Serie TV > The Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: maccioccafrancesca    22/09/2011    5 recensioni
(...) Mi sentii trattenere per un polso. Sul momento balzai, ma poi la sua voce mi tranquillizzò. < Tieni davvero a me? >, chiese titubante.
Mi resi conto di averlo detto poco prima, quando ero ancora nella sua stanza, ma non pensavo che lui ci avrebbe fatto caso.
Girai il capo per poterlo guardare in volto.
< Sì >, risposi decisa, al che lo notai rilassarsi appena, quasi impercettibilmente. < Tu tieni a me? >, azzardai. Sapevo che probabilmente mi stavo spingendo troppo oltre, ma volevo saperlo, dovevo saperlo. (...)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 7: PASTA

 

Mi sedetti più comoda sul divano respirando a fondo per fare spazio nella mente. Il tentativo era quello di svuotarla e riempirla nuovamente con le parole di Stefan. Avendola lucida sarebbe stato più facile incassare il colpo, sempre che non fosse proprio quella notizia a renderla meno lucida di quanto non fosse.

            < Devo dirti qualcosa, > aveva esordito. Con tono serio, più del solito.
Non appena era entrato, Damon si era defilato al piano superiore senza nemmeno aspettare di sapere cosa aveva da dire.

            < Parla, > lo spronai.

            < Katherine è qui per un motivo e, a detta sua, non se ne andrà finché non porterà a termine il suo piano. > Era nervoso, arrabbiato.

            < E quale sarebbe questo piano? >

            Sbuffò sonoramente, senza però abbandonare la sua espressione seria e, ci avrei giurato, anche un po’ impaurita. < Non lo so, non lo so! >. Si alzò di scatto dal divano facendomi prendere un colpo, come se non fossi già terrorizzata di mio…

< Ha parlato di una pietra, di una maledizione, dei lupi e dei vampiri, ma non ha detto nulla di concreto, nulla che mi facesse capire cosa ha in mente. >

            < Lupi? Maledizione? Ma di che parli? >

            < Non lo so nemmeno io, non ne ho mai sentito parlare, però non deve essere qualcosa di semplice, né tanto meno di poco pericoloso. Conoscendo Katherine, e conoscendo l’espressione che aveva in volto, si capiva perfettamente. >

            < Quindi cosa intendi fare? > chiesi implorante.

            < E’ questo il punto, se non so cosa abbia in mente come faccio a sapere come comportarmi?! > cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza con lo sguardo fisso sul pavimento. < La cosa certa è che non ha intenzione di farti del male, almeno per ora, altrimenti avrebbe approfittato di questa mattina, quando ti ha incontrata. > Terminò la frase con una nota di disappunto. Aveva spostato il suo sguardo su di me; avevo sbagliato, non era arrabbiato, di più… ma come faceva a sapere che l’avevo incontrata? Glielo aveva forse detto lei?

            < Mi dispiace, ok? > cominciai, ancora prima che riaprisse bocca: tanto sapevo cosa avrebbe detto.

            < Ti dispiace?! > sbottò. < Sai cosa sarebbe potuto accaderti? Sei stata infinitamente fortunata che non ti abbia fatto nulla! E poi perché sei uscita di casa questa mattina? Ma che diavolo ti prende? E non parlo solo di ora, cosa ti prende in generale?! In questo periodo, in questi giorni, sei strana! Cos’hai?! >

Pensai di non averlo mai visto così infuriato. Era rosso in viso e mi guardava truce, ma come dargli torto?! Ai suoi occhi sarò sembrata sicuramente una stupida, una deficiente, una “strana”, ma che potevo dirgli? Che quella mattina ero praticamente fuggita da lui perché non lo amavo più, perché mi ero infatuata di suo fratello?! Che in quei giorni evitavo le sue attenzioni sempre per lo stesso motivo?! Che cercavo di non baciarlo, di non farmi carezzare, di non farmi notare?! Come potevo dirglielo?! Con che cuore?!

Ci sarebbe rimasto troppo male!

Ma, altro lato della medaglia, se non glielo avessi detto e poi lo avesse scoperto da sé, o per via di Damon, o chissà chi, sarebbe stato anche peggio. Quindi cosa avrei dovuto fare?! Avevo la mente in subbuglio.

            < Io… > non avevo idea di cosa dire. Cercavo di articolare una frase compiuta, ma, in quel momento, sembrava la cosa più difficile del mondo.

Sbuffai. Chiusi gli occhi lanciandomi all’indietro sullo schienale del divano.

< Cosa vuoi che dica? Io… non lo so, > mentii. Lo sapevo eccome cosa mi stava accedendo.

            < Sì, certo >, sussurrò amaro.

            Avevo una gran voglia di piangere, ma stavo cercando di reprimere l’istinto. Non provai più a dire nulla, perché sapevo che se avessi anche solo provato ad aprir bocca, avrei cominciato a singhiozzare sonoramente, né lo guardai, per paura che tenendo gli occhi aperti sarebbe potuta sfuggirmi qualche lacrima.

Rimasi lì, immobile, finché non fu lui a parlare.

