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Autore: piper3snape    21/09/2011    0 recensioni
Il solito Liceo.
Festa di fine anno, dopo la maturità.
Lei, bella, un pò svampita, "international".
Lui, trentacinquenne, un pò freddo, "milanese ma romano".
Nascerà un rapporto duraturo oppure ognuno dei due ruberà qualcosa all'altro, solo per una notte?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Chiudi gli occhi!".
"Capirà, è già tutto buio!", risponde lei sorridendo.
"Chiudili lo stesso. Fa più effetto!".
"Ok", dice lei accondiscendente.
Lui apre una porta, il rumore è chiaro.
Ma lei non riesce a resistere e tenta di aprire leggermente gli occhi, di sbirciare. La curiosità è troppa.
"Ah ah! Allora non mi posso fidare, signorina", fa lui con aria severa, come un prof che richiama la sua allieva irrequieta.
"Eh va bene...". Dice poco prima di mettere la mano nella tasca dei suoi pantaloni e cacciare prontamente un fazzoletto di stoffa.
"...Mettiamo questo allora!".
Lo dispiega accuratamente e lo posiziona proprio davanti agli occhi di Vittoria.
Lei sembra protestare, si scuote un pò sul posto, ma poi cede, divertita.

"Continua! Qualche altro passo. Dai che ci sei quasi!".
"Ommioddio, ma dove mi sta portando?". Domanda lei, impaziente.
Passa qualche secondo. Vittoria sente dei rumori confusi, distanti.
"Prof?".
Silenzio.
"Prof? Prof, dove è finito?".
Ancora niente.
Mette le mani avanti, cercando di tastare qualcosa nelle vicinanze. Non trova niente.
"Prooof! Guardi che sto per togliere la benda eh!".
Fa qualche passo, continuando a non vedere, ma distingue chiaramente il rumore delle assi di legno sotto i suoi piedi.
Sorride tra sè, per l'assurdità di quella situazione.
"Ma dove mi ha...?". Quasi sussura poco prima far scrivolare via il fazzoletto dai suoi occhi.
"...portata".

(Suono dei riflettori che si accendono).
Non appena apre gli occhi, un intenso fascio di luce, proveniente da due seguipersona di fronte a lei, si proietta sulla sua figura.
Ci mette un pò prima di abituarsi e mettere a fuoco l'ambiente in cui si trova.
Distingue, nel buio, delle poltroncine. Una platea.
Alza un po' lo sguardo e intravede i palchetti, in galleria.
Ma è tutto così scuro, confuso.
E decide di guardare dove è possibile, entro i contorni disegnati dalla luce.
Ai lati, vede un lungo tessuto rosso che scende elegante e imponente dal soffitto.
E' su un palco, quello le sembra chiaro.
"Ma dove...?".
Un lampo interrompe i suoi pensieri.
"Il teatro San Nicola, sulla strada parallela a quella del Liceo!".
Si guarda ancora un attimo intorno, per cercare conferma a quella sua esclamazione.
"Beh si, deve essere per forza quello. Ma è aperto, a quest'ora? Forse no, forse non si può stare qui. E se arrivasse qualcuno?".
E mentre queste domande affollano la sua mente, una voce forte d'improvviso la fa sobbalzare : "Vittoria!".
"Prof! Ommioddio, mi ha spaventata! Ma...dov'è?".
Per tutta risposta, la luce di uno dei seguipersona si sposta dalla figura della ragazza verso destra, verso il fondale.
Solo allora Vittoria nota uno scintillante pianoforte Bechstein.
"Un pianoforte? Cos'ha in mente, prof?". Domanda Vittoria sorridendo, divertita.
"A Barcellona mi dicesti che sai suonarlo. E' un'ottima occasione per dimostrarlo".
"Si, ma...qui non c'è nessuno!". Risponde lei perplessa.
"Il teatro è fatto da un attore e uno spettatore. Di che altro abbiamo bisogno?".
"Almeno si faccia vedere!".
"Tu inizia".

Vittoria si dirige verso destra, sorridendo.
"Questa situazione è assurda!", pensa, ma non vuole affatto andare via.
Vuole suonare quel piano. Vuole cantare
Così si avvicina al fondale, si siede su quello sgabello e fa un respiro profondo.
"Vai!", dice fra sè e sè. Poggia le dita sui tasti e parte.
Qualche nota e anche lui riconosce quella famosa canzone.

"Don't tell me not to live,
Just sit and putter,
Life's candy and the sun's
A ball of butter.
Don't bring around a cloud
To rain on my parade"

Lei è subito presa dalla musica, e non si accorge che lui sta scendendo dalla sua postazione, da dove pilotava le luci.
Si muove nella penombra, guardando il palco illuminato.
Guardando lei. Rapito.
E quasi come nelle favole, Filippo si avvicina sempre di più alla creatura che possiede quella splendida voce, alla bella Aurora.
Passa silenziosamente dietro le quinte e si trova proprio dietro di lei, dietro al pianoforte.
Le sfiora delicatamente la spalla.
Vittoria si volta, lo guarda, sorride.
Un cenno d'intesa e lei si sposta piano, mentre lui prende posto sullo sgabello, alla sua sinistra.
E iniziano a suonare. Insieme.

"I'll march my band out,
I'll beat my drum,
And if I'm fanned out,
Your turn at bat, sir.
At least I didn't fake it.
Hat, sir, I guess I didn't make it!
But whether I'm the rose
Of sheer perfection,
Or freckle on the nose
Of life's complexion,
The cinder or the shiny apple of its eye"

Le note, i sorrisi, le dita che ballano sul piano, la voce di Vittoria e i loro sguardi che si intrecciano, creano ben presto un'atmosfera suggestiva, insolita, quasi surreale. Fuori dal mondo.
Ad un tratto, senza usare parole, lui le indica il centro del palco e le poggia una mano sulla schiena, facendo una leggera pressione.
Lei capisce e, con le stesse ampie movenze di attrici che tante volte ha visto esibirsi in teatri come quello o alla tv, si posiziona sulla stellina che segna esattamente il punto centrale del parco, poco più indietro di un microfono.
E, come in un musical, continua a cantare, prendendo i tempi della canzone a colpi di capelli e agitando, di tanto in tanto, l'asta del microfono.

"I gotta fly once,
I gotta try once,
Only can die once, right, sir?
Ooh, life is juicy,
Juicy, and you'll see
I'm gonna have my bite, sir!
Get ready for me, love,
'Cause I'm a "comer,"
I simply gotta march,
My heart's a drummer.
Nobody, no, nobody
Is gonna rain on my parade!"

Finisce. Guardando davanti a lei, nel vuoto. Come se non lo fosse.
Lui si alza in piedi sorridente e, dirigendosi verso di lei, batte tre volte le mani, lentamente.
"Che sai cantare ho potuto notarlo in diverse occasioni, ma non ricordavo che lo facessi così bene".
Si gira verso la platea e a voce alta, come se davvero ci fossero centinai di spettatori, dice : "Ed ecco a voi Broadway, signore e signori!".
 

  
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