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Autore: CaptainKonny    20/09/2011    1 recensioni
Ho cercato di dare un pò di sollievo a Patrick, ma come tutti sapete per poter essere felici prima bisogna risolvere un sacco di problemi. Una Jisbon in cui Charlotte è ancora viva e questa è l'ultima mossa di John il Rosso... cosa succederà?
"So di aver fatto una cosa alquanto impossibile, ma ho voluto provare a fare qualcosa di diverso, una mia piccola e fantasiosa curiosità. Fatemi sapere che ne pensate... ;) :)"
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio | Coppie: Jane/Lisbon
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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ORA FINALMENTE, POSSO CREDERE ANCH’IO A QUEI BEI RACCONTI SEMPRE PIENI DI POESIA, MAGIA E FANTASIA…

ORA FINALMENTE, POSSO CREDERE ANCH’IO A QUEI BEI RACCONTI SEMPRE PIENI DI POESIA, MAGIA E FANTASIA…

 

OMICIDIO ALL’ORFANOTROFIO

 

POV. GRACE

 

Lost in the darkness

Hoping for a sign

Instead there’s only silence

Can’t you hear my screams?

Wherever you are

I won’t stop searching

Whatever it takes me to know

 

Erano quasi le undici e l’ufficio era deserto. Kimball e Wayne erano andati a casa già da un pezzo. Jane era chiuso nell’ufficio di Lisbon con quest’ultima da ben più di un’ora. ‘Mmh quei due non me la raccontano giusta!’ E io ero seduta alla mia scrivania, come al solito. Carte burocratiche, messaggi da parte di federali e della scientifica, aggiornamenti vari… non ne potevo più. La porta dell’ufficio di Lisbon si aprì e le risate del mio capo e del nostro consulente mi riportarono alla realtà, non facendomi sentire più sola, immersa in quell’oscurità tra le luci al neon del bullpenn.

-Van Pelt, perché non vai a casa? È tardi!- constatò il mio capo.

-Volevo finire il nuovo programma di ricerca che ci è stato passato dall’FBI nell’ultimo caso.- risposi in modo professionale.

-Piccola Grace, dovresti rilassarti. Non vorrai diventare stacanovista come Lisbon!- per quella battuta Jane si beccò una gomitata nello stomaco da parte di Lisbon.

-Taci Jane, lei almeno si rende utile!- lo sgridò la donna.

-Anche io mi rendo utile.- fece Jane con l’aria da bambino.

-No, tu combini casini; è diverso!-

-Sì, però concludo i casi!-

Lisbon sbuffò esasperata. Io trattenevo a stento le risate; i litigi tra Jane e Lisbon erano sempre all’ordine del giorno. Se non avessero litigato… beh, ci sarebbe stato di sicuro qualcosa di strano. Secondo me il loro legame amore/odio era speciale.

Lisbon si arrese, mentre Jane rideva trionfante.

-Senti, noi andiamo! Tu vedi di non far tardi!- mi sorrise Lisbon.

-Okay, buona serata ad entrambi.- li salutai.

-Ciao, piccola Grace!-

‘Oh, Jane quanto sei matto!’

Ma fu in quel momento che accadde qualcosa di veramente anomalo. Mi si aprì la finestra dei messaggi. All’inizio rimasi spiazzata, guardando lo schermo non sapendo esattamente cosa fare. Poi vidi le parole scritte in alto ‘RED JOHN’. Il nuovo programma inserito nel pc per trovare parole che potevano rinviare a casi irrisolti etc. aveva individuato le uniche due parole che da tempo non si erano fatte vedere e di cui nessuno sentiva la mancanza.

-JANE, CAPO VENITE SUBITO!- urlai.

I due entrarono di corsa nell’ufficio preoccupati. Alzai il mio volto nel panico per incontrare quello allarmato di Lisbon.

-Grace, che succede?- mi chiese, mantenendo però un tono professionale.

