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Autore: thewhitelady    21/09/2011    3 recensioni
1993-2009
Come deve essere vivere la storia degli Oasis e della scena rock britannica dagli anni 90' ad oggi? Cassandra Walsh è forse l'unica persona al mondo a saperlo. In più in tutto il caos della sua vita di sex, drugs, and rock n roll sa solo una cosa, che a volte il posto migliore da cui godersi un concerto è da dietro il palco.
Per chi ama gli Oasis e quei due pazzi fratelli, ma anche solo per chi ha sentito una volta nella vita Wonderwall o Don't Look Back In Anger e vuole scoprire chi sono Liam e Noel Gallagher. Per chi ha nostalgia dell'atmosfera degli anni '90, e chi neppure l'ha vissuta davvero. Per chi ama gli aneddoti del rock e della musica. Una canzone per ogni capitolo. Cheers!!
Gruppi/Artisti che compariranno: Oasis, Blur, Pulp, Red Hot Chili Peppers, Radiohead, Kasabian, Paul Weller, The Stone Roses, The Smiths, Travis, Arctic Monkeys (un po' tutti)
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Gallagher, Noel Gallagher, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I'm a chipper son of a bitch
I'm a chipper son of a bitch
I'm a chipper son of a bitch
 
Aprii gli occhi e venni investita da un'esplosione di luce accecante.
- Mike! Spegni quelle cazzo di luci! -
- Cass, sto facendo il mio lavoro! Tu pensa al tuo e non rompere le palle -.
Imprecai per l'ennesima volta conto quel maledetto tecnico, se continuava a puntari addosso quegli stupidi fari prima o poi avrei pensato di star per avere un incontro ravvicinato con il Padreterno. E prima o pi avri staccato la testa a quel dannato bastardo.
Mi dovevo calmare, forse era il jet leg, anche se ormai erano due giorni che ci tovavamo a Seattle e mi sarei dovuta abituare, probabilmente ero ancora scombussolata dalla settimana in Giappone - non schezano mica quando dicono che il saké é potente, e sfidarsi a chi ne beve di più in un karaoke bar non é esattamente la cosa migliore da fare, fidatevi -. Mal di testa dovuti a sbronze con alcolici orientali a parte, la vita continuava a scorrere, e pure dannatamente bene per una volta. Mi fermai un attimo a fissare dal palco il locale, non era grandissimo, ma i posti dove stavamo suonando stavano ingigantendo assieme alla fama dgli Oasis. Ripresi le mie mansioni.
Mi bloccai davanti alla porta, in ascolto. Sentivo le voci dall'accento cosi' estraneo e per me cosi' fastidioso degli americani, ancora non mi ci ero abituata. Sapevo che stava pensando, in quel periodo lo stava facendo spesso - sul tour bus, alle prove, mentre accordava gli strumenti - e ogni tanto desideravo ardentemente sapere che gli frullasse in testa. Ma non era facile, per nulla.
Feci irruzione nella stanza d'albergo con la grazia dell'A-Team al completo, la porta che ando' a sbattere contro il muro lasciandolo di sicuro segnato. Saltai direttamente sul letto matrimoniale, mentre mi lasciavo cadere rovinosamente sul materasso, vidi il terrore comparire sul volto di Noel che credeva l'avrei travolto, per sua fortuna pero' ero piu' atletica - espressione scettica di Audrey, che, tra parentesi, s'era opposta anche all'irruzione nella stanza - di quanto non sembrassi.
- Tu sei una cazzo di pazza -
- Te ne stai qua a guardare stupidi programmi yankee, dovevo far qualcosa per movimentare la serata - gli sorrisi, lui che mi guardava apposta truce. Alzai entrambe le mani, che reggevano ognuna il collo di una bottiglia. - Per questo ho l'onore di presentarti i miei amici Jack Daniel's e Johnny Walker -. Buttai lì un altro sorrisone da televenditore. Noel non faticò a socializzare con i nuovi arrivati e da buon irlandese prese subito un paio di lunghe sorsate. Un rivolo di liquido ambrato gli colò giù dal mento andandogli a macchiare la maglia - altro reperto anni '80 davvero tremendo -.
- Che cazzo di ubriacone che sei! - esclamai io lasciandomi sprofondare nel guanciale di piume d'oca. Lui guardandomi dall'alto mi concesse il primo vero sorriso.
- Qualcuno mi ha chiamato? -
M'alzai di scatto sui gomiti e vidi Ourkid che si affacciava sulla soglia della porta. noel diede un'occhiata di disappunto al fratello e una storta a me. Qualcuno aveva proprio la luna storta stasera!
- Sei stata tu a dirgli di venire? - domandò ignorando bellamente Liam che intanto s'era seduto a gambe incrociate sul bordo del letto. Stavo per ribattergli ma il fratellino mi precedette: - Non ho bisogno di nessuno per andare dove cazzo mi pare e piace - biascicò con una smorfia, e poi rubò di mano a Noel la bottiglia di Jack Daniel's nonostante l'altra stesse di fianco a me priva di proprietario.
