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Autore: CaptainKonny    26/09/2011    3 recensioni
Ripubblico questa storia poiché ho notato che l'HTML non mi aveva inserito i discorsi tra virgolette; mi scuso ancora per il disagio!!
Chi non si è mai chiesto: “Perché i momenti più belli se ne vanno sempre?”; “Perché le cose migliori sono sempre brevi?”; e “Perché le persone a cui tieni sono sempre quelle che non rimangono?”[...]Non lo so, ma certe volte questa cosa mi fa morire.
Fatemi sapere....
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chi non si è mai chiesto: “Perché i momenti più belli se ne vanno sempre

Chi non si è mai chiesto: “Perché i momenti più belli se ne vanno sempre?”; “Perché le cose migliori sono sempre brevi?”; e “Perché le persone a cui tieni sono sempre quelle che non rimangono?” ..ecco, io quest’ultima domanda me la sono posta spesso.

L’altro giorno stavo svuotando le tasche di un paio di jeans da mettere a lavare; e l’ho trovata. Da quanto tempo non la vedevo, quella fotografia; una sua fotografia, in bianco e nero; di mio fratello. Pensavo fosse passato, ma quella morsa allo stomaco diceva l’esatto contrario.

Per me, mio fratello, era una persona speciale; la migliore. Con quel caratterino che ci rendeva così uguali e così diversi; quanto mi manca. Con quel suo sguardo: dolce, caldo, furbo, intelligente; certe volte persino superiore e strafottente. I capelli scuri, tra il mosso e il riccio; che mi sembravano sempre arruffati: quanto adoravo passarci le dita in mezzo. La bocca sottile,  che adorava curvarsi in sorrisi carezzevoli, e anche finemente cattivi o perfidi. Gli occhi, color cioccolato, erano magnetici; magnifici. Iniziavi a guardarlo e non avresti mai smesso. In particolare era buffissimo quando non capiva qualcosa, allora scuoteva il capo (come nei cartoni animati) e ti guardava, ad occhi spalancati; morivo dal ridere.

Quante lotte di occhiate quando non eravamo d’accordo su qualcosa, stringevamo gli occhi e ci fissavamo: quello sguardo malvagio era stupendo. A parte il fatto che lui era sempre stupendo.

Gli occhiali dalla montatura nera stavano perfettamente sul naso, sotto le folte soppracciglia che accentuavano le sue occhiate. Sembrava proprio un intelligentone con quel modello rettangolare: mentalmente lo paragonavo ad Einstein o Beethoven. Altre a Mozart. Era molto alto, aveva quattro anni più di me, ed una serietà che i ragazzi di oggi si sognano. Al collo, ricordo, che portava sempre una catenina d’oro; chissà perché, questa cosa mi ha sempre incuriosito. Lo stimavo tantissimo: anche se tutti lo credevano diverso da quello che era. Lo ritenevano esageratamente:

  • Serio,
  • Severo,
  • Perfezionista,
  • Impegnato

 

….alcune volte incurante degli impegni altrui; falso. Era tutto falso!!!! Certo, era molto serio e poteva apparire molto distaccato, e quando faceva qualcosa si impegnava per farla al meglio; ma non era quella la persona che conoscevo io; era una persona generosa, e disponibile con tutti, non sopportava a lungo chi si comportava da stupido. Gli piaceva la tranquillità e difficilmente iniziava un discorso per primo: ma volendo sapeva interloquire alla perfezione, era molto divertente e aveva sempre la cosa giusta da dire. Logicamente adorava parlare di musica;lui la studiava.

Sapeva suonare un sacco di strumenti: clarinetto (primo fra tutti); sassofono, soprano e contralto; e pianoforte (chiesto dal conservatorio)….gli mancavano solo tre anni e poi avrebbe finito, avrebbe realizzato il suo sogno; diventare musicista. Era bravissimo a suonare, lo ascoltavo sempre volentieri; suonava musica classica o jazz ed io non mi perdevo un suo concerto: che fosse della banda o un duo con il suo amico pianista o altre occasioni; ed alla fine ero entrata a far parte del piccolo coro che lui dirigeva.. era un bravissimo insegnante, mi aveva insegnato come potenziare la voce (metodo che aveva appreso al coro del conservatorio in cui cantava.. era un baritono, eccellente).

