di staccarsi, i capelli di Grace gli accarezzavano il viso mentre lei lo baciava e...
“Ops, scusatemi!”
Entrambi si voltarono di scatto verso chi aveva parlato - James pareva agghiacciato, mentre Grace era imbarazzata, ma anche un poco divertita - e videro Frank Paciock, scarlatto, che si era coperto gli occhi per non vedere.
Ha fatto bene, si ritrovò a pensare James, altrimenti l’avrei affatturato, credo. Per aver guardato Grace, insomma.
Gettò uno sguardo alla propria ragazza, che si stava abbottonando in fretta i bottoni della camicetta. Con i capelli scompigliati, le gote arrossate dall’imbarazzo e dalla foga di poco prima, era  meravigliosa.
No, non l’avrei affatturato. Sarei passato direttamente ai pugni.

“Ehi, D.! Mi ha detto Paciock che mi stavi cercando!”
Dominique si voltò verso l’amica: Grace aveva i biondi capelli decisamente sconvolti e la gonna dell’uniforme storta e spiegazzata. Non portava neanche la cravatta.
“Che stavi combinando, Grace?” le chiese Dominique, le labbra incurvate in un ghigno malizioso.
L’altra ridacchiò e non rispose, cercando di ricomporsi quanto possibile.
“Come si comporta quel verginello di mio cugino?” insisté.
“Cosa mi dovevi dire?” ribatté Grace, ignorandola.
Dominique guardò l’orologio.
“Mancano due ore alla festa. Credo sia ora di cominciare a prepararsi”.
“Non facciamo il giro di revisione della Stanza delle Necessità, prima?”
“Oh, pensa a tutto Jake,” fece lei, alzando le spalle con nonchalance “Si è offerto di organizzare tutto, per fare in modo che io possa godermi la festa...”
“Che carino...” la prese in girò Grace.
“Oh, ma smettila!”
“Ciao, Grace!”
“Ehi, Adrian!”
Dominique maledì la propria distrazione. Non si era accorta in tempo della presenza di Goldstein, e non era riuscita ad evitare di imbattersi in lui.
“Ciao, Dominique” le disse freddamente, chinando appena la testa castana.
Lei lo ignorò.
“Andiamo, Grace!” prese per il braccio l’amica, trascinandola con sé lungo il corridoio.
Una volta che furono abbastanza lontane dal ragazzo, si arrestò.
Grace la guardò, stupefatta.
“Che ti è preso, Dom!?” le chiese.
“Niente” mentì Dominique.
“Come mai hai ignorato Adrian?” insisté Grace “E da quando ti chiama per nome?”
“Non ho ignorato nessuno,” replicò lei, facendo finta di non aver udito la seconda domanda “E adesso andiamo a prepararci?”
Grace alzò gli occhi al cielo, e decise di lasciar perdere.
Era il compleanno di Dominique, dopotutto.

“Ti devo parlare, Scorpius”.
Il tono secco con il quale questa frase era stata pronunciata, sommato al serissimo sguardo di Lucy, bastò per fargli martellare furiosamente il cuore nelle orecchie a causa dell’ansia. Si stava dirigendo entusiasta verso la biblioteca, pronto a confermare l’appuntamento di quella sera con la propria ragazza - sarebbero andati assieme alla festa di Dominique -, quando si era imbattuto proprio in lei, che adesso lo fronteggiava minacciosa dal lato opposto del corridoio. Le si avvicinò.
“Che cosa è successo?” chiese Scorpius, esitante.
“Non credi,” replicò lei, stringendo gli occhi “Che debba essere tu a dirmi che cosa è successo?”
Scorpius aggrottò le palpebre, perplesso, chiedendosi cosa mai avesse combinato.
“Non so di cosa...”
Ma Lucy non riuscì più a trattenersi.
“C’eri tu dietro!” sbottò “Parlo della Finigann! Di quello che Albus le ha fatto!”
Ma allora è questo il problema!
Lo sguardo irato di Lily soppresse però ogni guizzo di nascente risata dalla bocca del suo stomaco. La ragazza parve dedurre di avere ragione dalla sua espressione colpevole.
“Già,” annuì, tristemente “Sei stato tu”.
“L’ho fatto per te, Lucy!” si affrettò a ribattere “Solo per te”.
“So che l’hai fatto per me, ma...”
“Jackie Finigann ha rischiato di compromettere il nostro rapporto!”
Scorpius si sentiva adesso decisamente irritato.
Insomma, dopo quello che Jackie aveva fatto alla mia ragazza, non poteva restare impunita! Che cosa pretendeva Lucy, che la lasciassi alla mercé di quella?
“...Credi che ripagarla della stessa moneta la distoglierà dal provarci di nuovo?” stava dicendo Lucy.
“L’ho fatto per te!” ripeté Scorpius, frustrato.
“Non voglio assolutamente che tu faccia del male ad altre persone per me! Sia pure la Finigann o chi so io!”
Seguì qualche istante di silenzio.
“Non capisco” sussurrò poi lui.
“E’ proprio questo il problema, Scorpius” replicò Lucy, per poi dargli le spalle e allontanarsi.
Scorpius la fermò.
“Verrai alla festa con me, stasera?”
Lei scosse la testa.
“No, Scorpius. Non ho voglia di andare ad una festa”.
A lui non rimase altro che guardarla andare via, sentendosi come se qualcuno stesse urlando, assordante, dentro la sua testa.

