Day One. I'll show you mine if you'll show me yours.
Ormai era
assodato: era antipatico con chiunque non avesse visto i suoi film.
Mi sedetti al tavolo sospirando sonoramente e strappai i fogli
dalle loro mani per iniziare a leggere ciò che era scritto
nel
contratto. Avrei dovuto rispettare tutte quelle clausole? Tracey
Jacobs si alzò e la sentii allontanarsi, mentre Depp rimase
di
fronte a me ad osservarmi con attenzione. Così mi metteva in
difficoltà, dannazione! Cercai di evitare di alzare gli
occhi e
incontrare i suoi altrimenti sarebbe partita una gara di sguardi
infinita, ne ero certa. I primi articoli parlavano del mio lavoro, di
ciò che avrei potuto scrivere e di ciò che avrei
dovuto
assolutamente evitare, come descrizioni dettagliate dei luoghi che
visitava, della casa, commenti crudeli sul suo stile di vita o
informazioni sui film in aveva un ruolo o su persone che incontrava;
cose ragionevoli. Continuai, fin quando mi imbattei in frasi alquanto
interessanti. Schiarii la voce e le lessi al mio unico spettatore.
«Sarà vietato per la già citata Helen
Chester avere momenti di
intimità con il soggetto del suo articolo, l'attore Johnny
Depp.
Subirà inoltre una multa di oltre blah
blah blah
se si avvicinerà a lui più del dovuto in pubblico
blah
blah blah.»
Rimisi in ordine i fogli e incrociai le braccia al petto. «Ma
voi
due fate sul serio o mi state semplicemente prendendo in
giro?»
chiesi mentre tornava Tracey.
«Devo tutelarmi» rispose
semplicemente, sogghignando.
Sbuffai. Dovevo farmi andar bene
quella situazione per forza, non potevo rinunciare ora. "Solo
poche settimane, solo poche settimane" continuavo a ripetermi a
mente, e col tempo quelle parole sarebbero diventate il mio mantra.
Non riuscivo neanche a tenere in mano la penna per il nervosismo. "Ci
vuole professionalità". Già,
professionalità.
«Allora,
posso visitare la casa?» Ormai avevo firmato a fatica il
contratto,
la Jacobs era tornata in ufficio ed ero rimasta sola con Johnny Depp
e il mio taccuino, e quest'ultimo non sembrava molto eloquente.
«Non
hai letto il contratto?» Rispondere a una domanda con una
domanda
non ti avrebbe salvato da questo articolo, John.
«Certo che ho
letto il contratto. Dice che non posso descrivere dettagliatamente le
stanze, non che non posso scrivere quanti bagni ci sono.»
Mi
scrutò minuziosamente e mi si avvicinò.
«Solo se prima mi fai
vedere casa tua.»
E purtroppo non stava scherzando. Mi domandai
se sarebbe arrivato a quel punto ogni volta che non voleva mostrarmi
qualcosa e subito mi tornò in mente un gioco che si faceva
da
bambini e a cui scommetto anche lui una volta aveva ceduto.
«Non
ridere, sono serio!» Capii che non potevo negoziare,
perché quando
mai si era visto Johnny Depp serio? Oh, già, quando aveva a
che fare
con paparazzi e co. Mi dondolai sui talloni, mi girai i pollici e lo
confusi iniziando a vagare per la stanza con lo sguardo, quindi
iniziai una corsa contro di lui per arrivare al piano di sopra.
Sembravamo due bambini, ma a quanto pareva era l'unico modo per avere
qualcosa. Mi fermai però arrivata al pianerottolo, non
perché
l'attore mi avesse raggiunto, ma perché mi ero
improvvisamente resa
conto del silenzio che regnava in quella casa.
«Un momento...»
iniziai, «I bambini dove sono?»
Si fermò anche lui a metà
strada per osservarmi. «E' autunno, hanno scuola»,
e dalla sua
espressione capii che mi stavo perdendo qualcosa. Oh-oh. Doveva
essere qualcosa sulla sua vita, qualcosa che non avevo letto la sera
precedente. Avrei dovuto riflettere, uscire con un'idea geniale, ma
non ne ebbi il tempo.
«Vanno a scuola in Francia, per cui adesso
sono con Vanessa.» Già, credo proprio che avrei
dovuto saperlo.
«Oh, giusto, Francia!» Finsi un'aria disinvolta e
continuai a
salire le scale, ma una mano mi bloccò il braccio. Non
dovevo
stargli lontana?
«Casa tua implica casa mia. Dovresti aver
studiato matematica al liceo»
Così fui costretta a guidare
fino al mio appartamento.
Inutile fingere che l'atto di poco prima
avesse avuto un significato, perché non ne aveva davvero.
Prometto.
Ma forse fu quel primo tocco, fin troppo casto se chiedete a me, che
ebbe scatenato tutto. O forse il problema è che continuai a
rimuginarci sopra per tutto il tragitto fin quando raggiunsi il punto
in cui avrei pensato a qualsiasi cosa ad eccezione di quello.
«Sei
troppo silenziosa per essere una giornalista»
sussurrò guardando
fuori da finestrino mentre teneva una sigaretta in mano sospesa tra
l'indice e il medio, con la bocca semichiusa. Quella dev'essere stata
la prima volta in cui pensai a Johnny Depp in modo tutt'altro che
puro.
«Capisco di più dalle persone osservandole quando
non
parlano.»