Era davvero molto severo certe volte, specialmente in questo campo; ma gli passava quasi subito: forse perché non abbiamo mai litigato sul serio.

Altre volte le piccolezze se le dimenticava e questa era una buona cosa che io non ho mai imparato. Gli volevo bene, e gliene voglio ancora. Sapevo che presto se en sarebbe dovuto andare, i musicisti per sfondare devono girare il mondo, o quasi; per questo non si legava a nessuno, non molto; aveva solo il suo migliore amico. Una sola volta aveva avuto la ragazza, non ricordo nemmeno perché si fossero lasciati (a parte il fatto che non erano compatibili di carattere). Piuttosto di legarsi a qualcuno aveva preso a fare sport, kung fu..anche se nelle ultime settimane aveva smesso anche quello a causa degli impegni. Usciva per svago pochissime volte, in estate un po’ di più quando non aveva gli esami. Parlavo tranquillamente con lui, ed andavamo d’accordissimo. L’unica cosa su cui non ero d’accordo era questo, per me doveva uscire di più o comunque prendersi ritagli di tempo suoi. Ma questo discorso finiva sempre senza risposta. Ma oltre ai ricordi belli quella foto portò anche ricordi tristi;

se n’era andato. E non per il suo

sogno.

Come se fosse ieri, ricordo tutti i dettagli.

Erano le otto e mezza quando è uscito per andare a suonare, anche io ero uscita più tardi. Verso le undici quella telefonata: era mamma.

-Guarda che Gerardo ha avuto un incidente, stiamo andando in ospedale; raggiungici là!-.

Fu come se qualcuno mi avesse tappato le orecchie e fatto una doccia fredda: i rumori intorno a me erano tutti ovattati, lontani e mi venne freddo, il cuore a mille. Di scatto chiesi un passaggio alla mia amica, mi sarei disperata dopo. Per tutto il tragitto continuavo a rivedere la sua faccia; a sentire la sua voce, normale; elegante; con la custodia del sassofono in mano; mentre salutava e se ne andava.

I respiri mi uscivano pesanti e soffocati, mi faceva male; ma dovevo resistere.

Appena arrivai all’ospedale non aspettai la mia amica, mi precipitai all’entrata. Chiesi all’infermiera dietro al vetro della reception: era così tranquilla. Mi disse di arrivare al quinto piano e di girare a destra per la sala operatoria. Non aspettai l’ascensore, feci le scale di corsa; la mia amica non si lamentò, e per questo la ringraziai. Non guardai se stava arrivando qualcuno, svoltai di botto; mi fermai davanti alle porte che davano sul corridoio della sala operatoria. Dall’altra parte vidi i miei genitori: seri, tristi; quanta pena mi facevano. Poi lo sguardo mi cadde sulla porta in fondo; in alto il lampeggiante rosso che indicava che la sala era occupata.

Lui era là dentro. Mi si strinse il cuore.

Quando entrai i miei mi guardarono, mia madre mi abbracciò, ed io non riuscii a non chiedere:-Che cosa è successo?-; parole sconnesse, giungevano alle mie orecchie, frasi che mi rimasero impresse nella memoria come se fossero incise a fuoco nel mio cervello.

-Era in macchina-.

-Un’auto non ha rispettao il rosso-;

-Andava molto veloce ed il guidatore era ubriaco-;

-L’ha preso in pieno sulla fiancata-;

-L’ha spinto nell’altra corsia-;

-L’altra macchina l’ha tamponato sul davanti-;

e la frase finale..

-Non si sa ancora niente-;

ci risedemmo tutti quanti.

