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Autore: Skeypunch    26/09/2011    1 recensioni
Vent'anni nel futuro, pianeta terra.
In una sola notte, nei cieli di tutto il mondo si verificano cadute di oggetti sferici e molto piccoli.
Una nuova era sta per attendere l'umanità.
Con i suoi pro e contro.
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Prefazione!



Una miriade di stelle cadenti si era abbattuta sul pianeta quella notte estiva di vent'anni fa... cambiando per sempre il mondo.
I primi reperti dei meteoriti schioccarono gli scienziati di tutto il globo, perchè non si trattava affatto di rocce spaziali, ma di piccolissime capsule sferiche bicolori.
La notte successiva, nei laboratori dove erano stati portate alcune capsule e quelle che ancora non erano state catalogate e che si trovavano agli angoli del mondo, si aprirono con uno scatto sonoro al sorgere della luna piena.
I colori delle capsule erano bianche e rosse... e contenevano degli extraterrestri diversi da loro, un esemplare diverso per coppia...
Ci vollero settimane per trovare tutte coppie di capsule. Gli addetti ai lavori ne catalogarono 452, anche se il numero poteva aumentare di cento...
Nelle vicinanze di un cratere abbastanza profondo fu trovata una stele con delle istruzioni sui probabili alieni e il loro nome generico.



Quella notte fu ricordata all'unanimità come l'incontro fra gli umani... e i pokèmon.


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#1 La premiazione




La mattinata passò in fretta, anche perchè non pensavo ad altro se non quella sera: la cerimonia di premiazione!
Finalmente, al suono della campanella, mi fiondai fuori dalla porta piena di scritte dei miei compagni e percorsi il corridoio (facendo quasi cadere il bidello che stava passando il mocio) fino alla porta principale a vetri. Il tipico fragore degli studenti post-scuola rieccheggiava nella scuola e io mi aggiunsi al gruppetto dei miei amici.
< Allora sei pronto per questa sera, Rufio? > mi chiese Ercole, il mio migliore amico fin dalle elementari.
< Secondo te? > risposi, battendo il cinque a un ragazzo che avevo conosciuto al raduno e che molto probabilemente avrei rivisto quella sera, La Sera, con la "S" maiuscola.
< Secondo me? Ti cagherai addosso dalla paura, caro il mio Rufio! > s'intromise Miriam, una mia grande amica, con il suo tatto raffinato.
Ah si, comunque Rufio non è il mio vero nome: me l'hanno affibiato un casino di anni fa i miei amici per via del film di Hook, dato che già a quell'età ero identico all'attore che lo interpretava.
Il mio vero nome è Giasone, ma non diciamolo troppo in giro.
Trascorsi il pomeriggio a ripassare il discorso che avrei fatto quella sera a casa di Ercole, con Miriam e Pietro (altro amico, conosciuto tre anni prima ad un corso di Domatori).
< ... e poi guardi la gente dall'alto del palco con gli occhi pieni di sentimento e stringi il pugno, così! > spiegò Ercole, chiaramente più eccitato del sottoscritto.
La camera del mio amico era tappezzata di poster di donne mezze nude, le quali Miriam ha giurato un giorno che ne strapperà così finemente da trasformarli in coriandoli.
Io ero appoggiato al materasso e guardavo Pietro seduto sulla poltrona girevole che stava giocando ancora a quel gioco, tutto fuorchè veritiero che si chiamava pokemon Bianco.
< Come sei messo a vestiti? Hai deciso cosa metterti? > mi chiese Miriam, prendendo una riproduzione delle capsule e rigirandosela fra le mani senza guardarla.
< Direi un vestito formale, perizoma leopardato, maglia bucherellata e pantofole a forma di coniglio... >
Miriam sorrise e mi buttò addosso la capsula che si aprì con uno scatto. Naturalmente non successe niente, dato che era finta.
Ercole sospirò.
< Quanto vorrei essere al tuo posto, cacchio! Vorrei stringere la mano io a Gavin Leroll! Mi raccomando... >
< Portami il suo autografo o scordati il mio saluto! > ripetemmo a memoria io, Pietro e Miriam.
Scoppiammo a ridere.
< Che pokèmon vorresti ricevere? > mi fece Ercole.
Era strano che nessuno prima di lui mi aveva fatto "quella" domanda.
Io avevo un alieno ben preciso in mente... oh si!
< Vorrei proprio che il pokèmon sia forte e imponente, come Tyranitar o Charizard. Mi andrebbero anche bene Fralighetor o Golem, sia chiaro! >
Miriam mi guardò male e borbottò: < Sei proprio uno terra terra, vero? Guarda, spero proprio che ti affidino un magikarp!>
< Zitta che porti sfiga! Sei solo gelosa!> esclamai, ridendo subito dopo.
Un merlo, seguito da un noctowl, svolazzarono nel rettangolo visivo della finestra e in quel momento Pietro spense la console.
Ad un tratto mi piombò addosso una tristezza e una nostalgia che non dovevo ancora provare. Sapevo che quello era l'ultimo giorno insieme ai miei amici e non volevo assolutamente perdermelo.
Quindi mi alzai di scatto dal letto di Ercole ed esclamai: < A chi va un giro in centro? >
Le ore si accorciarono sempre di più e per mia sfortuna facevo fatica a concentrarmi con i miei amici, camminavo al loro fianco fra le strade trafficate del centro di gente senza essere fisicamente lì.
Volevo a tutti costi finire in bellezza la Sera, ma nello stesso tempo avrei voluto ancora più tempo da passare con loro.

