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Autore: Charlotte Doyle    06/06/2006    6 recensioni
(ora COMPLETA)
“E’ che non ne hai il coraggio,” disse Ginny. (...)
“Che cosa?” disse Hermione.
“Non ne hai il coraggio,” ripeté Ginny.
“Il coraggio di fare cosa?”
“Non hai il coraggio di baciarlo.”
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Data di creazione: 5-10 maggio 2006.
Un grazie ai miei beta: Diana (Kimber), Laura (LilithTheFirst), Daniela (Izumi) e Davide (DK86).
Il primo capitolo di questa fanfiction è liberamente ispirato a Swing Time (Follie d'Inverno, 1936) con Ginger Rogers e Fred Astaire; l'idea della storia è partita dalla visione del film, il resto è venuto da sé. Per chi fosse interessato, una piccola presentazione-gif è reperibile a questo indirizzo.
Buona lettura!

Vostra,
CharlotteDoyle

P.S.: chi rintraccia i riferimenti nascosti vince una borsa di studio per Hogwarts. Tutti i misteri dietro ai nomi di questa fanfiction saranno svelati nel capitolo finale.




1. A fine romance


“E’ che non ne hai il coraggio,” disse Ginny.

Hermione si voltò verso l’amica, con aria confusa; questa stava sistemandosi il vestito da damigella davanti allo specchio, e quasi sembrava ignara del fatto di aver appena parlato: un’espressione assai poco convinta si nascondeva malamente nel suo sguardo. Erano sole nella stanza, avevano fatto tardi apposta pur di perdersi la maggior parte della vestizione della sposa, cominciata appena alle sei di mattina. Al momento, erano talmente prese dalla loro preparazione da non essersi scambiate più di qualche parola. Cos’era questa storia del coraggio?

“Che cosa?” disse Hermione.

“Non ne hai il coraggio,” ripeté Ginny.

“Il coraggio di fare cosa?”

“Non hai il coraggio di baciarlo.”


“Ginny? Che razza di storie sono queste?”

“Lo sai benissimo,” disse Ginny. “Ti aspetti che lo faccia lui, che sta messo peggio di te, perché tu non hai-“

“-il coraggio?” disse Hermione, gli occhi spalancati.

“Esatto. Bei Grifondoro che siete tutti e due.”

Hermione sospirò, e scostò lo sguardo.

“Oh, davvero, Gin,” disse. “Non capisco come ti vengano in mente certe cose.”

“Cosa intendi per ‘certe cose’?”

“Il fatto che io mi aspetti… che so, che Ron mi baci,” disse Hermione (le ultime parole in una corsa precipitosa), facendo di tutto per non incontrare lo sguardo dell’altra.

“Oh, quello! Be’, tu sei carinissima quando vaghi con la mano sotto il tavolo per afferrare la sua.”

Hermione arrossì vistosamente.

Forse per la vergogna di un risultato tanto scarso. Due settimane a Privet Drive, due alla Tana, e tutto quello a cui erano arrivati era tenersi per mano. Patetico.


Ginny continuò, facendo finta di niente. “Per questo adesso ti giustifichi dicendo a te stessa che tu la tua mossa l’hai fatta, così tocca a lui baciarti.”

“Questo è un discorso stupido e ingiusto.”

“Infatti. Ma altrimenti dovresti dire: ‘non lo faccio perché non ne ho il coraggio’”.

“Ginny!”

“Eh?”

“Se pensi di incastrarmi con i tuoi giochetti psicologici…”

“I miei giochetti psicologici? Vorrei ricordarti che qui dentro la manipolatrice sei tu,” disse Ginny.

“Manipolatrice? Io?”

“Per gli affari degli altri, poco ma sicuro. Certo, però, ancora non sei riuscita con mio fratel-“

“Oh, basta, smettila!”

“Sei una fifona e non riesci a prendere in mano la situazione. Magari non lo vuoi neanche!“

“Lo voglio, invece!”

La porta in quel momento si aprì; un volto dall’aria canzonatoria si affacciò all’interno della stanza.

“’Lo voglio’ cosa, Hermione? Stai facendo forse le prove per il tuo matrimonio con Ronniekins?” disse Fred.

Ginny guardò la faccia strabiliata di Hermione e si mise un pugno in bocca per non ridere.

