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Autore: Whatadaph    25/09/2011    7 recensioni
Dominique Weasley ha diciassette anni, una media impeccabile e una vita apparentemente perfetta - nonostante ci siano troppi cugini di mezzo, una sorella ingombrante e centinaia di studenti che sono a conoscenza di ogni dettaglio della sua esistenza. Ha anche una migliore amica scomparsa, un ragazzo con la testa da un'altra parte e troppi segreti da nascondere.
Una Nuova Generazione piena di squallore e frivolezze, che dovrà pezzo per pezzo recuperare ciò che ha perduto.
Ispirato a Gossip Girl. Dal secondo capitolo:
Dominique Weasley si guardò allo specchio. Come sempre, non poté fare a meno di contrapporre la propria immagine a quella della sorella. [...] I capelli di Victoire sembravano brillare di luce propria, i suoi occhi violetti facevano sembrare banale il grigio di quelli di Dominique, la sua pelle era perfetta e priva di macchie. Victoire era più alta, più magra, più bella. Il ritratto della madre, l’orgoglio del padre, la ragazza di Teddy. Spostò una ciocca di capelli, si passò una mano sulla pancia. Si sentiva nauseata.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Lucy Weasley, Scorpius Malfoy
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Metamorphosis'
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Hi, Magic Society!

Darling so it goes

Some things are meant to be

Take my hand - Take my whole life too,

For I can't help falling in love with you.

Sei bella, Dominique. Sei bella e magra.
“Ne sei sicura?”
Ne sono sicura, senza dubbio. Ma anche se così non fosse, che importanza avrebbe?
“Mi farebbe sentire triste”.
Sei già triste, Dom. Ma è solo perché ci pensi troppo.

Puoi farcela. Puoi farcela perché sei tu.
“Io sono debole”.
Non sei debole, Dominique, anche se credi di esserlo. Sei forte.
“No, non lo sono”.
Sì, lo sei, e più di quanto credi.

“Ho paura”.
E’ naturale che tu ne abbia.
“Non voglio restare sola”.
Non sarai mai sola.
“Come puoi saperlo?”
La tua famiglia ti vuole bene. Grace ti vuole bene.
“Non è detto che sia sempre così”.
Puoi stare tranquilla. Io sarò sempre con te.
“Ma chi sei tu?”

Sei speciale, Dominique.
“Non penso”.
Ti assicuro che lo sei, e non per il motivo che tu credi.
“Per quale motivo, allora?”
Tu sei speciale perché sei tu, Dominique. Non perché somigli a Victoire.
“Che cosa ne sai?”
Io conosco molte cose di te.
“Dimmi chi sei!”

Io credo che tu debba fare qualcosa, Dominique.
“Cosa dovrei fare?”
Fino ad ora, hai sempre fatto di tutto per emulare tua sorella.
“E allora?”
Devi riuscire a convincerti della verità.
“Quale verità?”
Tu non sei Victoire. Ma non per questo sei meno bella, intelligente, unica.
“Victoire è buona. Io no”.
Perché non riesci ad accettarti, Dominique?
“Non lo so”.

Sei bella, Dominique.
“Victoire lo è di più.
Sei sveglia.
“Victoire non lo è di meno”.
Ma cosa c’entra Victoire con tutto questo?

Devi riuscire ad accettarti per come sei, o non starai mai davvero bene.
“Come posso fare?”
Basta non pensarci.
“Non è facile”.
Lo so.

Ama dal profondo, Dominique.
“Ma come?”
Essendo sincera con te stessa e con gli altri. Facendo ciò che ti fa sentire bene.
“Tutto ciò che mi fa sentire bene, in verità è cattivo”.
Metterti due dita in gola non ti fa sentire bene, Dominique. Ti fa sentire malissimo.
“Come fai a saperlo?”
Ti conosco.
“Chi sei?”
Io sono ciò che non riesci ad accettare. Te stessa.

