E dopo una vita da
quando ho pubblicato il primo capitolo, ecco qua il continuo. Chiedo immenso
perdono, ho troppe cose da fare e decisamente troppo poco tempo. Se iniziassero
a mettere sul mercato un po’ di tempo avvertitemi, mi fareste un immenso favore!
xD Ringrazio tutti coloro che hanno letto, ma soprattutto quelli che hanno
recensito. Non saprò mai esprimere quanto piacere mi ha fatto leggere i vostri
meravigliosi commenti e spero sarete di nuovo in molti a dirmi che ne pensate
di quest’ultima parte. <3
Bobby Singer sbuffò
sonoramente davanti alla porta del vecchio frigorifero parzialmente vuoto. Cosa
non avrebbe dato per poter preparare uno dei suoi stufati di salcicce e fagioli
accompagnati da una fresca e immancabile birra.
- Qualcuno dovrà
provvedere a fare rifornimento -, annunciò con voce abbastanza forte da essere
udito nella stanza attigua.
Richiuse lo sportello con
un tonfo e ritornò nel salotto a mani vuote e con un cipiglio leggermente
irritato. Odiava le brutte sorprese, in special modo se potevano essere spunto
di un rimprovero da parte dei due fratelli.
- Scusa Bobby, sono
parecchio occupato al momento -, rispose Sam sollevando per un momento la
faccia dal suo fedele laptop. – Qualsiasi cosa io scriva sembra ridicola e non
mi porta da nessuna parte se non su siti altrettanto ridicoli -.
- Ancora a far ricerche
sul nostro amico pennuto? - Domandò il vecchio cacciatore senza esser
minimamente sorpreso.
- Non ho intenzione di
arrendermi, finché ne ho la possibilità -, ribatté convinto mentre azzardava
l’ennesimo tentativo di trovare qualcosa di concreto e attendibile. Quando
nell’aria era presente anche solo il vago sentore di stranezza, l’indomito
cacciatore che risiedeva nel giovane prendeva il sopravvento e la sua
attenzione per ogni piccolo particolare non diminuiva nemmeno per un secondo.
Quella mattina, quando si
diresse nella camera del fratello appena dopo la colazione, avrebbe giurato di
aver visto l’angelo dormire: il capo
reclinato mollemente in avanti e le spalle rilassate che si alzavano e
abbassavano al ritmo dei suoi respiri profondi. La visione, però, durò troppo
poco perché potesse essere completamente certo di quello che poteva essere
stato un colpo d’occhio. Quel che era certo è che gli angeli non dormono.
- Ragazzo, concordo con te
che c’è qualcosa di strano e di “nuovo” in Cass, ma non per forza deve essere
un cambiamento in male -. Mentre parlava, si diresse alla comoda sedia dietro
la sua scrivania ricolma di carte ingiallite e vecchi tomi dalle rilegature
rovinate dal tempo.
Sam questa volta distolse
seriamente l’attenzione dallo schermo aggrottando le sopracciglia incuriosito.
– Hai per caso qualche interessante idea che gradiresti condividere con me? –
Suonò come una domanda, ma entrambi sapevano che non lo era affatto.
- Solo una teoria, ma per
qualche strano motivo, mi risulta sempre più sensata -, rispose con tono vago
mentre impilava i vari oggetti in modo a lui più ordinato possibile.
Detestava essere tenuto
sulle spine, in special modo quando erano giorni che si concedeva a malapena il
tempo per riposare. - Sono tutto orecchie. –
- E se qualcosa lo avesse
cambiato radicalmente? Hai detto di aver visto delle ali disegnate con il
sangue di Cass; e se quelle ali fossero rimaste lì, separate dal suo corpo? –
- Stai suggerendo che Cass
non sia più un angelo? – Azzardò alzando un sopraciglio e ponderando l’idea. Si
sentì stupido a non aver preso l’idea in considerazione per conto proprio: nel
momento stesso in cui che Bobby l’aveva proposta tutto aveva iniziato a farsi un
poco più chiaro e plausibile.