Hermione le lanciò un’occhiataccia, e poi tornò a Fred, indignata. “Tu non potresti entrare qui dentro, ci stiamo vestendo.”

“Oh, ma io non ho intenzione di entrare,” rispose Fred amabilmente, “e comunque voi dovreste essere già pronte da un bel po’ di tempo; mi ha mandato mamma a chiamarvi, perché non siete da Fleur?”

Le due ragazze non risposero e guardarono da un’altra parte.

Fred scosse la testa. Disse: “Siete veramente delle streghe.”

Istantaneamente due cuscini lo colpirono in faccia.

“Ehi, era solo… una constatazione!” protestò lui.

Si affacciò allora anche George.

“Dài, Gin, fallo per Bill,” disse.

“E Hermione, tu fallo per-“

Hermione fulminò Fred con lo sguardo, andò alla porta e gliela chiuse in faccia. Lei dopotutto sarebbe potuta andare; era pronta, e pure si sarebbe svegliata prima se avesse voluto, se solo Ginny non le avesse proposto di fare altrimenti. La più piccola dei Weasley ancora non era riuscita ad accettare Fleur in famiglia, nonostante tutto, e al momento Hermione non poteva far altro che starle accanto, non tanto per Fleur, quanto per Harry.

Erano due settimane che cercava di mettere pace, e invece... Ginny era insofferente. Harry era insofferente. Lei e Ron litigavano.

Be’, forse questa era semplice routine.

Anche se da un po’ di tempo si sarebbe aspettata altro.


“Gin,” disse.

“Sì?”

“D’accordo, ci vado.”

L’amica sogghignò. Hermione parve non farci caso, e lentamente uscì dalla stanza, finendo per trovarsi in un corridoio desolato. Solo, dal piano di sotto una gran confusione.

Le mani le tremavano, così le strinse in due pugni. Prese un gran respiro e corse fino al piano di sopra. Irruppe nella stanza con tanta foga da far sobbalzare Ron sul posto.

“He- Hermione…”

Lei si avvicinò silenziosamente, lo sguardo deciso. Oh, sì, lui era molto alto, ma lei portava i tacchi quel giorno. Poteva farcela.

Si fermò proprio davanti a lui. Poteva farcela.

Ancora in silenzio, si sporse in avanti per raggiungere il suo viso, ma Ron, sorpreso e terrorizzato, fece per ondeggiare indietro.

Hermione si bloccò. Lo guardò con occhi fiammeggianti, e ancora si sporse verso di lui, e ancora lui si scostò un poco, guardandola quasi come se fosse pazza.

Era inutile.

Hermione si ricompose.

“Ehm…?”

Hermione sorrise. Alzò le braccia, come a mo’ di illustrazione, e disse: “Ecco, volevo sapere cosa pensi del vestito. Mi sta bene?”

Ron, abbastanza perplesso (per non dire scioccato), preso alla sprovvista da una domanda così poco da Hermione, la guardò un poco e poi riuscì almeno a balbettare: “E’... è molto carino.”

Molto carino.

Gìà era qualcosa.

Ron inghiottì a forza, e, visto che Hermione continuava a fissarlo, sentì come il dovere di parlare ancora.

“Ti sta bene, sì.”

“Bene,” ripetè meccanicamente Hermione. Molto lentamente, girò sui tacchi e fece per uscire.

Che conversazione folle! Avrebbe fatto bene a dire a Ginny di impicciarsi degli affari suoi, pensò, mentre afferrava lo stipite della porta con una mano.

“Aspetta!” disse allora Ron.

Hermione si voltò, chiudendo la porta con uno scatto. Il ragazzo si avvicinò un poco.

“Voglio dire, è magnifico,” disse.

Con un altro passo le si parò davanti.

“Er…” disse Hermione.

“Il vestito,” disse Ron. “E’ magnifico. Tu… tu sei magnifica.”

“Grazie,” disse Hermione con appena un filo di voce.

Era come se improvvisamente fosse stato illuminato con la spiegazione delle azioni di Hermione di poco prima. Qualcosa lo aveva scosso? Si era improvvisamente svegliato dal torpore con il quale aveva convissuto per sedici anni? Cosa stava succedendo?

