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Autore: BipBip Girl    14/09/2011    0 recensioni
Tutti i personaggi sono umani e vivono a Seattle. Bella ha appena rotto col suo ragazzo e gli manda una lettera, ma sbaglia indirizzo e la lettera arriva da Edward, giovane avvocato. Tutti e due iniziano allora una corrispondenza nella quale si raccontano tutto ciò che passa loro nella testa.
La storia si comporrà via via in parecchi libri, il primo unicamente centrato su Bella ed Edward poi, gli altri personaggi faranno la loro apparizione.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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N.B Questa storia è una traduzione effettuata da Ran_neechan ( cioè me XD). L'utrice di Lettres Croisées si chiama Bip-Bip Girl è ho avuto da lei il permesso scritto di procedere con la traduzione. Il testo originale della storia è possibile reperirlo su Fanfiction.net a questo indirizzo: http://www.fanfiction.net/s/5450558/1/Lettres_Croisees

Da ora in poi tutto ciò che scriverò saranno parole dell'autrice così come ha publicato per la prima volta il capitolo. I mei interventi porteranno tutti la dicitura NdT ovvero note del traduttore ^_^ Auguro a tutti una buona lettura è una storia molto carina e originale per com'è strutturata.
 



Buongiorno a tutti!

E , Rieccomi qui con una nuova storia (NDT:questa non è la prima storia dell’autrice).
Qualche anno fa, ho letto un testo in corso che ha descritto bene ciò che provavo quando scrivevo delle lettere e mi sono decisa dunque a creare una relazione epistolare tra Bella ed Edward.
 

«Eccetto megalomania particolare, si corrisponde soltanto con i propri contemporanei (…) ed è, io credo qualcosa di essenziale alla corrispondenza che fa la sua povertà e il suo prezzo. Un vivente si rivolge ad un vivente, e non per i secoli dei secoli (come certi scrittori, punto sempre i migliori, nei libri) ma per condividere qualcosa, un avvenimento, o un pensiero o un'emozione o un sorriso, quasi nulla spesso e l'essenziale delle nostre vite, per condividere questa povertà che noi siamo, che viviamo chi ci fa e ci disfa, prima che la morte ci prenda, per non rinunciare, finché respiriamo e indipendentemente dai  chilometri che se ci separano, alla dolcezza di vivere insieme, e in ogni caso e nello stesso tempo  alla dolcezza di dividere e di amare. Contemporanei della stessa eternità che è oggi. Passanti nello stesso passaggio che è il mondo. Tourgueniev, sul suo letto di morte, volle scrivere una lettera a Tolstoj: "Signore fù un grande onore essere stato il vostro contemporaneo." Tutti non sono Tolstoj, tutti non sono Tourgueniev. Tuttavia è un pò ciò che vorremmo dire  nelle nostre lettere, e che diciamo difatti, con le nostre lettere. Con il semplice fatto di scriverle, e benchè dicessimo la verità. Se si mettono da parte gli scambi puramente professionali o amministrativi, è quasi sempre di amore che si scrive, e per amore, che questo amore sia di passione o di amicizia, di famiglia o di vacanze, profondo o superficiale, leggero o grave. Ti scrivo per dirti che ti amo, o che penso a te, o che mi rallegro, sì, di essere il tuo contemporaneo, di abitare lo stesso mondo, lo stesso tempo, di non essere separato da te che per lo spazio, non dalla  memoria, non dal pensiero, non dalla morte. Partire, questo è morire un poco. Scrivere, questo è vivere maggiormente.
Al giorno d'oggi, certamente, il telefono potrebbe superare l'ostacolo della distanza, e lo supera infatti, trasmette la parola attraverso i paesi o i continenti. Si continua tuttavia a scrivere non solamente per economia. Parecchi infatti, ed io li seguo, preferiscono ricevere una lettera piuttosto che una telefonata. Per quale ragione? Perché il telefono è importuno, indiscreto, chiacchierone. Quindi soprattutto, perché qualcosa non può essere detto, oppure, che solo la scrittura può portare. La scrittura nasce dell'impossibilità della parola, della sua difficoltà dei suoi limiti, del suo insuccesso. Di ciò che non si può dire, o che non si osa, o che non si sa. Quest'impossibile che si porta in se. Ci sono lettere che sostituiscono la parola, come un surrogato, un sostituto. Quindi coloro che le superano che toccano con ciò al silenzio. Quelle non sostituiscono nulla, e sono insostituibili. Ciò di cui non si può parlare occorre scriverlo.»
 
 
André Comte-Sponville – Impromptus, la correspondance.

  
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