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Autore: Pecker    16/05/2006    1 recensioni
Never thought you'd make me perspire.
Never thought I'd do you the same.
Remember.
My sweet prince, you are the one.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: I Malandrini, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5 - Room is on fire

5 - Room is on fire

 

 

- Sirius, piantala e vieni a darmi una mano! –

I giochetti di Sirius erano indubbiamente stupidi, insopportabili nella maggior parte dei casi, decisamente infantili, certo, ma chiunque in tutta Hogwarts sapeva che i problemi, quelli seri, nascevano quando i suddetti giochetti cominciavano a diventare pericolosi.

E dondolarsi da un ramo a tre metri da terra è, appunto, molto pericoloso.

Sirius si lanciò (in maniera decisamente pericolosa, pensò Remus) atterrando miracolosamente in piedi.

- Sai Moony – disse, prendendo posto su una delle sedie poste attorno al pesante tavolo di legno allestito appositamente per la loro punizione (o per l’espiazione della loro terribile ed imperdonabile colpa, come amavano definirla loro) – certe volte mi chiedo cosa diavolo mi spinga a sprecare il mio preziosissimo tempo con uno come te. Sei mortalmente noioso… -

L’altro non lo degnò di uno sguardo e continuò a pulire accuratamente una delle numerose gabbie che gli si trovavano davanti – Immagino che si qualcosa che ha a che fare con il mio essere quello che pulisce queste luride gabbie al posto tuo, mh? –

- Bè si, questo effettivamente è un più che valido motivo… - rispose il moro sbadigliando rumorosamente – e poi pensaci, queste gabbie potrebbero aver ospitato creature rivoltanti, per quanto ne sappiamo… -

Remus, che stava (da più di dieci minuti, ormai) cercando di rimuovere a mani nude uno strano liquido verdognolo rappreso da una delle gabbie, lo guardò di sbieco – Potrebbero…?! –

- ed io… - proseguì Sirius, ignorandolo e fingendo di limarsi le unghie con un pezzetto di legno – ho le mani troppo delicate per questo genere di mansioni… ricordati che sono un purosangue. Quella buona donna di mia madre non permetterebbe mai che io mi occupassi di questo genere di cose –

Remus prese ad esaminare un’altra gabbia, se possibile ancora più disgustosamente sporca delle precedenti – Quand’è così non oso assolutamente oppormi. Il volere di tua madre è sacro –

- E bravo il mio cocchino, sapevo che avresti capito! – esclamò Sirius arruffandogli i capelli in maniera poco delicata – e in quanto purosangue, e di conseguenza superiore a tutti gli altri esseri viventi, ti impongo di mollare immediatamente quella gabbia e di venire con me ad esplorare luoghi oscuri e misteriosi –

- Non ci penso neanche, Sirius. Non diserterò la punizione per assecondare un pazzo furioso, quindi scordatelo –

Ma Sirius scodinzolava. Metaforicamente, s’intende. E, era universalmente risaputo, quando Sirius scodinzolava, era pressoché impossibile per Remus, opporsi.

 

**

 

James era un asso in trasfigurazione, così come lo era Sirius, e la McGranitt, nonostante non tollerasse e trovasse a dir poco inammissibili alcuni dei modi di fare dei due ragazzi, non poteva certo negare l’evidenza.

Se ora James si stava dirigendo verso l’aula di trasfigurazione per far recuperare dei poveri mentecatti del primo anno, lo doveva solo ed esclusivamente a quel suo essere naturalmente ed innegabilmente portato per quella materia, oltre che all’innocente bravata di Halloween, ovviamente.

E la cosa non gli andava assolutamente giù. Avrebbe di gran lunga preferito ripulire le gabbie insieme a Remus e Sirius, tanto gli pesava dover trascorrere ore supplementari e per nulla piacevoli nell’aula della McGranitt .

In ogni caso gli era andata piuttosto bene. Meglio dare ripetizioni che disinfettare i sotterranei insieme a Piton, senza ombra di dubbio.

Perso nei suoi pensieri, era quasi giunto a destinazione, quando, all’improvviso, sentì un rumore proveniente dal fondo del corridoio.

- Chi c’è? – chiese, ma non ottenendo risposta si diresse verso la fonte del rumore, divertito all’idea di beccare in flagrante due fidanzatini in amore che lo avevano scambiato per Gazza.

Quello che trovò, tuttavia, non era certo ciò che si aspettava.

Dietro una colonna, schiacciata contro il muro, c’era Lily Evans che lo guardava come a voler dire “mi hai scoperta, ebbene?”.

- Evans? – fu l’unica cosa che riuscì a dire.

