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Autore: _montblanc_    22/09/2011    5 recensioni
«Mi sono risvegliata in mezzo alla foresta di Konoha e mi sono detta: ”Beh, non è un male, infondo è sempre stato il mio sogno”, ma poi l’Hokage mi aizzato contro un gruppetto di Anbu e tutto è degenerato...» stava sbraitando la ragazza, una certa isteria nel tono di voce.
~
«Vuoi unirti all’Akatsuki?» domandò di rimando lui, senza distogliere lo sguardo dal combattimento; si stava visibilmente spazientendo.
Vuoi unirti all’Akatsuki? VUOI UNIRTI ALL'AKATSUKI?! Certe cose non si chiedevano così! Non ci si poteva mettere un minimo di introduzione tipo “Ehi, ciao! Ma lo sai che anche se non sei una ninja e non sai un emerito cippolo di come ci si comporti in una battaglia, saresti un membro eccellente nell’Akatsuki? Eh? Che ne pensi?”.
Se lo faceva in modo così diretto e, sopratutto, ad una che non desidera altro nella vita - in mia difesa potevo solo dire che ognuno merita di avere le proprie ambizioni-, questa, poverina, rischiava l’infarto. Ed io non ero Kakuzu, a me ne bastava uno per rimanerci secca.
(Ho cominciato a scrivere questa storia veramente tanto tempo fa, quindi sto piano piano riscrivendo i vecchi capitoli nel disperato tentativo di renderli più leggibili)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akasuna no Sasori, Akatsuki, Altri, Deidara, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Capitolo 26:
Un caldo afoso incombeva nell’aria, emanato dai lunghi raggi del sole che, maestoso, risplendeva alto nel cielo.
Sarebbe stato un bel momento per fare un picnic da qualche parte ma, purtroppo, non ero nella situazione adatta per mettermi a pensare a cose “futili” come quelle.
Perfetto, erano arrivati i rinforzi.
Ovviamente quest’affermazione va letta nel modo più sarcastico che potete.
Insomma, quello che veramente pensavo era: “ Oh no, cazzo! I rinforzi!”.
Kakuzu e Hidan non sembrano essere particolarmente spaventati dall’arrivo di così tante persone, forse perché non sapevano quanto erano forti.
Fatto sta che, dato che Kakashi e Shikamaru erano appena stati sconfitti, forse eravamo in vantaggio.
Con sconfitti non intendo “uccisi”, no, per questo non avevano fatto in tempo.
Infatti a causa dell’arte del legno di Yamato i due nukenin erano stati costretti ad allontanarsi.
- Kakashi-sensei!- esclamò Sakura preoccupata che, per mia grande gioia, rivedevo.
Subito andò a verificare la condizione dei suoi compagni.
- Sono ancora vivi!- disse in modo professionale– Ma in pessime condizioni, devono essere trasportarti all’ospedale immediatamente.-.
- Non erano solo in due?- chiese Yamato che, in quel momento, sembrava volesse trapassarmi con lo sguardo.
- Dove sono Ino e Choji?- domandò invece Naruto, accorgendosi della loro assenza.
Il gruppo di Konoha si guardò intorno, cercando di individuare il corpo degli altri due membri mancanti. - Forse...- sussurrò l’Haruno – Forse è stata lei.- disse guardandomi.
Di tutta risposta le sorrisi trionfante.
Non potevo certo affermare che mi fosse mancata, anzi, sinceramente avevo sperato con tutto il cuore di non rivederla mai più.
- Quella volta, durante lo scontro con l’Akatsuki, è stata lei quella ad utilizzare il Jutsu del teletrasporto che mi ha riportata a Konoha.- spiegò agli altri.
- La prossima volta mi prodigherò affinché tu finisca in un posto freddo e sperduto.- borbottai, così piano che non poté sentirmi.