- E’ ciò di più probabile,
ma allo stato attuale sono passati due giorni e non ha ancora toccato cibo. Se
non mi sto sbagliando, e ne dubito fortemente, quel poveretto sta morendo di
fame -.
Sam continuò a guardare
l’altro cacciatore, ma questi sembrava non avere alcuna intenzione di alzarsi
dalla propria sedia. – Ho capito, devo occuparmene io -, disse afferrando il
proprio giacchetto, le chiavi dell’Impala già in pugno.
- Ma che caro ragazzo...
-, ribatté sarcastico, - ed ora fuori di qui –.
Una flebile luce che aveva
trovato la propria via nella cortina di tende infastidì il suo lungo sonno
svegliandolo lentamente. Fece una smorfia, irritato. Si sentiva veramente
stanco e gli doleva ogni muscolo che tentava di muovere. Cosa significava? Cosa
era successo che lui non ricordava?
Una voce conosciuta attirò
la sua attenzione.
- Dean. -
Davanti al letto, seduto
su una sedia, stava Castiel. Non si
prese lo scrupolo di chiedersi cosa avesse intenzione di fare lì; piuttosto ciò
che più attirava le sue attenzioni era il suo aspetto sciupato, quasi
malaticcio, per essere precisi. I profondi occhi azzurri dell’angelo erano
arrossati e sovrastavano occhiaie profonde, ogni centimetro di pelle era tirato
e la postura fiera di cui poteva sempre vantarsi sostituita da una ben più
sgraziata e stanca. “Per non parlare di quel pallore. Cos’è, un fantasma?”,
pensò Dean.
- Cass... -, iniziò
tentando di sollevarsi sui gomiti con un gemito di dolore, - hai un aspetto di
merda. –
- Senti chi parla -,
ribatté secco mentre il cacciatore si posava nuovamente sul materasso,
sconfitto. – Cerca di non muoverti, le tue ferite sono ancora lontane dalla
completa guarigione. –
La sua voce suonò più
preoccupata di come dimostrava di suo solito, fu abbastanza perché Dean
decidesse di cambiare soggetto della conversazione repentinamente.
- Che ti è successo? -
Sperò di non darlo troppo a vedere, ma era più interessato di quanto non
avrebbe mai ammesso apertamente. Non aveva tutti i torti di esserlo, comunque. Da
quando lo conosceva non gli era mai capitato di vederlo in un simile stato.
Poteva averlo visto dopo una discussione particolarmente animata con qualche
altro angelo, ma a qualsiasi imperfezione veniva subito posto rimedio e ogni
traccia di lotta spariva come se non ci fosse mai stata.
- Non ricordi -. Era
un’abitudine strana, quella di affermare invece di domandare, ma il cacciatore
ormai si era abituato e non ne teneva più conto. - Ti ho salvato dalla
perdizione, Dean. –
Probabilmente per Castiel
era una spiegazione più che sufficiente sotto ogni punto di vista, ma per Dean
non lo era affatto. Se credeva che si sarebbe accontentato di una delle sue
solite risposte striminzite, si sbagliava di grosso.
- Grazie tante; ti sei
guadagnato una dannatissima scatola di caramelle, ma io parlavo di te. Che cosa
ti è successo? –
Gli occhi blu dell’angelo
incontrarono i suoi e si fissarono in essi. Erano velati di una cupa
malinconia, come se qualcosa in lui si fosse rotto irreparabilmente, qualcosa
di molto importante. Dean non avrebbe saputo dire di cosa si trattasse, ma
conoscendo chi aveva davanti, sapeva bene che non c’era una gran varietà di
possibilità da vagliare. Il problema era farsene venire in mente qualcuna.
Passò un lungo momento di
silenzio in cui nessuno dei due si decise a distogliere lo sguardo per primo,
come se fosse una competizione. Il giovane non nascondeva che nel repertorio dell’angelo ci fossero degli
sguardi che lo imbarazzavano oltre ogni misura. Non poteva dirsi questo il
caso, ma c’erano volte in cui quei due occhi sembravano sondarlo così a fondo
da poter guardare persino dentro la sua anima; una cosa che lo inquietava,
oltre che imbarazzarlo. Ciò che più lo inquietava, però, era la sensazione
aliena che simili riguardi venissero tenuti in riserbo per essere sfoggiati
solo con lui. Più di una volta si era augurato che la sua fosse solo
un’impressione dettata da una sorta di vittimismo, ma purtroppo non riusciva
nemmeno a convincere se stesso a riguardo.
