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Autore: IWontFade    20/09/2011    1 recensioni
Questo è il prologo di quella che è la mia prima vera fanfiction. Quando nello stesso istante una normale ragazza italiana scopre di non essere così normale e un incredibile uomo americano scopre che si, è davvero incredibile, qualcosa di strano può accadere e stravolgere due interi universi.
Io non conosco assolutamente i protagonisti e non so come si comporterebbero in situazione assurde e improababili come queste, ma far galoppare la fantasia è forse una delle qualità migliori che ho e mi piace vivere, morire, sanguinare per lei, nella mente, negli ochhi la posso vedere , è la fantasia.
Di questo parla la storia. Di pura fantasia.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci ho dormito sopra, o almeno ci ho provato perché gli occhi non mi si sono voluti chiudere nemmeno una volta. Ho capito un paio di cosette: tutta quella suggestione,  tutto quel “oh, i suoi occhi! Oh, le sue orecchie! Oh, le sue unghie!” era solo emozione, nessun colpo di filmine o roba simile. Era solo il mio cervellino che non poteva credere di essere davanti a Quel tizio con i capelli blu e mi faceva pensare a troppe cose che in realtà non provavo. Anche se è un po’ complicato mi succede spesso. Come quando l’indomani sera arrivai al palazzetto dove avrei visto il mio primo vero concerto –tra l’altro niente meno che dei 30 Seconds to Mars- e mi sembrò il luogo migliore del mondo, mentre ritornandoci dopo era abbastanza normale, se non scarso. Quella sera mi sembrò enorme, e mi dissi che era assolutamente valsa la pena di farsi tutti quei kilometri senza un navigatore né la più pallida idea di dove andare.
La tensione in quel palazzetto era fortissima, tutti non  vedevamo l’ora di vederli, non vedevamo l’ora di essere la loro famiglia per una sera.

Leggere le parole di escape, la sua voce iniziò a prenderci. THIS IS WAR. Il telone cadde, svelò il palco, tutti urlavano, quel momento fu un sogno.

Con Night of the Hunter Jared cominciò a dettare le parole che componevano i nostri pensieri, le note di Tomo ci invasero come pioggia energica e Shannon iniziò a scandire il battito del cuore di tutti noi.
Ne ero sicura, lo potevo dire con certezza, eravamo tutti uguali. Quella musica ci univa, bastava per renderci importanti allo stesso modo quella sera.

Vox Populi. Jared con una giacca piena di lustrini e il suo immancabile faro giallo. Tomo con la chitarra puntata verso l’alto, la testa all’indietro, quasi fosse in una specie di trance, i capelli sulle spalle, i piedi che battevano forte il tempo di Shan. J
ared che correva su è giù per il palco, Tomo che saltava e Shannon che sfruttava tutta la sua energia, senza timore che i tamburi si rompessero Quella fu Vox Populi.

Poi sul palco si fece buio, solo una leggera luce bluastra illuminava due sagome. Shannon seduto per terra, con una chiara chitarra acustica in mano, Tomo con la sua rossa elettrica. Iniziarono a suonare, insieme, ogni tanto si guardavano e sorridevano. Tomo era concentratissimo, il viso non si vedeva, coperto dai capelli. È come se volesse costruirsi una piccola protezione per ammassare tutte le sue capacità e non deluderci mai. La canzone è L490, una delle mie preferite. La suonano in modo impeccabile, alla fine quasi mi viene da piangere.

Ma poi tutto cambiò.

