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Autore: Kokato    16/09/2011    7 recensioni
SECONDA CLASSIFICATA AL CONTEST "MINESTRONE DELLA NONNA" GIUDICATO DA MY PRIDE!
Partecipante al "Limes multifandom contest".
Scritta per il KinkMerlin Italia.
“Sto cambiando il mondo facendomela con un uomo sposato, fantastico!”. Arthur, sentendolo, cadde giù dal letto tenendosi la pancia per le troppe risate.
“Oddio, ma allora è vero che vuoi cambiare il mondo… ragazzino!”.
“L’ha detto lei!”.
“Dicevo per dire! Tutti i ventenni con il tuo aspetto da supereroi sotto copertura vogliono salvare il mondo, è un cliché anche questo”.
“La nostra relazione va avanti a cliché. Direi che è degradante, professore”, quel commento lo fece ridere ancora di più. Risalì sul letto a tentoni, afferrandolo per la vita e ridendo contro il suo stomaco.
“Sarà, ma non mi pare che ti dispiaccia”.

Arthur x Merlin
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gwen, Lancillotto, Morgana | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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CAPITOLO III - Jumpy legs

Quella mattina Merlin aveva provato a seguire il consiglio di Morgana, ma nei suoi occhi riflessi nello specchio non aveva visto niente. La linea alla fermata dell’autobus aveva cominciato a sbiadire, ed entro pochi giorni qualcuno sarebbe venuto a tratteggiarla insieme alle strisce pedonali più in là lungo il viale. Ma, tutto sommato, i suoi muscoli e la sua presenza di spirito erano fermi quando stazionò di fronte all’ufficio di Arthur Pendragon con un quaderno in mano ed una domanda sul programma d’esame che soltanto lui avrebbe potuto chiarire.

Interpretò il mugugno che udì come un permesso ad entrare. Dalla sua scrivania l’altro gli sorrise, ma gli occhi scavati lo fecero tremare ed arrestare sul posto.

“Non avrei mai immaginato di vederti qui, Emrys. Ti credevo troppo orgoglioso per ammettere di aver bisogno di me”. Merlin non rispose, improvvisamente intristito. Il suo ginocchio si sforzava di non scattare in avanti verso di lui, o indietro verso la porta, ma in ogni caso tremava.

“Non ti boccerò davvero per le prossime dieci volte che ti presenterai all‘esame, se è questo che stai pensando”.

“Non l’ho pensato”.

“Bene. Allora dimmi cosa non hai capito”.

“Non ha dormito stanotte?”. Arthur lo fissò interdetto, reclinando la schiena all’indietro. “Non ho alcun problema d’insonnia”.

“È preoccupato per qualcosa?”

“Non vedo perché dovrebbe interessarti”. Era la prima volta che lo vedeva senza un sorriso di qualunque tipo sulla faccia. Chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie, facendolo sentire tutt’ad un tratto molto ignorante. Era stato sempre così aperto, così disponibile a mettergli su un piatto d’argento ogni indulgenza ed ogni nozione. Eppure si sentì minacciato, ignorante e stupido.

“A me… interessa”.

Arthur sollevò la testa verso di lui, coi capelli arruffati. “Non è niente, davvero”.

“Io… dico sul serio”. Arthur gli rivolse un sorriso che era diverso da tutti gli altri, che lo faceva sembrare saggio e tormentato come un Re oppresso dal peso di una decina di strategie politiche e militari non andate a buon fine, dall’imminente caduta del suo regno privato.

“Mia moglie mi tradisce col mio migliore amico”.

Merlin avrebbe ricordato quel momento come in una sorta di nebuloso caos che rende tutto indistinto. Eppure aveva pressoché conficcato i gomiti sulla superficie della scrivania e, protendendosi verso il suo professore, lo aveva baciato.

Non aveva pensato di consolarlo, né di giovargli in qualche modo.

Lo aveva semplicemente baciato, prima di fuggire senza che il suo dubbio sul programma gli fosse stato chiarito.

 

 

 

Arthur non approvava il gesto di Merlin. Aveva il doppio dei suoi anni, e farsela con uno dei suoi studenti per vendicarsi di sua moglie era quanto di più stereotipato avrebbe potuto fare per sentirsi meglio. Durante le lezioni non gli chiedeva più nulla, non lo guardava, manteneva un contegno maturo che faticava a rendere credibile. Il corso sarebbe finito molto presto, ma paradossalmente la constatazione non consolava nessuno dei due. Merlin lo fissava, incapace di fingersi indifferente.