Ormai ero abituata a quei piccoli battibecchi, ma non avevo alcuna voglia di assistervi quella sera: le cose stavano andando, in generale, toppo bene perché fossero rovinate da un occhio nero o peggio ancora un polso rotto.
Mi chinai sulla spalla di Noel. - Dai, non vedi che è completamente stonato? - gli strinsi il braccio leggermente - chissà che s'é sniffato prima con Bonehead -.
- É da quando siamo arrivati in America che non fa che creare problemi... L'hai sentito pure tu che non voleva cantare davanti ai fottuti Yankee! -
Su questo non potevo dargli torto, Ourkid aveva la passioe per cercare di complicare le cose. Mi limitai a fissarlo, Noel, in una muta richiesta, intanto Liam rimaneva sempre attaccato alla bottiglia, con la variante però che stava girando per l'intera stanza, come un'anima in pena. The Chief fece una smorfia che significava il suo assenso. - Però se s'addormenta, come l'altra volta, lo riporti tu in stanza! -
- Agli ordini - ribattei io impettita, tornando a sdraiarmi. E anche per quella sera il disastro era scampato...
 
Neanche un'ora dopo, quando ormai i dissapori erano stati per bene smussati dall'azione lenitiva dell'alchol, ci trovavamo allegramente a discutere tutti e tre sul letto. Ovviamente, Liam con la sua esuberante presenza fisica ne occupava - non chiedetemi come - più della metà e se ne stava tranquillamente sdraiato sopra di me di traverso, compromettendo parte di miei organi interni, e con un piede ad un centimetro dal naso di The Chief, che - grazie Jack Daniel's - sopportava però stoicamente.
Arrivò una pausa di silenzio. - Liam, che devo fare per convincerti a scendere dal mio pancreas? - chiesi retoricamente, lui al contrario però parve pensarci seriamente, con tutta la concentrazione che riusciva a racimolare - che era ben poca, considerndo il deficit d'attenzione di cui parva soffrire già da sobrio -.
- Una scommessa! - esordì infine.
Sbuffai.
- Lo sai che amo scommettere -
Purtroppo lo sapevo: era stato lui ad avviare la sfida con i giapponesi del karaoke bar. - Qualunque cosa per il mio pancreas - feci esasperata, gettai un'occhiata di leto, Noel se la stava ridendo sotto i baffi mentre sorseggiava ciò che rimaneva del Johnny Walker.
Finalmente Liam s'alzò ed io fui libera, si mise al centro della stanza e con aria compita, da vero arbitro, spiegò le condizioni. - Se vinco io - fece una pausa che nel suo intento doveva forse esser di suspence - tu vieni a letto con me -.
Gli scoppiai a ridere in faccia, la fantasia di Ourkid era davvero limitata. Lui però non batté ciglio; Noel si tirò su meglio a sedere contro lo schienale del letto e mise giù l'alcolico.
- Se perdo invece, rimango tutta la sera sul pavimento -
- Che tipo di scommessa facciamo? -
Liam aveva la sua aria spavalda - Scegli pure tu -.
Audrey nella mia testa scoppiò in una risata davvero malvagia - ma davvero malvagia, sui livelli di Mister X de "L'Uomo Tigre", per intenderci -. La mossa di Liam era stata davvero sconsiderata: far scegliere a me.
Dalla tasca posteriore dei jeans tirai fuori il portafoglio e intanto iniziai a spiegare - Farò scorrere radente il muro una moneta da due sterline, se riuscirai a bloccarla con la fronte prima che cada a terra vinci, in caso contrario prepara il tuo culo a passare una scomoda serata -, dissi perfida rigirandomi tra le dita l moneta.
Salii in piedi su di una sedia e misi le due sterline accanto alla parete, Liam mi fece cenno d'essere pronto. Le lasciai precipitare. E quella che seguì fu la più epica testata di tutti i tempi, il rumore dovevano averlo sentito fin giù alla reception. Neanche a dirlo la mia moneta era rotola placidamente sulla moquette, lasciando Liam con un pugno di mosche. Guardai Ourkid, che era ancora incredulo, solo vagamente proccupata che avesse riportato un trauma cranico e che nei giorni seguenti non potesse più cantare, ma sembrava stare bene, tanto che dopo un secondo di smarrimento esclamò: - Dammi la rivincita! Voglio riprovare, un'altra scommessa -.
Se avessimo giocato a soldi l'avrei reso povero in mezz'ora, ma dato che ero magnanima quella sera scelsi qualcosa di meno venale. - Se vinco riprendi a scrivere canzoni -, Liam s'era completamente disinteressato alla scrittura da quando era arrivato Noel, che intanto appariva sempre più interessato alla sfida, - se perdo, come prima: vengo a letto con te. Ok? -
- Va bene. Fa cadere la moneta -.
