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Autore: etienne86    22/09/2011    10 recensioni
La storia comincia dall'incidente a Saont Antoine e procede abbastanza fedele all'anime, ma una scelta determinante di Andrè e la presenza di nuovi personaggi cambieranno il corso degli eventi
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 21 Il precedente capitolo non è stato accolto molto bene dalle lettrici che seguono la mia fic. Per questo temo la lapidazione...
Credo che ognuno abbia una sua idea di come Oscar avrebbe dovuto comportarsi di fronte agli eventi storici di quel periodo. Questa è la mia visione, che non vuole essere nè assoluta nè per forza veritiera. L'unica vera è quella della Ikeda , il resto può piacere oppure no, ma resta semplicemente una questione di gusti.
Grazie a tutte quelle che vorranno arrivare fino in fondo e a quelle arrivate sino a qui.

Capitolo 21

Una folla multicolore si dirigeva verso la città. Davanti i bambini, con l'allegria di chi va ad una festa, in fondo gli uomini più giovani e robusti, che trainavano i cannoni.
Il campanile di una chiesetta lungo il percorso battè mezzogiorno.
Era in ritardo al suo appuntamento con Andrè. Lo avrebbe trovato sicuramente imbronciato, e sorrise tra sè pensando  a come farsi perdonare, quella notte...
Girò il cavallo e sussurrò a Gustave " Seguiamo Bernard fino a Parigi, poi da lì proseguiremo per il monastero di Rebais"
Il bambino non rispose. Era taciturno, non sembrava minimamente coinvolto dal giubilo che si era diffuso tra i manifestanti.
Le sarebbe piaciuto salutare madame Dressie; si era allontanata alle prime luci dell'alba come un ladro, ma non voleva correre rischi coi mercenari accampati nella sua tenuta.
Quando furono in prossimità della Senna, spronò Cesar e raggiunse gli uomini  a capo del corteo, per salutare Bernard.
"Andrè mi aspetta al monastero di Rebais: oggi diventerò sua moglie" affermò, arrossendo suo malgrado. "Porta i miei saluti a Rosalie e abbiate cura di voi !"
L'uomo che marciava al fianco del suo amico la fissò con malcelata cattiveria.
"Chissà cosa direbbe vostro padre, colonnello, a vedervi aiutare i rivoltosi mentre ripuliscono l'esercito delle sue scorte di munizioni?!" e scoppiò in una risata maligna.
"E' stata una fortuna non riuscire ad ammazzarvi, qualche tempo fa, però mi resterà sempre il rammarico che mi abbiate tolto di mano i reali di Spagna, quando li avevo in pugno..."
"Piantala, Saint Just!" lo redarguì Bernard.
Oscar spalancò gli occhi per lo stupore. Ecco chi era: il misterioso assassino dal volto mascherato, che seminava il terrore tra i nobili di Parigi e che  per sbaglio aveva ferito suo padre! 
Le tornarono alla mente le parole di Andrè. Questa rivoluzione ha mille anime e troppi capi.
Ricordò come aveva definito Saint Just. Lei non aveva creduto possibile che fosse così vicino al marito di Rosalie.