< Giasoneeeeeee! Sei pronto? Dai che siamo in ritardo!! > chiamò mia madre dal piano di sotto.
Scesi le scale già con il cuore a mille e vidi i genitori e mia sorella vestiti come se dovessero andare ad una festa reale... beh, era importante, ma sembrava che loro erano ancora più emozionati di me!
Mia madre Carolina stava finendo di mettersi l'ultimo orecchino e mio padre Antonio apriva la porta, seguito da mia sorella Serena e il suo inseparabile wishmur. Mia sorella aveva sette anni e per farla spaventare quando mi faceva arrabbiare gli facevo vedere delle fotografie dall'ultimo numero del Pokèdex Magazine come sarebbe diventaro wishmur.
< Dai che siamo in ritardo!! > ripetè mia madre, prendendo la borsa e le chiavi della macchina. Io studiai con attenzione i contorni della mia casa prima di chiudere la porta.
chissà quanto tempo sarebbe trascorso da quando l'avrei rivista ancora!
Poi mi ricordai in macchina più tardi che dopo la cerimonia e la festa ci sarei ritornato ancora una volta per "dormire" se così si poteva dire!
Arrivammo venti minuti prima sul tappeto rosso, con un turbinio di flash e giornalisti che mi chiedevano se avevo già pensato a quale pokèmon mi avrebbero affidato e io rispondevo timidamente che non ne avevo una mia idea, anche se in verità avrei desiderato ricevere il mio alieno preferito da quando ero bambino.
Dopo la sfilata al tappeto rosso, venni preso da un manager, Mattia Gentoni con un papillon giallo e l'auricolare e separato dalla mia famiglia (mia madre mi lanciò un bacio volante e mio padre mi fece l'occhiolino) per andare in un camerino mezzo spoglio.
Il manager, un ometto piccolo e con i capelli ingellatti fino alla cute mi disse di stare seduto qui fino a che non mi avrebbe chiamato qualcuno per farmi sapere come comportarmi.
Anche se sapevo a grandi linee cosa avrei dovuto fare, annuii e vidi che Mattia Gentoni (il manager) uscì dal camerino in tutta fretta.
Dopo alcuni minuti sentì qualcuno bussare e senza aspettare il mio invito entrò una donna truccatissima che disse di essere un estetista e che mi doveva dare una "sistematina alla faccia".
Un quarto d'ora più tardi mi sentivo la faccia secchissima e i capelli erano una massa dura (troppo gel).
Rimasi da solo per pochi minuti finchè non entrò un'altro uomo con l'auricolare per dirmi che fra due minuti era il mio turno e di seguirlo dietro le quinte del teatro.
Non so come il mio cuore resistette all'esplosione.
Salimmo delle scale e sentii il mio nome seguito da un fragoroso applauso.
"E' arrivata l'ora" pensai, poi fui spinto dalla schiena e feci il mio ingresso sul palco, immensamente più grande di quando avevamo fatto le prove generali e strapieno fino all'ultima poltrona.
Alle prime file vidi i miei amici e compagni di scuola, la mia famiglia era distante qualche sedia da loro.
