Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Aleena    23/09/2011    0 recensioni
"Ricordo la mia vecchia vita.
Il vento inframmezzava ogni cosa, un vento freddo e persistente. Soffiava dalle montagne, portandosi dietro l’eco dell’inverno eterno ed il sapore di una terra lontana, appena oltre i monti.
Ha accompagnato tutta la mia vita, quel vento."
1a classificata al contest "Nei panni del vampiro" indetto da VaniaMajor sul forum di Efp
Vincitrice del Premio "Miglio Personaggio Femminile Protagonista" al contest "And the Winner is..." indetto da Dark Aeris. Sul forum di Efp.
Genere: Dark, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Lullabies'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 
 
 C'era uno straniero venuto d'oltremare al funerale dei miei genitori.
Riparato da un manto lungo osservava sotto la pioggia, glaciale ed indifferente, lo svolgersi del corteo.
Non si accalcò alla base della mia portantina, ma mi osservò scendervi e salire i gradini marmorei della mia casa. Aveva una tela sottobraccio, e nessun timore del gelo della giornata.
Lo cercai per una sera, e un’altra ancora, fra i mercanti e gli artisti girovaghi, poi mi imposi di dimenticarlo.
Ero il tipo di donna che necessitava d’essere corteggiata ed ammirata, eppure bramavo la sfida; forse per questo rividi nei miei sogni quell'uomo, nelle notti seguenti. Un'ombra avvolta nel manto nero con l’Arte come compagna di viaggio, misterioso e distante ad un tempo.
Nelle mie oniriche fantasia mi si avvicinava, sorridendomi appena senza schiudere le labbra, e la sua sola vista accendeva il fuoco della passioni in me.
Sognai che mi toccava, lieve dapprima, poi sempre più intimamente, mentre intorno a noi tutto svaniva: i nobili, le bare, i Druidi e la città stessa, lasciando solo la neve.
Era su questa, non più fredda ma morbida ed accogliente, che mi stendeva, vincendo ogni mia resistenza e macchiando la neve del mio fiore.
«Sono il tuo angelo.» sussurrava, e aveva la voce del Paradiso e gli occhi dell’Inferno.
Impura, lo desideravo.
Svegliandomi, mi costringevo a dimenticarlo.
Eppure, ogni pretendente era sempre più misero, a suo confronto.
 
La peste tornò, flagellandoci come una tempesta. Chiusi il palazzo, chiusi i cancelli della mia reggia, scacciai chiunque minacciasse solo di contagiarmi.
Man mano tutti i miei nobili cominciarono ad impallidire e vennero esiliati nel mondo di dolore al di fuori.
Una notte, sognai di danzare in un cimitero, facce devastate e morte che mi guardavano, corteggiandomi, toccandomi. Mi svegliai in preda a un tremito folle, confinandomi volontariamente nella mia stanza per un giorno ed una notte.
«Sarai simile a noi.» mi avevano sussurrato quelle voci «Non avresti dovuto rifiutarci.»
Distrussi lo specchio quella notte.
Non avrei camminato fra i morti.
 
Avevo udito un pettegolezzo di servette, mentre queste mi spazzolavano i capelli e mi vestivano.
«C’è un angelo giù alla taverna.» aveva detto una e la sua faccia s’era fatta sognante, strappandomi un moto di gelosia.
«Un demone, mia signora. Questo è lui. Un demone che dipinge l’inferno in terra.» aveva risposto l’altra, toccando l’ametista che aveva al collo, simbolo degli Dei.
Quella notte stessa violai il rifugio sicuro della mia casa, varcandone la soglia ammantata del colore della notte.
Nessuno nelle strade, illuminate dal bagliore lontano dei focolai dei monatti.
Incauta, respirai a piani polmoni l’aria umida che soffiava dal mare, e per un attimo fui di nuovo una bambina che correva fra i glicini della serra.
Poi venne il tanfo della locanda, le scale interminabili, il buio della stanza. 
Il silenzio. Un vecchio amico.
Era una notte di luna piena e avevo il mio vestito migliore addosso, velluto rosso sangue e pizzi neri d'importazione.
Rubini ornavano i miei capelli, stretti nella retina vermiglia.
Rubini ornavano i pizzi dei guanti.
Un unico, enorme rubino rosso come il sangue, cupo e profondo come la notte e dalle fattezze di una rosa scendeva dal mio collo, poggiandosi nel piccolo incavo alla base.
Erano le tasse del mio popolo, quella stolta mescolanza di razze che si ostinava a criticare il mio stile di vita, il giusto lusso che la mia bellezza m'imponeva di concedermi, mentre la morte flagellava il paese.
Molti avrebbero dato la colpa a me, chiamandomi strega, sposa dei demoni.
A quel tempo, erano ancora menzogne.
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Aleena