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Autore: Distorted Soul    22/09/2011    8 recensioni
Più scorreva gli occhi sul foglio più il suo sguardo si spalancava, mentre le mani stringevano la carta bianca. Rilesse più volte, per essere sicuro di non aver capito male.
« Non è possibile... » esalò con un fil di voce.
« Allora? Cosa dice? »
« I miei genitori... vogliono che torni per qualche giorno a casa perché... – ingoiò un flotto di saliva – vogliono presentarmi la mia fidanzata! » esclamò tutto d’un fiato, incredulo.
Maka lo fissò, attonita. Fidanzata?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2. Darling, maybe your parents hate me!

 

 

 

 

Dopo essersi scusata una miriade di volte per il caos presente in casa, Maka cominciò subito a preparare da mangiare, aggiungendo un posto in più a tavola per Wes. Immediatamente dopo sarebbe corsa a preparare la sua valigia.

Assaggiò il sugo, per testare se la quantità di sale fosse giusta, poi passò a girare le fettine di carne. Sentiva su di se gli occhi del maggiore degli Evans, e in un certo senso la cosa la metteva a disagio.

« Allora Maka... ti trovi bene con mio fratello? È un coinquilino a modo? » domandò d’improvviso il ragazzo approfittando della momentanea assenza del fratello – chiuso nella sua stanza – per dar sfogo alla sua curiosità.

Maka si voltò verso di lui, abbassando il fuoco sotto la padella: « Beh, agli inizi è stato difficile, Soul è un po’... disordinato a volte. E anche un gran dormiglione. Ma poi ho cominciato ad abituarmi e ora viviamo bene, anche se litighiamo spesso. »

Wes sorrise: « Quindi essere partner porta obbligatoriamente a convivere? »

Maka scosse il capo: « No, solo se lo si vuole. Ma è preferibile, in questo modo si impara a conoscere meglio l’altro, le sue abitudini, e lo stare così a contatto accresce la complicità tra shokunin e buki, favorendo la risonanza. » spiegò in poche parole la ragazza chiudendo uno dei pomelli del gas e ponendo la carne in un piatto.

« Quindi se i partner sono di sessi opposti è semplice che il rapporto diventi più profondo... come è successo a voi! » esclamò.

Maka arrossì, non sapendo esattamente cosa dire: « B-beh ecco, sì, può capitare ma non per forza! – esclamò, quasi come se stesse tentando di giustificarsi – Insomma... il legame tra maestro e arma è qualcosa di particolare e profondo e può facilmente essere confuso con altro e- »

« Però a voi è successo. »

La giovane si lasciò scappare una risata nervosa. Quella situazione era davvero, davvero imbarazzante.

« A-a quanto pare. »

« E dimmi, spero che con te si comporti da gentiluomo come gli è stato insegnato e che non si lasci guidare dagli ormoni adolescenziali. »

Maka quasi rischiò di far cadere i piatti che aveva in mano, a quelle parole; solo dopo essersi assicurata che nulla fosse in bilico si voltò verso il ragazzo: « N-non... io e lui non... i-insomma... »

Si corresse, tutto quello stava diventando esageratamente imbarazzante!

« Ehi, Wes, per chi mi hai preso? – Soul entrò in cucina con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, rivolgendo un’occhiata di sbieco al fratello e avvicinandosi a Maka – So come ci si comporta con una ragazza, non tratterei mai male Maka. » disse serio.

La ragazza sorrise. Beh, quella era la verità.

« Perdonami fratellino, ma sai, due adolescenti sotto lo stesso tetto, che per giunta stanno insieme... il dubbio verrebbe a tutti. » disse sorridendo – ma a Soul il suo sembrò più un ghigno – per poi bere dal suo bicchiere.

Il fratello minore inarcò un sopracciglio mentre il suo braccio andava ad abbracciare il fianco di Maka la quale, ormai quasi per routine, immaginò arrivare la solita risposta del ragazzo “chi mai ci proverebbe con una ragazza priva di sex appeal come lei?”.

« Anche se fosse... non mi pare che la nostra vita sessuale siano affari tuoi. » proferì invece stringendo più saldamente la presa attorno all’anca della ragazza.