-Credo che dobbiate vedere. Mi si è aperta automaticamente la pagina dei messaggi.- alzai il volto sui due, soffermandomi su quello di Jane –E’ un messaggio di John il Rosso.-

Lisbon rimase a bocca aperta e si piazzò subito dietro di me. Jane sembrava paralizzato sul posto. Con rigidità si spostò vicino a noi per leggere il messaggio.

 

Salve agenti,

scommetto che avete sentito tutti quanti la mia mancanza. Anche io ho sentito la vostra. Specialmente quella del signor Jane. Salve mr. Jane, sa sono ancora colpito dal suo ultimo tentativo di uccidermi, e l’avrebbe fatto. Oh, sì che l’avrebbe fatto. Per mia fortuna era solo un mio collaboratore, uno dei più fidati effettivamente, ed è solo grazie a questo se lei ora è ancora vivo e libero signor Jane. Deve ammetterlo, se io non avessi ingaggiato un altro assassino lei a quest’ora avrebbe ucciso un innocente e sarebbe nel braccio della morte. O più probabilmente, sarebbe già morto. Se lo immagini, lei sdraiato su quel lettino d’ospedale, con il camice arancione, persone che la guardano dalla finestra a vetri, specialmente il volto pallido rigato di lacrime della sua collega; oh sì, lo so che ci tiene è inutile che me lo nasconda. Io so tutto. L’ago con il liquido mortale, una semplice iniezione e tutto che diventa buio. Se lo immagina signor Jane? Oh, Patrick ho così tanta voglia di incontrarla. E le faccio una promessa: ci vedremo molto presto. Oh, non si preoccupi per la signorina Lisbon, non le farò del male. Il mio obiettivo, come le ripeto, è sempre e soltanto lei. Questa è la nostra ultima partita signor Jane. O lei o io questa volta.

A presto.

Red John’

 

Io e i miei colleghi ci guardammo. Eravamo tutti e tre stupidi e preoccupati. Almeno una cosa era certa: questa era la nostra ultima possibilità di catturare John il Rosso. Lisbon cercò di riprendere la sua consueta calma, mentre il volto di Jane era una maschera di rabbia repressa. L’evento avvenuto pochi mesi prima era ancora impresso nella mente di tutti. Un uomo si era spacciato per John il Rosso e Jane era andato ad incontrarlo da solo. Questo gli aveva fornito dettagli sulla morte della moglie e della figlia e Jane aveva mantenuto la sua promessa, lo aveva ucciso. Era stato scarcerato pochi giorni dopo solo grazie alla fedina penale della vittima che era in realtà un noto assassino sparito un anno prima dalla circolazione, perché gravemente malato. Adesso però l’incubo si stava ripetendo. John che lanciava una sfida a Jane e, a quanto pare, l’ultima.

-Capo che cosa facciamo?- domandai.

-Niente. Informeremo i ragazzi domani mattina.- rispose lei con tono autoritario.

-Cosa? Hai sentito quello che ha detto? Dobbiamo mettere casa tua sotto sorveglianza e qualcuno deve sempre stare con te.- ribattè energico il nostro consulente, visibilmente preoccupato.

-Hai visto cosa ha scritto: non mi farà del male. Lui vuole te. È sempre stato così, lui vuole solo giocare con te.- cercò di spiegarsi il nostro capo.

-Anche con Kristina è stato così. Ti porterà via.-

-No, invece. Kristina lo ha provocato. Ha parlato di lui in tv come avevi fatto tu.-

-Lui sa che ci tengo a te. Se vuole davvero fare la sua ultima mossa con me allora prenderà te di mira.-

-Non è detto.- interruppi io, che nel frattempo avevo riletto il messaggio -Qui dice che lui sa tutto. E se si riferisse a qualcos’altro? Qualcosa che ci sfugge?-

Mi guardarono come se fossi impazzita, eppure sentivo di avere ragione in un qualche modo. Lisbon sospirò.