Due minuti dopo me ne stavo pacificamente stradiata sul matrimoniale senza nessuno addosso, ad osservare Liam che si tamponava un taglio sulla fronte. Moneta 2, Ourkid 0.
- Allora - dissi ostentando un tono altezzoso - quando pensi di iniziare? -
Lui sbuffò, infastidito oltre che dall'aver perso pure dallo sgignazzare del fratello.   - Dovrei forse scrivere una canzone su di te? Dato che ho perso la scommessa -
- Se è ciò che preferisci, anche se sono lontana dal desiderare d'essere lodata dai versi di Liam Gallagher - commentai in uno sbadiglio.
- É difficile scrivere canzoni d'amore -
All'improvviso scoppiai a ridere. - che c'entrano ora le canzoni d'amore? -
Ourkid sollevò le sopracciglia, come un bambino curioso, - Preferisci che ti dedichi una canzone d'odio -
Mi tirai su a sedere, e lo guardai - È stupido dedicare una canzone d'amore a una persona, è la cosa più senza senso e banale che si possa fare -, scossi la testa scetticamente lapidaria.
- E allora che mi dici di Something? -, a parlare era stato Noel. - Oppure di This Guy's In Love With You? Di quelle canzoni hai praticamente consumato il disco -
Feci una risata nervosa, sentivo come la mia affermazione di prima si stesse sgretolando. Cercai di evitare la domanda Noel. - Stiamo parlando di Bacharach e Harrison, dubito che Ourkid sia a quei livelli -. Liam fece una faccia offesa, l'alchol lo rendeva ancora più permaloso.
The Chief però era ancora abbastanza lucido per riconoscere una delle mie solite manovre evasive. - Non hai risposto a ciò che ho chiesto. Tutte le canzoni d'amore sono banali secondo te? -
Lo fissai un momento, pensai, rividi tutta la mia vita in un secondo. - Tutte quelle che sono state scritte pensando ad una persona in particolare, si salvano solo quelle sull'amore universale. É stupido dedicare ad una persona la rappresentazione di un qualcosa che o é destinato a svanire o che magari non è mai neppure esistito -. Non avrei avuto l'arroganza di sostenere che quanto avevo appena detto era la verità assoluta e inattaccabile - a quei tempi i miei deliri d'onniptenza erano ancora abbastanza limitati -, però sapevo bene quanto valesse per me. Non volevo che Liam mi dedicasse una canzone su di un sentimento inesistente.
Ma tanto Ourkid non pareva più tanto preso dalla questione, e osservava con spiccato interesse i motivi geometrici della moquette. Noel al contrario mi osservava particolarmente affascinato, lo sguardo reso liquido dal Jack Daniel's.
- E allora qual è la soluzione? -
- Che soluzione? -
- Come si può dedicare una canzone ad una persona? -
Avrei voluto dirgli che la "canzone d'odio" nominata da Ourkid non era infondo un pessimo escamotage, ma sapevo non avrebbe accettato una tale risposta: l'alchol lo rendeva più affabile, certo non meno testardo.
- Mettendo quella persona in quella canzone -
The Chief fece un ghigno - Penso vada contro qualche legge della fisica -. Postilla: l'alchol influiva anche sul suo senso dell'umurismo.
- Intendo la sua essenza - soggiunsi io però, senza badargli.
Noel mandò giù l'ultima goccia di liquore, gli occhi in alto a fissare il soffitto, quando li riabbassò su di me, con sguardo obliquo che aveva un non so che di strano e pure vagamente...inquietante.
- In effetti, hai ragione - borbottò, con un tono scuro che non era il suo solito da ubriaco, che di solito saliva di un paio d'ottave, dandogli la voce di una quattordicenne - non penso che in questo momento agli Oasis serva un pezzo che parla di ossessione, di frustrazione o che altro... -. All'improvviso puntò un dito contro Liam che tirò subito su la testa, fiutando aria di tempesta. - E tu, cazzo non pensavo d'ammetterlo, avevi ragione quel giorno alle prove. Quando tirai quel cazzotto a quel coglione di McCarroll. Avevi fottutamente ragione: non ho neppure il coraggio di sbattermela! - esclamò buttando indietro la testa in una risata sguaiata, che gli si spense lentamente infondo alla gola.
Intanto io ero rimasta pietrificata a guardare Ourkid, cercando di capire se ciò di cui parlava suo fratello fosse vero. Lui però mi riservò solo una veloce occhiata e riprese ad osservare in basso qualcosa, che da dov'ero io non potevo scorgere. Quando infine trovai il sangue freddo - costretta da Audrey - a voltarmi, Noel era caduto in un sonno profondo, probabilmente senza neppure più avere memoria di ciò che aveva sputato fuori un minuto prima. Per un paio di secondi mi sentti un'idiota, lì, seduta sul letto, con accanto un tizio che russava - bocca semiaperta con tanto di rivolo di bavetta -, e il fratello del tizio che pareva perso in un mondo suo. Non riuscivo neppure a pensare a che cosa potessi far per uscire da quella situazione. Poi decisi. M'allungai di scatto sul materasso e allungango le braccia giù dai piedi del letto afferrai per un polso Liam, bloccandolo. Ora avrei visto che diamine stava combinando la testa calda...
