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Autore: Ronnie02    24/09/2011    3 recensioni
Edward è un insegnante di piano nel liceo di Chicago e vive con la sorella Alice, medico di fama mondiale, e sua figlia Nessie.
Il suo problema? Si perde spesso nel passato, nella vita che aveva avuto con la sua... Bella. Ma dove si trova ora, il suo amore più grande?
Spero di avervi incuriositi!
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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ehilà donne!
Ok, vado a nascondermi prima che mi uccidiate, lo so sono in un estremo ritardo e mi scuso!! vi supplico non lasciatemi qui da sola, parlatemi anche solo per dirmi quanto sono stupida ad aver aspettaato ad aggiornare! Mi perdonate? (occhioni dolci da gatto di Shreck xD)

Ok, Ronnie, bando alle ciance e lasciale leggere visto che le hai fatte aspettare per settimane! (Sorry ç_ç) 
Buona lettura!








Capitolo 5- Spiegazioni

 
 
Edward
 
Era tornata a casa di fretta con uno sguardo stanco che mi obbligava a non fermarla dallo andare a dormire. Erano mezzanotte e mezza e avevo deciso di restare in sala ad aspettarla solo fino a che non avrei ceduto al sonno, ma questo non si era ancora fatto sentire.
Sapevo che non sarebbe rimasta a “dormire” dal biondino. Era la prima volta dopo anni che usciva e Alice non era il tipo, ma forse nascondeva qualcosa.
Ci avrei pensato la mattina seguente, così andai a dormire, salutando prima con un bacio sulla fronte mia figlia, nel mezzo dei suoi sogni. Le sorrisi e poi andai nel mio letto, prima di cadere in un sonno profondo.
La mattina dopo non ci volle molto per alzarmi, ma solo la mia stupida sveglia che mi diceva che dovevo muovermi o sarei arrivato tardi per le lezioni.
Mi alzai controvoglia, spensi la sveglia che suonava note di sicuro conosciute in un momento meno impacciato e cercai dei vestiti decenti che non fossero i pantaloni della tuta con cui dormivo.
Trovati quelli andai da Renesmèe e la chiamai dolcemente, prima di lasciarla alzare con calma per andare a fare colazione. Andai in cucina per preparare da mangiare, ma vidi già Alice all’azione.
“Ehi, com’è andata ieri sera?”, le chiesi sorridendo dopo averle dato un bacio sulla guancia per salutarla.
“Bene fino a che non ne è uscito con «Bella mi ha parlato di una sua vecchia amica di nome Alice… sei sicura di non conoscerla?»”, mi disse facendomi rabbrividire. “Ma cosa crede? Che dopo quello che ha fatto le andrei incontro abbracciandola?”.
Così era la mia Alice! Decisa e senza scrupoli!
“Lasciala stare, Alice, tanto non sarà di certo stato l’unico argomento della serata. È stata così male?”, la consolai.
“No, mi sono divertita. Ma se intendevi se ci sono andata a letto grazie al vestito, no ti devo dare dispiacere dicendoti che non ha svolto il suo dovere”, ridacchiò prima di tornare alla colazione visto che mia figlia era appena entrata.
“Tesoro!”, la salutai prendendola in braccio e dandole un bacio sulla guancia rossina. Era già tutto in tiro per la scuola e sorrideva mentre la rimettevo giù per farla sedere. “Oggi riuscirai a non prendere una pallonata in testa?”.
Alice scoppiò a ridere e per qualche minuto Nessie mise il broncio, ma poi cedette e rise anche lei. Ci sedemmo in tavola e mangiammo la nostra colazione.
Se nessuno avesse sospettato niente del nostro passato e si fosse messo a guardare dalla nostra finestra, avrebbe detto che eravamo una famigliola felice, ma io non potrei essere più in disaccordo. Prima di tutto perché non eravamo una famiglia.
“Cos’hai oggi, tesoro?”, chiese mia sorella a Nessie, che stava mangiucchiando la sua brioche.
“Niente di che, la solita giornata noiosa a scuola, perché zia?”, le rispose mia figlia.
“Non posso sapere ora?”, ridacchiò felice continuando la colazione.
Appena ebbe finito di bere il suo caffè però Alice scappò via, salutandoci tutti, per un’emergenza in ospedale e così toccò portare Nessie a scuola. Finimmo di mangiare, mettemmo le scarpe e uscimmo di casa.
“Papà, e se oggi mi prendono in giro?”, sussurrò mia figlia con lo sguardo basso mentre saliva in macchina.
“E perché dovrebbero?”, chiesi stupito.
“Perché mi sono ritrovata con un pallone sulla testa! I miei compagni sanno essere molto cattivi a volte”, continuò a borbottare.
“Renesmèe Carli Cullen”, dissi chiamandola per nome e cognome, cosa che accadeva di rado. “Tu sei una Cullen e perciò non cadrai negli stupidi scherzi dei tuoi compagni. Sei bellissima e molto più intelligente di loro. Non avere paura”.
Lei mi guardò e poi sorrise, per poi darmi un bacio sulla guancia prima di uscire dalla macchina e salutarmi.
Mia figlia era straordinaria, lo sapevo già. Aveva una forza interiore da uccidere anche un leone, ma fuori era fragile come il cristallo. I suoi occhi erano il libro della sua anima, ma dalla sua bocca potevano anche uscire bugie belle e buone e non te ne saresti accorto.
Era la mia piccola peste, e l’adoravo.
Con questo pensiero arrivai a scuola, uscii dall’auto, la chiusi, e andai dritto nell’aula di musica. Ad aspettarmi però c’era una sorpresa. Non lo avrei mai creduto possibile che arrivasse fino a lì. Tutto, ma non anche questo. Perché ad aspettarmi non c’era la mia classe, non Liam o Maggie per chiedermi della Julliard, ma una persona che non mi sarei mai aspettato di vedere.
Merda!
 
