Con le braccia conserte, appoggiata al muro dele cucine, Oscar osservava Madame Dressie e Marie lavorare alacremente attorno ad un enorme pentolone, già sul fuoco a quell'ora della mattina.
"Adesso ci toccherà cucinare per venti persone!" si lamentò la cameriera.
"Purtroppo, staranno qui finchè non avranno consumato tutte le scorte di cibo e i prodotti dell'orto, poi se ne andranno- disse Therese rivolta ad Oscar- Come le cavallette! Siamo davvero piombati in uno stato di guerra!"
Oscar fremeva. Non sopportava di trovarsi in quella situazione e di non poter fare nulla per aiutare le due donne, che con tanta generosità si erano prodigate per lei. Therese notò la sua insofferenza.
"Vado a vedere cosa combinano" concluse la giovane, nel tentativo di distrarsi.
"State attenta, madamigella" la ammonì Therese. Oscar si voltò con sguardo interrogativo. La donna la guardava carica di materna apprensione.
"Non siete avvezza a valutare i pericoli che correte, in quanto donna in mezzo a tanti uomini, soldati mercenari oltretutto..."
"State tranquilla, sono meno sprovveduta di quanto crediate!"
Si diresse nei giardini dietro la villa e li trovò tutti a bivaccare. Qualcuno sonnecchiava all'ombra di un albero, un gruppetto giocava ai dadi accucciato per terra, altri disfavano i pochi bagagli.
L'attenzione di Oscar fu attirata da una coppia che si trovava in disparte:parlavano a voce bassa , mentre si guardavano attorno, indicando ogni tanto col dito un punto imprecisato verso la città.
Uno era alto e slanciato, coi capelli brizzolati: dai gradi e dalle medaglie appuntate sulla divisa, doveva essere il loro ufficiale. L'altro, che suppose fosse il suo vice, era più basso, corpulento, con i capelli rossicci e gli occhi di un colore indefinibile, feroci. Non era un ragazzo, come gli altri, doveva avere supergiù l'età di Oscar. La donna passò loro davanti con aria distratta e avvertì immediatamente lo sguardo dell'uomo puntare su di lei e seguirne il percorso.
Si avviò verso le scuderie, da cui provenivano i nitriti nervosi di Cesar. La vicinanza di tutti gli altri cavalli lo rendenvano irritabile. Strappò ciuffi di erba fresca ed entrò nella stalla, con l'intento di consolarlo, lasciando la porta aperta per permettere alla luce di entrare.
"Stai tranquillo, Cesar- gli disse accarezzandogli il muso- appena Gustave farà ritorno ce ne andremo".
Sentì il cigolio della porta alle sue spalle e rapidamente piombò nella semioscurità. Cesar allontanò la testa dalle sue mani e cominciò a scalpitare, nervoso.
"Chi è là?" intimò Oscar, socchiudendo gli occhi per adattarsi al buio improvviso.
La risposta fu il rumore di passi pesanti verso di lei.
Quando fu a pochi centimetri da lei, riconobbe l'uomo che aveva notato appena prima insieme all'ufficiale. Non parlava, e la fissava con gli occhi di chi si sente padrone della situazione.
Oscar lo fissò a sua volta.
"Cosa volete?"
Alla sua domanda il ghigno del soldato si trasformò in un sorriso malevolo.
Che caratterino- pensò-ha il tono di un comandante dell'esercito! Sarà il caso di toglierle tutta questa baldanza.
Le si fece addosso, e con un forte accento germanico le sussurrò nell'orecchio "E' il vostro cavallo?". Cesar nitrì, quasi volendo rispondere.
"Siete una puledra che sa scegliere i suoi stalloni. Scommetto che vi piace essere montata a dovere..." E fece scivolare l'indice lungo il collo di Oscar fino a raggiungere l'insenatura del suo petto, scoperta dalla scollatura dell'abito , dove lo infilò.
"Credevo che solo le nobili di Francia avessero una pelle così liscia e bianca..."
"Toglietemi subito le mani di dosso" gli intimò, scandendo piano le parole.
Avrebbe riso di un ordine così ridicolo se non fosse stato per gli occhi di quella donna. Lo fissavano senza cedimenti, senza tradire la minima paura. Non era abituato ad essere guardato così dalle fanciulle. Esitò un attimo ad allontanarsi, quasi a voler saggiare la forza della sua resistenza, quando sentì qualcosa di freddo e duro premere al centro delle sue gambe.
Una pistola. Quella femmina stava puntando un'arma direttamente sui suoi attributi.
Oscar lo vide sbiancare e lentamente sfilare il dito dalla sua scollatura.
"E adesso volete essere così gentile da aprire la porta della scuderia?"
L'uomo obbedì.
"Uscite immediatamente e non provate mai più ad avvicinarvi a me o a qualsiasi altro ospite di questa casa!"
Andrè uscì dalla piccola cappella e si trovò nel chiostro del convento, dove Gustave lo stava aspettando. Era felice, al limite dell'incredulità.
"Oggi devo fare delle visite al villaggio,venite domani, se volete con un testimone , altrimenti chiederò a qualche confratello, e celebreremo questo matrimonio"
Così aveva detto padre Vincent.
E Andrè andava ripetendosi nella mente questa frase, quasi inebetito. Il giorno seguente, 14 luglio, lui ed Oscar sarebbero stati marito e moglie, uniti per sempre davanti a Dio e agli uomini. La loro unione sarebbe stata inviolabile.
Aveva fatto bene a rivolgersi al convento dei frati di Rebais, nel piccolo villaggio di Meaux, che gli avevano persino offerto ospitalità per la notte. Andrè conosceva perfettamente il luogo: da piccolo sua nonna lo obbligava a recarvisi tutti gli anni, la prima domenica di maggio, a venerare una preziosa statua della Madonna, a cui era particolarmente devota.
Sorrise pensando a sua nonna. Avrebbe voluto che fosse lì con loro, ma si rendeva conto che era un'idea impraticabile.
Non voleva pensare a cosa sarebbe successo dopo le nozze.
Non voleva immaginare Oscar al comando dei rivoluzionari, con lui al seguito, quasi cieco.
Non voleva ricordare la sua malattia, che avrebbe seguito il suo decorso, senza freni.
Chiuse gli occhi, col volto baciato dal sole.
Niente preoccupazioni, Andrè. Goditi questo momento, sarà un giorno perfetto.
Gustave lo guardava in attesa.
"Allora, ragazzo sei pronto? Credo ti ci vorranno un paio d'ore per fare ritorno a piedi a casa Dressie. Dì ad Oscar di prepararsi e domani mattina, di buon'ora, vi aspetto qui".
Mentre Gustave si allontanava di buona lena, fiero dell'incarico affidatogli, Andrè mise la mano in tasca e prese tra le dita il piccolo anello di sua madre, che Marie aveva ripulito con tanta premura. Ancora poche ore e quel piccolo gioiello d'argento avrebbe sugellato il sogno che si portava nel cuore da una vita.