- Cazzo fai?! - gli latrai in faccia quando vidi cosa aveva tra le mani - Dammela e non toccare mai più il mio portafoglio! - continuai in un basso ringhio, ma Ourkid opponeva resistenza, e anche se mi fissò negli occhi per un paio di secondi poi tornò subito a a puntarli sulla fotografia. Sarà stata la sbronza, ma aveva un'espressione estatica appiccicata addosso. - É bellissima - gli sfuggì dalle labbra, ancora con quell'aria di contemplazione. La guardai. Il viso era come cesellato nel marmo più bianco, con grandi labbra rosse in boccio, naso delicato e occhi d'un castano profondo messo in risalto da sopracciglia chiarissime, come i capelli, grano in mano al vento. Liam interruppe la magia, - Tua madre -, non era una domanda. Malgrado non fossi bella forse neanche la metà di mia madre, in me c'erano alcuni dettagli che la richiamavano, cose come le labbra, o gli occhi grandi.
- C'era chi diceva che fosse la ragazza più bella di tutta Edimburgo -. Liam non mi rispose, ma, da come accarezzava cogli occhi le linee sinuose del corpo di mia madre, capii che lo pensava pure lui. Dopo qualche secondo tornò ad osservare me però, - É tanto che se ne é andata? - mi chiese con voce un po'instabile, a metà tra la curiosità e l'idea d'aver osato troppo. Io non parlavo mai della mia famiglia.
Inspirai ed espirai, pensosa. - A volte faccio fatica a ricordarmi bene come fosse... i dettagli -, guardai quel volto così bello, pervaso eppure da una strana tristezza, - per questo tengo una foto -. Forse suonai più affranta di quanto non fossi in realtà, perché Liam subito soggiunse - Ti manca molto? -
Prima di rispondere scesi dal letto, e mi sedetti accanto a lui, prendendogli di mano la fotografia. - A te manca tuo padre? - feci provocatoria.
Liam fece la peggiore delle smorfie, disgustato, una risposta vera e propria non era necessaria per cui si limitò solo a ribattere - Ti ha fatto del male? -
Scossi la testa, - Non in quella maniera, ma me ne ha fatto parecchio -. Mi voltai, Liam era ancora rapito dall'immagine.
- Come si chiamava? -
- Sally - risposi meccanicamente io, continuando a fissare quel pezzo di carta con impresse memorie di un passato ormai ingiallito, sul fondo d'erba verde si vedeva una casa, la nostra. Quando ero tornata ad Edimburgo l'estate passata avevo visto che l'avevano abbattuta, sostituita da una palazzina a cinque piani. Ma non mi dispiaceva affatto. Ourkid forse s'avvide di quel lasso di tempo silenzioso così fastidioso o forse solo stava aspettando il momento giusto per fare il suo commento. - Non pensavo che la testa di cazzo lassù avrebbe mai trovato i coglioni per dire ciò che ha detto - mormorò come se stesse cianciando di un argomento qualunque, - anche se in effetti, non vale: era ubriaco quando te l'ha detto! - rise gingillandosi con le due sterline con cui prima aveva perso la scommessa. Mi girai verso di lui, lo guardai e basta.
- Oh sì, darlin', é la fottuta verità. Sei la sua ossessione. Sessuale e non - disse tornando ad osservare la bottiglia di JW con una una sorta di risentimento, forse perché era vuota ormai.
Ancora una volta rimasi senza spere come reagire, e questa volta pure Audrey sembrava non potermi essere d'aiuto, andata in tilt com'era pure lei.
Un minuto dopo Liam cambiò mood di nuovo, e saltò in piedi reattivo come una molla nonostante - o forse, grazie - all'alchol che aveva in corpo. - Che dici di rasare i capelli a The Chief? - propose gioioso - rapiamolo un po'! - e poi cominciò a vagare per la stanza in cerca di un paio di forbici o di un rasoio elettrico, dando solo un'ultima occhiata a Sally mentre la rimettevo via nel portafoglio.
In quel momento ero convinta che tanto tutte le conversazioni di quella sera sarebbero cadute nell'oblio della sbronza, affogate in una bottiglia di liquore. Non pensavo che Liam avrebbe mai utilizzato i miei consigli nel comporre canzoni d'amore o che si sarebbe mai ricordato di quella ragazza angelica.  O che The Chief avrebbe rammentato le sue ammissioni. In realtà l'unica cosa che cambiò fu che non sentii mai più Noel suonare durante i soundcheck quella canzone che per la prima volta avevo udito dallo sgabuzzino di Bonehead.