Mi ricordavo bene cos’era successo l’ultima volta che l’avevo fatta arrabbiare, non sarei caduta due volte nello stesso errore.
- Potrebbe aver fatto la stessa cosa con Choji e Ino.- ipotizzò la rosa – Cosa facciamo capitano Yamato?- domandò poi.
La ragazza aveva fin troppo intuito per i miei gusti.
- Sai.- chiamò lui – Tu trasporta Kakashi e Shikamaru all’ospedale di Konoha. Noi dobbiamo ritirarci, combattere contro loro sarebbe troppo rischioso. Se sono riusciti a sconfiggere senza problemi Kakashi...-.
- Non possiamo andarcene come se nulla fosse!- protestò il Jinchuuriki.
- Naruto calmati! Loro mirano a te, se finissi nelle loro mani...- tentò, ma inutilmente.
- Non me ne importa nulla!- lo interruppe – Non possiamo farli andare via così! Hanno ucciso Asuma e...guarda come hanno ridotto il maestro Kakashi e Shikamaru!-.

In quel momento, in un posto sperduto e introvabile, due figure camminavano lungo un corridoio di pietra, illuminato appena dalla luce fioca di alcune candele.
La prima era avvolta in un lungo mantello nero, il cappuccio chinato sul viso, che impediva di scorgerne l’identità. Due ciocche di capelli castani, abbastanza lunghi, le ricadevano liberi lungo le spalle e rimbalzavano ad ogni suo passo.
La seconda figura, quella di un uomo, camminava alla sua destra.
I capelli argentei erano legati in un codino e sul viso portava un paio di occhiali, che gli davano un’aria professionale.
Osservava in modo sospettoso la persona accanto a lui che, a quanto sembrava, si trovava completamente a suo agio.
- Allora Kabuto...- iniziò affabile lei – La smetti di guardarmi o vuoi che ti lasci una foto ricordo?-.
L’uomo in questione si irritò: il suo tono di voce, così maledettamente tagliente e velenoso, gli aveva dato terribilmente fastidio.
Chi si credeva di essere quella ragazzina?
In lei poteva quasi giurare di vedere Sasuke Uchiha in persona: stessa sicurezza e stessa caparbietà.
Sarebbe stata difficile da controllare, questo lo sapeva bene anche Orochimaru.
Allora perché il signore dei serpenti aveva insistito tanto per averla? Perché si era spinto così in là, arrivando addirittura ad utilizzare quella tecnica?
Kabuto aveva sempre saputo e condiviso la passione che il suo signore aveva per i jutsu proibiti, ma utilizzare quello era stato un vero azzardo.
Era risaputo che occorresse un grande dispendio di energie e, se fosse stata una persona normale a utilizzarla, allora sarebbe certamente morta.
Anche se era stato Orochimaru in persona ad eseguire quella tecnica, aveva rischiato grosso. Era arrivato al limite.
- Allora, ci vorrà ancora molto per arrivare?- chiese lei, senza far trasparire nulla dal suo tono di voce – Se Orochimaru o quello che è ci teneva così tanto a vedermi poteva scegliere un posto un po’ meno lontano, no?-.
Si, era effettivamente una ragazzina irrispettosa come quell’Uchiha.
- Il serpente ti ha mangiato la lingua Kabuto?- ridacchiò lei – Ti ho fatto una domanda, gradirei una risposta.-.
- Porta pazienza, Ambra.- la ammonì lui, facendole storcere il naso.
- Non chiamarmi così.- sbuffò, seccata – Anche se mi trovo in questo corpo preferisco che si usi il mio nome: Fuko.-.
Dopo quell’affermazione, tra i due, scese il silenzio, scandito solamente dal rumore dei loro passi.
Fuko, così pretendeva di essere chiamata, era abbastanza seccata da quella situazione.
Quel viscido verme di Kabuto la trattava come se fosse una bambina e lei non lo sopportava.
Si appuntò mentalmente che lo avrebbe ucciso alla prima occasione.
