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Autore: Blackvirgo    23/09/2011    2 recensioni
Dicono che il dovere sia l'inizio e la fine della vita di un Celestiale, che ogni Celestiale nasca per compierlo e che muoia solo dopo averlo portato a termine. E dicono anche che un Celestiale che non assolva il proprio dovere sia destinato a un tremendo castigo.
Una raccolta di side story/one shot autoconclusive incentrate sui personaggi di un mio racconto in fieri da anni.
@ capitolo 1: Pace:Zomurn sorrise alla scena, senza sarcasmo, senza ironia. “Forti sono i legami che uniscono i Celestiali,” mormorò con una nota di tristezza nella voce melodiosa.
seconda classificata al primo round (tatto) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 2: Ricordi:Hai ragione, Neera, pensò. il ragazzino che tu hai conosciuto è davvero in grado di stupirmi.
prima classificata al secondo round (vista) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 3: Baci:“Quel bacio era la somma di tutto quello che avevano passato durante gli anni assieme, dal momento in cui si erano conosciuti, fino a quel preciso istante.”
prima classificata al terzo round (gusto) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 4: Una storia... e molti modi per raccontarla:“A Kimi toccò sorridere, perché sapeva quanto fosse pericoloso raccontare quella storia davanti a Zomurn: sarebbe bastata un’intonazione sbagliata o un accento ambiguo e il temerario menestrello avrebbe rischiato di non poter raccontare più nulla nei suoi giorni a venire.”
prima classificata parimerito al quarto round (udito) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 5: La spada: “Respirare era annusare. Annusare era conoscere. Conoscere era capire.
prima classificata al quinto round (olfatto) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
N.B.: cronologicamente parlando Ricordi viene prima di Pace, ma per esigenze del concorso e per il tentativo di renderle autonome ho pubblicato le storie in questo ordine. Spero che siano comunque piacevoli da leggere!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Assaporò il bacio di Shahan una volta ancora, come molte prima, come molte a venire. Aveva un gusto difficile da descrivere: nessun sapore particolare spiccava sugli altri. Quel bacio era la somma di tutto quello che avevano passato durante gli anni assieme, dal momento in cui si erano conosciuti, fino a quel preciso istante.

La bocca gli si era improvvisamente seccata, la prima volta che l’aveva incontrata. Le labbra si erano attaccate tra loro e ogni sapore era andato perduto. Gli era apparsa dal nulla, quasi fosse un animale selvatico e lui era stato pronto ad attaccarla, per difendersi, per uccidere se necessario. Gli avevano detto di trovare un Antico e di portargli un messaggio da parte del clan. E invece si trovava davanti a una ragazza dall’età indefinibile, silenziosa e pericolosa come una fiera. Era arrivata, avevano scambiato poche parole e se ne era andata. Silenziosa come era venuta.

Si era inaridita la bocca a Valzigor, quella volta, e l’unica cosa che avrebbe voluto era un sorso d’acqua al posto di quella sensazione di sabbia. Ancora non poteva sapere che Shahan, in quel momento, gli aveva mostrato quale fosse stata la sua vita finora: una vita di labbra secche, di sabbia in bocca e, in ultima analisi, senza alcun sapore.

Poi c’era stato l’incontro con l’Antico a cui doveva portare il messaggio da parte del clan. La stessa persona che Shahan chiamava “Maestro”. La stessa persona che anche per lui sarebbe diventato un Maestro. Era stato un incontro burrascoso: non poteva sapere quanto livore il Vecchio Stregone nutrisse per quelli come lui, non poteva sapere che, qualunque fosse il messaggio della sua missiva, il suo ardire lo avrebbe condannato a morte. Era stata una lotta impari, la loro, ma forse è vero che la fortuna aiuta gli audaci, perché Valzigor poteva permettersi di ricordare quell’episodio: un dolore lancinante al cervello – una stilettata – e quel sapore dolciastro e fastidoso. Familiare: il suo sangue. Gli era rimasto in bocca fino al risveglio, monito che era stato battuto, ma che aveva un’altra possibilità: di comprendere, di combattere, di avere una rivincita o una vendetta. O semplicemente di vivere.

E così aveva fatto: non era tornato al clan obbedendo agli ordini. Era rimasto, prima perché troppo debole per rimettersi in viaggio, poi per curiosità: molte erano le leggende che aleggiavano sugli Antichi e Valzigor voleva saperne di più. Era solo un ragazzino, a quel tempo, che aveva vissuto una vita che non sentiva sua. Per il clan avrebbe dovuto diventare un guerriero – le sue capacità magiche erano troppo limitate per diventare un mago utile a qualche cosa – ma odiava combattere. C’era una filosofia che comprendeva nell’autodisciplina, negli allenamenti fatti per apprendere il proprio corpo e la propria anima, nella costruzione – giorno dopo giorno – dell’arma che avrebbe brandito per tutta la vita. Era conoscersi, smontarsi e ricostruirsi ogni giorno. Poi c’erano i combattimenti, allenamenti che non erano solo tali: ognuno non mirava a battere l’avversario, ma a umiliarlo, a ferirlo, a ucciderlo se possibile.

