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Autore: The Black Wolf    19/09/2011    0 recensioni
“non sei un fantasma, vero?”
“no, non credo”
Segreti incontri e favolose avventure racchiuse nelle mistiche notti di una ignota cittadina dove tutto sembra scorrere lento e monotono.
E voi siete proprio sicuri di sapere tutto ciò che accade intorno a voi?
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP 2        speranze




L’eco risuonò nella notte.
La figura subito si voltò a guardarla, svelando così il suo aspetto: non era un uomo come poteva sembrare da lontano, bensì un ragazzo che non poteva avere più di vent’anni.
Un grazioso giovane con capelli scuri e mossi che ricadevano leggeri sulle spalle, e i suoi occhi, beh, si dice che chi ha il privilegio di vederli non li dimentica neppure dopo una vita. Sembravano risplendere anche all’ombra del buffo cappello, erano chiari, ma in quel momento la piccola non avrebbe saputo dire se fossero verdi o azzurri. Erano come ghiaccio.
I loro sguardi si incrociarono e così rimasero per quel che poteva sembrare un’ora, la bimba era assorta da quel viso che spesso aveva immaginato quando suo padre le leggeva delle favole, non capitava spesso, ma nella sua fantasia lei vedeva tutti quei fantastici personaggi prendere vita e tenerle compagnia in ogni momento. Ed ecco che uno di quelli si era materializzato davanti a lei.
La determinazione della piccola la portò ad avvicinarsi di un altro passo e chiedere “Come ti chiami?” .
Una persona normale non sarebbe stata così intraprendente nel fare domande, ma probabilmente una persona normale non avrebbe nemmeno osato avvicinarsi. Il giovane non si mosse, anche l’aria sembrava esser cessata, improvvisamente tutto taceva.
Non si arrese e continuò “Perché non parli? Sei forse uno straniero? Da dove vieni?” Non riusciva a trovare delle risposte, tranne che per quell’ultima domanda “da dove vieni?”, si, questo lo sapeva.
Allora si mosse, la sua espressione per lo meno.
Lo sguardo si addolcì, non era più spaventato, e la sua bocca si stese in un sorriso appena accennato “ I..io..vengo dal Parco delle Anime..”
La ragazzina si illuminò “Ma allora parli!”
La sua risatina era un po’ fuori luogo in una notte così solitaria e buia, ma alleggerì l’atmosfera che c’era tra i due.
“ Comunque io volevo sapere dove abiti, non dov’eri prima di arrivare qui.. ma va bene lo stesso, almeno adesso so che non sei un fantasma, perché mio papà dice che se vedo una persona e questa non parla mai, allora vuol dire che è un fantasma, ma tu hai parlato, quindi non lo sei!.. non sei un fantasma, vero?”
Il ragazzo era confuso, da molto ormai non parlava con qualcuno e questo non era di certo il migliore dei modi per ricominciare “Ehm.. no, non credo di esserlo” e con questo si lasciò sfuggire un fugace sorriso.
La piccola era raggiante, il suo nuovo amico le piaceva! “Come ti chiami?” continuava a dondolare il lupetto tenendolo per una zampa, non se ne separava mai. Il ragazzo scavò nei suoi ricordi più lontani e confusi, turbinii di immagini e parole che parevano senza senso. E il suo nome?
Da molto ormai non lo usava e da molto nessuno lo chiamava più. L’aveva dimenticato. Nulla.
“Io no..non mi ricordo il mio nome. “ Abbasso lo sguardo, se ne vergognava.
Quale essere umano poteva scordarsi il proprio nome? Lui.
“Non fa niente, te ne troverò uno!”
Sorrise all’idea di dovergli trovare un nome, aveva già delle idee che le passavano veloci nella mente, ma ci avrebbe pensato in un altro momento.
Era sicura che quella non sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe visto, se lo sentiva.
“Io mi chiamo Helen, Helen Wolfe” e dicendolo strinse al petto il lupetto che portava con se ovunque.
“Abito lì, in quella casa” indicando lo stabile dall’altra parte della casa con quella finestra del piano terra spalancata. “E’ da un po’ che ti vedo passare per di qua, ma che ci fai di notte tutto solo per la città?”
Helen non la finiva più di fare domande, in un certo senso era la sua specialità, ed era normale per la sua età se non che lei non riceveva mai delle risposte, non aveva nessuno che stava ad ascoltarla, ma questa è un’altra storia e non è questo il momento di raccontarla.