Sentii da qualcuno il mio nome e mi diressi verso la piattaforma con il microfono e il mio bigliettino con scritto il discorso.
Molte telecamere mi stavano fissando mute, in attesa delle mie parole.
< Buonasera a tutti! > esordii, altri applausi.
< Io sono il fortunato ragazzo, il numero ventisei dell'Italia, ad essere stato selezionato per affrontare l'avventura più grande di tutte. Con il cuore e con la mente mi applicherò ad ogni ostacolo per diventare il vincitore ed essere proclamato il Campione! >
Altri scrosci di applausi. Il mio discorso era solo all'inizio, ma dall'angolo del palcoscienico giunse il presentatore con il microfono, seguito da niente popò di meno che da Gavin Lerroll, il Campione Domatore per sei anni consecutivi.
Mi strinsero la mano e parlarono per qualche minuto sul mio destino e altre frasi ad effetto varie.
Gavin, essendo americano, aveva un auricolare nel quale venivano tradotti i discorsi.
< NOw, you will take a ball > mi disse, poi una voce maschile tradusse le sue parole.
< E diverrai ufficialmente un membro della PGG, la Pokèmon Global Group! Complimenti!> e mi strinse la mano, potevo sentire un sussulto di invidia da parte di Pietro, a diversi metri di distanza da me.
Alcuni secondi dopo giunsero sul palco tutti i venticinque ragazzi prescelti d'Italia, già con le loro capsule alla cintura o alzate al braccio in segno di vittoria.
Dovetti giurare con una mano sopra una riproduzione in pietra della stele ritrovata anni fa su quello che stava per dire il presentatore:
< E ora, miei signori e signore, ecco l'ultima capsula della serata! Qualunque sia questo degno pokèmon, dovrai essere il suo protettore e farlo crescere forte e robusto! >
Io feci un cenno solenne mentre ritornava Gavin con un cuscinetto di vellutto rosso su cui risplendeva di magnificenza la fatidica capsula bianca e rossa.
Gocce di sudore freddo mi colarono sulle tempie, avevo le mani tremanti e sudate e il cuore martellante nel petto.
I passi di Gavin sembravano sempre di più lenti... e la capsula che si avvicina sempre di più era come un sogno in quegli attimi che non finivano mai.
Gavin mi sorrise e disse sottovoce:< Good lock, man!>
Io sorrisi e balbettai un "grazie" in inglese e afferrai con una mano la capsula sopra il cuscino, ma senza alzarla e portarla verso di me.
Applausi e fischi di felicità si alzarono da me in quel secondo.
Chiusi gli occhi e mi ripetei fino ad inordarmi il cervello " Fai che sia lui, fa che sia lui..."
A quel punto alzai la capsula con tutte e due le mani e mi diressi verso tutte quelle persone che mi guardavano silenziose come mummie, l'atmosfera sembrava densa come la melassa.
Presi la sfera con la mano destra e la lanciai verso la parte sinistra del palco e gridai con voce secca: < Mostrati, pokèmon! >
   
 
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