Aveva gustato tante volte il sapore del sangue in quelle occasioni e aveva imparato a odiarlo. Di odio era stata anche la prima reazione – riflesso incondizionato della sua mente – che aveva avuto nei confronti dell’Antico. Odio che era passato subito lasciandogli molte domande e tanta voglia di cercare la risposta lontano dal suo clan. Era rimasto, prima sperando che lo avessero creduto morto, poi perché se avesse rivelato che si era innamorato di un’umana lo avrebbero ucciso davvero. Ma ormai il suo posto era accanto a Shahan. 

Eppure, un giorno, era tornato a Syamal. Era stata sua madre a chiamarlo, una richiesta di aiuto. Quando era arrivato ne aveva capito il motivo: la città era a ferro e fuoco: erano grida, clangori di lame e scudi, fiamme e fumo che gli aveva invaso il naso e la bocca con la sua acredine, che non aveva tardato a stringergli il cuore quando aveva scoperto che, della sua famiglia, gli unici sopravvissuti erano Zomurn e un neonato. “Fa in modo che non diventi come gli altri,” gli aveva chiesto la madre prima di morire, indicandogli il bambino di pochi mesi. E lui aveva deciso di portarlo via. Aveva lottato con Zomurn per questo e, ancora si chiedeva perché prima il suo precedente maestro avesse voluto fermarlo e poi, all’improvviso, avesse deciso di lasciarli andare. E di giurare di non avvicinarsi mai più a loro. Un giuramento fatto sul loro sangue, di nuovo monito di cambiamento. Ma un cambiamento dal sapore terribile: lo stesso che ha la perdita delle persone care, di quelle importanti e, in ultima analisi, di ogni certezza.

Aveva assaporato la neve quella volta, mentre camminava, mentre arrancava perdendo il fiato ad ogni boccata di aria gelida, ad ogni passo nella neve morbida e faticosa, ad ogni pensiero che pesava più delle vesti bagnate, del braccio ferito. Era caduto con la faccia sulla neve e l’aveva mangiata. E aveva gustato quel sapore di nulla, di bagnato, incapace di dissetarlo, di lavargli via il retrogusto dolciastro – e amaro! Quanto amaro! – di sangue. Eppure quella neve sulla faccia e nella bocca lo aveva ributtato nella realtà. Nel nulla e nel gelo che sentiva nella bocca e nel cuore.

Si era svegliato e non poteva credere ai suoi occhi: era notte fonda e Shahan era al suo fianco. Non era morto eppure non era mai stato così vicino a morire come quel giorno, e aveva rischiato di farlo con il sapore della bile nella bocca. Forse era stata la tortura a far risalire le sue secrezioni dall’intestino fino alla bocca per fargliele assaggiare… oppure era stato lo stesso percorso che lui stava facendo con i suoi ricordi più preziosi: all’indietro, uno a uno, preso e imprigionato, pronto per essere sacrificato assieme alla sua vita. E non poteva esistere nulla di più amaro che morire senza neppure i ricordi di coloro per le quali avresti sacrificato tale vita.

E, ancora una volta, il sapore del sangue: aveva creduto che l’unico cambiamento che potesse annunciare – ormai – era la morte. Invece era vivo e Shahan gli stava raccontando che Zomurn – prima maestro, poi nemico – lo aveva salvato. Lo aveva riportato a coloro che amava.
Poi Shahan aveva smesso di parlare e aveva avvicinato le sue labbra alle sue. Si erano baciati. E quel bacio conteneva tutti quei sapori: di deserto (e di boschi lussureggianti), di fumo (e di resina di pino), di neve (e di prati fioriti), di bile (e di lacrime salate) e di sangue.
Eppure era dolce, come solo le cose belle acquisite al prezzo di grandi sacrifici possono esserlo.
 
 
Note dell’autrice:
* Questa fic è l’esatto proseguimento di “Ricordi” (gusto: vista): il tempo di un bacio, tutto dal punto di vista di Valzigor. Parecchio smielata, diciamocelo!
* Gli Antichi (chiamati Vecchi o Stregoni dagli uomini) sono una sorta di divinità minori che risiedono sulla terra per espiare errori molto gravi che hanno commesso nella notte dei tempi.
* Syamal è una sorta di città fortificata ed è la dimora del clan di Valzigor.
* nelle ultime righe i pensieri tra parentesi sono di Shahan. 
* da quando questa storia è stata scritta a oggi il mio stile è cambiato parecchio... ma ho preferito lasciare la versione "originale" limitandomi a correggere solo i refusi, anche solo per continuità rispetto alle altre storie di questa raccolta scritte nello stesso periodo. 
   
 
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