-Sentite, per stasera non succederà comunque niente. Quindi perché non torniamo a casa? Domani mattina ci riuniremo e parleremo dell’accaduto. Adesso siamo tutti stanchi e demoralizzati, non possiamo fare niente. Grace, mandalo comunque alla scientifica, magari riesce a stabilire da dove è stato mandato.- mi ordinò.

-Va bene, capo.- e così feci.

Quella sera uscimmo tutti e tre muti e silenziosi dagli uffici, senza dirci una parola, senza salutarci. Come un messaggio può rovinare la serata più tranquilla e normale.

 

POV. LISBON

 

I’ll find you somewhere

I’ll keep on trying

Until my dying day

I just need to know

Whatever has happened

The truth will free my soul

 

La sveglia sul comodino suonò incessante, insistente. Di malavoglia allungai il braccio e la spensi. Come uno zombie mi trascinai in bagno e mi feci una doccia fredda per svegliarmi del tutto. Il messaggio della sera precedente mi era turbinato in testa per tutta la notte, anche nei miei sogni era sbucato fuori. Era una strana sensazione addosso: viscina e appiccicosa. Avevo un brutto presentimento. Con il fatto che John il Rosso aveva detto che era la sua ultima mossa temevo che potesse tirare qualche tranello a Jane e che lui, ancora colmo di rabbia e vendetta contro il serial killer che aveva ucciso la sua famiglia, potesse lasciarsi trasportare troppo da mettersi nei guai. La cosa che mi faceva pensare di più era che potesse non volersi far aiutare da me, non questa volta, non dopo che John il Rosso aveva chiaramente detto di sapere cosa poteva esserci tra noi e che avrebbe potuto farmi/farci soffrire. Più velocemente di quanto mi aspettassi entrai in macchina e sfrecciai sulle calde strade californiane diretta al mio ufficio. Van Pelt, come prevedibile, era già al lavoro. Probabilmente ancora scossa per ieri sera. Cho arrivò in quel momento e Wayne ero quasi sicura di averlo visto parcheggiare mentre io prendevo l’ascensore. L’unico che mancava all’appello era proprio Jane. ‘Non è che ha intenzione di tirarmi qualche tiro mancino proprio adesso, vero?’

-Ragazzi, vi devo parlare.- dissi.

Tutti quanti ci radunammo al tavolo dove di solito discutevamo dei casi. Poco prima che iniziassi entrò Jane.

-Buongiorno.- ci salutò.

Nessun sorriso, nessuna battuta fuori posto, nessun comportamento da pazzo… questo era decisamente preoccupante. Aspettai che si sedesse e presi un bel respiro.

-Ieri sera John il Rosso ci ha mandato una mail. A quanto pare ha intenzione di fare la sua ultima mossa. Come prevedibile ha provocato Jane e ha fatto capire chiaro e tondo che ci conosce molto bene. Non ha specificato niente, ma ritengo sia opportuno tenere gli occhi aperti sui prossimi casi. Sono stata abbastanza chiara?-

-Chiarissimo capo.- mi rispose con tono serio e sicuro Cho.

-E per quanto riguarda la tua protezione?- domandò Jane, ancora teso riguardo a quest’argomento. Mi mossi sulla sedia, a disagio.

-Per il momento ritengo si possa procedere come al solito. In caso ci siano segnali che possano far pensare ad un intervento attivo di John il Rosso ci riorganizzeremo.- risposi io, cercando di nascondere il mio animo tormentato.

-E’ troppo rischioso.- brontolò Jane. Prevedibile.

-Jane, non possiamo proteggere tutti quelli che John il Rosso ha nominato. Sarebbe impossibile.- lo sgridai, senza essere severa. Sapevo quanto doveva essere dura per lui, specialmente dopo aver scoperto che l’uomo ucciso non era John.

-Jane ha ragione capo. Se John il Rosso ti prende di mira siamo nei guai.- ecco Cho che si metteva dalla parte di Jane. Dovevo cedere.