Quando Wes vide l’enorme libro finire in quel modo violento sulla testa di suo fratello, la sua faccia sbattere sulle mattonelle del pavimento e perdere sangue, non si sorprese del fatto che quella ragazza uccidesse mostri.

« Bene! – esclamò sorridendo la giovane – Perché non ci mettiamo a tavola? »

 

*

 

Preparò la propria valigia in fretta e furia cercando di non dimenticare nulla, prima di vestirsi altrettanto in fretta – una semplice gonna blu ed una camicia bianca potevano andare bene, si disse – e fiondarsi fuori dalla sua camera, bagaglio in mano.

« Ho fatto prima che potevo e- » si fermò quando Soul porse la sua mano verso di lei, che fissò senza capire esattamente cosa volesse.

« Beh? »

« Beh cosa? »

« La tua valigia, sciocca! Dalla a me. »

Gliela porse senza dire una parola, seguendolo poi fuori l’abitazione – Wes era già in auto ad aspettarli. Sorrise, forse quella situazione aveva qualche punto positivo: non poteva non approfittare di un Soul più gentile e disponibile.

« Scusa l’attesa! » disse Maka rivolta al maggiore degli Evans, mentre la buki poneva le valigie nel portabagagli.

« Non c’è problema. Maka, se vuoi puoi sederti davanti. »

« Ah, davv- »

« Non se ne parla, stiamo entrambi dietro quindi ci farai da tassì, Wes. » proferì senza dare il tempo a Maka di dire nient’altro; le prese la mano e la guidò verso di lui aprendole la portiera: « Prego. » le disse.

Ancora una volta rimase a fissarlo senza far nulla, per niente abituata alla sua improvvisa galanteria. Soul tirò un sospiro: « Su, sali o no? »

Non se lo fece ripetere ancora e svelta salì in auto; Soul si posizionò accanto a lei e le pose un braccio attorno alle spalle permettendole di appoggiarsi alla propria. A quel punto, mentre Wes metteva in moto, Maka si voltò a guardarlo e gli sussurrò, così da evitare di essere sentita: « Ma che fai? »

« Il tuo ragazzo. » rispose lui soltanto ghignando e avvicinandola di più a se.

Maka sospirò, tutto quello stava diventando abbastanza ridicolo. Si domandò quanto forte avrebbe riso Black Star se li avesse visti in quel momento.

 

 

Avevano lasciato il deserto da un po’, ormai, e dopo un tragitto che Maka non avrebbe saputo quantificare, si ritrovarono a percorrere una strada alberata. La destinazione era Carson City.

Per tutto il tempo lei e Wes avevano parlato un po’ di tutto, visto che a quanto sembrava lui voleva conoscere meglio “la ragazza che stava per scombussolare i piani dei loro genitori”. E il fatto che quei due andassero così d’accordo non andava del tutto a genio a Soul.

« Quindi suoni il violino! »

« Già, ho iniziato a tre anni. »

« Wow! »

« Se ti fa piacere potrei farti ascoltare qualcosa, una volta a casa. »

« Certo che mi farebbe piacere! Soul non suona mai per me quando glielo chiedo... » disse guardando di sbieco il proprio partner, che sbuffò.

« Ah, tipico di Soul. »

« Sta zitto Wes! » si rivolse sprezzante.

« Soul! » lo rimbeccò Maka.

« Che c’è? Che ho detto? »

« Sei scortese! »

« Che t’importa, è mio fratello non il tuo! »

Il battibecco proseguì per un altro po’, fin quando Wes non scoppiò a ridere.

« Che c’è? » chiesero entrambi, irritati.

« C’è che litigate come se foste sposati, tutto qui. Forse dipende da tutta quella convivenza! » dichiarò, lasciandosi sfuggire qualche altro risolino riportando poi la propria attenzione totalmente sulla strada.

Maka si sentì arrossire: non bastava Kid? Cos’è, stava diventando un’opinione comune? Che sciocchezza!