Era nervoso oltre ogni più nera aspettativa.

L’autobus non arrivava mai, rideva in modo isterico per ogni più piccola sciocchezza e le gambe gli formicolavano continuamente. Dannato Pendragon. Ma non giunse alcuna reazione. Merlin capì perché si era sentito tanto minacciato da lui, e si maledì per non essere fuggito -dove?-. Si era immaginato a correre per Londra senza una meta, e si era parso solo molto ridicolo.

Ma quel che non sapeva è che Arthur non aveva parlato di lui a sua moglie. Perché non lo faceva? Lancelot sarebbe venuto a cena a fine mese. E lui aveva baciato un suo studente, maschio per giunta.

“Potrei preparare io la cena. Oppure potremmo uscire a cena fuori?”.

“Mh”.

“Mi senti, Arthur?”.

“Sì, Gwen”.

“Sicuro di stare bene?”.

“Sì. Scusami, ho da fare”.

Quando ebbe riattaccato Merlin era sulla porta del suo studio, e la scena del giorno prima gli tornò alla mente. “La porta era aperta”, si giustifico.

“Vattene via, per favore”.

“Le faccio così schifo?”. Arthur si pentì per essere stato tanto brusco. Il ragazzo sulla porta era giovane, ed era fragile come appariva. Lo scrutava coi grandi occhi blu con aspettative che non poteva soddisfare, ma lui non voleva ferirlo. “No, ma qualunque cosa provi per me non è reale”. Merlin inaspettatamente, rise.

“Questo sì che è un cliché. Ho la metà dei suoi anni, non sono idiota. Direi che è molto diverso”.

Arthur sgranò gli occhi, protendendosi sulla sedia come se intendesse scrutarlo meglio, a livello molecolare. Poi aveva ricambiato il sorriso sghembo, più tranquillo. “Che non sei idiota è tutto da dimostrare”.

“Molto adulto da parte sua”. Merlin si era avvicinato con le mani in tasca, scompigliandosi poi i capelli neri per prendere tempo, senza sapere che il gesto aveva fatto saltare un battito del cuore del suo professore. Si sentì in grado di mantenere tagliente il suo sarcasmo, un’arma in qualche modo sempre affidabile.

“Vorrei vedere te nei miei panni, ragazzino!”.

“Mmmh, credo sarei vecchio, stupido e cornuto”.

“Molto leale da parte tua!”, ora rideva a crepapelle. “E stai fermo con quelle gambe, mio dio. Mi farai diventare matto”.

“Gambe?”

“Sì, le tue gambe. Non stanno mai ferme”.

“E cosa ne sa lei delle mie gambe?”, ciò che aveva intuito lo aveva fatto sentire improvvisamente sull’orlo di conseguire una misteriosa vittoria. Superò la scrivania, posizionandosi al suo fianco. Si sentiva più sicuro, ancheggiò in una maniera che, a vedersi, gli avrebbe fatto desiderare di sotterrarsi. Arthur tergiversò, preso in fallo.

“Non gongolare, per l’amor del cielo. Il fatto che io mi sia interessato alle tue gambe non sta a significare che ricambierò i tuoi sentimenti infantili”.

“E chi ha parlato di sentimenti?”. Tutt’ad un tratto, coi suoi vent’anni, con le sue gambe sottili e con la sua inquietudine giovanile senza spiegazione, si sentì molto sicuro di sé stesso e con il manico del coltello in mano. “Non ho mai parlato di nessun sentimento”.

“Ho il doppio dei tuoi anni, non sono idiota. Direi che è molto diverso”.

Quella conversazione stava consumando i nervi di Arthur. Quello scimmiottarsi continuo a vicenda, in ogni caso, li faceva sembrare entrambi dei bambini dell’asilo. Merlin si era avvicinato più di quanto avrebbe voluto permettergli.

“E quali sentimenti crede che io provi?”.

“Non lo so. Ora allontanati”. Il ragazzo era in piedi alla sua destra, immobile. Sulle gambe magre i jeans ricadevano trasandati, solo il piccolo petto si muoveva appena sotto la forza del respiro trattenuto. In seguito avrebbe potuto giustificarsi dicendo di essersi voluto vendicare di sua moglie, che il ragazzo aveva detto di non provare niente per lui, che era maggiorenne e che la combinazione dei suoi occhi e delle sue labbra erano state letali per il suo buon senso. Ma erano state solo le sue maledette gambe.