«Cerca di non osservarmi mentre guidi,
però» e
accennò a una risata mentre faceva dei piccoli cerchi in
aria con il
fumo. Mh... probabilmente quella fu la seconda, ma è inutile
elencarle tutte, sappiate solo che furono più di quanto
avrei
desiderato ammettere.
C'era troppo silenzio. Troppo.
«Ho
visto sul contratto che potrò venire a casa tua solo entro
orari
prestabiliti.»
«Già, credo sia dalle nove di mattina alle dieci
di sera. In quelle ore puoi seguirmi, dopo dovrai abbandonarmi e
tornare a casa per scrivere ogni singolo dettaglio della mia
vita.»
Mpf, antipatico.
«Potresti evitare di dirlo ogni volta che
parliamo? Sto solo cercando di lavorare; di sicuro non raccolgo
quelle informazioni per il mio blog personale. La prossima volta che
pensi qualcosa tipo, "Oh, sono in una suite e ho voglia di
distruggere quella televisione!" pensaci due volte!»
La
discussione finì più o meno lì, a
parte qualche borbottio
incomprensibile da parte di entrambi. Ancora non riuscivo a capire
perché volesse così tanto vedere il mio
appartamento visto che,
dannazione, non c'era davvero nulla da vedere! Probabilmente voleva
qualche prova del mio segreto amore nei suoi confronti, cosa che non
avrebbe-
«Amore, ciao! Ho trovato la chiave al solito posto
–
possibile che ancora non ti decidi a toglierla da sotto lo zerbino?
–
, sono entrata e ho trovato metà filmografia di quel figo
di-
OMMIODDIO PERCHE' C'E' JOHNNY DEPP NEL TUO APPARTAMENTO?»
Claire.
Adorata Claire. Perché proprio quel giorno dovevi trovarti
lì, sul
mio divano, con The Libertine in mano? Sono questi i dubbi della
vita, le domande senza risposta che una persona continuerà a
farsi
per l'eternità. Aveva appena sentito la porta aprirsi e
aveva già
iniziato a parlare a raffica, come sempre. La mia unica amica, fan
sfegatata di Johnny Depp. Il Grande Demone Celeste mi voleva
morta.
«Johnny Depp, lei è Claire. Claire-»
«Johnny Depp,
lo so!» Sì alzò lentamente e si diresse
verso di lui, poi gli
gettò le braccia al collo sull'orlo delle lacrime. Lo
sniffò per
bene e uscì correndo. Imbarazzante. Okay, è vero,
avrei dovuto
avvertirla prima che avrei dovuto passare un paio di giorni con lui,
ma l'avevo... ehm... dimenticato.
Prima che riuscii a fermarlo,
Johnny s'incamminò verso il tavolino di fronte al divano e
sollevò
la copertina di un dvd. «Quella parrucca era
terribile.» Nessun
vanto sulle sue qualità di attore? Passi avanti.
«Ricerca»,
non ero molto brava nell'inventare scuse sul momento. Anche se non
era una scusa. Ma non potevo dirgli che non sapevo nulla di lui fino
alla sera prima, no? Sì, sto blaterando.
Si guardò intorno e
soffermò qualche secondo lo sguardo su un portafoto di
fianco a
Sweeney Todd: conteneva un'immagine mia e del mio ragazzo a New York
qualche anno prima. Si riprese scuotendo la testa e, mormorando un
«Andiamo», tornammo in macchina.
«Puoi visitare tutto
tranne-»
«I bagni. Ho letto attentamente il contratto. So anche
che non posso curiosare nei cassetti o vagare senza
permesso.»
«Appunto».
La "casa" era enorme, ma
questo l'ho già detto. Aveva più di cinque camere
da letto,
molteplici bagni (me li indicò), una sala da ballo usata per
tenere
strumenti musicali e un'altra stanza solo per intrattenere i bambini.
Presi molti appunti, controllati sempre dall'attore che mi seguiva e
sbirciava ogni tanto dalla mia spalla per assicurarsi che scrivessi
solo il dovuto. Era asfissiante, ma potevo capirlo. Non solo veniva a
sapere del tradimento della sua compagna, doveva anche sopportare una
giornalista che avrebbe dovuto scrivere tutto della sua vita, lui che
aveva cercato di condividere sempre il minimo con i media.
A
pranzo ordinammo una pizza, lui ricevette una telefonata da Tim
Burton in cui lo invitò a cena per il lunedì
successivo e io
continuai a vagare per la casa tutto il pomeriggio, sperando
vivamente che quello fosse l'unico pomeriggio calmo del mese, o che
il martedì era un suo giorno speciale, per cui oziava,
altrimenti mi
sarei tagliata le vene molto volentieri.
Andai via prima di
cena.
Eravamo seduti uno di fianco all'altro sul divano di
velluto nel grande salotto mentre lui nel film entrava nella carrozza
e affiancava Rosamund Pike. Iniziò ad imitare i suoi stessi
movimenti e lentamente infilò la mano sotto la coperta con
cui ci
proteggevamo e la avvicinò al mio corpo; tutto mentre si
fingeva
indifferente continuando ad osservare la scena sul televisore.
Scostò
l'orlo dei miei pantaloni, poi quello degli slip, e scese in
basso.
Probabilmente voleva dimostrare che John Wilmot non era
l'unico fantastico amante nella stanza.
Quel sogno mi disturbò
parecchio e, come potete immaginare, mi fece perdere ogni voglia di
tornare a dormire.