 
 
Il Viper Room era il locale di Johnny Depp - sì, quel fighetto di poliziotto di 21 Jump Street e il mostro sensibile con mani contundenti in Edward Mani di Forbice - che si trovava sul Sunset Bolevard a Los Angeles, - la città poi che ve la nomino a fare? Un nome del genere lo potevano dare solo gli yankee, da noi le strade al massimo erano dedicate a Shakespeare, e lì finiva la nostra fantasia. Il night club era sfortunatamente famoso perché era stato teatro della morte di River Phoenix. E in quel momento probabilmente stavo fissando il punto preciso dove il giovane attore era stato portato via da un'overdose di coca. Ma non mi persi in pensieri troppo profondi, e quando Liam mi tirò per un gomito dentro il locale, l'immagine di un Phoenix agonizzante era già sbiadita.
Dentro l'atmosfera era quella tipica dei club di questa parte dell'Atlantico, niente a che fare con i nostri pub dai pavimenti in legno appiccicaticci, tutto un neon e luci colorate che si riflettevano sulle superfici nere e lucide dell'interno. A descriverlo così senbrava piuttosto uno stripclub, - prcis definizione di Audrey, lei però non faceva testo - ma aveva comunque un qualcosa di affascinante e rock 'n' roll, forse era il palco, del tutto rispettabile per un posto di quelle dimensioni, su cui era ammucchiato un bel numero di amplificatori. Ok, il Viper Room era stato promosso. Guardai un po' avanti, tra la gente, e arrivò uno dei proprietari. Johnny Depp. Ok, locale decisamente promosso...
Assieme a Liam,  MacCarroll, e Maggie - la nostra tour manager, ragazza dal cognome impronunciabile, ma veramente di spirito - avanzammo di qualche passo, facendoci largo tra gli avventori. E poi avvenne la cosa migliore di tutto il tour sino a quel momento: udimmo uno sparo potente provenire dalla strada e tutti per riflesso ci abbassammo. Poi vidi la faccia atterrita di Ourkid, gli occhi da cucciolo evidenziati dalle ciglia scure, che fissava me e il batterista. - Hanno ammazzato il nostro Noel - sbottò shockato nel silenzio della sala. Al che io non potei che scoppiare a ridere, la sua espressione era impagabile. The Chief era ancora fuori dal locale al telefono ma dubitavo fosse stato freddato da un colpo di pistola, nonostante le sue velleità da moderno John Lennon. Neanche mezzo minuto dopo l'atmosfera era ritornata alla normalità, e con somma delizia da parte di Audrey a far gli onori di casa venne proprio Johnny D. che fu felice d'accogliere uno dei cantanti più chiacchierati del momento, infondo gli Oasis erano sì una band nuova, ma erano pur sempre un vero e proprio fenomeno negli UK e parte della fama ce l'eravamo portati sin oltre l'oceano. Mentre Ourkid e Maggie discutevano con Johnny, e MacCarroll si godeva uno dei vantaggi dell'essere vagamente famoso, ovvero il poter rimorchiare con una facilità inusuale e altrimenti inspiegabile, io venni abbordata da un tipo non molto alto e con corti, ricci capelli viola e l'aria un po' schizzata - ma d'altonde all'epoca chi non ce l'aveva? -. Provai a concentrarmi sul volto che mi era famigliare, ma le maledette luci al neon m'accecavano, e un mal di testa da mancanza di sonno più lavoro oberante più birra più litigi dei Gallagher si stava facendo avanti.
- Qua é roba normale - mi disse con fare cordiale e ci piazzò pure un bel - si fa per dire, aveva uno spazio trai denti che un treno merci ci passava agevolmente - sorriso rincuorante. A quanto pare dovevo avere proprio una faccia atterrita - leggasi allucinata - per dover essere tranquillizzata da uno sconosciuto con qualche problema con le tinte per capelli. In quell'istante vidi entrare nel locale Noel assieme a Bonehead e un paio di bionde. Qualcosa mi si sbloccò dentro - maledetto Ourkid, mi faceva venire le paranoie- , mi rigirai verso il mio interlocutore, che ancora sorrideva beatamente, sorseggiando di tanto in tanto un mojito.
M'allungò una mano, la strinsi, aveva il palmo con dei calli durissimi, fin fastidiosi. Finalmente il mio cervello connesse.
- Piacere Micheal - diede un sorso al mojito, finendolo - tutti mi chiamano però...-
- Flea - conclusi io, ancora stupita di quanto fossi stordita. E dire che avevo tutti i cd dei Red Hot Chili Peppers, due o tre dei quali pure pagati, non per dire. Chicchierammo per un po' di musica, come era normale che accadesse, ma dopo un po' il mio cervello stava già pianificando un modo per lasciare Flea e tornare dai ragazzi: le serate libere in quel periodo erano poche e me le volevo godere. Poi però notai come stessero discutendo animosmente - leggasi principio di rissa - sul fatto che Liam, e questo era vero, stava facendo un pessimo lavoro sul palco. Non c'era da fraintedere, la sua voce era al top nonostante stesse su ogni notte a far baldoria, ma si divertiva a cambiare le parole dei testi delle canzoni in modo tale che risultassero offensive per gli yankee e in generale non faceva altro che insultare il pubblico. Una volta sputò persino. Certo era parecchio da rock 'n' roll selvaggio, ma pure parecchio da idioti, se volevi conquistarti il pubblico americano. Decisi che non volevo sorbirmi una litigata, tanto meno con un'emicrania epica, e d'altra parte era pure il mio di giorno libero, di quella questione se ne sarebbe occupata Maggie, la Creation la pagava per risolvere cazzi come quelli.
