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Autore: Junior    27/09/2011    2 recensioni
Questa è la storia di un soldato semplice, Francesco Poeta, umbro di nascita e arruolatosi alpino pochissimi anni prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, destinata a mietere la vita di intere generazioni di giovani di tutta Europa. Non si parla di grandi gesta che si leggeranno sui libri di storia; non si parla dei grandi generali a cui verrano attribuite vittorie brillanti o sconfitte brucianti. Qui si parla di coloro che la guerra la vissero in prima linea, giorno dopo giorno, proiettile dopo proiettile, morto dopo morto. Loro erano i soldati semplici; loro erano la carne di cannone, destinata al massacro in nome di un giuramento alla terra natia; loro erano la guerra.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Guerre mondiali
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E tu riesci a sentire freddo in questa bolgia dell'inferno?” chiese Federico con un tono che era una via di mezzo tra il basito e il divertito, in risposta alla domanda postagli da Francesco. “O lo soffri particolarmente oppure hai i nervi saldi... molto saldi.” aggiunse Federico guardando in quel buio al quale i suoi occhi si erano ormai abituati la sottile figura del soldato seduto dall'altra parte della buca. Il ragazzo umbro appoggiò a terra il bussolotto, richiamato alla realtà solamente dall'ultima frase rivoltagli. “Non ci avevo fatto caso...” rispose quindi sollevando appena le ossute spalle coperte dalla divisa verde scuro. “In realtà credo che siano entrambe le cose.”.
Federico ascoltava l'interlocutore con scarsa attenzione, distratto dal continuo rumore di spari e dagli schiocchi secchi che squarciavano l'aria appena al di sopra delle loro teste. Lo sguardo assorto e un'espressione pensierosa e crucciata sul volto, il soldato del Battaglione Bassano inspirò rumorosamente per poi sbuffar fuori tutta l'aria, creando una nuvola di vapore che si avviluppò per qualche istante attorno al volto di Francesco, per poi sparire.
 
Di dove sei?” chiese Francesco al commilitone, tirando appena la testa all'indietro, per appoggiarla alla parete della buca. “Sono di Vimodrone, vicino a Milano. E tu?” avanzò la domanda il lombardo, incalzando Francesco. “Io sono di Terni.” rispose in prima battuta. “O per meglio dire, vicino a Terni. Hai presente la cascata delle Marmore?”. La risposta di Federico si limitò ad essere un cenno di assenso, mentre l'altro continuava: “Comunque io sono Francesco Poeta, Battaglione Cividale, 9° Reggimento”. Federico sorrise, increspando le labbra e distendendo i suoi lineamenti morbidi, dovuti al peso di troppo che si portava con sé.
Ora che sappiamo chi siamo, potremmo anche decidere cosa fare.” affermò Federico con sicurezza, proprio un momento prima che una granata esplodesse pochi metri lontano dalla buca e la terra smossa dall'esplosione ricadesse sulle teste dei due alpini, che si coprirono con le braccia solo all'ultimo secondo, venendo colpiti in pieno dal terriccio. “Sono d'accordo.” rispose telegrafico Francesco, scuotendosi di dosso gli ultimi residui di terra rimasti tra le pieghe della divisa.

E' buio e tra non molto tutto questo rebelòt sarà finito...” disse pensosamente Federico, affianciandosi appena di qualche centimetro al di fuori della buca, giusto per controllare eventuali movimenti sospetti. “Tutto questo cosa?” chiese incredulo Francesco, mettendosi anche lui in piedi, a guardare nella direzione opposta alla quale stava controllando il lombardo. “Confusione, confusione...” rispose quasi sbuffando Federico, senza voltarsi e aggiungendo: “Io mi voglio levare da questo buco e visto che tra poco ci saranno i cecchini appostati nelle trincee, direi che sarà il caso di raggiungere la nostra trincea di prima linea ad ovest, più o meno a cinquecento metri da qui.
Francesco deglutì sentendo quelle parole che, in altro contesto, non avrebbero rappresentato di sicuro un problema per l'atletico alpino venuto dall'Umbria. “In quei cinquecento metri fanno tempo ad ammazzarci cento volte, lo sai vero?” chiese quindi all'indirizzo di Federico, girandosi a guardare ora nella stessa direzione del suo interlocutore, come per aumentare la possibilità di trovare una via d'uscita da quell'antro oscuro che ormai stava diventando stretto per tutti e due.
Se c'è una cosa che ho capito combattendo durante la prima offensiva[1], è che qui ogni metro lo si guadagna sulla nostra pelle. Si va avanti un metro alla volta e per ogni metro ne muoiono tantissimi.”. La voce di Federico si fece più cupa e assunse dei toni di rammarico, mentre continuava a spiegare il suo punto di vista a Francesco: “Quindi, per quanto mi riguarda, potremmo morire anche cinquecento volte nello spazio che ci divide dalla trincea.” e s'interruppe per un istante, fissando il volto del commilitone illuminato fiocamente dalla luce lunare. “Ma noi abbiamo la fortuna di essere in due, al buio, e con un sacco di voglia di vivere! Noi non combatteremo per un metro alla volta, ma per cento metri!” e un sorriso rassicurante s'allargo sul viso del ragazzo lombardo, un sorriso che rincuorò l'umbro che ormai sembrava aver perso le speranze di poter rivedere con i suoi occhi bruni la sua cascata.