Be’, dopotutto c’era da aspettarselo. Nelle ultime settimane, negli ultimi giorni, sin dalla morte di Dumbledore, si erano avvicinati sempre di più, si trovavano sempre più a loro agio l’uno con l’altra…

No, ok, queste cose già si sapevano.

Fatto sta che adesso lui le stava prendendo il viso tra le mani, e quindi, per esclusione, cosa sarebbe potuto succedere dopo?

Uno scossone dietro alla schiena. Parecchio violento. Hermione aveva immaginato che il suo primo bacio con Ron sarebbe stato stravolgente, ma non fino a questo punto.

Solo che il bacio non c’era stato. La porta dietro di lei si era aperta, e lei era andata a sbattere contro di lui, testa contro testa, e sì, forse a quel punto le loro labbra si erano toccate, ma-

“Ron?”

Harry era entrato nella stanza, solo per ritrovare i suoi amici distesi per terra (effetto domino!), prima una sopra l’altro e un momento dopo subito separati, i volti in fiamme.

Mai quanto il suo.

“Hermione,” disse, come a notificare anche la sua (ingiustificata) presenza.

Disse: “Scu… scusate…”

“Fermo!” dissero i due insieme, balzando in piedi.

“Che cosa hai pensato?” disse Hermione.

“Sì! Lei era solo venuta per-“ disse Ron.

“E ci hai buttato a terra perché eravamo dietro alla porta!” disse Hermione, e assicurandosi che il vestito stesse ancora a posto, fece per guardare male l’amico appena arrivato. “Avete una mania di entrare senza avvertire…!”

“Ehi,” disse Ron, “anche tu prima-“

“Oh, finiscila!” disse Hermione.

“Finiscila cosa? Comunque non stavamo facendo niente, Harry,” disse rivolgendosi all’amico.

“Infatti, proprio niente,” disse Hermione a Harry; poi, a Ron: “Finiscila cosa, finiscila e basta!”

Ron rimase in silenzio per un poco. Poi scosse la testa, sconsolato.

Hermione uscì lanciando un’altra occhiata malevola a entrambi i ragazzi, e sbattendo la porta dietro di sé.

Harry assunse un’aria mortificata.

“Davvero non sapevo che lei fosse qui, mi dispiace,” disse.

Ron agitò una mano come a voler rassicurare Harry, e allo stesso tempo voler cacciare qualcosa nell’aria. Poi, si sedette sul suo letto e affondò il viso in entrambi i palmi.

Disse: “Sono un caso disperato, lei era venuta qui per…”

“Per?”

“Non lo so, sembrava intenzionata a… e io non capivo, non lo so, sono davvero un imbecille…”

Si scoprì di nuovo il volto e fissò l’espressione di Harry. Non sembrava molto felice.

Sì, doppiamente stupido.

Ginny e tutto il resto.

“Lascia perdere,” disse. Si alzò e prese a lisciarsi il vestito, un poco stropicciato dalla caduta.

Dài, forse era un inizio. Forse un poco l’aveva baciata. Giusto così, toccata e fuga. O, in quel caso, toccata e caduta.

“La inviterai a ballare oggi?”

Ron si voltò nuovamente verso l’amico. Sospirò.

“Che ne so, non lo so. Che posso saperne?”

“E’ una cosa che sta a te decidere.”

“Sì, certo,” disse Ron. “Sai, forse dovresti ballare tu con lei.”

“Che?”

“Sì, be’, perché altrimenti… mamma non sa niente, lei potrebbe pensare di farti ballare con Ginny. Che ne so.”

“Non è quello di cui stiamo parlando adesso,” disse Harry.

“Sì invece, di cosa stiamo parlando?”

“Non stiamo parlando di me e Ginny. Stiamo parlando di te e Hermione.”

“Sì, io e Hermione… Hermione ed io… siamo tuoi amici, Harry.”

“Tu stai fuori di testa!”

Harry si alzò e uscì dalla stanza. Ron si buttò sul letto (il vestito nuovamente stropicciato).

Sono un vero cretino. Così scostante ultimamente Harry, e tirare pure fuori Ginny? E seccarlo con le sue paranoie su Hermione?

A che servono gli amici?

Lasciamo perdere. Non fosse stato per tutto quello che gli era successo… sarebbe anche andato.

Ma adesso?

Sgusciò fuori anche lui e prese a scendere le scale.

“Harry?” chiamò.

