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Autore: kiara_star    22/09/2011    2 recensioni
“ E si ritrovava così scioccamente a pensare, a domandarsi come era riuscito quel ragazzino con un buffo cappello di paglia sulla testa, a far di lui quello che era ora. Forse più forte, forse più debole, forse solo un po’ più folle. Perché gli aveva dato la forza di credere ancora in quel sogno... come lui credeva nel suo”
(Sanji/Rufy)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Monkey D. Rufy, Sanji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Daudreamers
"Fai della vita un sogno, e di un sogno una realtà" 
(Antonie de Saint-Exupéry)





Daydreamers

Era strano come il semplice guardarlo sapeva renderlo sereno. Una sensazione che lui aveva così disperatamente cercato ovunque senza mai trovarla. Era rimasto legato dalle sue paure, dai suoi sensi di colpa, incatenato a quell’obbligo, a quel rimorso, senza mai riuscire a sottrarsi.
E poi aveva visto il suo sorriso... come ghiaccio al sole, come una palla di neve tenuta in una mano calda. Il suo cuore era ripartito a battere lento, poi sempre più veloce e ora, come poteva fermarlo?
Prima un amico, un esempio, un’altra persona a cui essere grato, prima qualcuno che aveva fatto capire al suo senso di colpa di non avere diritto di esistere, ché se quel vecchiaccio aveva fatto quello che aveva fatto era perché gli voleva bene. Era perché lui avesse una chance, potesse realizzare quel sogno, così lontano, così impossibile ai più, ma che ora con lui accanto era vicino quasi da poterlo toccare.
E dopo era diventato un morbido cuscino su cui dormire, una mano a cui aggrapparsi, una bocca da sfamare non solo di cibo.
I suo occhi infantili, la sua risata allegra e poi la grinta che sapeva tirare fuori... il calore che sapeva trasmettere soltanto con una parola, un gesto naturale che lui a volte faceva fatica a ricambiare.
La sua testardaggine, l’irrequietezza, la sua stupidità, quella fame mostruosa che lui segretamente si divertiva a saziare. Si divertiva a saziarlo.
Quando se lo trovava catapultato sulle spalle e nascondeva in un ringhio la sua gioia, quando quelle braccia esageratamente lunghe lo avvolgevano e lo riempiva di baci falsamente non voluti...
Aveva imparato ad amare ogni attimo in sua compagnia  e allo stesso tempo a temerlo, perché lo debilitava, perché a tanto affetto lui, non era di certo abituato. E si ritrovava così scioccamente a pensare, a domandarsi come era riuscito quel ragazzino con un buffo cappello di paglia sulla testa, a far di lui quello che era ora. Forse più forte, forse più debole, forse solo un po’ più folle. Perché gli aveva dato la forza di credere ancora in quel sogno... come lui credeva nel suo.
Due sogni così diversi ma che avevano la stessa matrice, la stessa pazzia a guidarli.
E di notte, quelle poche in cui era sveglio, lo sentiva fantasticare. Lo sentiva ridere e confessargli che come re ci si vedeva davvero bene, e a sua volta gli confessava che quel mare, aveva sempre creduto, esistesse solo affinché lui potesse trovarlo. E poi si dava mentalmente dell’idiota e si nascondeva con il viso nel fumo bigio aspettando la solita lamentela, “perché il fumo copre l’odore di buono che hai addosso” .
 
Lo guardava mangiare avidamente, con le briciole sparse sulla faccia, con le mani unte che agguantavano quasi smaniose il cosciotto di carne, con la risata alternata a qualche colpo di tosse... era così facile vederlo strozzarsi per ingordigia.
Magari un giorno sarebbe cambiato, avrebbe imparato a usare le posate, avrebbe riso senza sbracarsi come in preda alle convulsioni, avrebbe saputo baciare senza riempirlo di saliva in ogni dove, avrebbe capito che non era necessario dirgli ti voglio bene ogni due per tre, perché lo sapeva già, avrebbe finalmente smesso di essere così idiota e quando questo sarebbe accaduto, lui avrebbe pregato affinché tornasse come prima.
Perché se non era quel capitano, non avrebbe avuto senso che lui fosse quel cuoco.
Così all’ ennesimo colpo di tosse lo rimproverava e si allontanava verso i fornelli. Gli dava le spalle e sorrideva a denti nascosti.
Lo sentiva ridere ancora una volta e scuotendo il capo tornava a guardarlo abbuffarsi come nessun altro.
- Ancora Sanji! -  
- Agli ordini, capitano -
E lo One Piece era lì, accanto all’All Blue, e li stavano aspettando.
Un bacio di sogni impossibili, forse uno spreco di vita, eppure nella sua sconsideratezza, quella che aveva imparato da Rufy, Sanji sapeva...
Sapeva che essere sognatori non era poi così sbagliato.













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