« Smettila, e pensa a guidare! » disse un’ultima volta la buki prima di voltare la testa verso il finestrino. La ragazza si voltò verso di lui, incuriosita dal tono basso, ma non riuscì a scorgere il suo viso perché coperto dalla mano. L’altra era intrecciata alla sua, da quando poco prima aveva spostato il braccio, e rimase lì anche quando Maka cadde addormentata sulla sua spalla.

 

Si risvegliò soltanto una volta giunti a destinazione, chiamata dalla voce di Soul.

Nel momento in cui aprì gli occhi si ritrovò a fissare un enorme cancello e, dietro di esso, un’altrettante enorme villa dalle mura chiare e gli infissi eleganti.

« W-wow! È... gigantesca! » esclamò, ormai totalmente sveglia. Wes ridacchiò mentre Maka si voltava verso Soul: « Tu vivevi in una casa così grande? »

Quello sbuffò: « A quanto pare. »

Sul suo viso vi era un’espressione piuttosto infastidita, notò la shokunin. Probabilmente rincontrare la sua famiglia non faceva parte dei suoi desideri.

« Piuttosto Wes, non mi hai detto chi sarebbe questa ragazza con cui dovrei fidanzarmi. » chiese calcando con tono indignato sull’ultima parola mentre il fratello percorreva il vialetto che attraversava l’immenso giardino e che li avrebbe condotti all’atrio. Più si avvicinavano più a Maka sembrava diventare grande, quell’abitazione.

« Oh, forse te ne ricorderai, quando eri piccolo hai preso lezioni di danza con lei. È Marianne Cooper.»

Il volto della buki si pietrificò allo scoprire di chi si trattasse.

« Quella lì? I miei vogliono accasarmi… con quella lì? »

Maka non capiva il motivo dello sguardo quasi impaurito del suo partner.

« Oh, sappiamo che ha sempre avuto un debole per te. »

« Tanto da piombarmi addosso e stritolarmi ogni volta che mi vedeva! Quella ha delle pinze al posto delle mani! »

Wes rise, forse al ricordo della suddetta o all’espressione del fratello: « Beh è cambiata, sai? Ora vedrai. » proferì spegnendo la macchina.

I tre scesero ed immediatamente videro avvicinarsi una serie di persone che Maka riconobbe come un maggiordomo e delle cameriere, probabilmente per occuparsi delle valigie. Il maggiore degli Evans diede varie istruzioni, dopodiché si rivolse ai due chiedendolo di seguirlo.

Intanto la maestra d’armi si guardava attorno per paura di perdere il minimo particolare di quel luogo: non aveva mai visto tanti fiori tutti in una volta, e così ben curati, e da lontano le parve di intravedere un gazebo tra il verde. La casa vista da vicino era ancora più spettacolare, rifinita nei minimi dettagli con la massima cura; l’atrio era sorretto da due colonne imponenti ed allo stesso tempo eleganti, grazie alle piante rampicanti che le avvolgevano. Avrebbe voluto osservare di più l’esterno, ma nel momento in cui si ritrovarono fuori la porta della villa sentì qualcuno afferrarle la mano.

Soul la stringeva con forza, e lei comprese subito che stava tentando di nascondere il suo nervosismo e di cercare supporto in lei. Ricambiò saldamente la stretta, rivolgendogli un sorriso d’incoraggiamento nel momento in cui si voltò a guardarla. Lo vide sospirare poi entrambi varcarono la soglia.

Se Maka aveva pensato che l’esterno fosse meraviglioso, allora l’interno era ancora più magnifico: le mura erano coperte da una carta da parati rossa con delle intarsiature dorate, e il pavimento di marmo era talmente lucido che le sembrò di potercisi specchiare. Di fronte a loro troneggiava un’enorme scalinata degna dei castelli di un tempo ed il tutto era illuminato dalla luce proveniente dal lampadario di cristallo.

Si guardò i vestiti e sospirò: forse non aveva scelto l’abbigliamento adatto.

« Bentornati signorini Evans. È un piacere rivederla signorino Soul. » proferirono un maggiordomo ed una cameriera che si trovavano ai lati opposti dell’ingresso.

« I miei genitori? » domandò Wes.