E mentre realizzava questi pensieri, fermò Cesar e lasciò che i due uomini, e il popolo dietro di loro, le sfilassero davanti.
Non appena furono sul ponte del fiume, Saint Just saltò sul parapetto e  cominciò ad aizzare la folla.
"Abbasso i tiranni! Alla Bastiglia! Distruggiamola!!"
Con un balzo tornò sulla strada e cominciò a correre, seguito dalla gente urlante, che agitava in aria le armi appena conquistate.
Oscar assistette alla scena incredula: non capiva perchè volessero dirigersi alla Bastiglia quando lei aveva spiegato loro le conseguenze di un simile attacco, e soprattutto , quando li aveva informati che non c'erano munizioni e nemmeno prigionieri politici. Quella decisione le sembrò una sorta di ripicca da parte di Saint Just nei suoi confronti, una specie di gioco di potere per dimostrarle  il suo ascendente sulle folle, e la sua capacità di condurle dove lui voleva.
Quel uomo è un pazzo- pensò-non mi farò coinvolgere in questo gioco al massacro!
Eppure, come se un misterioso passaparola si fosse diffuso per le vie di Parigi, cominciarono a confluire da tutte le strade e le viuzze dei vari  quartieri, orde di cittadini armati di fucile o di semplici bastoni, insieme a donne e bambini, diretti sulla riva settentrionale della Senna, dove si trovava l'antica fortezza, da secoli emblema dell'assoluto potere monarchico.
Oscar, che doveva attraversare il fiume, si ritrovò praticamente bloccata con Cesar e Gustave, preoccupata per il nervosismo del cavallo, sempre più difficile da controllare.
Quando finalmente oltrepassò il Ponte de Sully,  era completamente imprigionata dalla folla.
Decise di fermarsi col cavallo in un vicolo laterale. Guardava le persone che sfilavano come un'esercito interminabile sotto i suoi occhi e le rimasero impressi i loro sguardi: non c'era più la gioia e l'entusiasmo che vi aveva letto quella mattina, al Palazzo degli Invalidi, ma una rabbia cieca e incontrollata, quasi animalesca, che le incuteva disagio.  Sentì come non mai l'assenza di Andrè al suo fianco,  la mancanza della sua incredibile capacità di "vedere"la realtà e le persone, nonostante fosse quasi cieco.
Ad un tratto si sentì chiamare.
"Comandante! Comandante! Oscar!"
Dall'altra parte della strada vide alcuni soldati della Guardia, senza la giacca ed il cappello della loro divisa, tra cui  Alain e Lasalle. Questi ultimi si distaccarono dal gruppo e la raggiunsero a fatica.
"Alain, Lasalle, andatevene subito! L'attacco alla fortezza è un gesto folle ed inutile! L'esercito si aspetta che il popolo si concentri alla prigione, farà intervenire la cavalleria e potrebbe esserci una strage! " I due si guardarono increduli, e le rivolsero un'occhiata dubbiosa.
"Credimi Alain. Ho parlato stamattina con Bernard e l'ho guidato al Palazzo degli Invalidi per procurarsi le munizioni. La Bastiglia è stata svuotata  di tutto, prigionieri compresi!"
"Ma se abbiamo le armi potremo difenderci e anche conquistarla!" esclamò Lasalle.
"Se forzerete le mura  l'esercito aspettarà che un mare di gente si riversi nel cortile per chiudere loro la strada. Vi massacreranno, per niente!"
Le sue ultime parole furono coperte da un sordo frastuono proveniente dalla piazza alle loro spalle.
Le si gelò il sangue. Era un colpo di cannone.
"Credo sia troppo tardi per tornare indietro, comandante" le disse Alain, che come lei aveva capito.
"Ha mancato il bersaglio" gli rispose, attenta a sentire il rumore  di un eventuale secondo tiro.
"Non sono capaci di utilizzarli, si faranno solo del male... con tutte quelle donne e quei bambini al seguito!" esclamò spazientita.
"Comandante, dobbiamo raggiungere la piazza e voi dovete prendere il comando!"
"No, Alain. Io e Gustave raggiungeremo Andrè, che ci aspetta al villaggio di Meaux, da ieri! Vi ho spiegato come stanno le cose: se voi volete farvi ammazzare non è un problema mio!" E fece voltare Cesar.
"Ma comandante, che ne sarà di Bernard e Rosalie?"
Si fermò di colpo. "Rosalie?"
"Certo, ha raggiunto suo marito proprio ora, insieme a Diane, era poco davanti a noi..."
Oscar si spinse col cavallo fino alla fine del vicolo. La strada principale era ancora ocupata da una miriade di persone. Scorse con gli occhi quella moltitudine, cercando la figura familiare della sua giovane amica. Infine la vide, insieme ad un gruppo di altre donne, la mano a sostenere il ventre rotondo, mentre  percorreva il lungofiume, ormai irraggiungibile.
Si voltò nuovamente verso i due uomini e smontò da cavallo.
Alain lesse nei suoi occhi la determinazione e la prontezza di azione che ormai conosceva,  ed ammirava.
"Lasalle, prendi il mio cavallo e fatti guidare da Gustave al convento di Rebais. Devi avvisare Andrè di quello che sta succedendo in città"
Digli di non tornare, di aspettarmi lì, che lo raggiungerò...
Queste furono le parole che le suggerì il suo cuore, ma le morirono in gola.
Era inutile recapitare un messaggio simile ad Andrè. Non l'avrebbe mai lasciata sola a combattere, non l'avrebbe mai lasciata sola...in qualunque caso. Non era giusto per loro due, non era giusto per il piccolo Gustave, ma il suo reale desiderio era che venisse da lei, il prima possibile.
Lasalle  la guardava, aspettando ulteriori indicazioni.
"Digli che è scoppiata la rivoluzione e ....che ho bisogno di lui!"
Mentre il soldato prendeva le redini, Gustave saltò giù dalla sella.
"Che fai, Gustave? Devi andare con lui, devi metterti al  sicuro, nel monastero!"
"Io resto qui, con voi" fu la sua semplice risposta.
Avrebbe dovuto sgridarlo, convincerlo, e invece gli sorrise.
"Sei proprio tale quale a lui!"
Poi  si rivolse ad Alain. "Noi invece dobbiamo raggiungere la postazione dei cannoni. Forse, con tiri mirati, andati a segno,   riusciremo a indebolire le torri, e a  convincere il governatore  de Launay alla resa, senza che sia necessario abbassare il ponte levatoio e invadere  l'interno della fortezza con centinaia di persone..."
L'uomo  la osservò senza fiatare: era davvero la persona più intelligente e coraggiosa che avesse mai incontrato.