Dominique si  guardò allo specchio, esitante, scrutando con cura il proprio corpo, coperto appena dalla lieve camicia da notte. Studiò con attenzione l’immagine riflessa, soffermandosi sulle gambe affusolate, la vita sottile, i tratti eleganti del viso.
Sono anche troppo magra, constatò. Un paio di chili in più non mi farebbero di certo male.
Raccolse i capelli con una mano, sollevandoli a scoprire la nuca elegante. Scostando in quella maniera la chioma dorata, poté notare, la bella linea del collo lungo e flessuoso risultava accentuata.
Fino ad ora, hai sempre fatto di tutto per emulare tua sorella.
Tu sei speciale perché sei tu. Non perché somigli a Victoire.
Dominique allungò una mano verso il comodino, sopra il quale era poggiata la sua bacchetta. La sollevò fra le dita sottili, per poi passarla con delicatezza fra i lunghi capelli d’oro pallido, quasi timorosa.
Fece un respiro profondo, prima di reciderne una ciocca con un deciso colpo di bacchetta.

“Mi piaci con questo nuovo taglio, tesoro,” commentò Jake, osservando la propria ragazza con ammirazione “Sei veramente sexy”.
Dominique ridacchiò, passandosi la mano fra i capelli - adesso scomposti e lunghi fino appena al mento - sussultando ancora una volta nel rendersi conto che le scivolavano via dalle dita dopo pochi centimetri. Percepiva su di sé una strana sensazione: si sentiva frizzante, allegra, piena di vita e di energia, come quando, da bambina, attendeva entusiasta l’arrivo degli invitati alla festicciola per il suo compleanno.
“Il tuo ragazzo ha ragione. Stai molto bene così”.
Si voltò di scatto, piuttosto sorpresa e totalmente priva di dubbi su chi fosse la persona alla quale apparteneva quella voce. Non si sbagliava: quasi le venne da ridere nel vedere Adrian Goldstein, che la osservava con quel che doveva essere uno sguardo duro, prontamente smascherato dalla calda scintilla che danzava in quegli occhi chiari.
Aprì la bocca per ribattere, ma fu interrotta da Jacob.
“Sì, è uno schianto, ma nessuno ha chiesto il tuo parere” borbottò questi, guardando Adrian in cagnesco.
Il Grifondoro si limitò ad alzare gli occhi al cielo, prima di allontanarsi. Con espressione funerea, Jake tornò a dedicarsi alle sue uova fritte.
Improvvisamente, una mano scompigliò i capelli di Dominique, che alzò lo sguardo e vide Grace.
L’amica la osservava con gioia e stupore, dicendole quanto fosse affascinante e particolare con quei capelli corti, e Dominique sapeva finalmente di poterle credere.
Di poter credere a chiunque le dicesse che era bella, intelligente e piena di talento, che eguagliare Victoire non era poi così fondamentale, e che per essere speciale doveva solo essere sé stessa.
Dall’altro capo del tavolo dei Serpeverde, Rose sollevò entrambi i pollici in segno di vittoria, facendole l’occhiolino. Dominique ricambiò con un sorriso grato.

