16/09/2011
2 recensioniCapitolo 2 - No one can take your place.
"minds change like the weather".
Scesi le scale svogliatamente trascinandomi dietro il sacco nero.
Odiavo dover gettare la spazzatura da sola, di solito andavamo sempre io e papà.
C'era ogni cosa al suo posto, le aiuole, i lampioni in strada, il nostro marciapiede.
Sì, quello mio e di papà.
Ci fermavamo tutte le sere a parlare di tutto, del nostro futuro, della nostra famiglia.
Parlava della nostra vita paragonandola ad una programmazione.
Solo dopo la sua morte capii che il paese dei balocchi che lui descriveva era solo una fantasia e che la realtà era una merda.
In pochi mesi avevo imparato tutte le cose basilari, avevo imparato ad andare avanti senza di lui.
Era dura, una vera tortura.
Mi sedetti sul marciapiede e strinsi le braccia al petto appoggiando il mento sulle ginocchia.
Era una bellissima serata, il cielo era pieno di stelle.
Ora al posto del mio papà c'era un vuoto, solo un vento freddo.
Mi manchi, pensai.
'Ci siamo visti questa mattina, è comprensibile', concluse una voce.
Avevo pensato ad alta voce.
Asciugai il viso con la manica della felpa ed alzai lo sguardo per vedere chi fosse.
'Tu?!', dissi sorpresa.
'Sì, almeno così sembra', concluse ridendo.
'Non è divertente,Louis'.
Non sapeva niente del dolore, era sempre sorridente e prendeva la vita con una leggerezza assoluta, spesso fastidiosa.
Secondo me non immaginava nemmeno quello che stavo passando.
'Posso?', chiese indicando il marciapiede.
Quello era il posto di mio padre.
'Sì, certo', dissi distrattamente.
Quelle non erano parole mie.
'Si sta bene, no?', chiese guardando il cielo.
'Sì', conclusi.
Quel silenzio imbarazzante durò per più di due minuti.
Tossii.
'Allora, non mi hai detto da dove sei spuntato', chiesi facendomi coraggio.
'Io vivo qui, sai com'è'.
'Ah', dissi perplessa.
'Civico 53'.
'Civico 47', conclusi.
'Ah, quindi questa è casa tua', disse guardando la casa alle sue spalle.
'Esatto'.
'Bella, mi piace'.
'Grazie'.
'Figurati, allora, non mi hai detto come stai', iniziò imitando il mio tono di voce.
'Me la cavo'.
'Mh, sai che non ti ho mai visto sorridere?', chiese.
'Problema tuo'.
'Fammi un sorriso, no?', disse quasi scocciato.
'Tu non sai niente e pretendi un sorriso, ma fammi il piacere'.
'Spiegami allora'.
'Non mi va', conclusi.
Sospirò quasi esasperato.
Mi alzai di scatto con tutta la rabbia che avevo dentro.
'Non hai la minima idea di quello che sto passando, e poi non è affar tuo, cosa sei per me? Cosa sono io per te? Ti ho notato stamattina, e allora?'.
Pronunciai quelle parole con decisione e irritazione.
Rimase a guardarmi per qualche istante senza parlare.
Naturalmente glielo leggevo in faccia, non si aspettava una reazione del genere.
'Ciao', dissi girandomi verso il cancello.
'Hey', mi chiamò.
'Cosa vuoi?', chiesi nervosa girandomi di scatto affondando nelle sue braccia.
Io non avevo fatto niente, mi ero semplicemente voltata e in quella frazione di secondo si era avvicinato pronto a prendermi.
Mi strinse con tanta dolcezza, era un abbraccio tenero.
'Scusami', sussurrò al mio orecchio destro.
Io non lo cingevo con le braccia, ero un bastone, con le braccia lungo i fianchi, tesa come una tavola da surf.
'Buonanotte', disse sorridendomi dopo aver sciolto l'abbraccio.
Si allontanò salutandomi e io rimasi per altri tre minuti su quel marciapiede.
Ero sconvolta, scioccata, scossa, confusa, mentalmente disturbata.
Sentivo che non avevo più nemmeno la forza per pensare e che volevo solo dormire.
Entrai in casa ancora con stordita dall'abbraccio di prima e mi diressi in camera, dal mio letto.
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salve, salve, saaaaaalve.
come state? tutto bene? okay basta AHAHAH.
era tanto che non postavo qualcosa, ma..c'è sempre un ma, ECCO IL SECONDO CAPITOLO (:
spero vi piaccia, un grandissimo abbraccio a tutti :3
martine xx.