-Okay, il punto è che non posso chiedervi di pattugliare casa mia a tempo indefinito.-

-Perché non vieni a stare da me? È piccolo, ma almeno saremo in due.- propose Grace. Oh, piccola Grace. ‘Fortuna che esisti anche tu.’ Sospirai.

-Okay, andrò a stare a casa di Grace. Ma per il momento concentriamoci sui prossimi casi.-

Fu allora che sentii qualcuno chiamarmi.

-Agente Lisbon.- la Hightower. Tempismo perfetto. –Avete un caso.-

-Dove capo?- domandai io balzando in piedi.

La nostra nuova direttrice sapeva come farsi ubbidire, questo era sicuro.

-Al Rosemary Children’s Services, 3244 East Green Street, Los Angeles.- rispose questa prima di tornare sui suoi passi.

-Un orfanotrofio. Che può c’entrare un orfanotrofio con John il Rosso?- domandò Rigsby.

-Non ne ho la più pallida idea.- risposi, sincera.

-Perché non andiamo a scoprirlo?- propose il nostro consulente, mostrandosi un suo sorriso raggiante. Ma io sapevo che in realtà era solo una copertura. Mentalmente gli sorrisi e lo seguii insieme agli altri.

 

L’orfanotrofio era una lunga struttura a due piani in pietra massiccia marrone scuro, il tetto spiovente invece era di un verde scuro alquanto tetro; l’unica cosa viva in quel posto erano le finestre bianche e il giardino circostante di un bel verde brillante. L’interno era enorme, riempito con mobili di legno antichi, divani in pelle e immensi tappeti. Ma tutto aveva quell’aspetto lugubre che ci si aspetta entrando in posti come quello. La felicità sembrava essere scappata da un bel po’ di tempo da quel posto. Mandai Cho ad informarsi sull’accaduto, Van Pelt dalla scientifica e Rigsby ad indagare sulla scena del crimine; io e Jane andammo a vedere il corpo. Era una ragazza, probabilmente sui quindici/sedici anni, indossava un paio di pantaloni di pelle nera, una camicetta bianca e azzurra e delle scarpe rosse. Supina sul pavimento, il braccio destro leggermente all’infuori, gli occhi socchiusi lasciavano intravedere le iridi verde smeraldo. I capelli riordinati erano di un colore blu scuro sopra e violetto scuro verso le punte. Jane iniziò a girare attorno alla ragazza. In quel momento a distrarmi dai miei pensieri arrivò Cho.

-La vittima è Sharon Smith, sedici anni. Era qui da quattordici anni, i genitori sono morti in un incidente anni fa. A quanto pare non aveva nemici.- freddo e pacato come sempre. Annuii.

-Oh, io invece ritengo che se anche non aveva nemici questa ragazza non andasse molto a genio agli altri.- ribattè Jane, in ginocchio di fianco alla vittima.

-Da cosa lo deduci?- gli chiesi in tono non molto convinto.

-Guardala. Seppur orfana era vestita in modo molto elegante, questo vuol dire che i suoi genitori dovevano essere molto ricchi. Sappiamo che in questi posti, le persone molto ricche sanno avere una certa influenza. Quindi: i suoi genitori sono morti, lei è venuta a stare qui, l’orfanotrofio ha messo le mani sulla sua fortuna e molto probabilmente questo ha fatto sì che lei venisse trattata in modo speciale, magari condonandole alcune cose, sì insomma… cose per cui  gli altri sarebbero stati puniti se le avessero fatte. Questo fa di lei una delle ragazze più ammirate e più seguite, ma anche una delle più odiate se non si approva il suo stile di vita.-

-Quindi ritieni che l’assassino sia qualcuno che ce l’avesse con lei perché se la tirava?- domandai io scettica.

-Esattamente. Probabilmente una ragazza, anche se non possiamo escludere che sia stato un ragazzo. Magari rifiutato dalla stessa vittima.- rispose.

-Va bene. Per il momento seguiamo la procedura. Van Pelt, scoperto come è stata uccisa?-

-Un colpo alla nuca e un colpo diritto alla schiena. Secondo la scientifica il killer le ha rimesso i capelli a posto dopo averla uccisa.- rispose la rossa.