Dicembre era arrivato, portando con sé un’aria tersa e cristallina e la disperazione del professor Paciock, poiché la neve aveva reso inagibili le serre. Nonostante ciò, sebbene il parco fosse gelato e i corridoi pieni di spifferi, nel castello di Hogwarts si cominciava già a respirare un’aria di festa, e Rubeus Hagrid - Custode delle Chiavi e dei Luoghi, insegnante di Cura delle Creature Magiche - si era adoperato per trasportare in Sala Grande i tradizionali dodici alberi di Natale, che i prefetti avevano iniziato ad addobbare, sotto la supervisione del professor Lumacorno. Ghirlande di lamé e di agrifoglio erano state appese ai corrimano delle scale, ed enormi mazzi di vischio facevano bella mostra di sé nei corridoi.
“Personalmente considero la sindrome da vischio come uno degli effetti collaterali migliori del Natale”, soleva  scherzare Albus, riferendosi ai gruppetti di ragazze che convergevano sotto le bianche bacche non appena lo incrociavano nei corridoi¹.
Con l’arrivo della stagione invernale, era stato organizzato l’annuale incontro di orientamento professionale dedicato agli studenti del settimo anno, cui anche i genitori dei ragazzi erano tenuti a partecipare.
“Non ho affatto voglia di vedere mia madre,” si lagnava Grace “Ti assicuro che è un’autentica strega!”
“Tecnicamente lo sei anche tu, amore” le fece notare James, sorridendo con dolcezza.
“Ti amo” rispose lei, baciandolo.
Si trovavano in cortile, in compagnia di Lily, Jacob e Dominique, che levò gli occhi al cielo, esasperata.
“Ti prego, Greengrass, dimmi che non diventeremo mai come loro...” brontolò, rivolgendosi al proprio ragazzo.
Jake ridacchiò.
“Credo sia impossibile,” le soffiò nell’orecchio “Siamo Serpeverde, piccola”.
“Fortuna che non siamo finiti in Grifondoro, allora,” rise Dominique “Se questo vuol dire essere disgustosamente sdolcinati...”
“Ehi!” protestò Albus, da poco sopraggiunto “Io sono un Grifondoro! Vi sembro sdolcinato, per caso?”
“Per adesso no,” lo rassicurò Lily, con un ghigno malandrino impresso sul volto “Ma aspetta solo di trovare qualcuna che ti piaccia davvero! Diverrai docile e indicibilmente sentimentale, ti assicuro. E’ un gene tipico dei maschi Potter, non c’è scampo. Guarda mamma e papà!”
“Concordo,” convenne Dominique “Sembra anche che James Potter senior avesse questa caratteristica. Me l’ha raccontato lo zio Harry”.
Albus sorrise, mite.
“La vedo dura,” replicò serenamente “Credo che quel gene abbia miracolosamente scelto di tralasciarmi”.
“Aspetta e vedrai” insisté Lily, convinta.
Albus levò gli occhi al cielo, borbottando a proposito del fatto che tutte quelle faccende fossero solamente sciocchezze, almeno per quanto lo riguardava.

La Sala Grande era un festoso tripudio di addobbi natalizi, il soffitto magico rifletteva la nevicata che all’esterno si stava abbattendo sul parco. Gli studenti del settimo anno, con le loro uniformi sorprendentemente ed eccezionalmente ordinate, erano distribuiti in piccoli gruppi al centro dell’immensa sala, dove le tavolate delle quattro case erano scomparse, lasciando il posto a tavolini più piccoli. La professoressa Patil passava rapidamente in mezzo agli studenti, intimando di tanto in tanto di tenere la schiena dritta oppure raddrizzare il colletto.
“Detesto questi pantaloni,” mugugnò James, cupo “Non so proprio come facciano a renderli tanto scomodi!”
“Sembra quasi che lo facciano apposta, eh?” convenne Grace, sistemandosi il nodo della cravatta rosso-oro “Comunque devi resistere solo un paio d’ore, dopo potrai tornare senza problemi ai tuoi adorati jeans. Come sto?” gli chiese nervosamente.
James sorrise.
“Sei bellissima” rispose, sincero.
“Grazie,” fece lei, con un sorrisetto ansioso di rimando “Credi che piacerò ai tuoi genitori?” chiese poi, torcendosi le dita.
“Oh, ti adoreranno,” la rassicurò Jamie, prendendole una mano e stringendole le dita fra le proprie “Puoi starne certa. Piuttosto, credi che sarò simpatico ai miei futuri suoceri?”
Grace ridacchiò.
“Papà all’inizio si limiterà a lanciarti uno sguardo annoiato, poi inizierete a parlare di Quidditch e andrete subito d’accordo. Anche lui tiene per i Falcons². Mia madre, invece... Beh, le piacerai senz’altro, ma farà di tutto per farti credere il contrario”.
“Non è detto che io lo faccia, tesoro. Non ora che l’hai avvertito, perlomeno”.
“Mamma!?” boccheggiò Grace, voltandosi di scatto.
Anche James si volse, e dovette battere un paio di volte le ciglia, nel trovarsi di fronte l’esatta fotocopia - con qualche anno in più - della propria ragazza. L’unica, sostanziale differenza era data dalla carnagione, che Grace aveva parecchio più scura: per il resto, madre e figlia erano pressoché indistinguibili.
“Mamma, lui è James. Il mio ragazzo”.
Jamie si schiarì la voce.
“Ehm... salve, signora Zabini,” esordì, tendendole la mano “E’ un vero piacere conoscerla”.
La donna lo squadrò per un istante, prima di sfiorargli le dita in una lieve stretta, sempre scrutandolo ad occhi socchiusi, quasi lo stesse analizzando.
Serpeverde, senza ombra di dubbio.
James sostenne il suo sguardo, con tranquillità, finché lei non distolse il proprio, incurvando le labbra in un leggero sorriso che per un istante sfiorò il volto fermo e impassibile: nonostante la corrispondenza dei tratti, non avrebbe potuto assumere un’espressione più diversa dalle movenze della figlia. Il ragazzo si trattenne a stento dal sospirare di sollievo, poiché sentiva di aver superato l’esame con successo.
“James Potter?”
L’uomo alto, scuro e affascinante, appena intervenuto nella loro conversazione, doveva senz’altro essere Blaise Zabini, il padre di Grace, giacché aveva a contraddistinguerlo la stessa felina eleganza di portamento che aveva anche la figlia. La ragazza non si era sbagliata, dicendo che avrebbe immediatamente assunto un’espressione annoiata, ma a James parve fin da subito evidente che stesse bluffando: prima che incrociasse lo sguardo con il suo, Jamie aveva individuato una scintilla di placida curiosità nei suoi occhi castani e allungati.
“Papà!” esclamò Grace, entusiasta, quasi saltando al collo del padre, il quale le dedicò un abbraccio affettuoso, anche se vagamente trattenuto. “Lui è James Potter, il mio ragazzo. Tiene anche lui per i Falmouth Falcons”.
Grazie, Quidditch.