            < Ora devo andare. Caroline ha bisogno del mio aiuto >, non aggiunse altro. E io non fui da meno.

Non mi sforzai nemmeno di rispondere, tanto sapevo che già era andato via.

            E allora lo feci.

Mi lasciai andare. Lasciai che quel groppo alla gola prendesse il sopravvento, che le emozioni prendessero il sopravvento.

Aprii gli occhi, ma tutto ciò che vidi fu una macchia sfocata, frutto delle lacrime che avevo represso, e che in quel momento chiedevano disperate di uscire.

            E allora lo feci.

Le lasciai fare. Gli lasciai rigare il mio viso di un’amarezza quasi palpabile. E loro uscirono, eccome se uscirono.

Continuai a piangere, e a singhiozzare, e a disperarmi. Lì, su quel divano; sì, proprio su quello che aveva imparato ad odiarmi.

 

 

            Era mezzogiorno passato da un pezzo.

Di Stefan non avevo avuto più alcuna notizia. Katherine non si era fatta viva. Per fortuna, aggiungerei. E Damon, da quando si era rintanato ai piani superiori, non l’avevo più visto.

Ciò che invece vedevo benissimo era la fame che crescente mi avvertiva che avevo bisogno di rifocillarmi.

In quelle ore non avevo fatto nulla di rilevante: avevo pianto, ma questo ve l’avevo già detto. Mi ero alzata dal divano in cerca di qualche libro interessante che potessi leggere. Avevo scelto “De profundis”, di Oscar Wilde, un’epistola bellissima che scrisse quando era in carcere. Mi ero nuovamente seduta e avevo cominciato a leggerla, e se è per quello l’avevo pure finita. Poi, visto che non avevo altro da fare, mi ero messa a pensare a tutto quello che era accaduto, e allora avevo ricominciato il mio pianto disperato.

Così ero arrivata a quel momento, quello in cui il mio stomaco aveva cominciato a brontolare di santa ragione.

            Mi diressi in cucina speranzosa di trovare qualcosa che non fosse un sorbetto al sangue o cose così.

Aprii il frigorifero e fui meravigliata, ma che, fui esterrefatta, di trovarlo colmo di roba. Lo richiusi e, curiosa, frugai nei vari armadietti della dispensa, anch’essi pieni zeppi.

Solo guardando tutta quella roba mi si riempì lo stomaco… anzi, no. Però faceva bene a mente e corpo vedere tutto quel cibo insieme, per di più, controllando le date di scadenza, comprato da poco.

            < Hai fame? > balzai al sentire una voce alle mie spalle.

            < Si, > risposi girandomi verso di lui. < Avete un sacco di roba. >

            < L’ho comprata per te, sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento, quindi ho fatto la scorta! > Damon mi fissava fiero si sé.

            < Hai comprato tutta questa roba per me?! > chiesi sgranando gli occhi. Il cuore mi si riempì di tenerezza: aveva pensato a me, l’aveva fatto per me. < Grazie, > sussurrai. Non mi aveva regalato la luna, eppure su di me aveva lo stesso effetto.

Solo dopo parecchi secondi mi accorsi di fissarlo con occhi sognanti e inebetiti, allora dovetti rimediare: < Certo però che mi hai preso per un bue, mica mangio così tanto! > lo rimproverai mimando un’espressione seria, seppur non molto convincente.

            Lui alzò le mani sghignazzando. < Mea culpa! Non sapevo esattamente quanto mangiaste voi umani, io è un bel po’ che l’ho scordato, e comunque… davvero non sei un bue?! > e lì, lo schiaffo sul braccio gli arrivò forte e chiaro, peccato solo che a farmi male fui io e non lui.

            < Cretino! >

            Fece spallucce, poi mi aggirò per prendere un panno da sopra il piano di lavoro. Se lo mise in spalla, si lavò le mani in uno dei due lavandini e infine tornò di fronte a me. < Allora, cosa vuoi mangiare? >

            < Scusa? >

            < Ti ho chiesto cosa vuoi mangiare, > sillabò ogni parola, come se stesse parlando con una bambina stupida.

            < Ho capito… ma vorresti cucinare tu?! >

            < Sì, cosa c’è di strano? > Alzai un sopracciglio. Non è che aveva intenzione di darmi della carne al sangue? E per “al sangue” intendevo una fetta di carne appena tagliata da un povero animaletto tenero e peloso.

            < Ti piace la pasta alla carbonara? E’ la mia specialità! > mi guardò ansioso e, al contempo, sornione.

            < Ooh, tu hai anche una specialità?! > lo canzonai.

            < Ovviamente, > mi lanciò un’occhiataccia, poi continuò, < allora, ti piace? >

            < Non saprei dirtelo, non l’ho mai mangiata. >

            < Beh, adesso l’assaggerai, > cominciò a sghignazzare facendosi largo per aprire il frigorifero. Prese un paio di uova, della roba che assomigliava a bacon, ma che probabilmente non lo era, e del formaggio.

Frugò poi nella dispensa tirando fuori un pacco di pasta, del sale e il peperoncino.