-Meticoloso. Ma perché?- sentii bisbigliare tra sé e sé il mio consulente.

Aspettai che gli altri se ne andassero per fronteggiarlo.

-Jane, adesso piantala! Non voglio nessun ma.- lo sgridai prima che potesse aprir bocca –Non siamo certi che sia opera di John, qui il suo marchio non c’è! Perciò smettila di farti paranoie, è un caso come un altro. Sono stata abbastanza chiara?-

-Agli ordini mon capitan!-

Quanta voglia di tirargli un pugno sul naso.

 

POV. JANE

 

Never stop hoping

Need to know where you are

But one thing’s for sure

You’re always in my heart

 

Mentre tornavamo a casa quella sensazione che avevo dalla mattina non si era dissolta. Era come se in torno al mio cuore mi si fosse rappresa una spessa crosta di ghiaccio, ed il mio carattere probabilmente era altrettanto freddo. Potevo vederlo da come gli altri mi parlavano stando attenti, al fatto che mi lasciassero più spazio del solito… anche Lisbon non si era presa gioco delle mie teorie come suo solito. ‘Ah, Lisbon Lisbon, come potrei mai fare io senza di te?’ Per tutta la durata del viaggio non parlai. Non una parola uscì dalla mia bocca per il resto della giornata. Quella lettera mi ronzava intesta come il motivetto che mi aveva recitato Red John un anno prima ‘Tigre tigre…’. Ripresi possesso di me quella sera a cena insieme agli altri, in fin dei conti non avevamo ancora festeggiato la chiusura del caso precedente. Grace e Wayne stavano ballando, Lisbon stava parlando con qualcuno vicino al bancone e io e Cho eravamo gli unici rimasti al tavolo.

-Ehi Jane, tutto bene?- chiese freddo. Sorrisi al pensiero di non essere l’unico glaciale lì dentro.

-Sì, tutto bene. Lisbon ha ragione, questo caso non c’entra niente con Red John, mi sono lasciato trascinare. Come sempre…-

Il coreano mi guardava impassibile, eppure riuscivo a sentire la sua pena per me trasparire dai suoi occhi e scivolarmi addosso.

-Eccomi!- annunciò la voce cristallina del mio capo.

La guardai. Conscio di guardarla in modo diverso. Era stupenda. Anche lei doveva aver notato qualcosa di diverso, perché lo sguardo e il sorriso che mi rivolse erano più sinceri del solito; era la Lisbon che da anni avevo cercato di tirar fuori da quel guscio del suo ufficio per trascinarla con me.

-Jane, tutto bene?- mi chiese anche lei.

Sorrisi divertito per il deja vu appena rivissuto.

-Ti va di ballare?- le domandai io di rimando.

Mi alzai in piedi e le porsi la mano. Per una volta sostituii il mio sorriso da sbruffone in uno più sincero, più autentico. Per un attimo rimase a guardarmi, stupida dalla richiesta e dalla mai mancata risposta. Ma quando mi riguardò fu come se una fiammella avesse preso ad ardere al centro del mio cuore.

-D’accordo Jane.- rispose, quasi fosse una sfida.

E i suoi occhi lo lasciavano intendere chiaramente. Le sorrisi furbo e, mano nella mano, la condussi sulla pista da ballo. Feci passare il mio braccio sinistro sulla sua vita, mentre con la mano destra stringevo delicatamente la sua. Mi posò la mano libera sul braccio, finchè ci ritrovammo non so esattamente come, talmente vicini da toccarci. La mia dama si sciolse a quel ritmo lento e si lasciò cullare dal nostro movimento leggero. Le permisi di appoggiare la testa contro la mia spalla e io potei sentire il battere leggero e cadenzato del suo cuore sereno e tranquillo. Una pace improvvisa mi colse, avrei potuto essere in paradiso. Quando la musica terminò e lei sollevò la testa, fu come se si fosse portata via un pezzo di me; e ne ero felice.

