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Autore: IlaOnMars6277    22/09/2011    5 recensioni
"Cosa mi stava succedendo? Ultimamente mi ritrovavo spesso a fare sogni ad occhi aperti su di lui e non mi era mai capitato. Sin dall'inizio ci eravamo detti che sarebbe stato solo un rapporto lavorativo e di amicizia, per non creare incomprensioni e malintesi.Eppure ora facevo questi pensieri, dopo anni di lavoro."
[Vincitore dei NESA nelle categorie: Best Scena, Best Kiss, Best Long Fic, Best Female, Best Couple.]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Tuor proseguiva senza intoppi.

Ero tornata in albergo a prendere qualche giacca più pesante. Le temperature si erano abbassate drasticamente. Uscì fuori e tirai su la sciarpa per ripararmi dal vento. Alcune fan ero sedute sugli scalini dell’hotel e quando mi videro vennero a farmi delle domande.
“Emma, I mars sono dentro?” “Dove possiamo trovare Jared?” “Come fai a lavorare con un così fiiiigo” Ok, ne avevo abbastanza. “Ragazze, non sono qui. Al momento sono a fare il soundcheck, voi non dovreste essere in fila?”. Una ragazza bassa e tarchiata mi rispose in modo arrogante “non tutti siamo pieni di soldi sai!”. Non reggevo questi discorsi, quindi le risposi a tono “Non mi pare che i biglietti costino così tanto, c’è di peggio.”
Erano tutte ragazzine sui sedici o quindici anni, avevano le magliette con il volto di Jared e altri gadget del sito, così aggiunsi “I soldi per comprare quelli li avete però” ed indicai i vari bracciali che portavano. La ragazza tarchiata fece un passo verso di me, e in tono minaccioso disse “ Sai, mi stai proprio antipatica! Fai un lavoro fantastico e non sorridi mai, sei sempre sciatta e non dovresti neanche parlarci a questo modo!”
Non era la prima volta che mi capitava una cosa del genere, respirai a fondo e risposi “Sono al corrente del genere di lavoro che faccio, sorrido quando qualcuno me ne da ragione di farlo, mi vesto come mi pare e piace e le mie erano soltanto osservazioni. Ora, scusate, ma vado a fare quello per cui mi pagano.”
Voltai loro le spalle e andai verso la macchina. Non le sopportavo. Erano quelle bambinette che pensavano di sapere tutto solo leggendo interviste o articoli di gossip. Su di me non sapevano nulla, sicuramente, cercavo di rimanere più in ombra possibile e ci riuscivo abbastanza bene. Aprì lo sportello ma mi sentì chiamare. Una di quelle ragazze mi aveva seguita. Non mi aveva rivolto parola, era rimasta più dietro ad ascoltare la conversazione. Sembrava molto più piccola delle altre.
Tremava per il freddo e sembrava spaventata.
“Dimmi”
“Sc..scusale, prima o poi capiranno come ci si comporta”
“Se nessuno glielo insegna, ne dubito”
“Ecco, io….volevo…” era in evidente difficoltà, sia per l’imbarazzo che per la lingua. Così chiusi lo sportello, mi avvicinai e la spronai “Dimmi tutto, prima che arrivino le tue amiche a dirmene altre due”
“Si, ecco…potresti farmi un favore?”
“Se posso, si.” Non mi sbilanciavo mai, alle volte chiedevano il numero di Jared o Shannon, quindi non mi conveniva rispondere sempre affermativamente.
“Questa è una lettera che ho scritto qualche giorno fa” disse tirando fuori dalla tasca un pezzo di carta “potresti consegnarlo ad uno di loro? E’ per tutti, nessuno escluso, compresa tu” Aveva gli occhi lucidi per l’emozione o per il freddo.
Presi il foglio, lo misi in tasca e sorridendole dissi “ Certo. Probabilmente la leggerà qualcun altro prima, per controllarla, ma cercherò di farla arrivare a chi di dovere” e montai in auto. La ragazzina fece un sorriso meraviglioso quindi abbassai il finestrino e aggiunsi “tesoro vai a casa, non torneranno prima di stanotte. E’ inutile morire di freddo qui. Alle tue amiche dì che vai a casa perché non stai bene, così rimarranno qui a congelarsi il culo invano”. Rise sommessamente, mi salutò e ritornò indietro.
Nella mia vita avevo imparato che le cose vanno guadagnate e meritate, lei si meritava una gentilezza che non mi costava nulla.
 