L’angelo azzardò un
tentativo di risposta, aprì la bocca per iniziare, ma la richiuse subito:
qualcosa lo bloccava. Dean riconobbe l’esitazione che solo la vergogna e
l’orgoglio ferito potevano dare; quella in cui non sai quanto vorresti far
sapere e, di conseguenza, delle parole da usare. Sapeva per certo che Castiel
aveva un maledettissimo orgoglio di angelo, questo lo aveva provato sulla
propria pelle. Difficile farci i conti quando sei un semplice uomo davanti
all’imponderabilità divina, d’altra parte non puoi fare molto per far competere
la semplice umanità con essa. Era futile anche il solo provarci.
- Ah, vedo che qualcuno è
tornato nel mondo dei vivi -, esordì Bobby dalla soglia della porta. – Mi stavo
giusto chiedendo se tu avessi iniziato a prenderci gusto, a poltrire tutto il
giorno. –
Dean gli fece un cenno di
saluto biascicando un pigro “ehi Bobby”. Questi non perse tempo in domande
oziose - era una cosa che non sopportava, e si rivolse subito all’angelo senza
degnare di un’ulteriore sguardo il cacciatore ferito.
- Fra poco dovrebbe
tornare Sam con qualcosa per te. Puoi raggiungerlo subito, come vedi, Dean è
ancora vivo e vegeto e ti assicuro che lo sarà anche nelle prossime ore -.
Disse rude scostandosi dalla soglia quel tanto da farlo passare.
- Di cosa di tratta? –
domandò incuriosito Castiel aggrottando leggermente le sopracciglia,
incuriosito.
Dean osservò quel
cambiamento di espressione come ipnotizzato: le palpebre erano lievemente più
abbassate come per avere una migliore messa a fuoco, gli enormi occhi blu fissi
e attenti nonostante la stanchezza che li arrossava quasi come dopo un lungo
pianto. Resosi conto che fissare un altro uomo in quel modo poteva essere
controproducente alla sua virilità, spostò l’attenzione sulle pieghe delle
lenzuola che lo avvolgevano inumidendosi e poi mordendosi il labbro inferiore.
- Lo scoprirai quando
avrai raggiunto Sam -, ribatté seccamente con un tono che non ammetteva
ulteriori repliche.
Castiel si alzò e sorpassò
il vecchio cacciatore ubbidiente, senza dire una parola di rimando. Non passò
inosservato a nessuno dei due umani il piccolo tonfo che fece sbattendo contro
lo stipite di legno. Per Dean fu l’ennesima stranezza in nemmeno un quarto
d’ora, ma per Bobby quella era solo l’ennesima prova pronta a validare la sua
teoria. Con la testa bassa, l’angelo si trascinò lungo il breve corridoio fino
alle scale, lo sforzo di mantenere la più completa calma nella speranza che la
sua goffaggine passasse inosservata, era impresso nei muscoli tesi delle
braccia e spalle.
- Qualcuno dovrà raccontarmi
una storia molto lunga... – mormorò Dean abbastanza forte da essere sentito solo
dal cacciatore più anziano.
Bobby si avvicinò alla
sedia dove poco prima stava seduto Castiel e ci si appoggiò. – Erano due giorni
che non lasciava questa camera, è stato sempre al tuo capezzale -.
Qualcosa di simile
all’orgoglio si insinuò fra i pensieri di Dean. Sapeva che non era un’emozione
del tutto normale da provare in certe circostanze, ma in quel momento non
riuscì a reprimere la propria fierezza per il gesto dell’amico. - Davvero? –
riuscì a domandare accorgendosi solo qualche secondo più tardi di quanto il suo
tono fosse uscito speranzoso.