The kill. Non ci potevo credere. Per la prima volta non erano le mie cuffie a cantare, era lui, era lui davvero!! Sentivo la sua voce, chiusi gli occhi un secondo e mi sembrò di averlo di fianco. Continuavano a tremarmi le gambe e ormai i brividi lungo il mio corpo non facevano che aumentare. Vederlo li, a pochi metri da me, che saltava con tutta la sua energia, la sua fottuta energia da quarantenne, con non stava un attimo fermo, con la voce che non poteva fare a meno di uscire, con se stesso completamente aperto a noi, al suo piccolo pezzo di famiglia italiana. All’inizio fece un pezzo in acustica, coinvolgeva molto e nessuno sarebbe riuscito a stare in silenzio in un momento del genere. Le parole uscivano da sé, intonate come mai lo erano state. Ed era incredibile come ogni singola persona sotto il palco riuscisse a seguire Jared, senza sapere cosa avrebbe fatto, senza conoscere i suoi passi. Lo seguivamo, semplicemente urlando se lui urlava o sussurrando se lo faceva. Eravamo uniti. Uniti nella stessa canzone, che a tutti aveva cambiato la vita, uniti nella stessa musica, che a tutti faceva provare emozioni fortissime. E all’improvviso luci bianche lampeggianti, quasi accecavano, mettevano confusione ed eccitazione, facevano desiderare che lui andasse avanti, facevano desiderare che quella canzone non finisse mai. Comparvero Tomo e Shan e noi urlammo, tutto il fiato che avevamo in gola, fuori. Un’ovazione immensa per pochi suoni della gibson, per l’”are you ready” urlato di Jared, per lo strano tenere il tempo dondolando di tomo, per l’incredibile e potentissima vibrazione della prima battuta di Shan.

Come, break me down.

Nessuno riusciva a stare fermo. L’adrenalina e l’energia nell’aria erano quasi palpabili. Quelle parole così note si incisero nel nostro cuore come un timbro a fuoco, per non lasciarci mai più.

I tried to be someone else.

Jared salta. In un attimo è uno di noi, in mezzo a noi. Forse è ininterrottamente stato come noi, forse qualcosa ci differenzierà per sempre. So solo che in quel momento mi sentii così vicino a lui che quasi potevo sapere i suoi pensieri. Sapevo che non pensava a niente, sapevo che quello che lo guidava era la musica, era il suo istinto.

This is who i really am.

Il suo primo vero urlo, molto di più di quello che è nelle registrazione, molto di più di quello che si vede nei live su youtube. Non si può neanche descrivere, non si può neanche comprendere se non lo si è vissuto.

Insieme cantammo un po’ di ohoh ed eravamo tutti una cosa sola, eravamo tutti thirty seconds to mars. Jared disse qualcosa sul rumore, non so chi la capì in quel momento , so che le parole “fuckin’ noise” scatenarono qualcosa di ancor più forte dentro di noi, se è possibile. Un attimo dopo fu nella folla e fui costretta a tenergli la mano per non farlo cadere per terra.

Fu incredibile. Tutto quello che potevo fare era urlare, tutte le emozioni che avevo dentro si potevano tirare fuori solo in quel modo .

Le canzoni furono ancora molte, tutte emozionanti allo stesso modo. Attack, From Yesterday, Alibi. L’incredibile abilità di Shannon nell’assolo di the Fantasy, indimenticabile. La assurda capacità di Jared di coinvolgere tutti in Kings and Queens, una cosa che adoro. E Tomo è semplicemente magnifico, in tutto quello che fa, anche se lo fa in silenzio, senza essere l’esibizionista, non sbaglia mai ed è perfetto.

Non me ne accorsi neanche ma quella serata volò.
In un momento fu tutto finito.
Il concerto era arrivato al termine.
Iniziai ad urlare più forte che potevo, anche se mi rimaneva poca voce in gola.
In un istante le luci erano spente, loro erano andati.
Non so come e quando avevo iniziato a piangere e in quel momento non riuscivo più a smettere. Le lacrime di gioia silenziose mi scendevano per le guance, non mi curavo neanche di asciugarle. Osservavo gli Echelon intorno a me, vedendo solo sguardi come il mio e guardavo il palco, dal quale tre uomini, tre esseri umani come me, anche se u po’ più talentuosi, erano riusciti a farmi piangere.
Il mio primo pensiero dopo tutta la confusione e l’annebbiamento della felicità fu il meet and greet. Sapevo che avrei avuto la possibilità di ringraziarli di persona per la serata e quello era tutto ciò che desideravo in quel momento.
Dir loro grazie.
Grazie di  averci scelti per condividere la vostra arte, grazie per essere così capaci a emozionare, per essere così bravi a capirci.
Grazie Thirty Seconds to Mars per aver cambiato in meglio la mia vita. Soprattutto questa sera. Una sera per ricordare che un giorno tutto finirà.
Forse non tutto, la musica rimane. 

  
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