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Autore: Gabry_96    24/09/2011    0 recensioni
Siamo in un mondo immaginario, dove passato e futuro si fondono in un presente confuso. La trama gira attorno a due sette rivali, la prima, la Astahaar, ha come obiettivo il risveglio di quattro figure leggendarie, secondo loro portatrici di morte. La seconda, la Gerniah crede che queste stesse creature portino invece pace e prosperità. In realtà lo scopo di entrambe le sette è dominare su tutto il mondo, la prima con un messaggio di morte, la seconda guadagnandosi l'idolatria della gente tramite opere di bene.
Un gruppo di ragazzi della Gerniah, membri di una loro squadra definita Skyriders, ha il compito di recuperare quante più reliquie possibile per risvegliare le creature, prima che lo faccia la Astahaar.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Do-Dove mi trovo?" Si chiese Lux e la sua voce risuonò ovunque. Si trovava in una stanza grigia con al centro un tavolo di metallo e due sedie, lui era vestito di arancione ed aveva attaccato al petto un numero. Provò a toccarsi i lunghi capelli biondo platino, ma le sue mani erano legate al tavolo da delle manette energetiche. Non capiva dove si trovava, e cosa avesse fatto per finire lì, o come ci fosse finito, ed ebbe un tuffo al cuore. Cominciò a guardarsi intorno freneticamente, quando una porta alla sua sinistra sì aprì. Quest'ultima era quasi invisibile, dato che era del tutto grigia come le pareti, ed una volta aperta il grigio si fece più chiaro illuminato da una luce giallina.
"Summer! Summer! Che ci faccio qui?" Chiese mentre si sedeva e guardava l'amica entrare. Aveva dei capelli ricci castani che le arrivavano alla vita ed indossava una giacchetta grigia che lasciava scoperto l'ombelico ed una minigonna grigia con cintura e stivaletti argentati. Si sedette e cominciò a pronunciare parole incomprensibili, sembrava quasi posseduta, poi prese una pistola dal tavolo, anche se prima non c'era, o almeno non l'aveva vista. La donna che sembrava Summer puntò i suoi occhi marroni su quelli azzurri del ragazzo, che capì che c'era qualcosa che non andava in lei, non era la ragazza solare e simpatica che era una volta.
La fronte del biondo venne poi a contatto con qualcosa di freddo, e capì che Summer gli aveva puntato contro la pistola.
"Summer, cosa stai facendo? Sono io, Lux! Summer!" Diceva lui, e lei rispondeva con altre frasi intraducibili. "Su-Summer, posa quella pistola, per favore!" La ragazza sembrò ascoltarlo e Lux tirò un sospiro di sollievo. Summer si alzò e si avvicinò a lui, tirando un calcio alla sua sedia facendolo cadere a terra con le braccia ancora legate al tavolo, che subirono uno strappo muscolare, poi lei gli saltò addosso e gli sbottonò la camicia arancione, poi lo baciò, lasciandolo in una sensazione di stupore mista a piacere. Lei le era sempre piaciuta. All'improvviso uno scoppio, poi tanto sangue, cominciò pure a sputarlo. Quando lei si alzò capì la situazione, gli aveva sparato senza che se ne accorgesse, la sua vista si annebbiò e tutto si sdoppiò, il dolore scomparve e prese il suo posto una sensazione di sollievo, ma continuava a sanguinare. Dopo pochi secondi non sentì più il suo corpo, ed infine l'unica cosa che vide era Summer che gli puntava di nuovo la pistola alla fronte.

Sfrecciavano pericolosamente in mezzo alla folla Summer e Yebin, una mano stretta al manubrio delle proprie Hovermoto, l'altra mano una pistola. I loro bolidi erano più piccoli di quelli di Efrah e Mel, per questo erano adatte a quel tipo di missioni cittadine. La moto di Summer era verde acqua, quella di Yebin blu elettrica, ed entrambe avevano delle ruote gialle, sedili e manubri neri.
"Dannati Mietitori!" esclamò lui sparando qualche colpo verso dei tizi vestiti di bianco incappucciati, che caddero rovinosamente a terra lasciando la presa delle loro spade. Nient'altro che comuni delinquenti di città, la sola scocciatura era che invece di dare la caccia all'Astahaar erano impegnati a tenere a bada qualche teppista da quattro soldi.
"Già, proprio oggi che è il mio compleanno! Sbrighiamoci, non voglio mancare alla mia festa a sorpresa!" Replicò Summer scherzosamente e Yebin sussultò.