Lo sguardo di Bobby
divenne paterno; si stava veramente impegnando a fare il tipo affettuoso e
comprensivo con lui? Era qualcosa di terribilmente anomalo per quel vecchio e
scontroso cacciatore, tanto da irritare Dean che nel tempo di pochi secondi
maledì se stesso, Castiel e tutta la schiera celeste. Si morse la lingua fino a
farsi male, se un po’ di dolore riusciva a farlo stare zitto e evitare
situazioni imbarazzanti, ne valeva la pena.
- Questo non è niente in
confronto a quello che credo abbia fatto – disse continuando a tenere quella
fastidiosa espressione. – Ricordi niente nel lasso di tempo da quando sei stato
attaccato a quando sei stato tratto in salvo da Cass? –
Dean scosse la testa
quanto gli era concesso. – Se non me lo avesse detto lui, non saprei nemmeno
perché sono ancora vivo. Perché? Che succede, Bobby? – Essere riuscito a
riconquistare il suo tono abituale nonostante l’imbarazzo che impregnava l’aria
lo rese fiero di sé.
- Ho ottime ragioni di
credere che il nostro amico angelo non sia più un angelo -, iniziò. – Sei
rimasto ferito, avrebbe potuto guarirti e non l’ha fatto, per esempio. –
- No, non può essere... –
Stava parlando a se stesso, più che a Bobby. Un tentativo di non credere a quel
che sapeva bene essere vero, ma impossibile da accettare.
La sua improvvisa perdita
della grazia, la sua caduta, avrebbe significato solo una cosa: che Castiel
aveva sacrificato ciò di più prezioso che aveva per salvare lui. Lui che spesso
lo aveva chiamato figlio di puttana, lui che chiedeva sempre senza mai dar
nulla in cambio. Dean si sentì sporco come mai prima. Non si meritava quel che
Castiel aveva fatto per lui, e se fosse stato lucido, probabilmente non lo
avrebbe mai fatto.
E Castiel non era lucido.
Ne era certo in quanto c’era una sola ipotesi vagliabile. La più stramba,
certo, ma anche l’unica che non faceva acqua da tutte le parti. Dean sapeva
quale era e pure Bobby lo aveva visibilmente intuito. Questa consapevolezza
rese la situazione del giovane cacciatore ancora più imbarazzante. Perché se
poteva esserci una ragione per tutto quello che l’angelo – no, non più angelo, ma
l’uomo – faceva, allora quella era senza dubbio rappresentata dall’amore.
Se l’amore era in grado di accecare qualsiasi uomo, al suo arrivo, perché
allora non poteva fare lo stesso con un angelo? Era qualcosa contro cui nessuno
può combattere, qualcosa contro cui qualsiasi arma era inutile. L’unico modo
per conviverci assecondarlo e bearsi in esso e di esso.
- Ascoltami bene, ragazzo
-. La severa voce del vecchio cacciatore interruppe il silenzio, - Non so che
cosa stia succedendo tra te e Cass, non ne ho proprio idea, ma c’è una cosa che
ti posso dire. Se tutto... questo può renderti felice, allora approfitta
dell’occasione e rendi tua questa felicità. –
Dean avrebbe voluto
reagire, urlargli contro che non aveva capito niente, che le sue parole erano
assurde, ma non ci riuscì. Quello che aveva detto suonava assurdo oltre ogni
limite, ciò che può venire in mente solo a un pazzo, eppure era la realtà.
Non ebbe il tempo trovare
alcunché di costruttivo da dire senza scalfire la propria virilità e essere
sincero allo stesso tempo, Bobby aveva lasciato la stanza senza proferir
parola. La sua era stata una notevole dimostrazione di affetto costata molto
cara a quello che per il giovane Winchester era come un padre.
Ora era solo con i suoi
dubbi.
Dean tornò in piedi nel giro di altri due giorni. Nel frattempo, gli altri tre
vennero spesso a fargli visita tutti in momenti separati. Sam dette
dimostrazione che l’appellativo “Samantha” gli calzava a pennello; non passava
volta in cui non facesse domande sulla sua salute, decisamente irritante. Bobby
non toccò più l’argomento che tanto assillava i pensieri del giovane. Gliene fu
immensamente grato, inoltre era quello che provvedeva a portargli qualcosa da
poter mettere sotto i denti, un fatto che gli faceva guadagnare un sacco di
punti.