“Domi, chérie, che cosa hai fatto ai tuoi capelli!?”
“Ciao, mamma”.
Mon Dieu, tesoruccio, sembri così un garçon manqué³! Victoire ci rimarrà très mal, aveva già pensato alla tua acconciatura da demoiselle per il matrimonio!”
“Dai, Fleur, sta benissimo così. Domi, sei uno schianto!”
Dominique rivolse al padre un sorriso grato, cui lui rispose ammiccando, passandosi una mano fra i capelli rossi, che portava ancora lunghi. Lei adorava suo padre, con quella sua voce pacata, le cicatrici sul volto e le mani grandi e lisce.
“Allora, tesoro? Come stai?”
“Nella norma. Studio, mangio, dormo e aiuto Lumacorno ad organizzare feste”.
Lumacorno aiuta me ad organizzare feste.
“E l’attività di Caposcuola? Come ti sembra?”
“Oh, Dominique è la migliore collega del mondo, in questo campo!” intervenne una voce alle sue spalle.
Agghiacciata, la ragazza si volse, per trovarsi di fronte Adrian Goldstein, con un’espressione incredibilmente garbata impressa sul volto. Il ragazzo sfoggiò un adorabile sorriso, stringendo la mano a Bill.
“Adrian Goldstein. Piacere di conoscerla, signor Weasley. Madame...”
Dominique storse il naso, mentre Adrian chinava il volto per fare un impeccabile - e del tutto insaspettato - baciamano a Fleur, che sorrise in segno di approvazione.
“Sono anche io Caposcuola, e posso dire che Dominique è un’incredibile collaboratrice,” riprese Adrian “Senza di lei non saprei proprio come fare, sul serio”.
“Oh, che ragazzo bien elevé!” commentò Fleur, deliziata “E’ cosi gentil!”
“E’ vero,” convenne Bill “Cosa pensi di fare una volta finita la scuola, ragazzo?”
Il sorriso di Adrian - come notò Dominique con crescente orrore - divenne, se possibile, ancora più largo, mentre rispondeva amabilmente a suo padre.
Oh, non farà un bel niente, una volta finita la scuola. Perché io lo ammazzerò prima.