“Vieni a casa mia. Mia moglie non è a casa stasera”.

 

 

In casa sua Merlin si sentì piccolo e miserevole. Non più giovane, ma piccolo, miserevole ed inopportuno. Eppure scandagliò l’elegante appartamento con una mano racchiusa nell’altra e con il respiro che passava quasi tangibile tra le sue labbra. Da un momento all’altro Arthur poteva rendersi conto di poter avere di molto meglio di uno come lui -come, in effetti, già aveva-. Ma in cuor suo sperò che non succedesse.

Erano fermi davanti al divano quando si accorse di essere tra le sue braccia. Represse il tremore delle ginocchia, per non indisporlo, e dopo parecchi secondi si accorse di star soffocando. Arthur depositò alito incandescente sul suo collo. “Io non sono quel tipo di uomo”, gli sussurrò quindi. Gwen non era quel tipo di donna.

“Buon per lei”.

“Davvero. Io non ho idea di cosa diavolo sto facendo”.

“Ne terrò conto”.

Sollevò il viso per baciarlo e lo trovò piacevole come la prima volta -anche se, la prima volta, neanche si era accorto di averlo trovato piacevole-. Circondò la vita sottile attirandolo il più possibile verso di lui, sollevandolo un po’. L’orlo della camicia scivolò sopra la sua mano, incitandolo ad esplorare la schiena scarna e far incontrare i loro inguini. Lo aveva in suo potere con una semplicità che lo spaventava. La bocca di Merlin era mantenuta chiusa con uno sforzo che gli parve disumano, e si sentì di non valere quello sforzo. Non aveva paura, semplicemente neanche lui sapeva cosa diavolo stava facendo, ed era un fenomeno che alla sua età era più frequente e più incontrollabile.

Gli morse un orecchio, lo cullò. Pian piano la bocca si aprì e le gambe iniziarono nei loro impietosi movimenti che li fecero vibrare entrambi. “Stai fermo”.

“Non ci riesco”, rispose soltanto, trattenendo la testa di Arthur nell’incavo tra collo e spalla. Arthur sorrise. Sfuggì alla morsa per togliergli la felpa e cominciare ad aprire la patta dei suoi jeans, più sicuro e privo di scrupoli. Non si accorse di non star pensando a niente se non alle sue gambe. Merlin lo vide scendere, inginocchiarsi davanti a lui, tirargli giù i pantaloni con una lentezza che lo stordì, osservare le gambe magre, quasi glabre e poco virili di cui non era mai andato fiero. Arthur lo guardò dal basso arrossire oltre ogni limite, e lo trovò irresistibile. Ne scelse una con cura, afferrandola con entrambe le mani. Vi posò le labbra, in un gesto così strano che Merlin lo fissò stralunato ed immobile.

“Sono ferme, finalmente”, commentò il professore ridendo. Tolse pantaloni, scarpe e calzini con la stessa espressione sulla faccia, incoraggiato dalla sua calma estatica. Riprese la gamba destra che aveva lasciato per qualche secondo -in cui gli era già parso d’impazzire-, continuando a baciarla per tutta la sua lunghezza. Merlin non si capacitava di come riuscisse ancora a reggersi in piedi -gli comunicava una tale… devozione-. Si sentiva un Re, o un principe. La camicia a quadri troppo lunga gli danzava attorno ai fianchi come un abito. Si riscosse appena per squittire, interrogativo: “Che? Cosa?”.

“Te l’ho detto, mi fai diventare matto…”, Merlin perse un battito, fraintendendo quelle parole per soltanto un secondo. “… devi calmarti, dannazione. Calmati, fidati, lasciati andare. Cambierai il mondo nel fine settimana!”.

“Io non ho bisogno di calmarmi!”, le sue proteste furono soffocate in un bacio inaspettato che lo spinse sul divano. Accolse Arthur tra le sue braccia.

NOTE DELL’AUTRICE!

Scusate, lunedì scorso mi sono completamente dimenticata di aggiornare e me ne sono ricordata soltanto adesso ._. I commenti sono pochi ma molti l’hanno messa tra le seguite quindi credo che a qualcuno importi… perciò mi scuso XD Ecco questa è la svolta. Molto inaspettata eh? Non vogliatemene, ma non ho cercato di essere molto originale, ma ho scritto solo in nome della verosimiglianza.

Spero possiate dirmi comunque cosa ne pensate XD

Bye!

   
 
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