            Mentre lui cominciava ad armeggiare con i fornelli io mi sedetti al tavolo. < Come mai sai cucinare? > chiesi… che razza di domanda…

            < Perché non dovrei? > rispose lui tranquillo, senza girarsi verso di me.

            < Forse perché la tua dieta contempla solo sangue, sangue e… sangue?! >

            Si girò. < Anche Stefan sa cucinare, ma a lui tutte queste domande non le fai. >

Quella era una chiara frecciatina. Ma non me ne importò molto, ci ero abituata da parte di Damon, ciò che mi fece rabbuiare fu il pensiero di Stefan.

Per qualche minuto ero riuscita a non pensare a lui né a tutta la situazione in cui mi trovavo, e forse mi sentivo anche un po’ in colpa per quello. Un momento prima litigavo con lui, piangevo e mi disperavo, e quello dopo  chiacchieravo spensierata con Damon. Che persona del cavolo che ero!

            Probabilmente aveva notato il mio improvviso cambio d’umore, così riprese ironico: < E poi smettila di dire la parola “sangue”, che va a finire che mi bevo il tuo. >

Va bene, aveva uno strano senso dell’umorismo, ma abbozzai un sorriso ugualmente.

            < Non penso che lo faresti mai, > dissi dopo qualche secondo.

            < Ah no?! > rispose continuando a tenermi le spalle e a lavorare.

            < No, > mi alzai per andargli accanto. Presi un grembiule e lo legai attorno alla vita. < Posso aiutarti? >

            < Sì, metti dell’acqua sul fuoco. >

            Presi una pentola, la misi nel lavandino e accesi l’acqua.

            < Cosa ti fa pensare che non lo farei? > lo sentii improvvisamente chiedere.

            Rivolsi gli occhi nei suoi, che trovai a fissarmi. < Lo so e basta, > sussurrai.

            Lo vidi, abbozzò un sorriso, uno di quelli sinceri e teneri. Microscopico e fulmineo, però lo vidi.

Mantenni lo sguardo ancora qualche istante, giusto il tempo di affogare nei suoi occhi e risalirne indenne,. Gratificata e indenne.

            Si schiarì la voce. < L’acqua è uscita dalla pentola, > mi fece notare, ma io non notai all’istante.

            < Cosa? > chiesi cadendo dalle nuvole.

            < L’acqua, > indicò il lavandino dove l’acqua usciva a fiocchi dalla pentola. Mi precipitai a spegnerla e, nascondendomi dietro i capelli per l’evidente rossore che dominava il mio volto, presi la pentola, misi del sale e gliela porsi.

            Per diversi minuti restai in silenzio, e lui non fu certo da meno. Finché, quando stava scolando la pasta, non parlò: < Prima hai pianto. > osservò serio.

            Diventai un blocco di pietra. Mi aveva sentita?! < No, > risposi simulando una qual certa tranquillità, anche se dubitavo che la mia agitazione crescente passasse inosservata.

            Mi lanciò uno sguardo fugace, poi tornò alla preparazione della pasta, che stava facendo saltare in padella con l’uovo e quella roba che assomigliava a bacon. < Come vuoi tu. >

Non disse altro e, anche se gliene ero infinitamente grata, non riuscii a capire se lo fece per non mettermi in imbarazzo, o cose simili, oppure perché davvero pensava di essersi sbagliato. Sinceramente ero più propensa a credere alla prima opzione per il semplice fatto che, pensandoci, era impossibile che non mi avesse sentito. Primo, perché era un vampiro, secondo perché, anche se in un primo momento avesse dormito o semplicemente non ci avesse fatto caso, avrebbe comunque dovuto accorgersene, poiché ero andata avanti per più di un’ora.

            < E’ pronto, > mi porse un piatto altamente invitante. Mi sedetti al tavolo, lui prese una forchetta e me la porse, poi si sedette accanto a me.

Sussurrai un flebile < Buon appetito > e cominciai subito a mangiare, evitando il suo sguardo, che comunque sentivo fisso su di me.

            Qualche forchettata dopo si schiarì la voce, e allora mi trovai costretta a guardarlo.

            < Sì? > accennai.

            < Con me puoi parlarci… se non lo sapevi, ora lo sai. >

            < Lo so, > dissi rincuorata nel vedere davanti a me il Damon che più amavo.

            Un secondo. Avevo detto “amavo”?
            Ero fregata.


Lo so, non aggiorno dai tempi della pietra, ma, a quei tempi (XD), l'ispirazione scarseggiava, il tempo anche di più, e l'autostima necessaria a provare a buttare giù qualcosa era praticamente nulla. Poi c'è stata l'estate in cui, lo ammetto, non ci ho proprio pensato alla fic.
E ora sono qui, con un capitolo senza alcune pretese, ad implorare il vostro perdono.
Se nessuno leggerà questo chappy me ne farò una ragione, in fondo sono io quella che è scomparsa, se invece qualcuno si facesse avanti, ben venga. Ne sarei molto felice.
Baci.
Francesca.

           

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: maccioccafrancesca