Così già che c'ero ne approfittai per farmi offrire da bere da Flea, che ormai avevo capito che non ci stava provando, bensì dava solo sfogo alla sua lingua lunga seppellendomi sotto una valanga di chiacchiere. Dopo un quarto d'ora passato così, inframezzato da alcune puntatine di gente che conosceva il bassista - tra cui Johnny, Audrey si diede al tripudio più assoluto -, Flea s'immobilizzò bloccando la propria parlantina per qualche secondo, il suo sguardo perso dietro le mie spalle, come se avesse appena visto un fantasma. Mi voltai per vedere che c'era di tanto interessante, e con mia sorpresa trovai per davvero il fantasma. Non aveva né catene né lenzuolo, però si muoveva tra la gente del locale come se fosse stato invisibile, trasciandosi via, praticamente affogato in un mucchio di vestiti.
- Ehi, Greenie! - esclamò Flea immediatamente dopo essersi ripreso. Il fantasma si voltò, la pelle biancastra pareva fin riflettere le luci al neon, e gli occhi spalancati, scuri e lucidi calavano su tutta la stanza, avvolgendola in un gelido abbraccio. Un brivido mi percorse tutta la spina dorsale.
Notai che qualcosa nel comportamento di Flea era cambiato, era come se si stesse sforzando di sembrare normale, gli ci volle un'altro mezzo mojito perché gli si sciogliesse nuovamente la lingua. Io andai a prendermi una Corona per poter lasciar conversare i due. Li osservai dal bancone, mentre aspettavo la mia ordinazione: il fantasma guardava quasi sempre fisso le proprie scarpe, e di tanto in tanto muoveva le labbra sottili ed esangui. Ne avevo visti parecchi così ad Edimburgo, soprattutto tra la gente più grande, erano le teste da ero. Avevano sempre tutti quell'aspetto un po' pallido e malaticcio, gli eroinomani. Presi la mia birra e tornai dai due, Flea aveva appena fatto una battuta e Greenie aveva riso - permettetemi l'iperbole -, scoprendo un sorriso timido e un po' impacciato, quando s'accorse della mia presenza con quegli occhi sfuggevoli indagò per tutto il locale. Era vagamente preoccupato, con l'espressione di uno che si sentiva in trappola. Io però non la smisi d'osservarlo, anche se questo con ogni probabilità lo infastidiva.
- Be', io vado Flea, salutami Anth e Chad - fece una pausa, come se indeciso sull'andarsene - e Navarro -.
Il bassista era tornato ad un'inconsueta serietà, ed annuì soltanto, dopodiché il fantasma riprese il suo viaggio attraverso la gente che indifferente non s'accorgeva probabilmente neppure della sua presenza. Io ripresi il mio discorso con Flea sull'andamento delle registrazioni per il nuovo album, lui senza più l'opprimente presenza di Greenie swmbrava essere tornato all'umore originale. Il mal di testa però non accennava a mollarmi un secondo, persino Audrey era talmente disperata che tirava testate alle pareti della mia scatola cranica. Approfittai della prima pausa più lunga di un secondo tra una parola e l'altra di Flea per dire che andavo a farmi una paglia fuori. Mentre mi avviavo verso l'uscita, gettai un'occhiata rapida al tavolo dei ragazzi: l'aria era ancora palesemente tesa ma perlomeno nessuno aveva ancora un labbro spaccato o un naso sanguitante.
L'aria tiepida dell'autunno californiano mi investì in pieno quando uscii all'aperto. Davanti all'entrata del Viper Room c'era un piccolo gruppo di gente che chiacchierava, qua e là qualche risata, anche solo con una scorsa veloce individuai un paio di volti noti di qualche serie tv. Per i miei gusti però c'era troppa calca per godersi in santa pace una sigaretta, così proseguii lungo il marciapiede per un centinaio di metri sino ad arrivare davanti ad un ristorante giapponese. Guardai incuriosita il cuoco che davanti ai clienti mozzava di netto la testa ad un tonno con un fare da samurai. Gesù, come diamine faceva la gente a mangiare quella roba non lo so, insomma il mio cibo io lo preferivo morto e ben cotto, non crudo e ancora guizzante. Mi sedetti per terra, come ero solita fare - qualche mio antenato doveva esser stato un barbone per certo - frugandomi tra le tasche alla ricerca del mio pacchetto di sigarette. Mi voltai soprappensiero, la mente ancora a quel povero tonno, e quasi mi ribaltai all'indietro quando notai che m'ero seduta proprio accanto al fantasma, senza minimamente accorgermene. Be' infondo la sua peculiarità era proprio quella, sfuggire all'attenzione altrui. Era il mio turno d'essere osservata con occhi sgranati e solo vagamente curiosi. Sapevo d'aver assunto un'espressione orrenda per lo spavento quando l'avevo visto.