« Vi stanno aspettando in salotto con la signorina Cooper. Prego seguitemi. »

Percorsero un tratto di corridoio fino a trovarsi in una grande sala che le ricordava quelle in cui le dame ottocentesche si incontravano per prendere il the. Avvertì la presa sulla propria mano farsi ancora più salda ed un suono indistinto fuoriuscire dalle labbra del proprio compagno, nel momento in cui intravide i propri genitori. Non sapendo come calmarlo pose anche l’altra propria mano sulla sua e si avvicinò maggiormente per sussurrargli qualcosa.

« Non preoccuparti Soul, io sono qui. »

La semplice frase sembrò tranquillizzarlo poiché le si rivolse sorridendole e mimandole un grazie con le labbra.

« Signor Thomas, Signora Eleonor, il signorino Wesley ed il signorino Soul sono arrivati. » annunciò il maggiordomo prima di spostarsi da un lato e permettere loro di avanzare.

Dai sofà di velluto bordeaux posti nella stanza si alzarono un uomo ed una donna che a Maka apparvero bellissimi.

L’uomo era in un completo nero, aveva dei folti capelli castani e degli occhi scuri, ma non avrebbe saputo dire di che colore; la donna invece portava dei lunghi capelli biondo platino raccolti in un nastro rosso che si abbinava alla camicia, e degli occhi di un azzurro agghiacciante. Da sotto il raffinato pantalone scuro si intravedevano delle alte scarpe anch’esse rosse.

Era chiaro da chi, i due fratelli, avessero preso il colore dei capelli, ciò che non riusciva a comprendere era da chi avessero ereditato il colore degli occhi.

« Soul… » pronunciò la donna. Aveva una voce melodiosa ma il tono era fermo: apparentemente non vi era nulla di materno.

« Mamma, papà. »

« Bentornato, siamo felici di rivederti. » pronunciò invece suo padre, con lo stesso tono.

Maka notò, non c’era nulla che facesse pensare che Soul fosse davvero mancato a quelle persone. Quasi d’istinto stavolta fu lei a stringergli più forte la mano.

« Risparmiatemi i convenevoli e arriviamo al dunque. »

Per nulla scomposti dall’atteggiamento del figlio minore si voltarono e Eleonor chiamò la ragazza che solo in quel momento la shokunin si accorse essere ancora seduta a bere del the. Quella si alzò immediatamente e li raggiunse. Aveva dei fluenti capelli neri posti di lato sulle spalle e degli occhi di un blu particolare, quasi viola. Portava un’elegante camicia bianca ed un’ampia gonna nera lunga fino alle ginocchia. La carnagione chiara era nascosta, alle gambe, da delle sottili calze anch’esse nere, come pure le scarpe.

« Ti ricorderai di lei, vero Soul? – cominciò la madre – Marianne Cooper. »

« È davvero un piacere rivederti dopo tanto tempo, Soul. » lo salutò la giovane cordialmente, con tono educato ma che lasciava trasparire la contentezza nel rivedere il ragazzo di fronte a lei.

« Ciao Marianne. »  disse semplicemente lui, accennando ad un puro sorriso di cortesia.

Effettivamente la ragazza non era come lui la ricordava: era senza dubbio cresciuta, anche in punti in cui la sua partner, invece, sembrava ancora una bambina – un sospiro afflitto echeggiò nella sua mente a quel pensiero – ma nonostante tutto l’avrebbe riconosciuta anche se non gli avessero detto chi fosse. Lo guardava con la stessa aria trasognante con cui lo fissava da bambina quando suonava il pianoforte, e avrebbe scommesso che anche caratterialmente non era poi così diversa.

Si accorse, poi, che gli occhi della giovane si erano immediatamente spostati su Maka.

« E lei sarebbe? »

Solo in quel momento tutte quelle persone sembrarono accorgersi di lei che, d’improvviso, si sentì nervosa e fuori posto sotto lo sguardo indagatore dei genitori di Soul e di quella ragazza.

« Ah… i-io sono Maka Albarn, molto piacere. Sono la partner di Soul, la sua shokunin, e- »

« Ed è la mia ragazza. » concluse il ragazzo per lei fissando serio i suoi genitori.