Quando arrivai al luogo del concerto, era deserto. Ma, se ne erano andati tutti? Poi sentì le corde di una chitarra suonare e una voce inconfondibile cantare una canzone mai sentita. Superai alcune casse e dei fili attorcigliati. Lo vidi. Seduto a terra, la chitarra sulle gambe. Cercai di non far rumore per spiarlo silenziosamente. Amavo da sempre la sua voce e il modo in cui l’adattava ad ogni occasione. Forte e graffiante, dolce e vibrata o calda e flebile come un sussurro. Spesso, all’inizio del mio lavoro, gli chiedevo di cantare quando eravamo in giro e lui ogni volta minacciava di licenziarmi. Sorrisi a quei ricordi. Sembrava fosse ieri, invece erano passati anni. Eravamo cambiati entrambi. Eravamo sempre stati ottimi amici, spesso lui mi consigliava nei miei problemi o nelle scelte di vita, soprattutto quando aveva scoperto che mi sarebbe piaciuto produrre film. Si era subito interessato, aveva fatto domande su domande e alla fine, quando ce n’è stata occasione, avevamo collaborato ai video. Ne ero così entusiasta.
Sapevo che ci teneva a me, ma non nel modo che avrei preferito.
Era stato chiaro, niente tra di noi. Ma a volte mi sfiorava l’idea “e se anche lui provasse qualcosa per me ma si frena per i miei stessi motivi?”
Si voltò e mi vide. Sorrise e mi avvicinai. Mi sedetti accanto a lui.
“E’ nuova?”
“Ti piace? Sono un paio di giorni che cerco le parole giuste ma non sono mai soddisfatto”
“A me sembra già bella così, ma so che troverai il modo per renderla perfetta”
Non rispose e continuò a pizzicare le corde. Presi la lettera della ragazza dalla tasca e gliela consegnai.
“Mi hai scritto una lettera d’amore?” disse, prendendola.
“No, è di una echelon e piantala con questa storia, non è divertente.”
“Che ti succede? Una volta ti ci saresti fatta una risata sopra” ecco, una volta. Aveva detto bene.
“Non mi fa ridere.” Dissi seria, sistemando le pieghe dei jeans.
“La fai più grande di quanto sia. Pensavo potessi scherzarci su” .Ero offesa, quindi mi alzai senza dire nulla. Volevo andarmene, sapevo che in quelle condizioni avrei potuto dire più di quello che pensavo. Lui si alzò velocemente e mi afferrò per un polso.
“Fermati! Che cazzo ho detto?”
“Niente! Lasciami andare”
“No! Finchè non mi dici perché vuoi andartene via”
“Non mi va di stare a sentirti quando parli di queste cose”
“Emma, cazzo fermati!!! “ Mi bloccai e mi voltai verso di lui. Avevo gli occhi lucidi ma trattenevo con tutte le mie forze le lacrime.
“Ti avevo chiesto di non parlarne più e tu continui a farlo. Lo fai per vendicarti? So che ti ho mancato di rispetto, ma ora mi sembra esagerato rinfacciarmelo ogni volta che ne hai occasione”
“Perché piangi?”
Oddio, stavo piangendo? Mi sfiorai il viso e lo sentì umido. Si, avevo aperto i rubinetti. Con le parole erano esplose anche le lacrime. Mi asciugai velocemente, sfilai il mio polso dalla stretta della sua mano, gli voltai le spalle e me ne andai.
Camminavo velocemente nel corridoio. Le lacrime mi offuscavano la vista.
“Emma!”
Jared mi aveva rincorsa. Mi prese per il braccio e mi trascinò in una stanza deserta. Accese la luce e chiuse la porta. Non volevo mi vedesse così.
Trovai una sedia e mi ci sedetti.
“Vuoi un bicchiere d’acqua?”
“No, grazie sto bene. Voglio solo rimanere da sola.”
“ Cosa ho detto che ti ha fatto reagire così?”
“Tu che sai sempre tutto, non ci arrivi? Probabilmente non vuoi arrivarci”
“No. Ci sono arrivato da tempo. Probabilmente prima di te.”
   
 
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