I momenti più difficili li
passò in compagnia di Castiel. Era diventato inconfondibilmente umano, ormai
non era più un segreto da tenere gelosamente per sé, c’era qualcosa di ben più
grande e doloroso con cui dover convivere senza aver la possibilità di sparire
senza dover dare un briciolo di spiegazione a nessuno. Dean non sapeva cosa
girasse nella sua testa, ma non voleva saperlo e soprattutto non lo invidiava. Essere
catapultato in uno stato in cui era più vulnerabile ai sentimenti perché assai
più difficili da nascondere, rendeva Castiel pericoloso. Non di un pericolo
concreto - non avrebbe fatto male a nessuno -, ma un pericolo per la sua sanità
mentale. Cosa avrebbe fatto quando l’ex-angelo esaurito dal tenere un tale
fardello in sé, si fosse dichiarato a lui nella speranza di poter colmare il
proprio sentimento?
Dean avrebbe voluto avere
una risposta, e l’avrebbe avuta, se non fosse stato per i sentimenti
contrastanti che lui stesso provava. Di tutti, non poteva mentire a se stesso,
o almeno, non più. Non era gay, su questo non ci poteva piovere e se qualcuno
si fosse azzardato a ipotizzare una cosa del genere, si sarebbe ritrovato scuoiato
vivo. Lui era etero e poteva avere tutte le donne che voleva – e accadeva
spesso, molto spesso -, il gentil sesso era sempre stato il suo punto debole.
Non che non ne fosse felice, per carità; la compagnia di qualche bella ragazza
lo deliziava oltremisura, ma sapeva bene che ciò non era tutto. Ne era sicuro
perché non si sarebbe mai sentito attratto dall’amico, se fosse stato così.
Ormai non poteva più far
finta di non badare ai lunghi momenti che si concedeva di guardare quelle
labbra carnose e rosee, talvolta così secche da fargli desiderare di inumidirle
con la propria lingua accarezzandogli sensualmente quel delizioso arco di cupido
che lo rendeva irresistibile come una calamita. Resistere era un’impresa
titanica, davvero. Per non parlare di quei due abissi blu in grado di
intrappolarlo e trascinarlo giù fino ad una meta ignota come in un gorgo; gli
occhi più belli che avesse mai avuto il piacere di osservare.
Ma questi erano solo
dettagli di un disegno più grande e ben definito, ciò che il cacciatore vedeva,
- e Dio, pregava che non valesse solo per lui – era la più prestigiosa opera
d’arte dell’intero creato. Non poteva essere solo quel bel corpo da umano la
chiave di tutto, altrimenti sarebbe stato attratto da Jimmy Novak che senza
dubbio non gli incasinava la testa facendogli mettere in dubbio la sua completa
eterosessualità. Non che non fosse incredibilmente attraente già di suo, ma
c’era qualcosa di indefinibile che faceva da contorno a quell’ aspetto
esteriore, ne aveva compreso la presenza in momenti di totale rapimento di
tutta la sua attenzione. Poteva percepirlo anche in quel momento in cui si
accingeva a osservare la liscia mascella mascolina alzarsi e abbassarsi in una
lenta masticazione. Nonostante davanti a Dean non si trovasse più un angelo, ma
un uomo alle prime armi con la vita, continuava a balzargli davanti lo
splendore che continuava a mettere il risalto la creatura divina che vi era
stata. L’ultimo sprazzo del vecchio Castiel, ancora lì a ricordare la gloria
che rappresentava un tempo che parve lontano anni luce, invece che solo una
settimana.
Castiel non si accorse
delle attenzioni che proprio in quel momento Dean gli stava riservando, troppo
impegnato a assaporare ogni singolo boccone dell’hamburger che strappava con
grossi e voraci morsi. Osservare i movimenti regolari di quella mascella
perfetta sotto ogni punto di vista, quei bianchi denti affondare nei vari
strati di pane e carne e quelle labbra da porno chiudersi attentamente intorno
alla pietanza lo torturava e allo stesso tempo ammaliava. Forse, se avesse
conservato un minimo di dignità, avrebbe girato i tacchi andando a fare ben
altro. Infastidire Sam, magari.