Marianne sobbalzò, quasi indignata, mentre i due adulti la osservavano ora con uno sguardo quasi curioso. Wes ridacchiò nascondendo la bocca dietro la mano.

« Lei sarebbe- »

« Si, mamma. E se sono venuto qui è soltanto per dirvi di persona che non ho intenzione di partecipare a questa pagliacciata del fidanzamento, visto che di ragazza ne ho già una. »

Un silenzio imbarazzante calò nella sala, rotto soltanto dal ticchettio dell’elegante orologio a pendolo nella stanza.

« Soul, questo è- »

« Eleonor, ne riparleremo a cena. – dichiarò risoluto Thomas – Ora andate a cambiarvi e riposate, sarete stanchi per il viaggio. Verrete chiamati quando sarà ora di mangiare. Con permesso. »

Il signor Evans si allontanò, seguito poco dopo da sua moglie e suo figlio maggiore. La giovane Marianne, invece, aveva ancora lo sguardo fisso sui due e sulle loro mani intrecciate.

« Beh? Cos’hai da guardare, Marianne? »

Questa posò gli occhi su quelli di Soul e sorrise: «Oh, nulla! Sono davvero contenta che tu sia tornato, sai? Abbiamo talmente tanto di cui parlare, prima del fidanzamento! » esclamò non accennando a far sparire la propria espressione beata dal volto.

Impedì a Soul di dire qualunque cosa poiché parlò nuovamente: « Beh, allora ci vediamo a cena, a dopo. »

Prima di oltrepassarli e scomparire anch’essa oltre la porta Maka la vide rivolgerle uno sguardo di sufficienza malcelato da un sorriso finto.

Fu quando avvertirono il rumore delle suole sul marmo diventare sempre più flebile che entrambi tirarono un sospiro di sollievo.

« Soul, non so se riuscirò a sopportare la pressione. Ho l’impressione di non stare molto simpatica ai tuoi. E quella Marianne mi odia! Hai visto come mi ha guardata? »

Il ragazzo rise della smorfia allo stesso tempo afflitta e irritata della sua partner, poi le pose un braccio attorno alle spalle e la guidò fuori di lì per andare al piano superiore dove una cameriera già li aspettava per mostrare loro le rispettive camere.

« Ah, l’effetto sorpresa è stato indescrivibile! » quasi si rallegrò delle espressioni di stupore e incredulità che si erano dipinte sui volti di tutti.

« Già… » sospirò non soddisfatta allo stesso modo.

« So che puoi farcela Maka – ghignò lui – chi meglio di te può tener testa a tutti loro? Sei la mia ragazza, no? »

 

 

 

 

 

 

 

 

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Eccoci qui. Wow, sinceramente non pensavo di ricevere tutte quelle recensioni. Vi ringrazio e sono contenta che vi sia piaciuto il primo capitolo!

Il titolo di questo fa un po’ schifo, ma non ho trovato di meglio.

Siamo entrati a villa Evans. Non avendo la più pallida idea delle personalità dei genitori di Soul ho azzardato naturalmente – compresi i nomi – basandomi soltanto sul suo fastidio nell’essere chiamato per cognome. Il rapporto con i genitori verrà più a galla nel prossimo capitolo, ma nemmeno poi tanto visto che, ripeto, non vi è nulla di introspettivo, niente che indaghi più di tanto nel passato – seppur sia una cosa che desidererei fare prima o poi. Ed è comparsa la fantomatica “fidanzata”.

Wes è chiaramente il diminutivo di Wesley, ma non so se Soul si possa considerare il diminutivo di qualche nome. Mi veniva Soullivan, ma andiamo, un nome così terribile – senza offesa xD – rovinerebbe la sua aria cool, e poi non sono nemmeno sicura si scriva a quel modo. Meglio non rischiare, Soul non me lo perdonerebbe probabilmente.

Spero abbiate gradito anche questo =)

Alla prossima.

 

PS: ho dimenticato di dire una cosa nello scorso capitolo. Giusto a titolo informativo, il sottotitolo alla fiction è la traduzione inglese che ho trovato della frase “questo matrimonio non s’ha da fare” dei Promessi Sposi. Mi pareva azzeccata e l’ho messa.

   
 
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