Per far finta di niente m'accesi la sigaretta e presi una lunga boccata, esalai il fumo dalle narici.
- Che me lo potresti prestare? -. Mi voltai, ancora una volta mi stavo per dimenticare di lui. Aveva parlato con una voce quasi da ragazzino, così flebile che mischiandosi al vento notturno rischiava di perdersi. Era anche però una voce ricca di sfumature, carica di una vita stanca.Guardai l'accendino.
- Certo che é il colmo per uno come te viaggiare senza una fiamma - commentai, e subito mi pentii della mia uscita, anche se infondo avevo detto la verità: dovevo ancora conoscere una testa da ero che non si portasse dietro qualcosa per "cucinare".
Mi guardò serio, annullandomi - Sono un tipo all'antica. Preferisco le candele - alla fine però mi concesse un vago sorriso, la pelle così sottile da tendersi su quel teschio, gli occhi s'infossarono nelle orbite. Eppure aveva ancora un qualcosa di affascinante, quel sorriso stanco.
Aveva già tra le labbra una sigaretta, gliel'accesi io, come fossimo due vecchi amici. Infondo però io avevo una mia teoria sui marciapiedi e il fumare paglie assieme, era sempre una di quelle cose che accumunava la gente, chissà per quale motivo.
- Inquadri sempre così le persone? - mi domandò dopo un bel po', quando ormai io ero presa da tutt'altri pensieri.
Gli guardai le braccia, nonostante facesse abbastanza freddo portava ancora una t-shirt - logora e marrone, notò Audrey con sommo disgusto -, e le vene martoriate dall'eroina erano ben visibili, ingrossate, una ragnatela ben visibile sotto la pelle lattea. All'altezza del gomito destro aveva una via d'entrata permanente. Per la verità non ci voleva un genio a inquadrare uno come lui.
- No, penso solo che riconoscere quel che si é sia una delle poche cose indiscutibilmente giuste a questo mondo -, commentai spegnendo la B&H sull'asfalto. - Prendi me, sono una stronza problematica di prima categoria e pure un po' puttana. Ma almeno lo ammetto - soggiunsi autobiografica scrutando davanti a me, l'altro lato della strada. Il mal di testa nonostante la boccata d'aria, e fumo, non arretrava di un centimetro, il bastardo.
- Sono John, comunque - fece dopo aver assaporato per bene pure lui la propria sigaretta, senza guardarmi.
- Niente Greenie? -, non mi voltai.
- Niente Greenie - confermò lui. Se qualcuno c'avesse visti da lontano non avrebbe mai capito che stavamo parlando l'una all'altro.
Gli diedi un'occhiata di sbieco, giusto per accertarmi fosse ancora lì, e quando tornai a scrutare i passanti sull'altro marciapiede non poteii che sorridere leggermente. John. Era già la seconda volta che mi capitava nella stessa serata. Anche se c'era da dire che lui, al contrario di Flea, era cambiato parecchio, soprattutto dall'immagine del giovane chitarrista che avevo in mente. Subito dopo però venni inondata dalla sensazione d'ammirazione che provavo per l'essere che mi sedeva accanto in silenzio. - Niandra La Des And Usually Just a T-shirt - sospirai, buttando fuori il fumo, poi ci fu una pausa perché non sapevo che dire per descrivere la bellezza unica ed improbabile di quell'album così carico di un groviglio di sentimenti. - Ruvido -, mi decisi infine con il più stupido degli aggettivi che mi veniva in mente. John però si voltò appena dalla mia parte, smettendo di pensare per un attimo a qualsiasi cosa il suo cervello stesse correndo dietro, - Grazie -. Quella sola parola così bistrattata, così senza reali contenuti detta da lui assunse una scintilla di vita. Quasi - sottolineo quasi - mi fece sentire in imbarazzo.
- Però avresti dovuto scegliere una modella più carina per la copertina - feci per disincartarmi.
John replicò con un altro sorriso introverso, quasi colpevole. Per la cronaca, comunque, Niandra aveva come cover John stesso vestito come una donna degli anni '30... E fatevi una cultura musicale. Comunque avrei potuto abituarmici a quel sorriso improbabile, soprattutto alla soddisfazione che c'era nel suscitarlo.
