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Autore: etienne86    20/09/2011    11 recensioni
La storia comincia dall'incidente a Saont Antoine e procede abbastanza fedele all'anime, ma una scelta determinante di Andrè e la presenza di nuovi personaggi cambieranno il corso degli eventi
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 20 Capitolo 20

Era ormai buio.
Il giardino di Madame Dressie era illuminato da un grossò falò acceso proprio davanti alla casa, attorno al quale si erano riuniti gli ussari, completamente ubriachi. Le loro voci sguaiate riempivano l'aria con canzoni volgari. Dove avessero trovato l'acquavite per ridursi così era un mistero, in una città dove ormai scarseggiava tutto.
Madame Dressie, insieme a Marie e a Gustave, stava ormai relegata in cucina, cercando di dissimulare l'ansia crescente per quella situazione, mentre Oscar aveva dovuto cedere la depandance in cui aveva condiviso i suoi giorni con Andrè  all'ufficiale del reggimento straniero.
 Era stata felice delle notizie portate da Gustave. Soprattutto di sapere Andrè lontano da quel covo di mercenari senza scrupoli.
Rintanata nel sottotetto della villa, nascosta nell'oscurità, dietro un abbaino lasciato aperto, spiava da ore i soldati accampati sotto di lei, cercando di capire quali ordini avessero ricevuto e come avrebbero agito i giorni successivi. Se ne stava rannicchiara nel buio, perfettamente immobile, con le orecchie tese. Era allenata a condizioni del genere: quante conversazioni private di suo padre aveva spiato da bambina, a volte spingendosi fin sui cornicioni del palazzo. Come quella volta che il generale si era recato nella camera di Andrè, quando lei, quattordicenne, non voleva diventare capitano delle Guardie Reali! Andrè, Andrè... continuava a fare capolino nei suoi pensieri, ma in quel momento non poteva distrarsi. Domani sarà il nostro giorno, ma oggi...oggi devo restare coi piedi per terra, devo sfruttare al massimi questa situazione!
Fino a quel momento, tuttavia,  non aveva sentito nulla di rilevante.
Finalmente vide  l'ufficiale allontanarsi da quella chiassosa marmaglia, accompagnato dal suo secondo. Cambiò posizione, seguendo i loro spostamenti.
Parlavano la loro lingua madre,  a voce piuttosto alta, certi che nessuno potesse capirli.
In quel momento Oscar ringraziò mentalmente il padre per averla costretta a studiare i testi di strategia militare scritti dai generali prussiani. Fu in grado di tradurre poche parole, sufficienti tuttavia per farsi un'idea del contenuto della loro conversazione.
Si aspettavano un attacco dei rivoluzionari alla fortezza della Bastiglia, con lo scopo di procurarsi armi e munizioni. Proprio per questo, all'interno del carcere, non era stato  lasciato neanche  un granello di polvere da sparo, e si supponeva che il piccolo contingente di guardie svizzere, assegnato al governatore De Launay (1), fosse in grado di disperdere una folla disarmata per quanto numerosa. Il compito del reggimento degli ussari era quello di intervenire, con altri corpi dell'esercito francese,  qualora il popolo fosse riuscito a penetrare nella fortezza: con la cavalleria leggera avrebbero chiuso la strada ai rivoltosi, bloccandoli dentro le mura della Bastiglia.
Se il popolo avesse vinto l'assedio, sarebbe stato un bagno di sangue.