Ginny si affacciò dalla sua stanza e disse: “Ha incontrato Fred e George ed è andato ad aiutarli con i fuochi d’artificio.”

“Bene,” disse Ron, volendo intendere tutto il contrario. “Tu cosa fai ancora lì dentro?”

“Tu cosa fai ancora lì dentro?” ripetè la sorella, con aria indignata. “Cosa faccio qua dentro? Cerco di riparare ai danni da te causati, ecco cosa faccio!”

“Hermione?” disse Ron tra sé e sé. Poi, più forte: “Mica starà piangendo?”

“Quanto sei insensibile!” disse Ginny.

“Sta piangendo?”

“Non sono affari che-“

“NON STO PIANGENDO E NON HO INTENZIONE DI FARLO!” disse la voce secca di Hermione dall’interno della stanza.

Ginny si girò verso di lei e le rivolse qualche parola a bassa voce.

Prima Harry, pensò Ron. E proseguì per le scale.


“E’ solo entrato Harry, Gin, e non è successo niente. Fine della storia.”

“Mio fratello è un imbecille,” disse la ragazza.

“Senza alcun dubbio.”

“Ed è anche colpa di Harry!”

“Macchè, è stato un caso. E quella mania che hanno…”

Strinse i pugni e fece quasi per stritolarsi le mani.

“Proprio non ti viene da piangere?” disse Ginny.

“Figurati. No! Perché questa storia del piangere ora?”

“Così se viene mamma possiamo dirle che abbiamo avuto un problema. E possiamo scaricare la colpa su Ron,” disse Ginny.

Hermione sospirò.

“Sai, certe volte-“

“Oh no,” disse Ginny. “Non osare dire che sono peggio di mio fratello, sei tanto buona e cara, ma proprio non sono interessata a pomiciare con te.”


“Il fatto è che preferirei vedervi insieme piuttosto che battibeccare continuamente,” disse Harry. “Anche se ho lasciato Ginny.” (Classica battuta piena di nobiltà d’animo, cos’era diventato tutto d’un tratto?).

“D’accordo, ma ecco-“

“Lo so che ti piace, Ron. Vuoi il mio permesso per poterla baciare o... o fare qualsiasi altra cosa?”

“No, be’, forse sì; in realtà-“

“Cosa?”

“Ho fatto di tutto. Lo sai che ci ho provato,” disse Ron. “Semplicemente, non è il caso. Non ora. Forse, più avanti…”

“Neanche sappiamo se ci sarà un ‘più avanti’!”

Rimandi sempre le cose importanti perché ti viene più facile, gli avrebbe detto Hermione. Sei così pigro!

“Va bene, cosa dovrei fare?”

“Vai e baciala,” disse Harry.

“Ehi, mica puoi-“

“Me lo hai chiesto tu, di dirti cosa devi fare. E io dico: vai e baciala.”

“Ma io-“

“E’ che non ne hai il coraggio.”

“Che cosa!?”

“Non hai il coraggio di farlo,” disse Harry.

“Non è vero,” disse Ron.

“Non hai il coraggio di fare questo.”

Oh my.

“Certo che ce l’ho!”

“Allora fallo,” disse Harry.

Ron rimase in silenzio per qualche secondo, l’espressione vuota.

“Certo,” disse poi.

Disse: “Adesso ci vado.”

E sparì dalla vista di Harry.

Con il ragazzo i giochetti psicologici funzionavano ancora bene come negli anni Trenta.


Ancora una porta aperta con foga.

“Ron!” esclamò Ginny.

Il ragazzo fece un mezzo sorriso, e lanciando occhiate significative alla sorella cercò di farle capire che voleva rimanere solo con Hermione. Ginny non diede segno di aver afferrato.

“Che cosa vuoi?” disse Hermione, secca.

“Ehm,” disse lui. “Veramente vorrei… scambiare due parole con te.”

Ginny schioccò la lingua e si alzò.

“Oooh, quanto si è fatto tardi!” disse, facendo finta di guardare un orologio da polso inesistente. “Bisogna andare da Fleur!” (Fleur! Phlegm?)

“Hai ragione, Ginny,” disse Hermione. “Mi dispiace, Ron-“

Ma Ginny era già all’uscita della stanza, e sorrise all’amica come a volerla minacciare.

Disse: “Be’, in caso raggiungimi quando avete fatto!”