"Quale festa a sorpresta?" Chiese lui facendo lo gnorri.
"Non provarci, vi ho visti mentre preparavate tutto nel granaio! Vi avevo chiesto di non organizzare niente." Rispose la castana uccidendo altri Mietitori, poi sospirò. "Da oggi ho diciotto anni, e allora? Continuerò a fare sempre la stessa cosa, stare rinchiusa al tempio e uscire solo per uccidere dei mietitori qualsiasi, e per cosa? Per ristabilire l'ordine delle cose? Ma non è compito degli uomini di legge?"
Yebin sbuffò. "Summer, stai scherzando? Quelli sono capaci solo di mangiare ciambelle e stare seduti a giocare a carte, se non ci pensiamo noi questo posto andrebbe in rovina."
"Ci andrà lo stesso se non fermiamo la Astahaar."
"Astahaar o meno, il mondo andrà in rovina comunque, noi stiamo solo rallentando il processo." Ammise infine lui, mentre 'mieteva' altri Mietitori. "E la cosa brutta è che la gente ci odia per il casino che combiniamo per salvarli da un casino maggiore! Perchè non capiscono?"
"Perchè è tutto un gioco di Destino, credo che lui lo definisca Karma. Un giorno lui ci donerà la felicità." Destino era la divinità principale della setta, colui che donò all'umanità l'anima, l'essenza della ragione e del torto, giusto e sbagliato.
Finita la ronda i due trascinarono le loro Hovermoto fino a casa. Erano più piccole dei bolidi di Efrah e Mel, ed anche meno veloci, ma di sicuro erano più agili e capaci di muoversi in spazi stretti, l'ideale per chi deve muoversi fra le strade della città. Quella di Summer era grigia e dorata, invece quella di Yebin"Ascolta, per oggi è andata, ma avrai modo di rifarti domani. Farò io la ronda cittadina per te, tu divertiti."

Quella sera, a malincuore, Summer acconsentì a partecipare alla festa, ma era sovrappensiero, per la prima volta nella sua vita, capì che la ragazza sicura di sè, solare e socievole non esistiva più, forse non lo era mai stata. Cosa stava facendo lì, ad assecondare undici ragazzi che si azzardava a definire migliori amici? Si stavano preoccupando di lei? Perchè nessuno si era ancora accorto che l'unica a non festeggiare fosse lei? Eppure sentiva che qualcuno pensava a lei, in quella festa dell'ipocrisia. Si alzò e si girò per uscire dal granaio, ma le si parò davanti Yebin.
"Summer, ti ho vista seduta in quell'angolo, che cos'hai?" Chiese lui preoccupato, due bicchieri di vino in mano. "Prendine uno, ti farà bene!"
Lei di malavoglia ne prese uno e lo sorseggiò, dirigendosi verso l'uscita, seguita da Yebin.
Lui sospirò e si toccò i capelli neri corti. "Summer, Summer, ascoltami per favore." Disse. "Dai, siediti e dimmi cos'hai." la ragazza chinò e scosse la testa.
"Perchè non vuoi liberarti? Sai che di me ti puoi fidare, saprò ascoltarti." Chiese lui con in sottofondo il canto monotono dei grilli. Niente, quella ragazza era come una cassaforte in una banca. D'istinto avvolse le sue spalle con il braccio e la strinse a sè, baciandole i folti capelli ricci. "D'accordo, se non vuoi darmi la sicurezza delle parole, dammi quella di un tuo abbraccio..." Elemosinò infine, e lei acconsentì, bagnandogli la spalla della tunica con le sue lacrime malinconiche.
"Non abbandonarmi..." Sussurrò Summer stringendolo più forte e quel canto dei grilli tanto bello quanto noioso, diventò una sinfonia orchestrale e quel cielo stellato il loro palcoscenico. Era solo un abbraccio, ma per lui valeva oro. Avrebbe voluto dirle tutto, ma se lei non avesse pensato le stesse cose? No, meglio limitarsi a quell'unione amichevole di corpi.

Per tutti quella fu una notte insonne, e per chi non era abituato fu un vero inferno, specialmente per Janice e Sam, maghi del computer. Lei occhi azzurri, capelli biondi legati a chignon, occhiali da vista, lui carnagione scura, capelli neri e occhi marroni. Janice amava molto divertirsi e fare festa, ma non aveva mai passato una nottata intera senza dormire. Sam invece, tipo riservato e maniaco dell'igiene, pur essendosene andato qualche ora prima, era distrutto. Entrambi erano ragazzi timidi e riservati e tra di loro c'era una certa rivalità che li confortava. Quella mattina si sarebbero dovuti vedere prima con Rhem e Gwimm, poi con il resto del gruppo nell'aula magna, ma nessuno di loro dodici sapeva il perchè.