Per il momento, però, doveva fare la buona ed aspettare: aveva bisogno di Orochimaru per poter tornare nel suo corpo.

Fuko:
La luna, chiara e luminosa, aveva preso il posto del sole e, insieme a centinaia di stelle, brillava incontrastata nel cielo.
Per fortuna, a sostituire il caldo afoso che fino a poco tempo prima aveva lambito i nostri corpi, soffiava un fresco venticello.
- Mi dispiace...- mormorai piano io, dondolando tra le braccia dell’avaro che, a passo di marcia, avanzava tra la sterpaglia di quel luogo – Mi dispiace veramente tanto!- ripetei a voce più alta, veramente mortificata.
- Non è delle tue scuse che abbiamo bisogno, Fuko.- mi fece presente Kakuzu – Ci serve una cartina.-.
- Ma si può sapere dove cazzo ci hai portati?- domandò irritato Hidan, spostando lo sguardo su di me.
Lo osservai, sentendo gli occhi farsi carichi di lacrime.
- M-mi disp...-.
- Dillo un’altra volta e ti assicuro che l’averci portati qui sarà l’ultima delle tue preoccupazioni, mocciosa.- affermò tagliente l’altro, facendomi morire le parole in gola.
Non sapevo se definirmi più terrorizzata da quella frase o dal fatto in se di ritrovarmi tra le sue braccia.
Probabilmente per entrambe le cose.
Nonostante avessi sperato che fosse l’albino a trasportarmi, alla fine, questo si era rifiutato categoricamente di farlo e mi aveva liquidato con:
- Non c’è divertimento se indossi i vestiti-.
Di conseguenza, nonostante Kakuzu avrebbe preferito trainarmi per una caviglia con i suoi tentacoli, era stato costretto a sopportare il peso di tale fanciulla.
Probabilmente vi state chiedendo cos’è successo, anzi, credo che, a grandi linee, abbiate afferrato il concetto: eravamo stati miseramente stracciati.
Naruto era stato irremovibile e aveva deciso di battersi con noi mentre Sai aveva trasportato con degli strani mostriciattoli di inchiostro i due feriti a Konoha.
Era cominciato lo scontro e...Hidan era stato tagliato in due metà da una tecnica dell’uomo legnoso, il Jinchuuriki aveva trapassato un cuore di Kakuzu e Sakura, non so ancora per quale motivo –probabilmente per vendetta- mi aveva spaccato entrambe le gambe.
Non sapevo ancora com’era successo ma, nonostante all’inizio le stessi tenendo testa, per una piccola distrazione – causata dal disgusto totale che avevo provato nel vedere l’albino fatto a fette- era riuscita a colpirmi.
Le era bastato un solo pugno per fratturarmi entrambe le gambe ed io, che non sapevo più cosa fare, creando un vuoto spazio-dimensionale avevo portato me e i miei due compagni molto lontano da lì. Così lontano che non avevamo la minima idea di dove fossimo finiti.
Hidan era stato ricucito da un Kakuzu piuttosto seccato da quell’interruzione ma, dato che era una persona intelligente aveva capito che, se non ce ne fossimo andati, saremmo finiti male – o almeno io e il Jashinista non avremmo fatto una bella fine-.
- Mi disp...- cominciai pensando a quello che ci era capitato, ma un’occhiata assassina di Kakuzu mi fece rimangiare quello che stavo per dire – Non volevo che finisse così...- dissi, osservandomi le gambe che, penzolanti, facevano un male cane.
Non appena ci eravamo resi conti di esserci materializzarti nel mezzo del nulla avevo provato ad aprire un altro varco, ma non ci ero riuscita. Eravamo bloccati lì.
Continuammo a vagare nella sconfinata pianura per diverso tempo prima di riuscire a scorgere un villaggio in lontananza.
- Era ora...- borbottò Hidan, massaggiandosi una spalla.