Era inutile starsene lassù, tanto non vedeva niente. Eppure non poteva fare a meno  di rimanere sul piccolo campanile e guardare verso la strada che dal borgo conduceva all'abbazia. La strada da cui doveva arrivare Oscar, insieme a Gustave.
Ma ormai le campane avevano suonato mezzogiorno  da un pezzo e la sua futura sposa avrebbe dovuto essere già lì.
Sentì padre Vincent alle sue spalle.
"Vedete qualcosa, padre?" gli chiese serrando dolorosamente i pugni, con la voce velata di disperazione.
"No, mi dispiace, Andrè"
Appoggiò la fronte al muro del campanile e in silenzio sferrò un pugno contro le pietre secolari con cui era costruito.
"Ascolta, Andrè. Stamattina sono passate di qui alcune famiglie, in fuga da Parigi. Hanno raccontato  che la città è invasa dai soldati, che i rivoltosi si sono armati, che continuano saccheggi e disordini. Forse la tua Oscar non ha potuto lasciare la dimora della sua ospite o ha trovato qualche difficoltà ad allontanarsi, ma vedrai che è al sicuro ..."
"Non la conoscete, padre. Lei non è come le altre donne, lei non è... come nessun altro! Non riesco a immaginare qualcosa  che avrebbe potuto fermarla, oggi.  E'  in pericolo, lo sento!" E si avvicinò alla scala del campanile, per andarsene.
"Non puoi tornare a Parigi, da solo.  Vedi così male, Andrè. Dalle ancora un po' di tempo, aspetta fino a domani!"
"No, non voglio attendere oltre! Meglio adesso, con la piena luce del sole!"
Scese i primi gradini, poi si voltò verso il prete.
"Grazie di tutto, padre. Io...io spero di rivedervi!"
"Quando riuscirete io sarò qui, pronto a celebrare il vostro matrimonio!"
Il giovane si allontanò.
"Che Dio vi protegga!" mormorò, quando lo vide  scendere a cavallo lungo i campi,  verso la città.

Lasalle faticava a muoversi. Le vie erano occupate da barricate improvvisate, fatte  di  mobili e carrozze rovesciate. Nelle strade vicino alla Bastiglia l'affollamento era tale che il cavallo di Oscar rimaneva fermo per lunghi minuti nella calca. Era sempre più nervoso, e  Lasalle insieme a lui. Sentiva i muscoli dell'animale fremere sotto le sue gambe, e la sua testa scuotersi con colpi violenti,  come a voler sfuggire alla  stretta delle redini.
Stava sudando copiosamente, pensando all'incombenza che il suo comandante gli aveva affidato e alla sua incapacità di uscire da quella intricata situazione.
Di fronte all'ennesimo drappello di cittadini che gli bloccava il passaggio, esasperato dal cavallo ormai insofferente ai suoi comandi,  prese il fucile e sparò in aria, convinto di aprirsi rapidamente un varco nella folla.
Ma non aveva previsto la reazione dello stallone, che, spaventato dal rumore, tentò dapprima di correre ed infine, bloccato nella fuga, inarcò con forza la schiena fino a liberarsi del suo goffo cavaliere.
L'uomo cadde pesantemente sul selciato, battendo la fronte.
L'ultima cosa che vide, prima di perdere i sensi, furono gli zoccoli di Cesar, che trovato finalmente un varco, si allontanava al galoppo. 
  
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