 
Alice
 
“Signora Cullen, c’è una donna dall’aria abbastanza altezzosa nel suo ufficio”, mi disse Colin, la mia segretaria, quando arrivai di corsa. “Per ora c’è lì con lei il dottor Withlock”.
“Ok, grazie Colin”, dissi andando nel mio ufficio.
Ma appena entrai mi bloccai sulla porta, immobile come se mi avessero pietrificata. E non fu traumatico vederla, ma sentirla parlare.
“Ciao sorellina”, mi sorrise… Bella. Era seduta sulla mia sedia, con le gambe accavallate, fasciate da lunghi stivali neri e una piccola minigonna viola. Al petto aveva una camicetta violetta e sopra la giacca di pelle. Molto rock Bella, devo ammetterlo.
“Non chiamarmi così, traditrice”, sputai mentre Jasper se la dava a gambe con uno sguardo preoccupato, deluso e terrorizzato insieme. Non ci stava capendo più niente, ne ero certa.
“Da quanto tempo, Alice Cullen”, riprese la donna davanti a me, con fare vip che mi stava alterando. “Eri brava in biologia, devo ammetterlo, ma mai avrei pensato che saresti finita come direttrice di ospedale”.
“Che vuoi da me?”, dissi con uno sguardo accusatorio.
“Rivoglio mia figlia”, pretese dandomi ancora più sui nervi.
“Chi cazzo credi di essere per prenderti Renesmèe come se fosse un giocattolino da usare con il prossimo figo che ti vorrai scopare?”, le urlai chiudendo la porta. Era tutto insonorizzato, per fortuna.
“Alice, non parlarmi così”, disse un po’ confusa.
“Renesmèe è tua figlia, idiota! Non sai nemmeno come cazzo si chiama?”, dissi sbattendo le mie cose sul tavolo e andandole di fronte, quasi a pretendere la mia sedia. “Che cazzo ci fai qui, stronza?”.
“Interviste… ma come mai tutto questo affetto?”.
“Bella non provocare se no ti faccio portare via dalla polizia. Lo sai che non solo tu sei brava a mentire”, le ricordai facendola anche impallidire.
“Alice, voglio solo vedere mia figlia”.
“Non puoi”, risposi fredda. “Ora muovi il tuo culo e torna dove da dove cazzo sei venuta e non mettere più piede a Chicago”.
“Alice, ne ho tutto il diritto, è mia figlia!”.
“No, no Renesmèe non è tua figlia! La figlia è di chi la cura e la cresce, di chi sopporta i suoi piagnistei notturni a tre mesi o chi la veste per il suo primo giorno di scuola o chi le da conforto quando prende un pallone in testa e crede di venir presa in giro. E questo tu non l’hai fatto”, sputai falciandola con lo sguardo. Lei abbassò gli occhi. “L’abbiamo fatto io e mio fratello. E sai una cosa? Quelle tue cazzo di parole di addio le sogna ancora di notte, le urla nel sonno e fino a una settimana fa viaggiava nei ricordi del passato perché gli avevi rovinato la vita”.
“Io…”.
“Tu hai pensato a te stessa, quindi non dire che ti importa di Nessie perché non è così”, continuai più tranquilla. “Vattene, Isabella”.
“Alice, ti prego, non volevo farlo… ero nel panico…”, si giustificò.
“E lo sei stata fino a ieri? Cos’è, hai visto la Madonna e hai capito che sei stata una madre di merda e hai voluto riparare?”, le rinfacciai. “Eri la mia migliore amica, ma da quel giorno mi fai schifo. Non hai nessun diritto di vedere sua figlia, la figlia di Edward. Tu non hai una figlia”.
“Andrò da lui allora”, disse togliendosi dai piedi e andandosene dal mio ufficio dopo aver sentito la mia predica.
E ora?
“JASPER!”, urlai uscendo dal mio ufficio per farmi sentire da lui, che preoccupato arrivò subito. Bene, iniziava un nuovo interrogatorio.
 