Lo guardai, incantata: i capelli, argentei, sembravano brillare sotto la luce blu della luna, esaltando il suo viso e i suoi bellissimi occhi viola.
Mi tappai prontamente la bocca, reprimendo l’urletto stridulo che aveva minacciato di sfuggirmi dalle labbra.
Probabilmente gli immortali lo interpretarono più come un rantolio di dolore che altro.
Mi dispiaceva veramente di essere soltanto una palla al piede per quei due e, probabilmente, se avessi avuto una pala a portata di mano mi sarei andata a seppellire da qualche parte, in modo da non costringerli più a sopportare la mia presenza.
Non doveva finire in quel modo, accidenti! Per colpa mia avevano quasi rischiato l’osso del collo! Bè, era anche vero che era per merito mio che erano ancora vivi...
Il villaggio dove eravamo capitati era veramente orribile: per la strada, decine e decine di persone ubriache vagavano senza meta e l’odore di alcol si propagava tutt’intorno a noi.
- Ma che bel posticino...- fece ironico Hidan.
- Non iniziare a lamentarli.- lo ammonii l’altro – Siamo solo di passaggio.-.
Pochi metri più avanti ci ritrovammo di fronte ad una piccola locanda illuminata, che, a quanto sembrava, era il posto più raccomandabile di quel luogo.
Al suo interno si respirava un’aria completamente diversa: le persone chiacchieravano allegramente e l’odore acre dell’alcol era sostituito da un leggero profumo alla vaniglia.
Sorvoliamo sul fatto che io odiassi con tutto il cuore quell’odore, dato che, solo respirandone un po’, sentivo la testa farsi tremendamente pesante.
I miei pensieri vennero interrotti da Kakuzu che, senza rendersene conto, sbatté violentemente le mie gambe contro lo stipite della porta, incurante del fatto che per poterci passare entrambi avrebbe dovuto attraversarla mettendosi leggermente di lato.
Trattenni a stento un urlo di dolore, che avrebbe fatto impallidire anche il miglior esorcista.
- Va tutto bene, tutto bene...- iniziai a farneticare, cercando di auto-convincermi – Non fa male, non fa affatto male!- continuai, sotto lo sguardo divertito di Hidan che, a quanto pareva, aveva una soglia del dolore un po’ troppo alta per poter comprendere come mi sentissi in quel momento.
Con le gambe a pezzi, letteralmente. Mi facevano così male che ero stata tentata di chiedere all’avaro di amputarmele – poi avevo desistito temendo che accogliesse le mie suppliche-.
- Desiderate, miei cari?-.
Una voce acuta e gracchiante richiamò la nostra attenzione.
Era una signora anziana, così magra che sembrava essere in procinto di sgretolarsi.
I capelli, pochi e bianchi come il latte, erano raccolti in una crocchia scomposta, tenuta ferma da una fascetta da cameriera.
Rabbrividii: indossava un corto vestitino nero, attillato che, purtroppo per noi, lasciava veramente poco spazio all’immaginazione.
La gonna, ricoperta da un leggero strato di tulle, rimbalzava ad ogni suo passo, alzandosi fin troppo per i miei gusti.
Era uno scenario veramente raccapricciante.
- Dove siamo?- domandò il tesoriere dell’Akatsuki scatenando la risata ilare da parte della nonnetta.
- Ma nel mio albero, sciocchini.- disse, agitando una mano con noncuranza.
S-sciocchini?
Mi tappai la bocca con una mano, cercando di trattenermi dal mettermi a ridere seduta stante.
Prima che Kakuzu potesse dire che, effettivamente, intendeva il nome del villaggio in cui ci trovavamo lei prese parola:
- E’ l’unico locale del paese, tesorini, ed è anche molto economico.- .
Mi sfuggii un singhiozzo, mentre gli occhi prendevano a lacrimare.
Non sarei riuscita a trattenermi per molto.