Decisero di incontrarsi al parco dietro il tempio, i capelli biondi delicati della Nerd seguivano il vento, dato che per una volta non erano a chignon, mentre quelli di Sam erano tutti sparati in aria, evidentemente non si era ancora pettinato, cosa alquanto insolita, entrambi però avevano in volto un'espressione stanca e assonnata, che neanche una secchiata d'acqua avrebbe potuto estinguere. I due gemelli invece sembravano tranquilli, come se avessero dormito per dieci ore consecutive. Rhem e Gwimm potevano vantare di avere una salute di ferro, forse c'entrava quello, o forse non erano umani. Erano due gemelli omozigoti, con i capelli argentei e gli occhi neri come la pece, ma con caratteri, acconciature e divertimenti totalmente diversi.
"Oh, ecco qui i nostri secchioni di fiducia!" Esclamò Rhem indicando i due Nerd del gruppo. Lui era il buffone di turno, la sua simpatia era particolarmente insulsa quanto contagiosa.
"Piantala Rhem, non sei divertente." Pareva che l'unico immune alla simpatia del fratello fosse appunto Gwimm, che invece era l'esatto opposto, quello che recitava la parte del chiuso e asociale. "Ricorda che se sono qui è solo per farti un favore."
"Non serve che reciti con me, lo so che il nostro gruppo ti piace." Rispose Rhem accarezzandosi i capelli corti ed abbracciando i due occhialuti,a differenza di Gwimm che strinse loro la mano e si sistemò il ciuffo che gli copriva l'occhio destro.
Si incamminarono poi verso l'entrata posteriore del tempio, per poi prendere le scale e salire in aula magna. Tutto il tempio era pieno di colori scuri e di luci fioche provenienti da lampade semi-spente, c'erano molte persone immerse in preghiera e tutto creava un'atmosfera cupa, quasi inquietante. Poi si salivano le scale posizionate in un angolo ed era come passare da un mondo ad un altro. Atmosfere caste facevano ancora da sovrane, ma era un luogo decisamente più sorridente, non più pareti scure, ma metà bianche e metà azzurre, Grossi lampadari ad illuminare ogni angolo del corridoio e delle stanze, quadri appesi qua e là e simpatiche sacerdotesse insegnanti. Tutto sommato era un'ottima scuola, ma principalmente restava una setta.

Arrivò per primo in Aula magna, il ragazzo biondo platino, seguito dal suo migliore amico Qusihan, castano, occhi blu. Il primo pensava ancora a quel sogno assurdo ed al significato che potesse avere. Tutti i sogni sono donati da Destino, e tutti contengono un messaggio- insegnava la professoressa di tecnologia -distinguere il messaggio vero da quelli falsi spetta a noi. Questo era il problema, capire quale parte era vera, se Summer l'avrebbe ucciso, oppure se si sarebbe ritrovato davvero in quella cella, ma soprattutto lo inquietava il pensiero di non sapere quando sarebbe successo. Qusihan invece provava in tutti i modi a sdrammatizzare per farlo sentire meglio. Era l'unico infatti che sapesse del sogno.
"Non pensarci, i sogni contengono innumerevoli dettagli, guardare solo quelli più ovvi ti porterà alla rovina." Diceva lui convinto delle sue parole.
"Hai ragione... E' solo che... era così chiaro, sembrava reale." Ribattè il biondo fissando le ginocchia.
"Ehi ragazzi!" Esclamò Summer all'aula semivuota ed il cuore di Lux perse un colpo. Istintivamente portò le mani sulla fronte come per coprirla. "Siamo in anticipo o sono loro in ritardo?" Chiese poi, notando solo dopo la strana posizione dell'amico e portò un dito sulle labbra. "Lu-Lux? Tutto bene?"
"Sì,sta bene." Rispose Qusihan, "E' solo che il nostro amico qui ha paura degli incubi..." Affermò ridacchiando sotto i baffi.
"Oh, davvero?" Si avvicinò a grandi passi verso Lux e si sedette accanto a lui, poggiando la testa sulla sua spalla. "Che incubo era?"