Ripresi a guardare in basso, questa volta però dalla sua parte, concentrata sul modo vorticoso in cui roteava tra le mani il pacchetto di sigarette, delle Pall Mall, sino a quando questo d'improvviso non uscì dal mio campo visivo. John s'era tirato in piedi con un'agilità inusuale per uno nel suo stato, aveva un braccio levato in alto, e quando mi voltai dall'altra parte vidi un taxi giallo iniziare a frenare, sino a fermarsi proprio a qualche decina di centimeti dal mio ginocchio sinisto. Non m'aspettavo che se ne andasse, quasi fossi certa che avremmo aspettato l'arrivo dell'alba, assieme, su quel marciapiede, per cui avevo ancora una pronta per uscire, e lo fece - Buona quella marca? -. John, che aveva appena detto al taxista un indirizzo di Venice Beach, si voltò con quel suo sguardo vuoto ma allucinato, guardò il pacchetto di sigarette. Poi con flemma, ignorando il taxista, si piegò sulle ginocchia scheletriche e posò le labbra gelide sulle mie, mi ci volle un istante per capire quali fossero le sue intenzioni, poi le socchiusi appena e lui, tirando su il fumo che aveva intrappolato nei polmoni, me lo soffiò dentro, in un'esalazione di tabacco. Dopodiché si rialzò e andò a prendere posto sul sedile posteriore del taxi. La portiera si chiuse con uno schiocco sonoro che mi fece riprendere dal mio torpore. Certo che erano proprio strani questi yankee, gli chiedi una paglia e ti fanno un blowback. E ottime le Pall Mall. 
 
La mattina seguente feci fatica ad alzarmi, mi doleva ogni singolo osso, ogni singola articolazione e pure alcune parti anatomiche che non sapevo neppure d'avere. Mi guardai allo specchio, con una vera e propria pres di coraggio. Facevo schifo. Lo stesso però mi misi a lavorare sodo quel pomeriggio, litigando come al solito con il tecnico delle luci, trasportando oggetti tre volte il mio peso, senza contare il dover tenere alla larga quelle assatanate delle groupie americane, quelle non puntavano solo ai membri della band ma a qualsiai componente della road crew, a loro confronto mi sentivo una suara di clausura, io. In effetti negare con vera faccia da stronza il pass per il backstage a quelle - passatemi il francesismo - troie, vedendole supplicare, era uno dei miei passatemi preferiti. Quello, discutere con l'ingegnier del suono, bisticciare con Bonehead e Liam e rasare i capelli a The Chief.
Arrivò l'ora dell'apertura dei cancelli e mi stavo occupando delle ultime faccende, nonostante la stagione fredda ero in un bagno di sudore. Verso metà concerto notai che le bottigliette d'acqua iniziavano a scarseggiare, su Cigarettes And Alcohol decisi che ne avrei passata qualcuna a Noel e Liam. Calò la luce per dare il tempo alla band di sistemare la stumentazione e darsi un attimo di stacco tra una canzone e l'altra. M'avvicinai al palco, d'improvviso feci una giravolta, non so se lo feci anche fisicamente, però il contatto conpavimento fu duro, notai che era molto freddo. Sentii che i ragazzi attaccavano Columbia, ma perché diamine Mike non riaccendeva le luci? Anche il sonoro stava peggiorando, c'era uno strano ronzio. Buio. Fottuto tecnico delle luci.           

I'm a chipper son of a bitch
And I never get an itch
When I'm a chipper son of a bitch
I'm a chipper son of a bitch

 

Sono tornata! Dopo un lasso di tempo imbarazzante ma sono tornata u.u E spero che il capitolo sia soddisfacente :D Scusate ma avevo - parafraso The Chief - a family, friends and a football team to indulge. Qualche nota tecnica: la canzone presente è una sottospecie di scherzo, un motivetto inventato al momento in radio http://www.youtube.com/watch?v=E4zpqzsTTNg  
I personaggi introdotti nel capitolo sono Flea, grandissimo bassista dei RHCP (qui nel suo periodo fucsia)
 
e un altro importantissimo pezzo degli anni '90: John Frusciante (foto del 94' periodo in cui se la passava malaccio) e link per la versione donna di Niandrhttp://3.bp.blogspot.com/__JRSadFgL28/TILEfGsOMyI/AAAAAAAACIc/BD8_aeWMWXU/s1600/176142_1_f.jpg a
 
Infine vorrei ricordare che oggi è il 39° compleanno di Ourkid, Liam Gallagher :DDD
Ultimo  ma non per importanza devo esprimere tutta la felicità repressa per tutti gli avvenimenti di questo ultimo mese, per quanto riguarda Noel Gallagher's High Flying Birds, che ha rilasciato If I Had A Gun (se non l'avesse fatto l'avrei ucciso - immensa) e AKA... What a life! senza parlare della data di Milano all'Alcatraz (evviva! soffrire il freddo e la nebbia e la pioggia d'inverno e l'afa d'estate vale qualche privilegio nel campo concerti) e della sua prossima venuta in radio questa domenica *modalità stalker/fan attivata*
Ora la finisco con le ciance, e vi saluto. Cheers^^

   
 
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