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Autore: CrimsonTears    24/09/2011    1 recensioni
"Mi hai bevuto l'anima. Io mi fermavo alle labbra; lei scivolava, goccia dopo goccia, nella tua gola arsa. Ed ora, ora che sono completamente vuota, ora che dentro me aleggia il vapore di quelle poche lacrime aggrappate alle pareti del cuore, ora di me cosa rimane?"
Genere: Horror, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaien Cross, Nuovo Personaggio, Un po' tutti, Zero Kiryu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: VIEVS OF MELANCHOLY.

   Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

[Montale]

 

L’istituto Cross era proprio di fronte a lei, circondato dall’ alone di luce del sole che stava per sorgere.
Smontò dalla moto e osservò  gli appartamenti del direttore, non poteva credere che vivesse ancora li dentro, in una scuola; lei non sarebbe riuscita a sopportare quel posto per più di una settimana.
Si tolse il casco e le cuffiette ricaddero sul suo petto lasciandola in un silenzio innaturale, solo il rumore del vento che sibilava accompagnava quello scenario così tranquillo.
Issando la moto sul cavalletto si diresse verso l’entrata, giunta davanti alla porta si sistemò lo scialle rosso in modo che coprisse per bene il collo e indossò i suoi Ray Ban a specchio.
Bussò alla porta con tre semplici colpi e dopo pochi secondi la figura del direttore apparve davanti a lei spalancando la porta, indossava un grembiulino che raffigurava un gatto intento a bere del te sotto ad un’ orribile poncio verde.
La sua espressione di felicità iniziale si trasformò in delusione, o tristezza, o qualcosa di simile.
“Non hai nessun bisogno di nasconderti con me” Disse sconsolato Kaien. “a me non da fastidio” continuò con lo stesso tono.
“Il fatto che a lei non dia fastidio non vuol dire che non lo dia a me” Disse Scarlet abbassando la testa e sfilandosi gli occhiali.
Il direttore rimaneva sorpreso ogni volta che vedeva quegli occhi, il destro era del colore del mare in tempesta mentre l’ altro aveva un particolare color ambra, non  era color ambra, sarebbe stato più corretto dire che era giallo, luminoso e acceso, in un modo impressionante. La pelle diafana faceva risaltare ancora di più quella strana combinazione di colori, mentre i capelli violacei incorniciavano il tutto come fosse l’opera di un pittore ubriaco.
La ragazza fece per togliersi lo scialle, ma come le sue dita affusolate si posarono sul soffice tessuto, esitarono, ritirandosi e lasciando la sciarpa li dove era.
Sorrise tristemente, non se la sentiva di scoprire anche quello.
Tutte le volte che lei faceva visita al direttore la storia era sempre la stessa, non più degli occhi e del viso.
“Sii pure te stessa” Sussurrò, quasi senza farsi sentire
“Preferirei di no” Disse lei triste. Il volto del preside si rattristò, non aveva avuto intenzione di turbarla.
“Dai, entra. Ti devo parlare” disse aprendo la porta e scostandosi per lasciarla passare.
“Non mi avrebbe potuto parlare per telefono? E magari ad un orario più decente?” Rispose lei entrando, l’ arredamento era semplice, nel corridoio come in tutto il resto della residenza, parquet scuro per terra e una cassettiera antica appoggiata al muro.
“E’ importante” disse con aria seria, e a quel punto Scarlet capì che lo era davvero, quindi non si lamentò.
Andarono nella cucina e Scarlet notò che sui fornelli c’era del te pronto ad essere versato nelle tazze, Cross prese la teiera e versò l’ infuso in due tazze decorate con dei ridicoli fiorellini.
Si sedette, sbadigliando, pronta a rifiutare l’ offerta del te.
La ragazza stava per dire che non ne avrebbe voluto ma il preside glielo mise sotto il naso e dovette ammettere che l’ odore era davvero invitante, prese la tazza fra le mani e il tepore dell’ infuso riscaldò le dita intorpidite dal freddo e dal vento della notte.
“Allora, facciamo in fretta così posso andarmene a dormire”  Cross bevve un sorso dalla sua tazza e sospirò, la sua espressione si fece seria, poi dubbiosa.
“Vediamo, da dove comincio?”  Rimase a pensare qualche istante fissando il soffitto, quando abbassò lo sguardo incrociò gli occhi ipnotici della ragazza, la sua espressione era quasi rabbiosa, immobile, come la tazza sospesa davanti al suo viso.