- Si, Potter, sono io. A quanto pare i tuoi occhiali fanno il loro dovere –

James era un tantino perplesso. Dopo ciò che era successo alla festa non si aspettava una risposta del genere, né tantomeno che si nascondesse pur di evitarlo. Certo, non era talmente stupido da pensare che gli sarebbe caduta fra le braccia, ma era convinto che quel bacio significasse qualcosa, che fosse il primo passo verso il metaforico crollo del muro. Ma invece, con sua incredibile sorpresa, se ne ritrovava davanti uno ancora più alto, di muro.

Tanto valeva rispondere a tono.

- Infatti. Dovresti comprarne un paio anche tu, Evans. Lì non c’è nessuna porta… -

- E allora? –

- Ti stai forse nascondendo da qualcuno? –

- Anche se fosse non sarebbero affari tuoi –

James si passò una mano fra i capelli. Era furioso. Era stata lei a baciarlo, era stata lei a saltargli addosso, aveva fatto tutto di sua spontanea volontà, e adesso lo trattava come una specie di maniaco sessuale.

- Ma si può sapere che diavolo ti prende? Senti, se è per quella faccenda della festa, sappi che hai fatto tutto da sola –

James si morse la lingua. Forse, dopotutto, questo avrebbe potuto evitarlo. Prima di incontrarla era sempre armato di buone intenzioni, ma quella ragazza era capace di fargli perdere completamente le staffe.

Gli occhi di Lily si ridussero a due fessure – Tu… stupido arrogante presuntuoso. Ero ubriaca alla festa, e lo sai bene. Avrei ballato anche con un attaccapanni, per cui non hai motivo di fare lo sbruffone –

James tentò di contenersi, ci provò con tutte le sue forze, ma era inutile, davanti a lei il suo cervello si annebbiava completamente. – L’avresti anche baciato, l’attaccapanni…? –

Aveva decisamente superato il limite. Se aveva una minima speranza di sistemare le cose con lei, se l’era giocata in quel preciso istante.

Lily neanche gli rispose. Gli diede uno spintone e se ne andò via velocemente, lasciandolo lì a maledire la sua stupida linguaccia.

 

**

 

La zona del cortile di Hogwarts che dava sul lago era sempre deserta, il primo pomeriggio.

Sirius era solito appartarsi lì quando aveva voglia di fumare una sigaretta in santa pace o semplicemente quando aveva bisogno di smaltire una sbornia di brutti pensieri. Quelle volte in cui il vecchio Sirius, quello del primo anno, lo scontroso ribelle che sfogava la sua frustrazione accumulando abbia nei confronti di tutto e tutti, veniva fuori, il nuovo Sirius, quello che, in un modo o nell’altro, aveva trovato un equilibrio, andava lì, sotto un albero, per ricordare tutti i motivi che lo avevano spinto a rinchiudere il vecchio Sirius in un angolo remoto della sua mente e a buttare via la chiave.

Questo non era nessuno dei due casi, ma Sirius pensava fosse un posto perfetto per disertare la punizione insieme a Remus.

Erano seduti sotto il solito albero ormai era passata circa mezz’ora, e non avevano fatto nulla di speciale, a parte lanciare sassi nel lago e discutere ogni tanto dell’inutilità – almeno secondo Remus – di quella trasgressione.

- Vorresti farmi credere che per te non ne è valsa la pena? – sbottò Sirius, esasperato.

- Esattamente, rispose Remus – considerando poi che stavo pulendo quelle maledette gabbie tutto da solo… -

- Non è questo il punto, Moony! Goditi il paesaggio! –

- Si, ma… -

- In silenzio! –

- Ok –

Dopo qualche minuto di mistica contemplazione del paesaggio circostante, fu proprio Sirius, inaspettatamente, a spezzare il silenzio.

- Senti, Moony… -

Aveva una voce strana, una voce troppo da sto per parlare seriamente, che, pensava Remus, a Sirius si addiceva davvero pochissimo.

- Si? –

Sirius si sdraiò su un fianco, puntellandosi su un gomito e guardando Remus , o meglio, guardando un punto non ben definito della faccia di Remus, con aria assorta.

Remus sapeva che da lì a poco sarebbe arrivata una domanda, seguita da altre, e sapeva anche che avrebbe dovuto rispondere, e che alla fine avrebbero intavolato una discussione semi-seria su qualunque cosa stesse tormentando Sirius. Cioè che non sapeva, però, era se ne aveva voglia, in quel momento.

Remus aveva i suoi personalissimi tormenti con cui fare i conti, tormenti cui non voleva pensare, tormenti che non aveva ancora analizzato, e che, per una volta, non avevano a che fare con il plenilunio, e forse, per la prima volta nella sua vita, Remus non era in grado di dare consigli. 