Le sue dita scorrevano veloci sui tasti d'ebano e avorio del pianoforte, diffondendo nell'aria una musica celestiale. Lui stesso si sentiva come un angelo, una creatura ultraterrena. Nemmeno madamigella Oscar aveva mai suonato così bene...
"Gustave, Gustave!"
Qualcuno lo stava chiamando, scuotendogli con insistenza la spalla e facendo sfumare il suo splendido sogno.
Aprì gli occhi. Oscar era davanti a lui, con un mantello ed un cappuccio a coprirle la testa.
Era l'alba del 14 luglio 1789.
Adesso l'avrebbe accompagnata da Andrè per celebrare il loro matrimonio nel piccolo monastero fuori città.
"Ascolta, Gustave. Devi vestirti immediatamente, sellare Cesar e condurlo fuori dalla scuderia senza farti scoprire dagli ussari. Dormono pesantemente, ma è meglio essere prudenti"
Il ragazzino sorrise. La tenera impazienza della donna, che evidentemente non vedeva l'ora di raggiungere il suo amore, gli fece perdonare quel brusco risveglio e la fine del suo magico sogno.
"Su, vai. Io ti aspetto fuori dalla tenuta"
Si alzò dal letto e guardò fuori dalla finestra. Oscar stava superando l'accampamento degli ussari con agili balzi, perfettamente a suo agio nell'oscurità.  In un attimo uscì dalla sua vista.
Rimase un momento a pensare a come  sembrasse più un abile soldato che una promessa sposa.

Quando montò sul suo cavallo, dietro di lui, gli sussurrò
"Portami da Bernard"
Gustave si voltò di scatto, incredulo
"Ma, madamigella...Andrè vi aspetta al monastero di Rebais, è tutto  pronto!"
"Non preoccuparti, faremo in tempo. Devo solo dare delle informazioni al mio amico. Ne va della sua vita e di quella di molte altre persone"
La accontentò, sentendosi tuttavia in difetto nei confronti di Andrè, come  se stesse venendo meno ad una promessa.
Giunti vicino al quartiere dove abitavano Bernard e Rosalie, smontarono da cavallo e nascosero Cesar nel cortile di una casa abbandonata. Proseguirono a piedi, percorrendo le strade rasenti ai muri, spesso dovendosi rifugiare in qualche anfratto per  evitare le ronde di soldati che, dopo i pattugliamenti notturni, facevano ritorno alle rispettive caserme.
Quando finalmente furono arrivati, Oscar picchiò piano sulla porta. Aprì Rosalie, lasciando solo uno spiraglio per vedere di chi si trattava.
"Madamigella Oscar!" esclamò, con gli occhi già colmi di lacrime di commozione.
"Shhh!" le intimò l'amica, mentre entrava seguita da Gustave.
"Ascolta Rosalie, Bernard è in casa? Ho delle informazioni importanti per lui!"
"Ah, bene Oscar, sei tu!" disse Bernard, comparendo dall'altra stanza.
"Ascoltami, Bernard, è di vitale importanza. Tu e gli altri capi della rivoluzione dovete sapere
una cosa. Domani..."
L'uomo la interuppe.
"Andiamo al nostro quartier generale- le disse sospingendola verso la porta- così  potrai comunicare a tutti le informazioni di cui sei in possesso"
Si voltò a salutare rapidamente Rosalie ed uscì, tenendo sottobraccio Oscar, seguiti da Gustave.
"Sapevo che avresti  sposato la causa del popolo francese!" la apostrofò, quasi euforico.
Camminarono per circa dieci minuti. Ormai la maggior parte dei soldati era rientrata e le strade si stavano ripopolando di cittadini.
Nessuno fece caso a loro, sembravano un'innocua famigliola.
Giunti ad un vecchio edificio, scesero una rampa di scale, fatiscente, che conduceva  ad un locale seminterrato. Appena varcarono la soglia,  le narici di Oscar furono investite  dall'odore di chiuso e di fumo del locale. Era una stanza con le poche finestre sbarrate, sedie sparse un po' d'ovunque, ed un ampio tavolo al centro, disseminato  di bicchieri e bottiglie vuote, insieme a resti di cibo.
L'aria era riempita dal vociare  di diversi gruppetti di uomini, dall'aspetto più disparato.
L'ingresso di Bernard, accompagnato da una donna, generò un silenzio immediato  (2).
Solo uno dei presenti sembrò riconoscerla.  Era un giovane dai capelli fluenti e lisci, con labbra carnose  e due occhi quasi femminili, con lunghe ciglia.  Ma in contrasto con questi lineamenti quasi fanciulleschi , l'espressione del suo viso emanava crudeltà e sadismo.
Sbucando da un angolo buio le si avvicinò con sorriso beffardo.
"Ohohi! Che onore! Niente di meno che il Colonnello Oscar Francois de Jarjayes!"
Oscar lo fissò. Era certa di non averlo mai visto prima, eppure qualcosa in lui le era familiare. Socchiuse gli occhi, studiando i lineamenti del suo viso.
Lo sconosciuto sembrò accorgersene e spostò la sua attenzione su Bernard.
"Allora Bernard, cosa ci porti? Una povera donna col suo orfanello?" disse ridendo e facendosi gioco del suo compagno. Bernard lo ignorò.
"Ascoltate tutti. Lei è Oscar Francois de Jarjayes, l'ex comandante dei soldati delle Guardia che abbiamo fatto liberare pochi giorni fa"
Tutti cominciarono a bisbigliare e ad annuire con la testa.
"Ha informazioni rilevanti per la nostra causa, stiamola tutti a sentire"
Al suo invito calò il silenzio.
Oscar si fece avanti ed appoggiò le braccia sul tavolo, voltando lo sguardo su tutti i presenti.
"Ho saputo che domani avete intenzione di guidare la folla contro la Bastiglia"
"Si, è vero" esclamarono in molti
"Bene, le vostre intenzioni sono quelle di procurarvi munizioni per continuare la lotta e difendervi dai soldati schierati contro di voi. Ma questa informazione è arrivata al Comando Generale dell'Esercito, che ha svuotato completamente il carcere, lasciandovi solo il necessario per difendersi da un eventuale attacco! Se realizzerete i vostri piani, rischierete la vita di molti per niente" 
Fu interrotta da un coro di imprecazioni e di dissenso.
"Ma allora cosa ci consigli di fare?" le chiese Bernard.
Oscar lo fissò, ed un lampo attraversò i suoi occhi.
"Andare a prenderci le armi al Palazzo degli Invalidi. Non si aspettano di essere colpiti proprio lì, li coglieremo di sorpresa!"
Questa volta le sue parole scatenarono grida di giubilo ed entusiasmo.
Bernard la  prese per le spalle, quasi scuotendola.
"Allora, comandante? Cosa aspettiamo?"

