5 - Room is on fire
- Sirius, piantala
e vieni a darmi una mano! –
I giochetti
di Sirius erano indubbiamente stupidi, insopportabili nella maggior parte dei
casi, decisamente infantili, certo, ma chiunque in tutta Hogwarts sapeva che i
problemi, quelli seri, nascevano quando i suddetti giochetti cominciavano a
diventare pericolosi.
E
dondolarsi da un ramo a tre metri da terra è, appunto, molto pericoloso.
Sirius si
lanciò (in maniera decisamente pericolosa, pensò Remus) atterrando
miracolosamente in piedi.
- Sai Moony
– disse, prendendo posto su una delle sedie poste attorno al pesante tavolo di
legno allestito appositamente per la loro punizione (o per l’espiazione della
loro terribile ed imperdonabile colpa, come amavano definirla loro) – certe
volte mi chiedo cosa diavolo mi spinga a sprecare il mio preziosissimo tempo
con uno come te. Sei mortalmente noioso… -
L’altro non
lo degnò di uno sguardo e continuò a pulire accuratamente una delle numerose
gabbie che gli si trovavano davanti – Immagino che si qualcosa che ha a che
fare con il mio essere quello che pulisce
queste luride gabbie al posto tuo, mh? –
- Bè si,
questo effettivamente è un più che valido motivo… - rispose il moro
sbadigliando rumorosamente – e poi pensaci, queste gabbie potrebbero aver
ospitato creature rivoltanti, per quanto ne sappiamo… -
Remus, che
stava (da più di dieci minuti, ormai) cercando di rimuovere a mani nude uno
strano liquido verdognolo rappreso da una delle gabbie, lo guardò di sbieco –
Potrebbero…?! –
- ed io… -
proseguì Sirius, ignorandolo e fingendo di limarsi le unghie con un pezzetto di
legno – ho le mani troppo delicate per questo genere di mansioni… ricordati che
sono un purosangue. Quella buona
donna di mia madre non permetterebbe mai che io mi occupassi di questo genere
di cose –
Remus prese
ad esaminare un’altra gabbia, se possibile ancora più disgustosamente sporca
delle precedenti – Quand’è così non oso assolutamente oppormi. Il volere di tua
madre è sacro –
- E bravo
il mio cocchino, sapevo che avresti capito! – esclamò Sirius arruffandogli i
capelli in maniera poco delicata – e in quanto purosangue, e di conseguenza superiore
a tutti gli altri esseri viventi, ti impongo di mollare immediatamente quella
gabbia e di venire con me ad esplorare luoghi oscuri e misteriosi –
- Non ci
penso neanche, Sirius. Non diserterò la punizione per assecondare un pazzo
furioso, quindi scordatelo –
Ma Sirius scodinzolava. Metaforicamente,
s’intende. E, era universalmente risaputo, quando Sirius scodinzolava, era pressoché
impossibile per Remus, opporsi.
**
James era
un asso in trasfigurazione, così come lo era Sirius, e la McGranitt, nonostante
non tollerasse e trovasse a dir poco inammissibili alcuni dei modi di fare dei
due ragazzi, non poteva certo negare l’evidenza.
Se ora
James si stava dirigendo verso l’aula di trasfigurazione per far recuperare dei
poveri mentecatti del primo anno, lo doveva solo ed esclusivamente a quel suo
essere naturalmente ed innegabilmente portato per quella materia, oltre che
all’innocente bravata di Halloween, ovviamente.
E la cosa
non gli andava assolutamente giù. Avrebbe di gran lunga preferito ripulire le
gabbie insieme a Remus e Sirius, tanto gli pesava dover trascorrere ore
supplementari e per nulla piacevoli nell’aula della McGranitt .
In ogni
caso gli era andata piuttosto bene. Meglio dare ripetizioni che disinfettare i
sotterranei insieme a Piton, senza ombra di dubbio.
Perso nei
suoi pensieri, era quasi giunto a destinazione, quando, all’improvviso, sentì
un rumore proveniente dal fondo del corridoio.
- Chi c’è?
– chiese, ma non ottenendo risposta si diresse verso la fonte del rumore,
divertito all’idea di beccare in flagrante due fidanzatini in amore che lo
avevano scambiato per Gazza.
Quello che
trovò, tuttavia, non era certo ciò che si aspettava.
Dietro una
colonna, schiacciata contro il muro, c’era Lily Evans che lo guardava come a
voler dire “mi hai scoperta, ebbene?”.
- Evans? –
fu l’unica cosa che riuscì a dire.