Ma il buon vecchio Remus, dopotutto, ascoltava sempre.

- Ricordi quella faccenda della festa di cui ti ho parlato? Sai, la Tassorosso… -

Remus anuì.

- ...bè, insomma… non sono ancora riuscito a spiegarmi cosa diavolo sia successo. Cioè, all’inizio pensavo fosse dovuto alla sbronza, ma non ne sono sicuro… dico, tu te ne saresti andato mollandola lì sul pavimento? –

Con tutta probabilità io non sarei neanche salito su con lei, pensò Remus, e ad un tratto i suoi ancora non ben definiti tormenti riaffiorarono inspiegabilmente.

- Non lo so. Magari non era il momento, magari anche per te e per James possono esserci dei non momenti

Sirius prese a fissare il lago, concentrato – dici che è normale, quindi? –

- Si, cioè… una volta superata la pubertà ci si raffredda un po’, no? –

- Ci si… cosa? Cristo, no! Non mi era mai successo prima, tutti i miei dannati sedici anni sono stati un lunghissimo momento… insomma, queste sono cose da te, tu sei un non momento vivente! –

Effettivamente era proprio così, Remus era un non momento e James, Sirius e persino Peter non facevano che ricordarglielo.

Che fosse quello il suo tormento? L’essere il non momento della situazione?

- Bè, io non mi lascio guidare solo ed esclusivamente dai miei ormoni… è per questo che nel mio cervello c’è spazio anche per altre cose –

Come spiegazione era abbastanza convincente, bisognava ammetterlo, ed inoltre aveva messo a tacere il tormento e la sua vocina stridula.

- Nel tuo cervello c’è posto solo per altre cose, Moony –

Remus tacque. Cominciava a sentirsi a disagio. Non era certo la prima volta che Sirius lo accusava di essere asessuato, e la cosa non gli aveva mai dato fastidio, ma in quella particolare situazione, con quel particolare tormento, che seppur aveva messo a tacere non accennava a volersene andare, non riusciva proprio a reggere quella conversazione.

- In ogni caso – proseguì Sirius poggiando la testa sulle gambe di Remus – non mi posso lamentare. Almeno nessuno ha cercato di vomitarmi in bocca –

Remus rise, e, all’improvviso, il tormento senza nome e la sua vocina tornarono a farsi sentire.

 

**

 

- Pettingrew, potresti evitare di grugnire mentre spolveri? –

- E tu, PItocchio, potresti evitare di colare unto? Qualcuno potrebbe scivolare –

Peter e Severus Piton erano insieme nei sotterranei da decisamente troppo tempo, e quello che era iniziato come una circostanza poco piacevole ora stava diventando decisamente insopportabile.

Peter avrebbe tanto voluto che uno dei suoi amici fosse lì con lui in quel momento. Sebbene forse ormai vaccinato alle battutine di Piton e fosse abituato a rispondergli a tono, non era lui quello adibito ad insultare i Serpeverde., non da solo almeno. Lui era la spalla, si, era l’aiutante, e stare lì da solo con Piton gli pesava da morire. Non provava neanche piacere a prenderlo in giro. Non aveva senso, senza gli altri.

- Come mai fai tanto lo spavaldo, Pettingrew? Non vedo nessuno a guardarti le spalle. Fossi in te non rischierei –

- Io fossi in te mi laverei i capelli –

Piton lo guardò schifato – Ma guardatelo, la copia sputata di Potter. Usi anche le sue patetiche battutine, Pettingrew? –

Peter lo ignorò, e continuò a spolverare in silenzio, senza battere ciglio. Sapeva di essere solo, e sapeva di non essere James, o Sirius. Remus non faceva testo, lui era sempre gentile con tutti.

Sapeva che non avrebbe fatto a botte con Piton, non avrebbe fatto nulla del genere. Voleva solo finire il suo turno al più presto, per poi tornare dai suoi amici.

 

 

 

 

 

 

 

 

Noticine.

E rieccomi qua dopo una lunghissima assenza. Il capitolo ce l’avevo pronto da un po’, a dir la verità, ma non sapevo se pubblicarlo così o apportare prima qualche modifica. Alla fine eccolo qua, così come lo avevo scritto. Il titolo si rifà ovviamente a Reptilia degli Strokes, la canzone che mi ispirata per la sua stesura. Inoltre Room in on fire mi sembrava piuttosto azzeccato, dato che adesso qualcosa comincia davvero a bollire in pentola. Vabbè, chiudo qui queste pietosissime note e spero di fare prima, la prossima volta.

Besos.

  
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