 
 
Bella
 
Sì, aveva ragione Alice. Io non avevo una figlia e non mi meritavo nemmeno il suo perdono o quello di Edward, ma da mesi non dormivo pensando al passato.
Da quando mi avevano comunicato il mio nuovo ruolo, quello della madre protettiva, ero stata male. Madre… io non potevo essere una madre, nemmeno nella finzione. Prima avrei dovuto sistemare le cose.
Perché me n’ero andata? Ero ancora una rimbambita che credeva che la celebrità fosse tutto, essere ricordata per sempre fosse la meta e una figlia era di troppo. Mollata quella, io sarei stata libera.
Ma Edward aveva deciso di portare avanti la gravidanza, come se fosse stato lui ad avere in pancia un esserino che avrebbe divorato la sua vita con i suoi problemi, visto che lui non ne aveva abbastanza.
Almeno così credevo fosse la vita con un figlio. E invece mi sbagliavo. Anche solo recitando avevo capito che la gioia che un figlio ti può dare è inestimabile e per capirlo ci avevo messo dieci secondi nei dieci anni in cui lui aveva continuato ad odiarmi.
Perché me n’ero andata? Perché non avevo vissuto con lui, felice, e con la piccola, vedendola crescere, prendendola in braccio e giocandoci insieme?
Perché ero stata una stupida.
E Alice aveva ragione, anche se non capiva. Lei di certo era stata una mamma per mia figlia, Renesmèe a quanto pare, e una sorta di moglie per Edward, anche se erano fratelli.
Cazzo, nemmeno sapevo il nome della piccola e credevo che appena mi avesse visto mi avrebbe chiamato mamma?
Edward di certo le doveva aver detto la verità e se non mi avesse ucciso lui lo avrebbe fatto lei.
Perché doveva essere tutto così difficile? Perché avrei dovuto lottare con le unghie e con i denti per avere il perdono? Perché le cose non erano facili?
Perché ero stata una stupida.
E ora lo ero ancora di più, visto che ero uscita dall’ospedale di Alice e mi ero fiondata dove Withlock mi aveva detto che lavorava Edward. Non so come avesse fatto a scoprirlo, ma ci era arrivato.
Ero nella sua aula di lezione, ovviamente insegnava Musica, non c’era da aspettarselo. Poteva fare solo quello con una famiglia a carico.
Ecco, ecco la sua figura aprire la porta.
Eccolo. Mi era mancato… era bellissimo.
 