“George, ti prego, non mettere quell’intruglio Verdecapello nel calice di Neville. Non vorrai fargli fare brutta figura davanti a metà dei suoi studenti!”
Alle parole dello zio Percy, James scoppiò in una risata fragorosa, e anche Grace fece un risolino. Come previsto, Harry e Ginny avevano letteralmente adorato la ragazza, la quale d’altronde si era presentata loro con una tale semplicità e dolcezza da rendere impossibile il contrario. C’era stato un minuto di lieve imbarazzo nel momento in cui i coniugi Potter erano stati presentati ai genitori di lei - Harry e Blaise non erano stati particolarmente amici, ai tempi della scuola, e Zelda Zabini non era esattamente una persona facile -, ma escludendo quel breve istante di disagio, ogni cosa era andata per il verso giusto. Essendo Roxanne e Molly al settimo anno come Grace e Jamie, erano presenti anche zio Percy e zia Audrey, zia Angelina e zio George. Quest’ultimo aveva immediatamente proposto alla figlia e ai nipoti - termine con il quale aveva subito accolto anche Grace - di testare sul professor Paciock l’ultima trovata del suo negozio di scherzi, il Verdecapello Semi-Permanente, una tintura per capelli ad assunzione orale che colorava la chioma delle malcapitate vittime di uno sgradevole verde acido. La tinta, ovviamente, impiegava un mese ad andarsene.
Tuttavia, mentre Jamie, Molly e Grace sembravano aver trovato la faccenda decisamente divertente, Roxanne aveva appena sorriso forzatamente, prima di tornare a guardare da un’altra parte. George, che era estremamente protettivo nei confronti della figlia, non aveva potuto fare a meno di accorgersene, così l’aveva presa da parte.
“Che cosa succede, Roxie?” le chiese senza tanti giri di parole.
“Niente” replicò lei in fretta.
“Credi che non sappia riconoscere quando stai mentendo?” insisté “Ma lo sai con chi stai parlando?”
Roxanne accennò ad un sorrisino triste, mentre la sua espressione si faceva un poco più allegra.
“Con uno dei più grandi burloni della storia?” tentò.
“Più o meno,” convenne George “Allora? Me ne vuoi parlare?”
“Ho litigato con un amico” ammise lei.
“E perché mai, si può sapere?”
“E’ complicato...”
Il padre aprì la bocca per ribattere, ma fu interrotto dalla voce di Ginny, che fece loro segno di avvicinarsi.
“Georgie, Rox! Venite, che ci sono Luna e Rolf con i gemelli!”
George lanciò alla figlia uno sguardo, per comunicarle che avrebbero proseguito la loro conversazione in separata sede, prima di raggiungere assieme a lei il resto della famiglia.
Non appena incontrò lo sguardo irato di Lysander, Roxanne balbettò qualcosa a proposito del bagno e fuggì via.

Due settimane più tardi.

“Brr, che freddo!”
Piccole nuvole di vapore si formavano di fronte alle loro labbra ad ogni respiro, mentre si stringevano l’uno all’altra, rabbrividendo al gelo della notte dicembrina, nella vecchia casa abbandonata. James evocò un azzurro fuoco magico, godendo dei riverberi bluastri che provocava sul volto di Grace.
“Devi ancora spiegarmi come hai trovato questo passaggio,” disse lei “Ho sempre desiderato entrare nella Stamberga, sai?”
Il ragazzo sorrise furbescamente, prima di affondare la mano nella tasca del mantello, estraendone quella che sembrava essere semplicemente una vecchia pergamena dai bordi consumati. Grace aggrottò lo sopracciglia, perplessa.
“Che cos...”
Giuro solennemente di non avere buone intenzioni” sussurrò James, dando un lieve colpo di bacchetta.
Sotto gli occhi di una stupefatta Grace, la pergamenta giallastra si spiegò, e su di essa cominciò a delinearsi un intricato labirinto di linee sottili, tracciate in inchiostro nero, che si definirono in quella che era chiaramente una mappa. Piccoli puntini, contrassegnati da cartigli con scritto il nome corrispondente, si aggiravano nei corridoi.
“Questo,” fece Grace, senza fiato, additandone uno accanto al quale vi era scritto Argus Gazza “E’ veramente...”
“Gazza,” completò James “Già”.
“Ma... come... dove l’hai presa?”
“Dal secondo cassetto della scrivania di mio padre, secoli fa”.
Puntò di nuovo la bacchetta sulla Mappa del Malandrino - perché proprio di quella si trattava - sussurrando Fatto il misfatto, e quella si ripiegò nuovamente.
“E lui come ha fatto ad averla?”
“Beh, è una lunga storia...”