"No-Non me lo ri-ricordo..." Balbettò lui posando le braccia sui bracciali delle sedie e alzando gli occhi verso il soffitto.
-Ma sì, non devo preoccuparmi.- Pensò sospirando e accarezzandole i capelli.

A breve l'aula si riempì e i dodici ragazzi vennero chiamati sul palco per introdurre la setta alle matricole.
"Loro sono i dodici ragazzi diplomati più in gamba di tutta la scuola." Affermò il preside, un uomo sulla sessantina e con problemi di sovrappeso. "Amano chiamarsi Skyriders, ma non vi dico altro, parleranno loro per me." Concluse sedendosi su di una sedia al confine del palco, mentre il gruppo fece un passo in avanti. Il primo a parlare fu Efrah, che introdusse quello che era il compito della scuola ma principalmente della setta.
"Comincio con il dare il benvenuto alle matricole e il bentornato a tutti gli altri. Come ben saprete questa non è una comune scuola, la nostra è una setta. Qui imparerete tutto quello che c'è da sapere sul culto del Destino e i suoi insegnamenti. L'obiettivo principale della setta però è garantire la pace per tutti i cittadini onesti e una punizione ai delinquenti. Ne è la prova l'ottimo lavoro che Summer e Yebin stanno svolgendo contro i Mietitori."
"O il lavoro eccezionale che Sam e Janice stanno svolgendo meccanicamente revisionando i nostri veicoli, localizzando i nemici, raccogliendo informazioni davvero utili." Aggiunse Yebin.
"Degna di nota è la guerra che Efrah, Mel ed i gemelli Gwimm e Rhem stanno combattendo contro la nostra setta rivale, la Astaha..." Summer non ebbe il tempo di finire la frase che il tetto crollò e macerie la seppellirono insieme a parte dei suoi compagni. Molte macerie finirono addosso anche agli spettatori nelle prime file, al preside ed alcune professoresse. Scoppiò il caos, il panico tra la folla e tra i sopravvissuti si infiltrò nelle loro menti come un virus letale, fumo ovunque, macchie nere e dorate uscirono dai buchi dei muri e del soffitto e cominciarono a uccidere chi non aveva ancora fatto in tempo ad andarsene. Efrah e Shimbra si batterono a colpi di spade, la loro sembrava una danza, lei veloce come un lampo attaccava gli avversari con le sue lame sottili e affilate come rasoi, lui agile e potente al tempo stesso, la sua spada non lasciava tregua a nessuno. Entrambi si coprivano le spalle a vicenda, protetti anche dai compagni rimasti. Però non era abbastanza, erano tutti feriti e stavano cedendo. Lux lanciava coltelli su coltelli, pugnalava chiunque si avvicinasse, neanche la freccia che gli aveva bucato una coscia non era riuscito a fermarlo. All'improvviso ringhia e abbai di cani che sbucarono quasi dal nulla, ricoperti da sottili corazze nere, puntarono verso altri sopravvissuti e quattro si avventarono su Qusihan, tentando di trascinarlo via. Quando Lux se ne accorse era già tardi, i cani avevano lacerato la sua carne e c'era sangue ovunque, lo trascinavano verso uno dei buchi sulla parete, ma Lux fu rapido ad afferrargli una mano. Il castano lo implorava di lasciarlo, ma neanche i cani che gli si attaccavano alla schiena riuscivano a fermarlo, li uccideva con la mano libera e cercava di eliminare anche i predatori dell'amico, ma riuscì ad uccidere un cane solo, e vide sotto i suoi occhi i rimanenti cani trascinarlo via per le gambe lungo la prateria, con in sottofondo le sue urla disperate.
Urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Il suo migliore amico se n'era appena andato e non era riuscito ad impedirlo. Che fosse quello il messaggio nel sogno? Una parte di lui era morta quel giorno. Si guardò attorno e notò solo disperazione, nessuna speranza. Efrah, Shimbra, feriti su feriti. Un gruppo di una cinquantina di Astahaar aveva appena sterminato mezza setta, gran parte dei suoi compagni era sepolta sotto le macerie, forse erano anche morti, I pochi in piedi erano stremati, era la fine. Che motivo c'era di combattere ancora? E la cosa buffa era che lui avrebbe potuto prevederlo.
"L'abbiamo trovato, ritiratevi." Esclamò un uomo con il megafono a bordo di un elicottero, e rapidi i sicari si dileguarono. Li lasciavano lì a morire come topi.
  
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