I due finalmente si mossero e andarono a sedersi su di una panchina a pochi passi da dove era avvenuto il loro incontro.
Il giovane senza nome era seduto composto, neanche fossero stati in una sala da te e questo lusingò la piccola Helen che si sedette a sua volta dritta come un bastone copiando alla meglio la sua postura posata.
Ma non la tenne a lungo perché subito iniziò ad agitare avanti e indietro i suoi piedini che non toccavano terra.
Tra i due calò il silenzio.
Lei fissò il suo sguardo sui piedini, mentre lui cominciò a notare i suoi capelli lunghi fino alle spalle, con dei ricciolini sulle punte, erano scuri, probabilmente neri ma la luce notturna impediva di darne un colore preciso e rendeva tutto più nero.
Era paffutella e aveva le gote chiazzare di rosso. Le lunghe ciglia nascondevano due occhi grandi e curiosi di un intenso azzurro. Indossava il suo pigiama, pantaloni e maglietta chiaramente invernali, verde con centinaia di nuvolette bianche che sembravano pecore. Davvero carino.
“Ti piace il nome George?” ruppe il silenzio la piccola che già aveva iniziato a cercare un nome per il nuovo amico.
“Come scusa?” i suoi pensieri erano altrove e fu riportato alla realtà.
“Se ti piace il nome George.. in qualche modo devo chiamarti, almeno finché non ti ritorna alla mente il tuo vero nome.” “oh, certo, George va benissimo, per ora” rispose con un sorriso, anche se preferiva ritornare al suo vero nome al più presto.
“Allora, George che ci fai tutto solo di notte per la città? Ogni notte gironzoli da queste parti..”
George arrossi leggermente alla domanda di Helen, non avrebbe mai pensato che qualcuno lo stesse spiando nelle sue solitarie passeggiate, la cosa lo imbarazzava anche se si trattava di una bimba di quattro anni.
“A me piace camminare..” azzardò una scusa poco credibile per non dover esser costretto a raccontare la sua storia, ma Helen non era una bambina stupida e di certo lui non era bravo a mentire.
L’espressione della piccola mutò, assumendo un volto quasi adulto, responsabile: divenne seria, gli occhi si socchiusero, stinse le braccia al petto e puntò lo sguardo corrucciato in quello di George
“Se è un segreto non importa, puoi fare a meno di dirmelo, ma non dirmi mai delle bugie, non mi piacciono!”
Del suo passato non ne aveva mai parlato con nessuno e non ne voleva parlare adesso, non con una bimba, quindi sorrise un po’ divertito per la sua espressione e un po’ per scusarsi.
“Grazie” fu l’unica risposta che riuscì a dare.
Seguì un altro lungo momento di silenzio in cui i due si scambiarono qualche sguardo e sorriso imbarazzato.
“Perché porti un cappello così strano?” L’ingenuità dei bambini lascia sempre sorpresi.
George abbassò lo sguardo sul cappello che si era tolto e che ora teneva con una mano. Lo rigirò, lo ammirò come se fosse la prima volta che lo vedesse e disse “Questo cappello è molto importante per me, ce l’ho da molto, molto tempo e non posso..” si fermò di scatto, rapito da un ricordo, da un flash del passato “non voglio perderlo, non vado da nessuna parte senza”
Un altro sorriso attraversò il suo volto, un sorriso stanco, lontano, rassegnato, in un certo senso anche triste.


Quella notte parlarono a lungo; per quasi due ore rimasero seduti su quella panchina finchè la piccola non sbadigliò.
“Forse dovresti andare” disse George “non è il caso che i tuoi genitori ti vedano fuori con uno sconosciuto in piena notte”
“Ma tu non sei uno sconosciuto, tu sei mio amico!” ribatté Helen fiera. “e poi a casa c’è solo il papà, la mamma non c’è da tanto tempo, e il papà adesso sta dormendo.”
Il tutto fu seguito da un altro sonoro sbadiglio.
Iniziava anche a fare freddo ed era facile prendersi un malanno in quelle notti di novembre.
I due si alzarono all’unisono, attraversarono la strada e appena sotto la finestra della camera la bimba, senza preavviso circondò George con le sue braccine in un tenero abbraccio e guardandolo negli occhi disse “Ti voglio bene, George. Non sparire!”
Il ragazzo, visibilmente stupito da quell’improvvisa tenerezza rispose con un sorriso imbarazzato “Te lo prometto, Helen, non sparirò” Dopodiché la aiutò ad issarsi sulla finestra e, come era iniziata, si salutarono con un semplice “ciao”.
Dopo quasi duecento anni di notti solitarie e silenziosi segreti ritrovò la vita in una bambina di quattro anni, una bimba che di lui non sapeva niente, perfino il nome se l’era inventato, ma era già pronta a chiamarlo “amico”.
Quella notte iniziò una nuova vita, non solo per lui , ma per entrambi.
Helen andò a dormire e fece sogni confusi in cui era grande e vestita con strani abiti e danzava nella notte nel mezzo di un parco dove torreggiavano ricche statue, non sapeva dove si trovava, non sapeva perché era lì o come ci era arrivata, ma era serena e si sentiva libera. Era felice.
George continuò per la sua strada, verso il Parco delle Anime, ripensò al suo passato ormai lontano e ripensò al suo incontro con la piccola Helen, che ebbe la capacità di resuscitare i fantasmi dentro la sua mente che da tempo era riuscito ad isolare e che aveva quasi dimenticato.
Quella notte fu uno schianto tra presente e passato, un doloroso incontro con i suoi più oscuri segreti, con la sua prigionia, e dopo duecento anni di ferreo autocontrollo una timida lacrima rigò la sua guancia sinistra.
No, non sarebbe sparito, avrebbe dedicato le sua vita alla piccola Helen.

  
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