“OK, ok, non facciamola più lunga del dovuto” L’ espressione della ragazza si addolcì e si portò il te alle labbra, si scottò la lingua ma il gusto era davvero buono così come l’ odore.
“Molti umani stanno scomparendo dalle loro città, così di punto in bianco, non partono perché non prendono nulla con se, la sera vanno a dormire e la mattina seguente nel loro letto ci sono solo le coperte.” Sospirò “o almeno, questo è quello che dicono i parenti”
“Quanti?” Il viso di Scarlet era serio e attento, la tazza di te fumante appoggiata sull’ apposito piattino era ora vuota.
“Quasi la metà degli abitanti nella città messa peggio, le altre non superano un quarto di popolazione mancante” Il preside si rivelò molto informato.
L’ espressione della ragazza era cambiata, seria con la mascella rigida ascoltava le parole del preside, poneva domande a cui lui sapeva ben rispondere, iniziava le frasi e lui le finiva.
“In compenso…” Iniziò lei
“I vampiri di livello E sono aumentati” Finì la sua frase come se stesse dichiarando la morte di una persona, le sopracciglia erano aggrottate.
“Quanto tempo fa è cominciata?”
“Una paio di mesi” Ci fu un attimo di silenzio mentre l’espressione della ragazza si faceva rabbiosa.
“Una paio di mesi?! Avete aspettato così tanto? Vi sarete resi conto di quello che sta succedendo!” si fermò un attimo poi ricominciò più arrabbiata di prima “Una paio di mesi?! Siete pazzi, voi e quelli dell’ associazione, una cosa del genere non deve succedere e se per sfortunato caso dovesse succedere entro una settimana si abiliterebbero tutti gli Hunter e si risolverebbe la faccenda immediatamente!” Si rimise a sedere, senza accorgersene si era alzata in piedi, si passò una mano sul viso, sbuffando e valutando le varie possibilità.
“Scarlet, non è così semplice, questo fatto non è ancora stato considerato pericoloso o problematico” Lei lo guardò spalancando gli occhi, incredula, poi si lasciò cadere sullo schienale di legno duro della sedia. Sospirò.
“Perché lo sta dicendo a me?” Disse con voce stanca, il viso ancora appoggiato sul palmo della mano.
“Beh, se non sbaglio tu ti stai prendendo una pausa dai lavori dell’ associazione e poi tu sei…”
“Si sbaglia. Non faccio altro che lavorare, ogni giorno non fanno che arrivarmi lettere su lettere che chiedono l’ eliminazione di un livello E o di controllare una di quelle serate mondane, e io sto cercando di togliermi di casa tutte quelle lettere, ma ne arrivano a palate, ormai non dormo più” Disse lei sconsolata, pensò alla sua casa e alla cassetta delle lettere che dava l’ impressione di scoppiare, rievocò il ricordo del giorno prima, non era riuscita ad entrare in casa perché una ventina di quelle lettere erano state infilate sotto la porta, bloccandola.
“Dovresti prenderti un po’ di tempo per te e riposarti” Kaien si alzò e aprì un cassetto che si trovava sotto ai fornelli, ne tirò fuori un fascicolo di fogli che passò alla ragazza sorridendo, lei li prese incuriosita.
Era un modulo d’ iscrizione alla Cross Academy, sorrise triste, magari non sarebbe stato male.
“Mi farebbe piacere cambiare un po’ aria, ma vede devo togliermi un po’ di impegni e vedere cos’è questa situazione che si sta creando, va bene lo stesso se non inizio subito?” Chiese restituendo il fascicolo al preside, si c’erano cose importanti da fare, e una particolarmente importante che doveva fare quella sera stessa, una veloce visita. “Le farò sapere”
“Quando vuoi sono qui” Rispose lui sorridendo e rimettendo a posto i fogli.
“Un’ ultima cosa” Continuò mettendo al loro posto le tazzine e i piattini. “Immagino di non dover dire niente a nessuno,  è così?” La sentì sospirare dispiaciuta.
“Per ora è meglio di no, vorrei restare nascosta ancora per un po’” Scarlet si alzò sistemandosi la sciarpa.
“Posso chiederle una cosa?” Disse lei.
“Dimmi pure”
“Posso prendere una delle sue rose in giardino?” Chiese in un sussurro lei, una sola, piccola rosa.
“Ma certo” Il tono comprensivo del preside fece salire le lacrime agli occhi della ragazza. Non c’era neanche davanti, alla lapide, perché si sentiva già così triste e stracciata?
 