- Si,
Potter, sono io. A quanto pare i tuoi occhiali fanno il loro dovere –
James era
un tantino perplesso. Dopo ciò che era successo alla festa non si aspettava una
risposta del genere, né tantomeno che si nascondesse pur di evitarlo. Certo,
non era talmente stupido da pensare che gli sarebbe caduta fra le braccia, ma
era convinto che quel bacio significasse qualcosa, che fosse il primo passo
verso il metaforico crollo del muro. Ma invece, con sua incredibile sorpresa,
se ne ritrovava davanti uno ancora più alto, di muro.
Tanto
valeva rispondere a tono.
- Infatti.
Dovresti comprarne un paio anche tu, Evans. Lì non c’è nessuna porta… -
- E allora?
–
- Ti stai
forse nascondendo da qualcuno? –
- Anche se
fosse non sarebbero affari tuoi –
James si
passò una mano fra i capelli. Era furioso. Era stata lei a baciarlo, era stata
lei a saltargli addosso, aveva fatto tutto di sua spontanea volontà, e adesso
lo trattava come una specie di maniaco sessuale.
- Ma si può
sapere che diavolo ti prende? Senti, se è per quella faccenda della festa,
sappi che hai fatto tutto da sola –
James si
morse la lingua. Forse, dopotutto, questo avrebbe potuto evitarlo. Prima di
incontrarla era sempre armato di buone intenzioni, ma quella ragazza era capace
di fargli perdere completamente le staffe.
Gli occhi
di Lily si ridussero a due fessure – Tu… stupido arrogante presuntuoso. Ero
ubriaca alla festa, e lo sai bene. Avrei ballato anche con un attaccapanni, per
cui non hai motivo di fare lo sbruffone –
James tentò
di contenersi, ci provò con tutte le sue forze, ma era inutile, davanti a lei
il suo cervello si annebbiava completamente. – L’avresti anche baciato,
l’attaccapanni…? –
Aveva
decisamente superato il limite. Se aveva una minima speranza di sistemare le
cose con lei, se l’era giocata in quel preciso istante.
Lily
neanche gli rispose. Gli diede uno spintone e se ne andò via velocemente,
lasciandolo lì a maledire la sua stupida linguaccia.
**
La zona del
cortile di Hogwarts che dava sul lago era sempre deserta, il primo pomeriggio.
Sirius era
solito appartarsi lì quando aveva voglia di fumare una sigaretta in santa pace
o semplicemente quando aveva bisogno di smaltire una sbornia di brutti
pensieri. Quelle volte in cui il vecchio Sirius, quello del primo anno, lo
scontroso ribelle che sfogava la sua frustrazione accumulando abbia nei
confronti di tutto e tutti, veniva fuori, il nuovo Sirius, quello che, in un
modo o nell’altro, aveva trovato un equilibrio, andava lì, sotto un albero, per
ricordare tutti i motivi che lo avevano spinto a rinchiudere il vecchio Sirius
in un angolo remoto della sua mente e a buttare via la chiave.
Questo non
era nessuno dei due casi, ma Sirius pensava fosse un posto perfetto per
disertare la punizione insieme a Remus.
Erano
seduti sotto il solito albero ormai era passata circa mezz’ora, e non avevano
fatto nulla di speciale, a parte lanciare sassi nel lago e discutere ogni tanto
dell’inutilità – almeno secondo Remus – di quella trasgressione.
- Vorresti
farmi credere che per te non ne è valsa la pena? – sbottò Sirius, esasperato.
-
Esattamente, rispose Remus – considerando poi che stavo pulendo quelle
maledette gabbie tutto da solo… -
- Non è
questo il punto, Moony! Goditi il paesaggio! –
- Si, ma… -
- In
silenzio! –
- Ok –
Dopo
qualche minuto di mistica contemplazione del paesaggio circostante, fu proprio
Sirius, inaspettatamente, a spezzare il silenzio.
- Senti,
Moony… -
Aveva una
voce strana, una voce troppo da sto per
parlare seriamente, che, pensava Remus, a Sirius si addiceva davvero
pochissimo.
- Si? –
Sirius si
sdraiò su un fianco, puntellandosi su un gomito e guardando Remus , o meglio,
guardando un punto non ben definito della faccia di Remus, con aria assorta.
Remus
sapeva che da lì a poco sarebbe arrivata una domanda, seguita da altre, e
sapeva anche che avrebbe dovuto rispondere, e che alla fine avrebbero
intavolato una discussione semi-seria su qualunque cosa stesse tormentando
Sirius. Cioè che non sapeva, però, era se ne aveva voglia, in quel momento.
Remus aveva
i suoi personalissimi tormenti con cui fare i conti, tormenti cui non voleva
pensare, tormenti che non aveva ancora analizzato, e che, per una volta, non avevano
a che fare con il plenilunio, e forse, per la prima volta nella sua vita, Remus
non era in grado di dare consigli.