E, chiudendo la porta dietro di sé, li lasciò uno davanti all’altra, soli.

Per poco.

“E non fate niente sul mio letto!”

Sbam.

Hermione e Ron si fissarono vagamente imbarazzati.


“Chi è Edward Everett Horton?”

“Ah, lascia stare, Charlie, togli quel cartellino, tanto non viene,” disse Arthur.


Ron si era avvicinato a Hermione e non diceva niente. La ragazza, d’altra parte, pure rimaneva in silenzio, quando in un momento come un altro avrebbe protestato certamente.

Presa lui la mano di lei, ora seduti vicini (vicini), non riuscivano a far altro che guardarsi le ginocchia.

Non ne hai il coraggio.

No, forse non ce l’aveva. Perché l’avrebbe tirata avanti per così tanto tempo altrimenti?

Bei Grifondoro che siete.

Non si trattava di quello. Quello era… per dire, tutto il resto. Sempre pronti per le battaglie, per le sfide, per la guerra… oh no, forse non tanto pronti per la guerra.

Se mai ci sarà un ‘più avanti’…

“Ops!”

Prendere l’iniziativa nello stesso momento, prendersi uno spavento; finire per scontrare le teste una con l’altra, e visto quanto erano dure tra tutti e due…

“Scusami, io non-“

“Scusami tu, davvero…”

Di nuovo staccati, i problemi ricominciavano?

“Ti ho fatto male?”

“No, no, non è niente,” disse Hermione, massaggiandosi la fronte con una mano. “Come diavolo sei arrivato a darmi una testata se sei alto due spanne più di me?”

“Che ne so, magari mi sono abbassato un poco,” disse Ron.

“Perché?”

Perché.

“Senti.”

“Sì.”

“Prima, quando Harry ci ha mandato a terra…”

“Ci trovavamo dietro alla porta,” disse Hermione.

“Sì,” disse Ron. “Dietro la porta. Be’, io avrei voluto…”

“Sì?”

“Lo sai, insomma.”

“No, non lo so.”

Detto da lei sembrava più che altro uno scherzo. Era uno scherzo.

“Hermione,” disse Ron, ancora, tentativamente.

Hermione sospirò e portò entrambe le mani sulle ginocchia, guardandosele per un poco, respirando con forza. Poi si voltò verso Ron.

“Non so di che cosa tu stia parlando, sono stanca e oggi mi sono già fatta abbastanza male,” disse.

“Ti ho fatto male? Veramente, voglio dire-“

Fifona.

Lei agitò una mano per far segno che no, ancora, non era niente.

Ron si passò le mani sul viso e non aggiunse altro. Sospirò, e poi assunse un’aria seccata.

Hermione allora gli prese una mano e se la poggiò sulle ginocchia.

“Ascolta, semplicemente non è il caso,” disse. “Ci ho provato oggi e lo sai, ti sei pure tirato indietro – e non far finta di non capire – ma magari oggi non è la giornata adatta. Magari, domani…”

Ron si tirò su e fece per lamentarsi.

“Ma hai detto la stessa cosa anche ieri!” disse.

“Sì, ma ieri era un caso diverso,” disse lei.

“E l’altroieri?” disse lui.

“Era una giornata squallida e lo avresti fatto solo per distogliermi da-“

“E il giorno prima ancora?”

Hermione lo guardò inferocita.

“Ah, davvero, non ti ricordi che sei stato tu a non volerlo?”

Ron si passò una mano tra i capelli, un po’ vago. “Be’, aspetta, l’altro giorno era…?”

Hermione sbuffò. “Era giovedì, e ti eri svegliato…“

Cominciò a perdersi in un racconto completo della giornata, quasi ringhiando, i pugni all’altezza delle spalle. Ron non aveva idea di come avrebbe finito per sbottare alla fine, ma era semplicemente stupenda. Magnifica. Forse…

“… e allora tu hai detto-“

Come c’è da immaginarsi, non riuscì a terminare la frase. Ron le aveva chiuso la bocca con la sua; un bacio di appena qualche secondo, ma abbastanza lungo per stordirla al punto di farle perdere la parola.

Neanche lui parlò inizialmente. Il silenzio regnava all’interno delle quattro pareti; solo, in lontananza, le prove di uno swing senza fine.

  
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