La mia amica si sedette in parte a me, zitta; mi guardava; ma mi fece il favore di non disturbare i miei pensieri. Ero nervosa, continuavo a battere il ginocchio. Nel tempo che seguì arrivarono anche:

  • il migliore amico di mio fratello,
  • i miei zii,
  • i miei cugini
  •  e le nonne.

Ma mi accorsi di loro solo in parte; non mi importava niente in quel momento se non di mio fratello.

Passarono tre ore (non me ne resi conto, lo avrei potuto aspettare in eterno), quando uscì il medico. I miei si alzarono in piedi andandogli incontro; altri si alzarono, rimanendo al loro posto; Stefano, il suo migliore amico, era teso quasi quanto me (erano diventati quasi fratelli); io mi alzai spostandomi in avanti…. Avrei preferito morire.

-Ha lottato-.

-Ha tenuto duro fino alla fine-.

-Troppe emorraggie-.

-Ha perso tantissimo sangue-.

-Il cuore non ha retto-.

..No, impossibile! Non è mio fratello, lui era forte, avrebbe retto! Non mollava mai!..

-Mi dispiace. Non ce l’ha fatta-.

No….era morto!!

No…. Gerardo era morto!!

Il medico si allontanò triste. Mia madre pianse; mio padre l’abbracciò, con gli occhi lucidi; sentii i miei cuginetti fare delle domande, ma non li capivo, non li sentivo; non volevo sentire più niente!!....

Io e Stefano ci scambiammo uno sguardo; non c’eravamo mai sentiti così vicini.

Mi sentivo fuori dal mondo; mi sentivo come se qualcuno mi avesse spremuto cuore e cervello: di nuovo quella scena…. Lui che saluta ed esce di casa, e non sa che non ci tornerà più…. nemmeno io.

Un’ora dopo entrai nella sala dell’intervento: lui era lì; sdraiato sul lettino, un telo bianco lo copriva fino alle spalle. I pantaloni erano sporchi e strappati, dovevano avergli tolto la maglia perché le spalle erano nude; il volto rilassato, gli occhi chiusi, i capelli arruffati come al solito; sembrava proprio stesse dormendo, ma qualcosa dentro di me si faceva consapevole della realtà.

Non si sarebbe più svegliato, per sempre addormentato, in pace.

A testimoniare tutto quello che era successo dei graffi sul viso. Volevo urlare, ma non potevo; volevo piangere ma non ci riuscivo: gli toccai una mano che usciva da sotto il telo sporco di sangue; era gelida. Basta, fu la botta finale;

mi misi a piangere.

Mi appoggiai al viso quella mano così familiare, ma che adesso non mi apparteneva più…. Mi era stata rubata!!!! Lo guardavo, non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, non volevo lasciarlo andare, non potevo farlo andar via. Gli toccai con la punta delle dita i lineamenti del volto, i capelli; il mio addio, il mio saluto.

So solo che rimasi là così per molto tempo. Poi, lo baciai sulla fronte e mi allontanai, finchè le nostre mani non si staccarono.

Tornai alla foto, stavo di nuovo piangendo: in modo contenuto, silenzioso; ma non mi sarei abituata facilemente alla sua assenza. Anche adesso mi manca: non passa giorno che non guardi una sua foto, che non veda un suo video, che non ascolti una sua canzone, che non legga un suo messaggio. Certe volte mi fermo ancora davanti alla sua stanza della musica; non è stato spostato niente.

Stefano viene ancora a trovarmi, usciamo anche insieme; ma molte volte si rimane ancora in silenzio: al suo pensiero, alla sua

Memoria.

Perché le persone migliori, quelle a cui vogliamo più bene, se ne vanno?! Non lo so, ma certe volte questa cosa mi fa morire.

A chi mi fa questa domanda; non rispondo.

Non la conosco, o meglio….la conosco, ma non esistono parole per spiegarla.

Ne lei, ne le sue conseguenze; ne le sue cause….

 

in love memory of Jerry!!!!

 

  
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