Una mano delle dita gelide e affusolate si strinse attorni al suo cuore stritolandolo in una morsa ghiacciata mentre con la moto raggiungeva il cimitero, era un luogo situato a picco su una scogliera ed era splendido, ma trasmetteva una tale desolazione che in confronto Scarlet si sentì un po’ meno sola. In mano aveva la piccola rosa bianca con il gambo spinoso fasciato nella carta stagnola.
Era davanti al cancello scuro e sperava ardentemente che fosse chiuso.
Vi appoggiò la mano libera sopra, il cancello si aprì cigolando, rimase li aperto come un invito ad entrare.
Sospirò ed entrò, le lapidi immacolate erano disposte in file ordinate, il vento accarezzava il verde dell’ erba facendola ondeggiare come se fossero placide onde del mare. Si avviò verso le ultime file, il suono dei suoi passi era inesistente, attutito dall’ erba soffice e sovrastato dalle onde del mare, persino il suo cuore le sembrava così chiassoso da coprire gli altri suoni, batteva con forza contro la cassa toracica, le sembrava che stesse per uscire da un momento all’ altro.
Raggiunse una lapide, bianca, semplice.
Siara Kuroichi. C’era inciso sopra con caratteri minuti e precisi, ne seguiva la data di nascita,di morte e una scritta scura.
Mi dileguo dal mio riflesso con il mio bagaglio di vuoti.
Troverò dimora nell'oblio, il suo antico canto saprà dissuadermi dall'amore.
Chi fugge dall'io non sa dove nascondersi, attende di perdersi in un altro fatale abisso.
Si mise in ginocchio sopra la lastra di cemento di fronte alla lapide. Tolse la carta dal gambo della rosa e tenne quell’ esile fiore in grembo, guardando la lapide ma senza vedere davvero qualcosa. Non era ancora riuscita ad accettare il fatto che si fossero abbandonate, in tutti gli anni che aveva vissuto da sola si era sempre illusa dicendosi che sua sorella, come lei, si era trovata un lavoro e ora era in una città lontana. Il lavoro era impegnativo e non riusciva mai a farle visita, ma davanti a quella pietra chiara tutte le sue illusioni e le vane speranze svanivano nell’ arco di un lanconico sospiro.
Si costrinse a guardarla davvero e subito sentì le lacrime offuscarle la vista, ma non le avrebbe lasciate scappare, non le avrebbe permesso di solcare le sue guance e di lasciare solchi indelebili.
Strinse con forza gli occhi e serrò la mascella, le mani chiuse a pugno intorno al gambo della rosa iniziarono a sanguinare lentamente, così come il suo cuore.
Riuscì a trattenere i singhiozzi ma le lacrime riuscirono a superare le palpebre serrate, velocemente si portò il dorso delle mani agli occhi, lasciando che la rosa cadesse dalle sue gambe macchiando leggermente la lastra di cemento, si strofinò con forza gli occhi cercando di non macchiarsi il viso di sangue che ora gli gocciolava sulle gambe, solo in quel momento iniziò a sentire il dolore delle spine che le avevano bucato il palmo delle mani, un dolore forte, pulsante ed esteso.
Sarebbe stata un’ altra cicatrice da aggiungere alla sua collezione.
Come vorrei che tu fossi qui, a sgridarmi e a curarmi le mani e il cuore, vorrei poter scherzare e ridere di nuovo con te.
Ma è stato colpa mia, scusami per averti abbandonato e anche se le scuse ormai non servono a niente non posso farne a meno, perché chissà, magari un giorno mi perdonerai...
Aprì gli occhi umidi di lacrime, le sembrò quasi di svegliarsi da un sogno, con la vista offuscata e i pensieri confusi. Svegliarsi accanto a lei non le era mai sembrato così reale, ma sapeva che non si sarebbe mai destata davvero.
 