Grace si guardava intorno, nella Stanza delle Necessità. Doveva convenire che Jacob aveva veramente fatto un ottimo lavoro: ogni dettaglio era stato curato in modo da coincidere perfettamente con i gusti di Dominique, ma era comunque distinguibile con chiarezza un indefinito tocco Greengrass. E l’effetto d’insieme era veramente strepitoso, non era di certo sorpresa che l’amica fosse così contenta.
“Ecco, Grace”.
Si voltò verso James, e prese l’Acquaviola che le porgeva, sorridendogli con dolcezza. Lui ricambiò il sorriso, circondandole la vita con un braccio.
“Jamie?”
Il ragazzo si voltò. Grace pensò che l’incantesimo gettato da Albus per fare in modo che le persone potessero capirsi nonostante la musica ad alto volume fosse un utile accorgimento.
“Non pensi che ne dovremmo parlare?” gli chiese “Di quello che stavamo per...”
“Ah,” fece James “Già”.
“Tu hai...”
“Tu cosa vuoi?” la interruppe, guardandola con tenera serietà.
“Forse sarebbe meglio...” esitò “Aspettare?”
“Sono d’accordo con te,” convenne James “Aspettare è la cosa migliore. Per un po’, almeno”.
Grace gli sorrise ancora.
“Sai,” le disse lui “E’ anche per questo sorriso che mi sono innamorato di te”.

“Ho fatto bene a scegliere questo vestito,” disse la voce di Jacob, in qualche punto indefinito vicino al suo orecchio “Sei magnifica”.
Dominique si volse verso di lui.
“Ah, sei stato tu?” replicò, fingendosi sorpresa.
“Lo sai benissimo” ghignò il ragazzo.
“Beh, grazie, allora”.
“E la festa? Ti piace?”
Lei lo guardò. Annuì. Sorrise.
Jacob si avvicinò, e posò cautamente le labbra sulle sue.
“E questo?” sussurrò “Ti piace?”
Per tutta risposta, Dominique mise una mano dietro alla nuca di lui, e lo baciò a propria volta.




Note dell’Autrice
Per prima cosa, questo capitolo apkkjxaol
Okay, gente, qui è Lily Potter che vi parla. Sono molto seccata perchè questa biondina qua,” - dà una robusta gomitata all’Autrice, precedentemente legata e imbavagliata - Ha osato mettermi da parte. Insomma, sono la futura Regina, io! Non riesco proprio a capacitarmene. In un capitolo, un intero capitolo, non sono stata nominata neanche una volta! Ad ogni modo, l’Autrice ci teneva a informarvi che ha pubblicato il secondo e ultimo capitolo di Day’s dawing, skins crawling. E’ uno spin-off sul triangolo mia cugina/Malfoy/la ragazza di mio fratello. Spero che Jamie non lo legga. Se a qualcuno interessa la mia faccia, somiglio molto a Kaya Scodelario. Dovete solo immaginarla con i capelli rossi. Il vestito che Jacob ha regalato a mia cugina è questo. Anche se sarebbe stato meglio a me”.
Adesso che Lily ha finito il suo monologo, posso ringraziarvi per aver letto, seguito, recensito, ricordato o preferito.
Baci!
Daphne Kerouac.

   
 
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