 
Edward
 
Ditemi che è un incubo, vi supplico.
Bella mi stava fissando nostalgica seduta su un seggiolino da pianoforte come se non ci vedessimo da anni e gli mancassi da morire. Bè, non era ricambiata se era quello che pensava.
“Mi dispiace”, sbottò di colpo mentre la campanella suonava. “Ti posso parlare un attimo?”.
I ragazzi cominciarono ad entrare, ma visto che era la menefreghista seconda decisi che un po’ di tempo sprecato l’avrebbero apprezzato come una moto nuova a Natale.
“Arrivo ragazzi”, dissi prendendo Bella e portandola nei corridoi. La mia aula era abbastanza estranea dai soliti corridoi pieni di studenti casinisti e così potevamo “parlare” in santa pace. Sfortunatamente non potevo urlare.
“Che cosa vuoi?”, chiesi non capendo perché fosse qui e come avesse fatto a trovarmi.
“Mi dispiace”, rispose soltanto, abbassando lo sguardo che assomigliava maledettamente a quello di mia figlia. No, lei non era Nessie, era Bella e non mi dovevo far incantare.
“Non voglio le tue scuse, Isabella, voglio che tu te ne vada”, dissi fermo, come se stessi parlando ad uno studente ribelle che era appena stato espulso o sospeso.
“Voglio solo vedere mia figlia, solo per un attimo”, mi chiese quasi con le lacrime agli occhi.
“Sei una brava attrice, ma non me la bevo, sai? L’hai già fatta soffrire troppo, non ti permetterò di rovinarle ulteriormente la vita”, dissi facendo per andarmene.
“Ti prego Edward!”, urlò prendendomi il braccio. “Lo so, sono stata un’idiota, ma ero una bambina incosciente e tu sei sempre stato più maturo di me.  Tu sapevi cos’era la cosa giusta da far, io no, non lo sapevo e non l’avevo capito fino a qualche mese fa. Mi sono sempre buttata nel lavoro per dimenticarti… ma non ce l’ho fatta”.
“Vattene da Riley Biers, Bella. Qui non sei gradita”, continuai come se non l’avessi sentita.
“Non rivoglio la tua fiducia o quella di Alice, so che non me la merito e mai potrò riaverla, ma voglio almeno quella di mia figlia… ti supplico”, mi scongiurò non mollando il braccio.
“Tu non hai una figlia! E non provare a mettere la cosa in tribunale, la tua reputazione ne rimarrebbe sconvolta. Bella Swan madre!... è l’unico ruolo che non dovresti MAI interpretare”, le gridai togliendo il mio braccio dalla sua presa. “Tu non vedrai mai Renesmèe, non illuderti”.
La lasciai lì e rientrai in classe. I ragazzi mi guardarono stralunati, ma appena diedi loro un nuovo compito si svegliarono subito e cominciarono a suonare per evitare di farmi arrabbiare. Intanto, evitando che loro mi vedessero, mandai un messaggio ad Alice.
“Prendi Nessie a scuola ora e tienila lì con te! Trova una scusa, non voglio che lei la trovi. È stata qui, muoviti!”.
Poi alzai lo sguardo, ma nessuno mi guardava, intenti com’erano a suonare per evitare di fare ricerche aggiuntive per casa.
Dopo poco arrivò la risposta.
“Sono partita appena ho finito di fare la ramanzina a Jasper. Sapevo che c’entrava qualcosa, ma lui non ne poteva sapere niente. È qui in macchina, tranquillo. Se serve le farò venire un influenza tale che starà a casa per settimane”.
Risi alla risposta e, più calmo, tornai ai miei studenti, che ancora stavano lavorando. Avevo una voglia matta di uscire da scuola e darmi per malato pure io, ma non potevo. Dovevo affrontare anche le prossime tre ore e poi avrei riabbracciato Nessie.
Per ammazzare il tempo mi concentrai su ogni mio alunno, dalla prima all’ultima ora che avevo in orario, e quando suonò la mia ultima campanella scolastica, tirai un sospiro di sollievo.
O almeno fino a quando non uscii dalla classe e me la ritrovai ancora davanti.
“Miss Swan se ne vada”, dissi freddo, chiamandola pure per cognome.
“Edward, ti prego!”, mi supplicò ancora. Quegli occhi… cazzo!
“Facciamo una cosa: Nessie ti odia perché l’hai abbandonata, quindi è un punto per me, ma ti vuoi la sua fiducia, quindi un punto va a te. Io le dirò che la sua tanto odiata madre è in città e vuole vederla. Deciderà lei”, dissi e, vedendola annuire, sorrisi. “Ma non credere che le dirò belle cose sul tuo conto, Miss Abbandono tutti”.
E detto fatto tornai a casa.
E ora? Ora sperai che la mia bambina abbia ancora qualche neurone funzionante dopo la pallonata e dica di no a Bella.
 
 

 
 ...Nota dell'autrice:
allora? piaciuto?
Mi uccidete? Spero di no o le mie fan vi uccideranno perchè non aggiornerò più! :P ....come se fossero tante poi xD
Ok, vi lascio.. devo andare a farmi curare da uno psicologo per farmi evitare di diventare più pazza di così xD

Spero di vederci presto! 

Ronnie02
   
 
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