- Per caso ne vuoi un po’?
– Domandò a bocca piena Castiel facendolo tornare sulla terra. Non era un
portamento molto educato, ma che diamine, sicuramente Dean non era il soggetto
più indicato per dare lezioni sul Galateo.
- Eh? – farfugliò preso
alla sprovvista. Si maledisse in tutti i modi che gli passavano per la mente, non
sarebbe potuto sentirsi più idiota. Aveva bisogno di andare in qualche locale
pieno di prostitute e spassarsela finché ne aveva la forza; forse in quel modo
sarebbe riuscito a non vedere un pornostar al posto dell’amico ogni volta che
lo guardava.
- Mi stavi fissando, ho
pensato che avessi fame -. Rispose innocentemente l’ex-angelo.
- Non stavo... – si interruppe, era inutile negare, - no,
grazie. Non ho fame, no -. Concluse distogliendo lo sguardo in cerca di qualche
via di fuga. Imprecò mentalmente; intorno a loro c’erano solo vecchie macchine
abbandonate a loro stesse e ricordò che Bobby era da qualche parte con Sam.
Lontani da lui.
- Dean, posso farti una
domanda? – domandò terminato il suo pasto. Si sistemò meglio sul cofano, la
schiena dritta e le gambe distese davanti a sé.
Il cacciatore si rifiutò
di guardarlo negli occhi, troppo intimorito di non riuscire a distogliere lo
sguardo. Dio, se aveva da scaricare la tensione. – Sono tutto orecchie -.
Rispose soltanto.
- E’ una cosa di cui non
ci capisco molto -, premette – ma sicuramente tu saprai spiegarmelo. Dean,
com’è l’amore? –
Se avesse avuto qualcosa
in bocca gli sarebbe andato pericolosamente di traverso e non sarebbe stato
tanto male in confronto a quello a cui doveva rispondere. Si domandò se la sola
saliva non potesse bastare a strozzarlo, la risposta che riuscì a darsi dopo
pochi secondi fu veramente deludente. In compenso tossì violentemente e dovette
darsi diverse pacche sul petto per riavere il pieno uso della parola.
- Beh, ecco... – dovette
pensarci molto, trovare le parole adatte non era semplice. Specialmente con
Castiel che lo fissava seriamente e senza battere ciglio. – Quando conosci una
donna e provi veramente molto affetto per lei, diventi protettivo nei suoi
confronti e senti anche il desiderio di uhm... - prese altro tempo per pensare
a come spiegare un concetto simile a uno che fino a poco tempo prima era un
angelo.
- Di farci sesso -.
Concluse per lui il moro, risparmiandogli l’imbarazzo di trovare parole più
appropriate. Era stato un angelo, mica scemo.
Dean non osò andare oltre,
perché superato un certo confine invisibile agli occhi, sarebbe stato
impossibile tornare indietro. Era un’opzione impossibile da pensare, non
avrebbe mai rischiato la loro amicizia per il semplice dar sfogo alla sua
libidine. Sperava che fosse solo quella, ma in tal caso sarebbe stato molto più
semplice di quanto la situazione si presentava.
- E se queste cose
venissero provate per un altro uomo? Varrebbero ancora le tue parole? –
un’altra domanda, ancora più imbarazzante della precedente, se mai fosse stato
possibile.
Castiel serio nel modo più
umanamente possibile: non aveva più quell’immobilità che lo faceva apparire
come una statua che non si sarebbe mossa prima di aver avuto una risposta,
sebbene la fissità e l’attenzione dei suoi occhi erano analoghi. Le sue guance
erano lievemente arrossate per la tensione accumulata in quei pochi minuti, non
doveva essere facile nemmeno per lui riuscire a porre domande simili. In
special modo alla persona che aveva davanti.