Conta fino a dieci e spara verso le luci là in fondo” ordinò con semplicità Federico, sistemando la tracolla del proprio fucile e puntando lo stivale sinistro su una sporgenza all'interno della parete della buca. “Quando hai sparato, conta di nuovo fino a dieci e spara di nuovo e non ti fermare fino a quando non ti chiamo io.”. Uno sguardo perplesso incontrò Federico, nel guardare per un'ultima volta Francesco prima di allontanarsi dalla buca: “Tu fidati e quando ti chiamo esci di qui e precipitati dove vado io.” e detto questo Federico si lanciò nel buio della notte, con quel fisico corpulento ma compatto mentre Francesco, preso alla sprovvista, armeggiò velocemente col fucile che aveva appoggiato all'interno della buca e cominciò a sparare e contare, contare e sparare mentre l'adrenalina cominciava già a farsi strada nell'esile corpo dell'alpino.
Passarono una manciata di secondi che sia per Francesco che per Federico sembrarono durare un'eternità ma fu l'urlo di quest'ultimo a infondere il coraggio necessario a Francesco per rotolarsi fuori dalla buca e lanciarsi anche lui in quel buio che ormai aveva inghiottito tutta la montagna circostante. Il fiatone, dovuto più che altro dalla paura e dalla tensione che da una reale mancanza di atletismo da parte di Francesco, faceva spargere nuvole di condensa che lo stesso umbro attraversava sfrecciando come un matto finchè cominciò a scorgere una figura che usciva appena da un buco molto simile a quello che l'aveva ospitato fino a pochi istanti prima; senza pensare fece un ultimo slancio verso quella buca, aggrappandosi alla parete interna come se rappresentasse la vita stessa alla quale si stava aggrappando con ogni singola fibra del suo corpo.
Facile no?” fu il commento che lo accolse una volta tuffatosi là dentro, assieme ai colpi secchi e decisi che partivano dal fucile di Federico, intento a sparare ad intervalli regolari. “Come prima... e ancora e ancora.” furono le uniche parole del lombardo frammentate dal suo respiro pesante, prima che questi si fiondasse all'esterno, correndo il più veloce possibile alla buca successiva.
 
I due commilitoni ripeterono l'impresa per altre due volte prima che ad accoglierli dopo il loro consueto balzo in avanti fosse la trincea di prima linea, la loro destinazione e salvezza temporanea. La luce di candela che ravvivava il luogo accecò entrambi gli alpini che si coprirono subito gli occhi, appoggiandosi alla parete della trincea; sporchi di terra, con le mani, le braccia e il viso anneriti dalla polvere da sparo, si guardarono negli occhi e cominciarono a ridere di gusto anche se, chi era con loro lì nella trincea, poteva giurare di vedere delle lacrime farsi strada sulle gote sporche dei due soldati semplici.
Cento metri?” chiese d'improvviso Francesco a Federico, tra le incontenibili risa che scuotevano interamente il suo corpo al di sotto della divisa. “A me è parso di combattere per cento chilometri alla volta!” aggiunse l'umbro stringendo saldamente la mano di Federico, mentre le lacrime che s'erano entrambi asciugati dal volto si mischiavano, quasi sancendo l'inizio di qualcosa che trascendeva la morte che tutt'intorno ormai si dipanava, accogliendo tutto nel suo gelido abbraccio.




[1]: Si tratta della prima offensiva sull'Isonzo, avvenuta nei primi mesi seguenti l'entrata in guerra dell'Italia, quindi pochi mesi prima dei fatti narrati.
  
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