Poche ore dopo un fiume di popolani urlanti si riversava correndo nelle strade verso il Palazzo degli Invalidi, poco lontano dall'argine meridionale della Senna.
Erano uomini, donne, bambini di tutte le età, con gli occhi che ardevano di entusiasmo, pieni di energia nonostante la fame e la miseria che li affliggevano.
Oscar, in sella al suo cavallo, li ammirava con orgoglio. Stava regalando loro un sogno, quello di diventare padroni del loro destino, di possedere la forza per poterlo cambiare.
Giunti nel magazzino dell'esercito, seguì personalmente la razzia di tutte le munizioni, indicando quali prelevare e spiegando come trasportarle. Imbracciò un fucile e davanti a decine di uomini diede istruzioni su come caricare l'arma  e su come puntare e sparare.
Si sentiva anche lei contagiata dall'euforia generale, anche lei parte di quel meraviglioso movimento che stava prendendo corpo e che si chiamava Rivoluzione.
Tutti inneggiavano a lei, le ubbidivano, guardavano a lei come a una guida.
Solo gli occhi di un ragazzino, spaurito e incredulo, la seguivano con apprensione, con lo stesso doloroso stupore di chi vede crollare un castello di carta faticosamente costruito.

(1): Marchese de Launay, governatore del carcere della Bastiglia il famoso 14 luglio 1789
(2): il movimento rivoluzionario fu un movimento assolutamente "maschilista", eravamo ancora lontani dalla parità tra i sessi
  
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