-Non sei male a ballare.- mi disse sorridendo.

-Ti ringrazio.- la gurdai in quei pozzi verdi, che adoravo tanto –Rimani per il prossimo?- il suo sguardo sembrava incantato, ma non ne ero certo.

-Okay.- la sua voce bassa mi fece scorrere un brivido lungo la schiena. Dovevo stare attento a controllarmi.

-Jane, sei sicuro di voler seguire questo caso?- mi sentii chiedere di punto in bianco.

-Sì, perché?- feci io.

-Beh, quel posto così tetro. Quei ragazzi avranno circa l’età che dovrebbe avere tua figlia… sai, non vorrei che stessi male. Tutto qua.- il suo sguardo preoccupato mi fece sorridere.

-Ti ringrazio Lisbon. Grazie che ti preoccupi sempre per me. Non è un problema, sta tranquilla. Non mi lascerò condizionare.-

Poi fu il mio turno.

-E tu? Non vorresti avere un figlio?- le domandai a bruciapelo.

Lei mi guardò allibita e scioccata.

-Non lo so. Non c’ho mai pensato.- fece infine, riappoggiando la testa contro di me.

-Bugiarda.- le dissi sornione.

-E va bene. C’ho pensato, ma sai prima d’avere un figlio bisognerebbe avere un uomo ed io non ho tempo per permettermene uno.- rispose iniziando ad alterarsi.

-Se è quello il problema non credo sia poi così difficile risolverlo. Ce ne sono di uomini che cadrebbero ai tuoi piedi, ti basterebbe solo lasciarti un po’ più andare.- feci io tranquillo. Lei mi guardò sempre più meravigliata.

-E tu che ne sai?-

-Io so tutto.-

-Ma sta zitto!-

-Non posso stare zitto. Tu adori quando ti provoco.- arrossì violentemente, mi stavo divertendo da morire.

-Piantala Jane. Oppure ti… -

-Non puoi spararmi, non hai la pistola qui con te. L’hai lasciata al tavolo.- la interruppi io.

-Posso sempre darti un pugno.- concluse lei.

-Ma perché vuoi darmi un pugno? È la verità!-

-Jane, stai oltrepassando il limite.- mi avvisò.

Era già più rossa del suo vestito. Una tentazione a cui non potevo resistere. Mi avvicinai di più al suo viso, cercò di indietreggiare ma le mie mani sulla sua vita non glielo permisero.

-E se dovessi oltrepassarlo Lisbon? Cosa faresti?-

La mia voce bassa e suadente, non avevano niente di scherzoso. Non stavo scherzando. E lei lo sapeva. I suoi occhi si velarono improvvisamente. Sapevo quello che stava pensando, quello che stava provando… ma doveva decidere lei. D’impulso mi gettò le braccia al collo, stringendosi spasmodicamente a me. Io ricambiai quell’abbraccio improvviso e di cui sentivo d’aver bisogno. Era da tempo che nessuno mi abbracciava così. Inspirai il profumo del suo shampoo alla fragola.

-Te lo prometto Patrick: io non smetterò di sperare, ho bisogno di sapere dove sei.-

La strinsi ancora di più.

-Teresa, adesso come adesso sono talmente preso che non riuscirei a darti quello che cerchi, non sarei l’uomo con cui vorresti passare il resto delle tue giornate; ma di una cosa sono sicuro: tu sei sempre nel mio cuore.-

La stretta che mi diede era una conferma, aveva capito. Avevamo bisogno l’uno dell’altra ma adesso era impossibile. Con John che minacciava me e lei di morte non potevamo rischiare, non potevo permettere che mi portasse via l’unica cosa che mi era rimasta. Chi se ne importava se gli altri ci avevano visti. Eravamo solo noi.

Cuorioso come quella sera fosse iniziata in modo talmente statico, per poi finire in mezzo al fuoco, in un turbinio di fiamme e scintille.

 

  
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