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Autore: Eryca    19/09/2011    9 recensioni
Avevo 17 anni quando un ciclone improvviso fece il suo ingresso nella mia vita, e mi stravolse ogni piano e ogni certezza.
Avevo 17 anni quando finalmente capii che c’era un’alternativa.
Avevo 17 anni quando mi resi conto che potevo scegliere.

~
Per Amy Murray la vita significa fare ciò che è giusto. Ma qualcuno di molto particolare arriverà, e metterà in discussione tutte le sue tesi, facendole capire il vero significato della vita.
~
Attenzione: Questa non è la solita storiella d'amore, non fermatevi a questa presentazione.
***
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parental Advisory: The Static Age

 

  PROLOGO
   

 

Il mio unico e vero amico si chiamava Bruto.
Era il mio cane. Un boxer per l’esattezza.
Il nome che gli avevo dato non era per niente azzeccato, poiché il mio cagnolino era dolce e non si lamentava mai. Bastava che gli dessi una bella ciotola di crocchette, un osso e qualche coccola.
Avrei tanto voluto essere come lui.
Invece, ero io.
E le persone pretendevano sempre il meglio da me. Non potevo permettermi di sbagliare.
Ma in fondo che problema c’era? Io facevo sempre la cosa giusta.
Fin da piccola, ero sempre stata una bambina mite e gentile. Dicevo raramente di “No”, e quando lo facevo era solo perché dovevo mantenere il mio equilibrio vitale.
Mio padre, un uomo alto e robusto, era un giudice rinomato.
Era un brav’uomo. Anzi, probabilmente prima di coniare il termine “brav’uomo” avevano conosciuto mio papà, Steven.
Mio padre erano una persona abitudinaria, che non amava i cambiamenti e doveva avere le sue sicurezze.
Tutte le mattine si alzava alle 7:00, si lavava i denti, si faceva la barba e scendeva in cucina, dove mia madre lo aspettava con la sua tipica colazione: caffè con due cucchiaini di zucchero, un tazza di latte e due fette biscottate con marmellata di albicocche. Poi andava in Tribunale.
Steven aveva sempre voluto il meglio per me.
Mi aveva iscritta nella migliore accademia di danza classica della città, all’età di tre anni.
Ancora in quel periodo ballavo, ed ero anche parecchio brava.
Amavo la sensazione di completezza assoluta che avevo mentre mi alzavo sulle punte, per formare una posizione eretta, o per fare una presa con il mio partner.
Ero la ballerina più brava del mio corso, naturalmente.
Frequentavo il più prestigioso Liceo, ed ero anche brava a scuola.
Ero la figlia perfetta, nonché la tipica brava ragazza. Non disobbedivo, facevo i compiti, ballavo, avevo diversi interessi. E facevo ogni cosa i miei genitori mi chiedessero. Non andavo mai loro contro.
Mio padre voleva che diventassi un avvocatessa, mia mamma invece sperava di vedermi in teatro come prima ballerina della Julliard. Io ovviamente mi impegnavo al massimo per realizzare questi sogni..
I loro sogni.
Non mi ero mai chiesta se ciò che volevo fare era veramente quello per cui continuavo a dare il cento per cento di me stessa. Era semplicemente così.
Non avevo termini di paragone.
Anche la mia cerchia di amici era sana, e approvata da mio padre in particolar modo.
Andavamo al cinema a vedere film d’amore, oppure a vedere concerti al teatro, prenderci un caffè nel nostro bar abituale, o ci trovavamo a casa per stare insieme.
Eravamo tutti assolutamente dei bravi ragazzi.
E io ero contenta della mia vita.
Credevo davvero in ciò che facevo. Non mi ero mai posta il problema di chiedermi che cosa veramente avrei voluto fare.
Sapevo che quello che sarebbe stato giusto fare era continuare ad essere così com’ero.
Non avevo altri problemi, non avevo alternative.
Uscivo solo con dei ragazzi per bene, possibilmente di famiglia benestante ed educati.
I miei genitori mi avevano insegnato certi principi: essere educata, accondiscendente, sicura, sobria.
Tutto ciò comprendeva il fare quello che volevano loro.
In teoria non mi proibivano di fare ciò che volevo, perché io trovavo piacere nella mia vita.
Mi avevano sempre fatto credere che la vita fosse giusta così, e che non ci fossero altri modi di viverla.
Quindi per me era giusto, era splendido, era perfetto.
Vivevo chiusa nella mia bolla di sapone eterea, e la amavo alla follia.
Anche esteriormente ero perfetta, come volevano tutti; ero abbastanza alta, avevo capelli lunghi, biondi e lisci, degli splendidi occhi azzurri e un fisico snello.
Mi vestivo in modo sobrio ed elegante, senza troppe pretese.
Insomma, ero la tipica ragazza di alto borgo.
Ma la cosa terrificante era che non sapevo di esserlo.
Per me il mondo era fatto di gente simile a me, che meritava la mia parola, e tutto il resto era qualcosa di lontano e irraggiungibile.
La fame nel mondo, la povertà, le guerre, le rivoluzioni.. erano tutte cose che conoscevo, ma che non mi toccavano particolarmente.
In tutta la vita avevano solo meccanicamente svolto delle attività, e fatto cose che mi erano state consigliate.
Ma non mi ero mai fermata un attimo a pensare.
Non c’è n’era bisogno.
Solo quando guardavo nei grandi occhi nocciola di Bruto, sentivo che qualcosa mi sfuggiva.
Era come se il cane stesse cercando di farmi aprire gli occhi sul mondo.
Si, mi stava dicendo di smetterla di essere inconsapevolmente egoista e superficiale.
Sapevo che mi mancava qualcosa, perché anche se andavo avanti giorno dopo giorno con il sorriso sul viso, sentivo che c’era qualcosa che non afferravo.
Mi sentivo stranamente insoddisfatta.
Ma come poteva essere? Avevo tutto ciò che una persona doveva avere.
Ero Amy Murray, la dolce figlia del grande giudice Murray. Che cosa c’era che non andava?
Solo Bruto capiva, solo lui sapeva.
 