“... Alla fine riuscirono tutti e tre a diventare Animagi... finalmente Remus, il padre di Teddy, quando si trasformava non era più da solo, e soffriva un po' di meno”.
Grace sorrise, un poco tristemente.
“Beh, è una storia bellissima” disse.
“Già,” convenne James “Lo è”.
Lei poggiò la schiena contro il muro, allungando le gambe sul pavimento.
“Sai cosa è che mi fa venire una tristezza incredibile?” gli chiese.
“Che cosa è che ti fa venire una tristezza incredibile?”
“Pensare che i nostro, o meglio, i vostri genitori, zii o nonni hanno tutti quanti fatto delle cose incredibili. Hanno combattuto due guerre, hanno sofferto tanto, e tutte queste cose le hanno fatte perché si sono rifiutati di accettare che un pazzo omicida facesse fuori tutti coloro che reputava indegni. Ecco, sono stati eroici, coraggiosi, mentre guarda come siamo noi adesso! Guarda Gossip Witch! E’ tutto così triste, così squallido”.
James sospirò.
“Beh, non posso che darti ragione!” fece.
“Sai che cosa ho pensato?” riprese lei.
“Che cosa hai pensato?”
“Ho pensato che potremmo diventare Auror. Fare qualcosa di utile. Che ne pensi?”
James, sorpreso - ma neanche più di tanto - le sorrise.
“Penso che sia una cosa bellissima, Grace”.
La ragazza sorrise dolcemente, alla luce di quelle fiamme azzurre, e gli si avvicinò, poggiando piano le labbra sulle sue. James scivolò cautamente sopra di lei, baciandola con crescente passione, mentre fuori la neve cominciava a cadere piano. Quella notte fecero l’amore, al freddo della Stamberga piena di spifferi. Nello stesso luogo in cui, mezzo secolo prima, tre ragazzi prendevano la forma di un cervo, un cane e un topo per tenere compagnia al loro migliore amico, costretto nella forma di un lupo ogni notte di luna piena.
Il cielo lentamente albeggiava, mentre il sole si arrampicava dietro alle montagne fino ad illuminare la neve fresca, e i suoi raggi si posavano su quelle due figure che dormivano abbracciate, mentre il fuoco azzurro si affievoliva piano.




¹ Ho sempre trovato irrimediabilmente comico il passo in cui la Rowling parla delle convergenze-vischio (Harry Potter e il Principe Mezzosangue, ndr), e non ho resistito all’idea di inserirlo. Mi piace l’idea che Albus sia vittima dello stesso fenomeno, ma è evidente quanto sia differente la sua reazione rispetto a quella del padre!
² “I Falcons indossano una divisa color grigio scuro e bianco con una testa di falcone sul petto. I Falcons sono celebri per giocare duro”. Da Il Quidditch attraverso i secoli, di Kennilworthy Whisp.
³ Garçon manqué: letteralmente ragazzo mancato, maschiaccio.


Note dell’Autrice
Okay, questo capitolo è atrocemente lungo, pesante e noioso. Ma soprassediamo. Abbiamo fatto la conoscenza con la mia versione di Blaise - una persona in realtà piuttosto divertente che si atteggia a dandy snob - e con la carissima Zelda Zabini (chiamata così in onore di Zelda Fitzgerald). Mi piacerebbe sapere cosa pensate di questi personaggi, e del modo in cui ho inserito Harry&Co. Spero che il capitolo sia decente, e...
Io non so perché fanno parlare me. Cioé, è un danno quando parla Scorpius, cioè io. Dico sempre cose a sproposito. Cavolate. Logorrea. Roba così. L’Autrice mi impone di chiedervi se il capitolo vi è piaciuto. Solo che non mi piace parlare in pubblico. Il che è un controsenso, visto che non faccio altro che ciarlare dalla mattina alla sera. Cioè. Con Lucy parlerei ore, ecco. Ah, se vi interessa la mia faccia, pensate ad un Chace Crawford più biondo e meno carino. Ecco”.
Grazie infinite a chi segue, legge, ricorda, recensisce, preferisce <3
Daph.

   
 
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