Kakuzu abbassò lo sguardo su di me: probabilmente pensava che fossi in procinto di morirgli tra le braccia.
- Potrei anche concedervi uno sconto.- aggiunse la nonnetta, soffermandosi sull’albino che, incurante della situazione, si osservava intorno, svagato.
Non appena notò che la vecchietta lo stava fissando si voltò verso di lei, che ricambiò lo sguardo con un occhiolino.
Trasalii.
Perfetto, avevamo anche beccato la nonnetta pedofila! Ok che Hidan era bello, anzi, dire semplicemente così era una bestemmia. Lui era un figo pazzesco, stratosferico, incomparabile!
Aveva dei muscoli che ti facevano girare la testa solo a guardarli e volevamo parlare della sua lingua?
Insomma... se non fossi stata troppo presa a disgustarmi quando aveva preso a slinguazzare il sangue di Asuma probabilmente mi sarei messa a sbavare. Perché si, dovevo ammetterlo, nutrivo un debole per lei – dire così non faceva proprio un bell’effetto-.
Però, infondo, c’era un limite a tutto. Non pensava di essere un po’ troppo stagionata per provarci con un ragazzo come lui? Suvvia, a breve il Signore se la sarebbe venuta a prendere!
- Non siamo venuti qui per riposarci.- rifiutò Kakuzu, ignorando le proteste dell’albino.
- Potrei aggiungerci un pasto gratuito.- sorrise lei, continuando a lanciare occhiate lascive verso la sua preda.
Le lanciai un’occhiataccia: ma si poteva essere gelose di una vecchietta? Insomma, non credevo che Hidan se la sarebbe filata più di tanto. Infondo sembrava più morta che viva! Non che conoscessi i gusti sessuali dell’albino, s’intende. Per quanto ne sapevo poteva anche essersela spassata con dei cadaveri.
La mia espressione passò dal “leggermente frustrata” al “decisamente disgustata”.
- Affare fatto!- intervenne allora l’uomo dei miei pensieri, risvegliandomi dalle mie riflessioni sulla sua presunta “necrofilia”.
La vecchia, contenta – probabilmente credeva di essere riuscita a persuaderlo attraverso il suo incredibile sex-appeal- ci fece pagare le stanze, dove ci scortò subito dopo.
- Per qualsiasi cosa...- sguardo civettuolo verso Hidan – Sono nella stanza accanto- soffiò, lasciandoci finalmente soli.
Quando la porta si chiuse io, che ero stata abbandonata come un sacco di patate sul letto, presi a ridere convulsamente, sbattendo una mano sulle coperte.
- Se stai per morire avvertimi che provvedo subito a sacrificarti a Jashin-sama.- sorrise l’albino, andando a posare la falce accanto ad una delle pareti verdi vomito.
- Questo posto costa troppo per la sua scarsa qualità.- intervenne allora l’avaro, infastidito.
Povero, chissà quanto gli era costato spendere i suoi amati soldi!
Mi osservai intorno, curiosa: ero semi-sdraiata su un letto matrimoniale. La parete opposta, era attraversata da una grande finestra, coperta da una lunga tenda bianca che, non appena Hidan se ne accorse, andò ad aprire.
Trattenni a stento un grido di paura: il “panorama” dava su un ampio giardino. Non ci sarebbe stato nulla di male se al centro del cortile non ci fosse stato un pozzo... un pozzo fin troppo simile a quello di The Ring.
Distolsi lo sguardo, temendo che, prima o poi, una mano bianca e cadaverica potesse far capolino da lì dentro.
Il bagno, isolato dal resto della camera solo grazie ad una tendina, era decisamente piccolo, quadrato e compatto.
Solo allora mi accorsi che, effettivamente, c’era qualcosa che non andava.
- Perché c’è un solo letto?- domandai, confusa.