- Cass... – fu un sibilo,
tutto quello che Dean riuscì a pronunciare. La gola in fiamme, doleva come se
minacciasse di bloccargli il respiro alla prossima sillaba che avrebbe
pronunciato. La sua mente rifuggiva all’idea, ma sapeva che quelle domande
poste in un simile momento di solitudine altro non erano che il suo modo per
confessargli i propri sentimenti. Poche cose erano in grado di terrorizzare
Dean Winchester fino a fargli perdere l’uso della parola – nemmeno il più
satanasso dei demoni c’era mai riuscito -, quel giorno scoprì che ciò che
poteva succedere in quel frangente era una di queste.
Abbassò gli occhi,
prevenendo un qualsiasi contatto visivo con qualsiasi parte inerente al bel
volto di Castiel. Fissava le pieghe del buon vecchio trench coat sempre
presente nel suo abbigliamento che sembrava non accennare a un neppur minimo
cambiamento, era parte della sua persona, ormai.
Non si accorse che intanto
il moro si era avvicinato a lui finché la visione di quel capo di abbigliamento
non fu disturbata dalla sua testa china in costante compagnia dei due oceani
che brillavano come prima di una violenta tempesta. Se si fosse sporto anche di
pochissimo, lo avrebbe sfiorato con la fronte. – Sì, Dean -. Non era una
domanda, ma un “complimenti Dean, hai capito a cosa mi riferivo!” detto alla sua
maniera. Ognuno aveva i propri metodi, il trucco stava nel trovarli e saper
cogliere l’attimo per sfruttarli. In questo l’ex-angelo si era dimostrato un
ottimo autodidatta.
- Non... – qualsiasi
tentativo di ribattere fu messo a tacere, le belle labbra di Castiel si
posarono sul suo labbro inferiore racchiudendolo nel loro umido calore per
alcuni lunghi secondi in cui Dean credette di essere improvvisamente piombato
in paradiso senza passare dal via. Era un bacio dolce e impacciato come solo il
primo bacio può essere, eppure lo sentiva come il migliore che aveva mai
ricevuto. Forse perché era carico di un sentimento sincero, o forse perché nel
suo profondo lo aveva sempre desiderato.
Il loro allontanamento fu
doloroso, un violento ritorno alla realtà che lo spiazzò con il bisogno
impellente di ossigeno. Il cervello di Dean aveva mandato al diavolo la
razionalità; lasciandolo desideroso di quelle labbra e non solo. Voleva di più,
molto di più. Senza pensarci un secondo, - aveva smesso di utilizzare la
propria materia grigia, date le circostanze favorevoli – si avventò sull’uomo
prendendo in assalto la sua bocca con la lingua e con i denti. Aveva tutta
l’intenzione di assaporarne ogni millimetro senza tralasciare niente.
Era la prima volta che
osava baciare un uomo - non che lo avesse mai desiderato, fatta eccezione di un
certo angelo -, un’esperienza completamente diversa da ciò a cui era abituato.
L’inizio di barbetta incolta che ricopriva guance e mento del moro lo solleticò
e grattò leggermente. Non era una sensazione spiacevole, ma prese comunque nota
di prendersi l’onere di insegnargli a farsi una bella rasatura. Essere umano
aveva i suoi infiniti svantaggi, dopotutto.
L’incontro delle loro
lingue fu come una scarica di pura elettricità che percosse ogni fibra del
corpo di Dean. Erano avide di assaporarsi e dare il via a quella che somigliava
a una danza sensuale destinata a non finire mai se non con forte rammarico. Impacciato,
Castiel stava cominciando a prendere abitudine e manualità per questa nuova
esperienza che sembrava averlo preso particolarmente. Il piacere del cibo o del
sonno non erano niente in confronto alla pace e all’euforia che pervadevano i
suoi sensi ancora particolarmente sensibili.
Avevano ancora qualche ora
da passare nella sola compagnia l’uno dell’altro. Mentre Dean si stringeva
sempre più al corpo accogliente di Castiel senza mai interrompere i loro baci
pieni di un bisogno impellente e selvaggio, si domandò se non avrebbe dovuto
ringraziare il vecchio cacciatore per quell’occasione lunga un pomeriggio, al
suo ritorno.
Bobby! Era sempre il
solito; ne sapeva una più del diavolo.
Fine