Ma il buon
vecchio Remus, dopotutto, ascoltava sempre.
- Ricordi
quella faccenda della festa di cui ti ho parlato? Sai, la Tassorosso… -
Remus anuì.
- ...bè,
insomma… non sono ancora riuscito a spiegarmi cosa diavolo sia successo. Cioè,
all’inizio pensavo fosse dovuto alla sbronza, ma non ne sono sicuro… dico, tu
te ne saresti andato mollandola lì sul pavimento? –
Con tutta probabilità io non sarei
neanche salito su con lei, pensò Remus, e ad un tratto i suoi ancora non ben definiti tormenti
riaffiorarono inspiegabilmente.
- Non lo
so. Magari non era il momento, magari anche per te e per James possono esserci
dei non momenti –
Sirius
prese a fissare il lago, concentrato – dici che è normale, quindi? –
- Si, cioè…
una volta superata la pubertà ci si raffredda un po’, no? –
- Ci si…
cosa? Cristo, no! Non mi era mai successo prima, tutti i miei dannati sedici
anni sono stati un lunghissimo momento…
insomma, queste sono cose da te, tu sei un non
momento vivente! –
Effettivamente
era proprio così, Remus era un non
momento e James, Sirius e persino Peter non facevano che ricordarglielo.
Che fosse
quello il suo tormento? L’essere il non
momento della situazione?
- Bè, io
non mi lascio guidare solo ed esclusivamente dai miei ormoni… è per questo che
nel mio cervello c’è spazio anche per altre cose –
Come
spiegazione era abbastanza convincente, bisognava ammetterlo, ed inoltre aveva
messo a tacere il tormento e la sua vocina stridula.
- Nel tuo
cervello c’è posto solo per altre
cose, Moony –
Remus
tacque. Cominciava a sentirsi a disagio. Non era certo la prima volta che
Sirius lo accusava di essere asessuato, e la cosa non gli aveva mai dato
fastidio, ma in quella particolare situazione, con quel particolare tormento,
che seppur aveva messo a tacere non accennava a volersene andare, non riusciva
proprio a reggere quella conversazione.
- In ogni
caso – proseguì Sirius poggiando la testa sulle gambe di Remus – non mi posso
lamentare. Almeno nessuno ha cercato di vomitarmi in bocca –
Remus rise,
e, all’improvviso, il tormento senza nome e la sua vocina tornarono a farsi
sentire.
**
-
Pettingrew, potresti evitare di grugnire mentre spolveri? –
- E tu,
PItocchio, potresti evitare di colare
unto? Qualcuno potrebbe scivolare –
Peter e
Severus Piton erano insieme nei sotterranei da decisamente troppo tempo, e quello
che era iniziato come una circostanza poco piacevole ora stava diventando
decisamente insopportabile.
Peter
avrebbe tanto voluto che uno dei suoi amici fosse lì con lui in quel momento.
Sebbene forse ormai vaccinato alle battutine di Piton e fosse abituato a
rispondergli a tono, non era lui quello adibito ad insultare i Serpeverde., non
da solo almeno. Lui era la spalla, si, era l’aiutante, e stare lì da solo con Piton gli pesava da morire. Non
provava neanche piacere a prenderlo in giro. Non aveva senso, senza gli altri.
- Come mai
fai tanto lo spavaldo, Pettingrew? Non vedo nessuno a guardarti le spalle.
Fossi in te non rischierei –
- Io fossi
in te mi laverei i capelli –
Piton lo
guardò schifato – Ma guardatelo, la copia sputata di Potter. Usi anche le sue
patetiche battutine, Pettingrew? –
Peter lo
ignorò, e continuò a spolverare in silenzio, senza battere ciglio. Sapeva di
essere solo, e sapeva di non essere James, o Sirius. Remus non faceva testo,
lui era sempre gentile con tutti.
Sapeva che
non avrebbe fatto a botte con Piton, non avrebbe fatto nulla del genere. Voleva
solo finire il suo turno al più presto, per poi tornare dai suoi amici.
Noticine.
E rieccomi
qua dopo una lunghissima assenza. Il capitolo ce l’avevo pronto da un po’, a
dir la verità, ma non sapevo se pubblicarlo così o apportare prima qualche
modifica. Alla fine eccolo qua, così come lo avevo scritto. Il titolo si rifà
ovviamente a Reptilia degli Strokes, la canzone che mi ispirata per la sua
stesura. Inoltre Room in on fire mi sembrava piuttosto azzeccato, dato che
adesso qualcosa comincia davvero a bollire in pentola. Vabbè, chiudo qui queste
pietosissime note e spero di fare prima, la prossima volta.
Besos.