- Perché le altre stanza costavano troppo.- spiegò semplicemente Kakuzu – Ora togliti i pantaloni.-.
- P-prego?- balbettai, rossa in viso.
- Ti devo visitare le gambe.-.
Tirai un sospiro di sollievo.
Ok, forse Hidan non era l’unico a cogliere sempre il doppio senso della situazione.
- Su, da brava gattina, togliti i pantaloni....- mi canzonò quest’ultimo, avvicinandosi.
Probabilmente, in quel momento, dovevo aver assunto tonalità psichedeliche.
- B-bè i-io n-n-non credo prop-rio che sia il c-caso!- iniziai impacciata, agitando le mani.
Non esisteva che mi spogliassi di fronte a loro due!
- Hidan perché non vai a farti un giro?- gli consigliò l’altro.
Ero io che non avevo capito bene o quella non era una vera e propria domanda?
- Proprio ora che cominciavo a divertirmi!- si lamentò lui melodrammatico, uscendo.
Chissà... magari sarebbe andato a far compagnia alla signora anziana. Lei sarebbe stata sicuramente contenta!
- Ora puoi toglierti i pantaloni.- ripeté l’altro.
Che dovevo fare? Non me ne andava proprio di svestirmi davanti a lui...
Mi lanciò un’occhiataccia raggelante, che cancellò ogni mio dubbio.
- V-va bene...- mormorai, cercando, goffamente di sfilarmi gli indumenti.
Non ce la facevo, era più forte di me, a breve sentivo che sarei morta per l’imbarazzo.
Come se non bastasse Kakuzu, che probabilmente non si era accorto di tutto il mio disagio, prese a tastarmi le gambe.
Mentre per lui, probabilmente, era una cosa normale a me sembrava leggermente un vecchiaccio pervertito.
Effettivamente avrebbe formato una bella coppia con la nonnetta di poco prima. Infondo, l’età c’era no?
Anche se quest’ultima preferiva il suo compagno di squadra.
Spalancai la bocca, sconvolta.
Il triangolo no! Non l’avevo considerato!
- Fai in fretta!- lo pregai – non mi ero mica dimenticata di quello che mi stava facendo-.
- Sono abituato a curare gli arti quando vengono amputati.- mi fece presente – Posso sempre staccarti le gambe e ricucirtele, ci metterei molto di meno.-.
Fatto sta che, alla fine, l’unica cosa che poté fare fu una sottospecie di ingessatura di fortuna, che non alleviò di molto il dolore.
Quando anche l’albino tornò dovemmo affrontare il problema “dormire”.
Il letto era uno e noi dovevamo starci in tre.
- Io non ci dormo vicino a Kakuzu!- disse prontamente l’albino, anticipando un mio: – Penso che andrò a dormire nella doccia-.
L’avaro gli scoccò un’occhiata indignata.
Povero, nessuno lo voleva vicino!
- Io non ho problemi.- mormorai afflitta, dato che lo sguardo seccato del tesoriere si era posato su di me.
Sinceramente io ce li avevo i problemi, eccome se ce li avevo.
Hidan proruppe in una risata agghiacciante.
- Allora tu stai in mezzo.- sbiascicò tra un singulto e l’altro – Però fai attenzione, Kakuzu è un morto di figa. Chissà da quanto tempo è che non tocca una donna!-.
Sentii qualcosa appoggiarsi sulla mia spalla.
- L’ho appena fatto.- fece l’altro, la voce atona.
- Ad ogni modo, attenta ai suoi tentacoli.- mi sussurrò all’orecchio l’albino, mentre ci sistemavamo sul letto.
- Ma dove vuoi che li metta i suoi “tentacoli”?- sospirai io, esasperata.
- Eh, appunto!- rise lui.
Mi passai una mano sul viso, sempre più sconvolta di prima.
Effettivamente, dormire nella doccia – o anche nel pozzo che occupava il giardino- sarebbe stato più piacevole.
  
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