Si diresse verso il cancello nero del cimitero, era da tanto che non tornava in quel posto e pur sapendo che avrebbe sofferto ancora non riusciva a smettere, la sofferenza era diventata come una droga, sperava di sentirsi più vicino a suo fratello Ichiru visto che anche lui aveva sofferto molto, sperava di poterlo comprendere veramente.
Andava in quel posto vuoto e malinconico a trovare suo fratello pur sapendo che sotto a quello strato di terra c’erano solo corpi di sconosciuti. I suoi non erano davvero il dentro, non era rimasto più niente da seppellire. Ma i cimiteri sono costruiti apposta per sentirsi vicino alle persone che si hanno amato, anche se loro non potranno più ricambiare i tuoi sentimenti,  sono costruiti apposta per parlare con loro, anche se non potranno mai rispondere alle tue parole.
Aveva portato con se i fiori, come sempre, era il minimo che potesse fare, il vento si era alzato e piccoli petali si staccavano dal mazzo che aveva in mano volando via verso l’ oceano.
La lapide che cercava era quasi in fondo. Si incamminò a passo lento ma deciso, pronto a passare un po’ di tempo con il suo amato fratello.
Arrivato alla nona fila di lapidi si accorse di una presenza, ancora prima di voltarsi, sentiva che per quanto piccola e silenziosa soffriva e gli sembrava di poter sentire la sua tristezza raggiungere il suo cuore e circondarlo con mani fredde.
Non credeva che qualcun’ altro sarebbe mai andato a fare visita a dei parenti in quel posto così malinconico.
Si voltò e quello che vide fu la figura minuta di una ragazza con i capelli scuri che venivano scompigliati dal vento e le ricadevano sul viso, ricoprendolo in parte, il corpo minuto fasciato da un cappotto lungo e nero. Nei momenti in cui il vento si calmava poteva scorgere le sue labbra muoversi. Rimase diversi minuti a scorgerla fino a che non abbassò il capo e con le mani pulirsi dalle lacrime che dovevano averle bagnato il viso, vide le sue spalle alzarsi e abbassarsi velocemente scosse dai singhiozzi. Poteva sentire la sua angoscia.
Nessuno avrebbe mai dovuto fare visite ai parenti, se ciò voleva dire soffrire in quel modo. No, i cimiteri non servivano per sentirsi più vicini a chi si amava, servivano solo a soffrire.
Si avviò lentamente verso quella figura minuta, la vide piegare la schiena e appoggiare la testa al cemento freddo con le mani ai lati del capo, tentando di calmare la respirazione, davanti a lei una piccola rosa bianca con il gambo macchiato di qualcosa di scuro, forse della terra; parlò di nuovo con voce roca e bassa e per un attimo Zero credette che stesse parlando con lui.
“Credimi, se potessi farei cambio con te, anche adesso” Il vento soffiava forte e lei non si era ancora accorta di lui. Ormai era a pochi metri da lei.
“Non credo che sarebbe felice nel sentirtelo dire” La testa della ragazza si alzò di scatto e si voltò verso di lui, i capelli mossi dal vento le coprivano una metà del viso. La sue espressione era sorpresa e Zero subito si accorse che avrebbe dovuto chiedere scusa per averla disturbata, ma vide il suo volto rigato dalle lacrime e l’ occhio scoperto blu intenso lucido a causa del pianto cambiare espressione facendosi arrabbiata e seria. Poteva annegare e perdersi in quel mare blu di tristezza e rimpianto.
Zero stava per chiederle scusa per l’ interruzione ma non fece in tempo.
“E tu che ne sai?” Disse con rabbia. Tornò a guardare la lapide bianca e vide la sua espressione rattristarsi. “non se lo farebbe ripetere due volte e io non riuscirei neanche a biasimarla” detto questo si alzò e chiudendo gli occhi si diresse verso il cancello. Passò affianco a Zero, sembrava che stesse per scontrarlo con la spalla, ma all’ ultimo momento la spostò, sfiorando appena la sua mano con la propria.
Continuò a fissare la sua schiena fino a che non scomparve oltre il cancello.
Il punto in cui la sua mano l’ aveva sfiorato era ancora caldo, lo osservò e si stupì nel vedere che era macchiata di sangue.
La sua gola prese a bruciare, si strinse e faticò a respirare, sentì i suoi occhi cambiare colore e diventare della stessa tonalità della macchia sulla sua mano, mentre due aste di acciaio stringevano con forza sulle sue tempie. Distolse lo sguardo e lo posò sul fiore, quello sul gambo era del sangue e sulla lapide un lunga e scarlatta striscia ondulata.
 