Avevo 17 anni.
Avevo 17 anni quando un ciclone improvviso fece il suo ingresso nella mia vita, e mi stravolse ogni piano e ogni certezza.
Avevo 17 anni quando finalmente capii che c’era un’alternativa.
Avevo 17 anni quando mi resi conto che potevo scegliere.
 
 
 
***************
Angolo Snap:

Grazie alla mia beta reader, che mi sostiene e mi aiuta sempre, Vi, sei speciale.

Qua è Snap95 che vi parla, beniamini.
Allora tanto per iniziare questa è la prima fanfic che scrivo sui Green Day, però ne ho lette parecchie per poter dire qualcosa a riguardo.
Di solito nella storie in cui è inserito un Nuovo Personaggio, si ha una protagonista che vive nella periferia, che non ha speranze, che sfoga il suo malessere nella trasgressione, e che ha una famiglia terribile.
Ne ho lette parecchie, e ne ho anche apprezzate diverse, ma credo che dopo un po’ sia banale.
Quindi ho deciso di aggiungere un personaggio assolutamente perfetto, che ha una vita fantastica e che non ha alcun problema.
Ha tutto, ma in realtà non ha nulla.
Come seconda cosa, in questa storia ho deciso che i Green Day non saranno ancora famosi, ma dei semplici ragazzini con l’amore per la musica.
E nonostante la scelta, il batterista che ho inserito è il mio amatissimo Tré Cool, e non John l’ex batterista ai tempi in cui erano giovani.
Per ora non ho ancora specificato la città ma credo che sarà Rodeo.
Ora, questo solo il prologo –cortissimo- per far capire più o meno l’andamento della ff.
Ditemi cosa ne pensate, siate sinceri.
Se secondo voi è il caso di continuarla, oppure se  non avrà un futuro.
Accolgo senza troppi problemi critiche, quindi non fatevi problemi.
Spero comunque che vi piaccia, e che lo leggiate in tanti.
Per ora direi che è tutto,
Bye,
Snap. :3 

   
 
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