Odiavano quel posto, così triste e malinconico, risvegliava orribili ricordi e fredde lacrime, gelava il cuore e tutto quello che percepivano era un’ immensa solitudine.
 
Tornò a casa dopo aver lasciato i fiori a suo fratello e ai suoi genitori, solo una volta si era soffermato a guardare la lapide su cui era seduta quella ragazza e sulle macchie rosse; vi aveva posato lo sguardo e subito la gola aveva preso a bruciare. Il guardiano del cimitero avrebbe poi dovuto pulire, poi si accorse che forse un guardiano per quel posto non c’era neanche.
Sospirò guardando il cielo coperto da nuvole grigie che annunciavano pioggia.
Arrivato alla residenza di Cross bussò alla porta, ma nessuno andò ad aprirgli, quindi si accucciò e prese le chiavi da sotto lo zerbino, le infilò nella toppa e dopo due giri la porta si aprì.
Come entrò nella residenza di Kaien non poté fare a meno di notare il forte odore che impregnava il tutto; qualcuno era stato li, e quel qualcuno non era umano.
 
ANTICIPAZIONE: Si mise a piovere e lei era li, sotto l’ acquazzone e senza ombrello con i palmi delle mani rivolte verso l’ alto, sperava che quella pioggia le togliesse il sangue dalle mani, ma desiderava soprattutto potersi sciogliere sotto quell’ acqua gelida e scomparire per un po’ .
 
Angolo autrice: Kyaaaa! Non riuscivo più a far finire questo capitolo! Che fatica! Comunque, ecco l’ incontro tra Scarlet e Zero (all’ inizio del primo capitolo c’ è l’ immagine della ragazza così com’è, occhi e capelli sono proprio di quel colore)
Questo capitolo l’ ho scritto ascoltando Comatose degli Skillet, il testo mi è stato di grande aiuto, ma non vi dirò di leggero ascoltando la canzone perché la melodia non è adatta alla situazione. Ehm, intendo associare a ogni capitolo una canzone (cercherò di usare ance altri gruppi musicali xD) che magari mi ha aiutato.
Il cognome della sorella di Scarlet, quindi anche quello di Scarlet (Kuroichi) significa sangue nero, e queste due parole saranno molto importanti.
Spero che qualcuno recensisca perché sinceramente mi sembra di scrivere una storia che non è seguita da nessuno(notare il mess sotto) >.< vi aspetto  


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Farai felice milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) 

 

  
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